martedì 31 dicembre 2013

BUON 2014 A LIBERA CONTRO LE MAFIE



Auguri sinceri a chi porta avanti in silenzio, con coraggio, dignitá e determinazione una battaglia difficile tendente a contrastare gli intrecci malavitosi, da un lato, e dall'altro a contribuire con autentica fede a realizzare una societá del domani diversa, più giusta, nient'affatto compromessa con il potere usato in modo distorto.
In questo campo LBERA dá una lezione da non sottovalutare davvero a tutti, nessuno escluso. Esemplare è infatti l'impegno di don Luigi Ciotti e di don Marcello Cozzi e di tanti aderenti a questa splendida organizzazione su diversi fronti: anche quelli meno noti, meno appariscenti che rappresentano il bubbone nascosto se non invisibile, difficile da raggiungere anche per il bisturi del chirurgo più esperto. Più sicuro di sé.  
La società del nostro tempo, che viene definita complessa, in fondo rappresenta un ricettacolo di mali incurabili, destinati a penetrare in profondità nel tessuto sociale, a condizionarne la sua evoluzione, a frenare quella riscossa morale che dovrebbe partire da ogni persona. Da ogni cittadino.
Mi ha molto colpito l'accento ed i sentimenti che don Marcello ha messo in evidenza, parlando di Padre Pio, della  sua etica e della sua moralità, recentemente in occasione della presentazione del mio libro.
Cosa fare per bonificare, mi si consenta il termine, un paese percorso spesso dal malaffare, un paese che ha instaurato si può dire regole parallele, in cui di tanto in tanto esplodono scandali, corruzione, intrighi di ogni genere.
Se non ci fosse LIBERA qualcuno dovrebbe inventarla. Ma per fortuna c'è, pronta a impegnarsi per i più deboli, per quanti sono schiacciati dall'ingiustizia e dallo strapotere. Dalle intese mafiose.
Tra le iniziative più belle c'è stato il ricordo dall'agente di Pubblica Sicurezza, Tammone, ucciso a Potenza da mano assassina che voleva sbarrare il passo alla giustizia e alla legalità. LIBERA lo ha degnamente ricordato con una cerimonia semplice ma altamente significativa. 
Il 2014 è l'anno della continuità. In primavera sarà ricordata la figura e l'opera di don Tonino Bello, limpida figura di vescovo e di pastore di anime. Un appuntamento da non mancare. Auguri LIBERA dalle persone oneste! 

domenica 29 dicembre 2013

CONTANO I RISULTATI, NON I NOMI



C'è sorpresa in alcuni ambienti per l'esito delle consultazioni del Presidente Marcello Pittella che hanno determinato la scelta di un governo per la Basilicata tutto composto da esterni. Un governo che dovrá assolutamente garantire non solo la tenuta di questa regione, ma il suo prestigio e il suo peso nazionale e internazionale. Un ruolo guida finora mai svolto dalla terra più importante e, al tempo stesso paradossalmente, meno conosciuta in Italia. Ben pochi riconoscono, infatti, alla Basilicata la funzione centrale che essa riveste se non altro per essere il più grande giacimento di greggio in terra ferma, in tutta l'Europa.
Pittella, in un messaggio su facebook, lo ha detto subito dopo la firma dei decreti di nomina dei nuovi assessori: "la Basilicata ha bisogno di sprovincializzarsi e di guardare con fiducia all'Europa". 
Giustissimo, uscire dalla provincia politicamente e socialmente angusta, incapace di grandi slanci, di visioni strategiche all'altezza dei tempi, è infatti il primo obiettivo di questa terra che deve smettere di accontentarsi della pesante marginalità legata finora ad una condizione subalterna che ha pesato e pesa sui lucani come una maledizione. Un disastro vero e proprio. Una sciagura insomma. Marginalità in tutto: nel lavoro, nella crescita dell'economia, nel destino dei giovani costretti tutti (tranne rare e fortunate eccezioni) ad andare via.
Prima della sua elezione il presidente Pittella aveva ravvisato queste ed altre necessitá che si concretizzano nel suo programma di rivoluzione democratica. Parole e programmi destinati a rappresentare un'assunzione di responsabilità, ma una responsabilità grande e anzi grandissima. Senza alcun precedente, è il caso dirlo, dal primo presidente della Basilicata, il democristiano Vincenzo Verrastro, fino ai nostri giorni.
Ciò non significa far da garante in nome e per conto di Pittella. Significa piuttosto sottolineare l'entità della posta in gioco che Marcello Pittella ha individuato e realizzato. Con coraggio e determinazione. Non vi è dubbio. 
Senz'altro ad avere un peso sulle scelte e sui programmi è la presenza in Europa di Gianni Pittella, fratello del Presidente. A ben riflettere questo è un altro dato di prima misura e di assoluto rilievo. Un dato inedito da mettere a frutto immediatamente e sviluppare con autentico decisionismo. Il prestigio che la Basilicata potrá avere in seguito a un dialogo costante e costruttivo con l'Europa coincide esattamente con l'obiettivo di valorizzare, in chiave non localistica, tutte, davvero tutte le potenzialitá dei lucani e della loro terra. 
C'è da avere fiducia, in definitiva, in un uomo che continua a credere nel suo dinamismo, nella sua volontá  di fare, anche a costo di stravolgere vecchi e inutili schemi. Antiche baronie. Assurde incrostazioni di potere che hanno tolto alla Basilicata ogni prospettiva. 

venerdì 20 dicembre 2013

PRESIDENTE LETTA, VENGA A VISITARE LA BASILICATA



La politica ha i suoi tempi e anche un suo linguaggio: spesso si tratta però di un  messaggio generico, approssimativo. Per tenere tutti, o quasi tutti, buoni. Ma questa volta le cose sembra stiano cambiando. Mi riferisco al messaggio che Marcello Pittella, neo presidente della Basilicata, ha inviato alla gente tramite Facebook, un canale inusuale francamente per un presidente chiamato a governare una regione difficile, con mille problemi oltre allo spopolamento e al lavoro. 
Colpisce l'assicurazione ai cittadini di questa terra: "nessuno rimarrá indietro, nessuno rimarrà solo." Parole importanti, senza molti precedenti in veritá. Parole pronunciate non certo a denti stretti o a bassa voce. Ma con l'ardire di chi è certo di non vendere chiacchiere e di non vedersi contestare da chicchessia. 
Avviare un'azione  di contrasto alla povertá. Questo l'obiettivo strategico del Presidente Pittella che si accinge a porre mano a un'opera di rinnovamento dei criteri che sono alla base di un'opera di governo di carattere davvero straordinario e capace, per giunta, di aprire le porte a una fase di generale rinnovamento del mondo Basilicata, una terra finora marginale ma con potenzialitá enormi, anzi con ricchezze incommensurabili,  sfruttate dalle compagnie petrolifere che dal sottosuolo estraggono una ricchezza forse indicibile. Milioni di barili di greggio, dall'avvio dell'attivitá estrattiva ad oggi, non sono certo poca cosa. Si tratta di miliardi di euro che vanno ad alimentare il conto in banca dei petrolieri e delle compagnie e a creare ulteriori prospettive di arricchimento. 
Se il presidente del Consiglio dei Ministri volesse ricordarsi per un attimo che la Basilicata esiste, eccome, potrebbe addirittura rinvigorire la legge di stabilità, duramente criticata, con i miliardi del petrolio lucano. 
Venga, presidente Letta, a visitare i giacimenti della Basilicata, a conoscere da vicino la sua operativitá, a toccare con mano le ricchezze di questa terra piccola ma non insignificante, tutt'altro. Capace finanche di competere con regioni ben più importanti e fortunate, a cominciare dalla Lombardia o dalla Sua Toscana, terra del sommo poeta. Di quel Dante, priore di Firenze, che ebbe il coraggio di mandare in esilio il suo maestro e migliore amico, Guido Cavalcanti. 
Venga, la Basilicata saprá ospitarla adeguatamente, mostrandole anche la sua povertà, quella che Marcello Pittella non si stanca di sottolineare, di far conoscere come il paradosso dei paradossi: una regione ricca che stenta, non da oggi, ad andare avanti.


domenica 15 dicembre 2013

SASSO DI CASTALDA, A TU PER TU CON IL FUTURO



                               Sasso veduta dall'elicottero (foto R.De Rosa)

Un ponte tibetano: comincia con questa sfida la grande avventura di Sasso Castalda, una delle porte più importanti del Parco nazionale dell'Appennino lucano. Una scelta che rappresenta davvero la strategia vincente per Rocco Perrone, sindaco di questo meraviglioso angolo di montagna, dove natura, cultura e arte vanno a rappresentare un tutt'uno, un mix capace di aprire le porte del futuro.
Il ponte tibetano servirà a richiamare l'interesse di visitatori non solo del Sud, ovvio. Una carta importante per dare lustro al brivido della montagna, antica e moderna insieme. Gli ingredienti ci sono tutti: anche la Regione Basilicata sembra convinta della validità di questa idea, peraltro condivisa da alcune menti importanti, a cominciare da Antonio Coronato, dirigente dell'Ansaldo che da Torino, sua dimora, non dimentica Sasso il paese d'origine.
Al di là dei “prodigi” legati all'avvento del ponte, ormai in fase di progettazione avanzata, c'è da dire che Sasso Castalda è davvero uno scrigno di storia e cultura, un contenitore di arte e tradizioni mai dimenticate. Cultura che orienta finanche l'opera di un artigiano come Antonio Vignola, capace di fare del ferro e dei suoi lavori un'espressione significativa del fabbro per eccellenza. Non solo. Ma di avanzare una proposta per fare in modo che l'attività di uno come lui possa rappresentare una base di partenza per tanti giovani interessati a questa forma di artigianato artistico che altrove rappresenta un mestiere fruttuoso, un'occasione di impegno importante per chi voglia dedicarsi. Non a caso Antonio vede il Parco nazionale dell'Appennino come l' occasione per dare una spinta alle attività e ai mestieri. In questo caso una fucina di proposte per trasformare la sua esperienza in una attività didattica. Insomma una scuola, una bottega che diventa scuola e insegnamento, proprio mentre ci si dispera alle prese con una disoccupazione che soffoca non solo i sogni, ma anche le attese di chi si sofferma a guardare il “deserto” del Sud, questo Mezzogiorno eternamente a metà del guado che non riesce a recuperare la riva. A guadagnare un traguardo dignitoso.
La porta del Parco si apre quasi per miracolo e mostra le sue bellezze, il suo essere davvero occasione da non mancare, in alcun caso.
Turisti e visitatori non potranno rimanere indifferenti, sottolinea con entusiasmo il Sindaco Perrone, animato anche lui da una straordinaria forza di volontà che sembra quasi essere irrazionale in certi casi, ma non lo è affatto a ben riflettere.
Il ponte vedrà la luce in tempi non biblici. A far da corona a questa geniale intuizione saranno davvero tante opportunità legate al Parco nazionale, la giovane area protetta intenzionata a non trascurare proprio nulla delle sue potenzialità. Il centro De Luca ospita intanto presentazioni di libri e convegni. Si parlerà il 20 dicembre anche di Padre Pio, il santo del Sud, il mediatore tra il Cristo Risorto e la gente del nostro tempo. Sasso diventa così un eccellente momento di confronto. Oltre a rappresentare anche una bella proposta di rinnovamento.

martedì 10 dicembre 2013

BAMBINI VERAMENTE POVERI



Un bambino su dieci vive in una condizione  di povertá assoluta. Il dato, diffuso in questi giorni da radio e televisioni, balza sotto gli occhi proprio mentre si avvicina il tempo  delle spese per cenoni, regali natalizi e tredicesime da collocare in qualche modo. Nonostante la crisi, per quanto minacciosa e capace di turbare la tranquillità di tutti. Nessuno escluso. Nonostante le tasse che schiacciano i contribuenti.
Bambini veramente poveri, spesso privi di tutto. Incredibile,  al tempo di un consumismo esasperato che ha finito per modellare la vita di ciascuno. Anche di chi non ha, giacchè il divario con chi possiede si va sempre più accentuando, mentre il disagio cresce e la vita si fa dura e difficile ogni giorno sgretolando anche un briciola di sogni. Un pezzettino di serenità. 
Il problema viene affrontato di tanto in tanto, quasi in piccole dosi, con le dovute eccezioni. Ovvio. È il caso ad esempio della trasmissione "Prima di tutto" di Radiouno Rai che ha realizzato servizi e interviste sull'argomento lasciando intendere il proposito di ritornare sul tema, data la sua gravità e il peso che riveste. Anche in Italia, perchè no. 
In Italia dove sono trentamila, secondo dati recenti, i bambini senza famiglia, affidati a enti o realtá che operano sul territorio, e magari in attesa di persone generose ben disposte ad accoglierli dando loro il tepore di una casa che li faccia sentire non ospiti ma figli, realmente. 
Intanto una macchina invisibile si muove ogni giorno e diffonde, anche senza volerlo, informazioni su questo argomento che ha carattere davvero universale. Un bambino non è solo un piccolo uomo, ma un universo di bisogni, di interessi, un mondo di vitalitá e di amore vero. Autentico,  genuino soprattutto.
Si apprende intanto che il Centro  per le adozioni internazionali, presente nella parrocchia di Sant'Anna a Potenza, è interessato a organizzare un convegno su questo tema magari in concomitanza con la festa delle famiglie adottive, in programma ogni anno a metá giugno.  Un'idea da non lasciar cadere nel nulla. Una mano tesa per affrontare il nodo dell'infanzia abbandonata, spesso oggetto di traffici illeciti e di orribili forme di sfruttamento. Per non dire di pedofilia, un male perverso che percorre la nostra societá ancora oggi, davanti al quale ci si sente davvero disarmati. Purtroppo. Giacchè mancano efficaci strumenti per il controllo del fenomeno che assume punte indescrivibili ed è tale da indurre a pensare che forse esiste, in fin dei conti, una sorta di rassegnazione. Se non di impotenza destinata a trasformarsi in una specie di rinuncia  a lottare, a combattere per i più deboli. I bambini.  

venerdì 6 dicembre 2013

IL PIANTO ACCORATO E STRUGGENTE DI LUCIA




La disperazione. Nient'altro che la disperazione: Lucia, una giovane donna di Montescaglioso in provincia di Matera, non ha più lacrime da versare. Assiste impotente alla frana che in pochi minuti le ha portato via la casa, il lavoro, i suoi sogni. Tutto distrutto, in un batter d'occhio. Urla la sua tremenda paura questa donna, davanti alle telecamere della Rai. La sua vita è finita. Lei non ha più nulla da temere.
La frana assassina si è abbattuta con una violenza inaudita sull'abitato di questo grosso centro che tanti anni addietro fu uno degli epicentri delle lotte contadine per la riforma agraria nel Mezzogiorno.
La cittadina appariva fino a qualche giorno fa tranquilla con i suoi negozi, il suo centro storico, le sue case vecchie e nuove, nonostante i problemi legati allo sviluppo e al lavoro. Poi tutto si è spezzato a causa del terreno che continua a portare a valle strade e case. 
I giorni di dicembre hanno seminato la tragedia nel Metapontino. Finanche le preziose testimonianze della Magna Grecia sono state sommerse dall'acqua e dal fango. Il paesaggio è diventato spettrale, ogni cosa ha assunto le caratteristiche del dramma sotto l'incalzare della pioggia e del vento. 
Eppure il copione si ripete da anni, sulla pelle degli abitanti,  dei coltivatori che puntualmente in inverno si ritrovano in un mare di guai con il raccolto distrutto e la terra che sembra ribellarsi alle scelte balorde degli uomini, se non proprio alla loro imperdonabile incuria. 
Mancano opere di salvaguardia di un territorio così importante e prezioso. Manca quella necessaria difesa del lavoro e dello sviluppo faticosamente conquistato con anni e anni di  sacrifici da parte di imprenditori che hanno creduto nell'agricoltura con passione e tenacia. 
In quelle terre oggi non esiste più nulla. Soltanto il dramma e la disperazione che s'impossessano della gente. Soltanto la miseria e la paura che bloccano tutto. Che segnano la fine di ogni cosa. Lucia, in fondo, si considera una donna finita. Una donna senza speranza, figlia di un tempo inesorabilmente amaro. Che agli occhi degli abitanti sembra destinato a non finire. 

venerdì 29 novembre 2013

ALBERI uomini


La natura è  più umana degli uomini. Essa è capace di sottrarsi a quell'incessante opera di distruzione alla quale dalle origini della storia  è stata sottoposta per colpa di chi non si cura di nulla, nemmeno del futuro dei propri figli.

Gli alberi di bosco Ralle, a Satriano di Lucania, sono una testimonianza  di questa sfida perenne. Vivono del loro vigore e della loro imperturbabile saggezza.


                                   ALBERI uomini


racconto di Rocco De Rosa


Camminava con passo incerto soffermandosi a tratti tra cespugli e anfratti nel folto del bosco, calpestando i rami caduti dopo le nevicate; a volte inciampava, quella mattina d'inverno incerta,  con il cielo d'un grigio pesante che prometteva ancora maltempo e tanta neve.

Michele sembrava non meravigliarsi per il tempo uggioso, molto simile al suo carattere.  E intanto volgeva lo sguardo alle cime dei monti circostanti dove immaginava ci fosse se non altro almeno una persona, qualcuno che magari si nascondeva non per gusto ma per una scelta precisa. Una scelta di vita. L'idea di vivere tra le cime ed il cielo, a contatto con gli alberi, creava dentro di lui forti emozioni che sollecitavano a loro volta pensieri profondi e facevano vibrare la sua anima. La vitalità degli alberi era percepita dal suo intimo come qualcosa di indescrivibile: una sorta di sensibilità estrema che aveva un che di umano. Una forza interiore.
Ma nonostante vari sforzi non  riusciva a vedere su quei monti non dico una moltitudine di uomini e di donne. Ma nemmeno una piccola comunità di contadini e montanari. Di gente che  con la propria presenza volesse animare la scena. No, niente di tutto questo. Quasi un deserto, senza sabbia ma con la neve per terra.
Michele cercava in effetti un eremita, un solitario. Una persona capace di rimanere in contatto con la sua solitudine tra gli anfratti e i nascondigli disseminati sulle pendici della torre di Satriano, antica torre normanna, che ha reso la montagna sulla quale sorge  misteriosa e struggente.  Con un fascino tutto suo e una bellezza tale da riuscire a raccontare il passato.  
Michele cercava in effetti una  persona determinata a vivere a diretto contatto con la natura, lontano da tutti, per  fare da esempio per tanti altri uomini, illusi e disorientati. Scontenti, infastidi dalle regole della cosiddetta societá civile e del progresso. Spesso soltanto illusorio. Il pensiero di poterla  trovare con quasi assoluta certezza gli dava  una gioia vera e insieme  un senso di piacere e di sicurezza.  Una certezza costruita  nella sua mente, ma ad ogni modo capace di farlo sentire forte e coraggioso.
La torre è il culmine, esattamente come la solitudine che non può essere confusa con altre condizioni di vita giacché rappresenta davvero il massimo. La solitudine dimostra la supremazia dell'io, quell'io che Michele sperimentava in sé stesso, ogni giorno, sentendosi soddisfatto proprio perchè libero. Assolutamente libero. 
Vagando per i boschi, l'uomo si lasciava  conquistare dall'eremita per nulla preoccupato di non vivere con gli altri. In mezzo alla gente.  Pensava a lui addirittura come si può pensare a una persona  originale, stravagante. Ma anche coraggiosa, piena di orgoglio e di una vitalità prorompente. 
Intanto si guardava intorno e non vedeva altro che foglie, rami, alberi, e scorgeva tuttavia in quel mondo un esempio di vita vera. Autentica. Quasi un ritorno alle origini, davvero esaltante.
Il contatto con le foglie e con i profumi della  natura lo faceva sentire protagonista e gli dava una carica di serenità difficile da realizzare nella vita di ogni giorno.
Le sue non erano semplici fantasie. Ma il risultato di una spinta interiore. 
"Eccolo lì l'eremita, lo vedo finalmente, è proprio lui sulla montagna, pronto a inerpicarsi per i sentieri. Beato lui che può vivere tra gli alberi. Senza preoccuparsi di nulla. Davvero di nulla". Lo vedeva, ma non era certo che fosse davvero lui.
L'eremita gli appariva come una figura incerta: dotata di una straordinaria capacità di mimetizzarsi e di cambiare atteggiamento. Di essere diverso. La sua condizione di persona isolata gli dava però una straordinaria forza e lo faceva sentire  dominatore incontrastato di tutto. 
Il giorno avanzava, frattanto. Mentre  raccoglieva delle foglie e dell'edera nel bosco Ralle,  per provare a ricoprirsi il corpo Michele vide addirittura un albero che si faceva avanti. E non credette ai suoi stessi occhi. Sembrava avere la capacità di muoversi. Era in effetti un uomo in tutto e per tutto. Addirittura era interessato ad avviare un dialogo con lui, uomo quasi albero. Pronto a trasformarsi senza alcun timore di cambiare la sua stessa essenza di essere umano.
L'albero mentre si muoveva aveva finanche atteggiamenti meditati e  con l'aiuto di Francesca - una ragazza che frequentava il bosco per sentirsi libera,  quando non era costretta a lavorare - accarezzava  l'idea di dominare tutta quella scena in cui gli alberi, pian piano, stavano dando libero sfogo alle loro passioni. In un regno incontrastato e pieno di fascino. Non erano degli automi, ma alberi veri in grado di dare una sterzata alla loro stessa natura di vegetali.
Ebbe un momento di grande esaltazione: Michele voleva far sapere a tutti la sua volontá di cambiare la vita di amici, parenti, persone che incontrava per caso lungo le stradine ed i vicoli della sua terra, Satriano nella Lucania dei boschi, un luogo umile e meraviglioso, proprio ai piedi di un bosco che finisce per interpretare il carattere degli abitanti, trasmettendo loro quel temperamento severo, fatto di umiltà e di piccole cose. Ma forte e determinato. Una terra in cui la passione vissuta dagli alberi è alla base della vita degli uomini che accettano con piacere la supremazia della natura, vera e suggestiva per la sua stessa dignitá. 
Cercava di rendere partecipi finanche le bestie di quel che aveva in mente. Stava infatti  costruendo  un mondo tutto suo, al quale era intenzionato a dedicare ogni energia, noncurante delle abitudini degli altri e di quello che gli  altri potessero dire. O pensare. 
Un mondo nuovo, davvero sorprendente. 
Le  scelte fatte  dagli alberi si rivelavano capaci  di trasformare le piante in uomini veri. Con le foglie sul capo e con l'edera che si arrampicava sul corpo nascondendo tutto. L'edera, il segno del possesso totale: come gli uomini anche le piante sono capaci di possedere e di far vivere amori e passioni forti. L'edera che nasconde tutto e modifica tutto era il segno della tenacia della vita degli alberi che non si arrendono davanti a nulla, e vanno avanti per proprio conto. 
Michele ad un tratto incontrò Domenico proprio ai margini della vecchia strada che dalla torre scende per le contrade e segue le asperità di un territorio non facile, ma con grandi orizzonti capaci di riempire la vita. 
"Michele, mi sembri quasi conquistato dagli alberi, dalla natura silenziosa e dal fruscio delle foglie. Sai che ti dico? Sono proprio contento. Faccio  entrare gli alberi  nella mia vita. Faccio in modo che quella loro immagine accattivante non sia destinata ad essere sopraffatta dagli uomini anche perché gli alberi prendono  il posto degli uomini... Si, questi alberi di bosco Ralle  sono un prodigio. Lo dico davvero! Sono capaci di fare mille cose. 
"Hai ragione, Domenico. Gli alberi-uomini mi danno una gioia incredibile. Te lo assicuro."
Quelle piante continuavano intanto a muoversi. Facevano passi avanti. Finchè un albero non incontrò Luisa, donna d'incanto. Bella e disinvolta. Ma soprattutto donna sul serio. Aveva sembianze accattivanti con una carnagione che da sola trasmetteva messaggi a chi le stava vicino. A starle vicino erano uomini e donne, anche sconosciuti, attratti dal suo volto e dalla sua femminilità;  da un carattere non comune. 
Un albero capì tutto questo. Si fermò sul sentiero poco a monte di Satriano, dove gli alberi sembravano voler continuare la loro opera in difesa di un mondo migliore. Luisa era lì anche lei,  proprio lì. Metteva in mostra tutto il suo temperamento: l'albero la guardò in faccia con atteggiamento dolce e interessato. Ma non si accontentò di questo. Cercò dolcemente di sfiorarla con i rami. Addirittura accennò un bacio sul volto della donna. Luisa rimase colpita da questo gesto e volle ricambiare aprendo le braccia e stringendo l'albero al suo corpo. Il tronco  le apparve addirittura familiare. Come se lo avesse stretto a sé chissà quante volte con un gesto abituale. I rami e le foglie  simili a carezze d'autore. Tutto sembrava dolce e spontaneo,  fuori da certe abitudini ormai abbastanza comuni. 
Luisa non era in sé, per la gioia di avere assistito a un evento così singolare, quanto imprevedibile. Non immaginava che la natura fosse capace di tanto slancio, forse ben più degli uomini. E per questo tentò di ricambiare  un atteggiamento che voleva essere di riconoscenza profonda verso l'albero. Un sentimento di amicizia e di stima.
"Ricorda: non mi è mai accaduto di riservare a una pianta quell'affetto così spontaneo che si nutre per un uomo. Magari per il tuo uomo. Albero... ascolta, devo darti un nome. Questa sì è un'idea che mi fa star bene. Ecco! Se sei d'accordo ti chiamo con il nome di un grande uomo che ha saputo cantare  piccole e grandi cose della nostra vita e di quella dell'aldilà. Ti chiamerò Dante. Perchè sei grande e imponente e poi non susciti soltanto ammirazione, ma un sentimento ancor più profondo, più autentico!  Un senso di piacere che ti conquista e non so descrivere, sinceramente. Dante, bello, eh! Poi ti si addice. Il tuo capo è cinto da una corona che serve a immortalare le tue glorie." 
"Le mie glorie?" Osservò meravigliato l'albero, stupito per tanto slancio che la donna gli riservava.
"Si esattamente le tue glorie, per aver dato ospitalità a tanti uccelli con i loro nidi. Ma mica solo questo. Anche per essere riuscito a pulire l'aria con la tua chioma, a trattenere il terreno evitando frane e sciagure. E tanto altro ancora.  Hai  la dignità di un uomo e forse ancora di più..." 
Luisa era  commossa per avere riconosciuto agli alberi un ruolo umano. Ed era anche sorpresa, impacciata, addirittura preoccupata per aver visto gli alberi avere comportamenti da veri uomini nei suoi confronti. Altro che! Una rivoluzione? 
Gli alberi uomini rappresentavano per lei qualcosa di più di una società composta da sole persone. Quegli uomini che fingono di essere eremiti, che cercano la solitudine non sono una  novità. Sono  piuttosto il frutto di atteggiamenti, pensava Luisa,  dettati da voglia di protagonismo per attrarre l'attenzione e avere una briciola di celebrità. Gli alberi sono genuini e autentici.
Gli alberi che si muovono e camminano sono invece una realtà.  Poi gli alberi hanno una loro bellezza. Forti e austeri  sono creature come noi, capaci di osservare il mondo che ci circonda. 
Intanto gli alberi continuavano a muoversi. A ragionare. Si spostavano. Avevano voglia di dominare Satriano per farsi conoscere e parlare con gli abitanti, ma anche con la gente di altri luoghi. 
Accolti come amici da tante persone, erano diventati di casa, ma non solo nel loro luogo d'origine. S'intrattenevano finanche con i ragazzi invitandoli a trascorrere del tempo in loro compagnia, mentre Dante, l'albero maestro dotato di un'autorevolezza pari al suo nome, dominava la scena. Davvero una festa.
Nel breve volgere di qualche minuto molti ragazzi si avvicinarono a lui. Lo accarezzavano come si può accarezzare un bimbo. Gli facevano tante domande e gli mostravano tanta simpatia. Volevano sapere da lui il perchè della vita, nientemeno. 
"Dante ma cos'è il  tempo e perché passa così veloce?" gli chiese uno dei ragazzi che aveva tanta voglia di scrutarlo nella sua intimità. 
Una domanda imbarazzante davanti alla quale l'albero Dante non seppe rispondere: non solo perché non sapeva cosa dire, ma soprattutto perchè un interrogativo del genere lo faceva sentire più in alto di un semplice uomo, addirittura. Investito di una responsabilità non da nulla. Si sentiva simile a una divinità, di quelle che hanno da sempre dominato i riti arborei.
Ecco  perché esitò  prima di rispondere, anzi evitò di rispondere, combattuto dall'idea di mettere in evidenza il suo potere di albero uomo o di tacere come una creatura qualunque che davanti alle leggi dell'esistenza si arrende. Balbettò qualche suono, una mezza parola sotto la spinta del vento che a tratti animava la scena. Un sibilo, simile a una voce. In effetti era una voce della natura forte e chiara, soprattutto ben determinata per dire cosa fosse la condizione di un albero che vive dell'esistenza umana con la  consapevolezza di chi sa confrontare il ruolo della natura e quello degli uomini. Due strade apparentemente distinte, destinate a incrociarsi e forse a sovrapporsi.
Da quel momento gli alberi di Bosco Ralle ebbero una loro vita diversa dal passato. 
La foresta si era trasformata in un regno in cui i faggi e le querce dialogavano tra loro e continuano a farlo tuttora, con le chiome rivolte verso il cielo. Sotto il sole o con il gelo dell'inverno, quando la natura sembra addormentarsi e poi d'incanto si risveglia, esattamente come fanno gli uomini. Ma con uno spirito diverso perché, a differenza degli uomini, gli alberi lambiscono l'infinito. Lo accarezzano finanche. Arrivano lá dove gli uomini non sanno o non vogliono arrivare. 

martedì 26 novembre 2013

FILIPPO BUBBICO "SIAMO IN GRADO DI GARANTIRE LA SICUREZZA"



Quindicimila agenti di Polizia in meno. Altrettanti carabinieri e  guardie di Finanza mancano all'appello in seguito alla forte riduzione di risorse che diventa un boomerang per la vita del Paese, soprattutto nelle aree a maggior rischio dove la delinquenza organizzata e le tante mafie sono un pericolo costante.
Il capo della Polizia, il prefetto Pansa, lancia l'allarme dal Viminale mettendo in evidenza che, a fronte di una stretta così severa ai rubinetti della spesa, il Ministero non è in grado di intervenire con la necessaria tempestività e adeguatezza per dare risposte ai cittadini. Situazione di vera emergenza, dunque, anche per i custodi dell'ordine pubblico, peraltro giá nota da tempo: le auto della polizia senza benzina sono uno dei paradossi del nostro tempo. Un'icona della crisi, e un pericoloso segnale.
A Pansa risponde il Senatore Filippo Bubbico, vice ministro dell'Interno, che dai microfoni di Prima di Tutto (la trasmissione di Radiouno Rai) ribadisce l'assoluta capacitá di garantire la sicurezza lá dove nel Paese ce ne sia  bisogno. E certamente, al momento, le situazioni più problematiche sono quelle dei No Tav con le varie infiltrazioni negli scioperi e con attacchi durissimi ai cantieri dove si lavora per l'alta velocità. 
Nel corso della lunga intervista Filippo Bubbico sottolinea tuttavia l'impegno degli uomini e delle donne delle forze dell'ordine, spesso con grandi sacrifici personali, per non venir meno a quel dovere, civile e istituzionale, della garanzia delle libertá. Le dichiarazioni di Pansa, osserva Bubbico, vanno tuttavia lette in un contesto di valutazioni ben più ampio.
Certo, la questione non può non interessare a fondo il governo e il Presidente del Consiglio, soprattutto, giacchè peraltro si parla di evasioni generalizzate e di miliardi da recuperare che continuano a crescere. Ogni giorno. 
Il punto focale della crisi è proprio questo: migliaia di persone evadono per fronteggiare la ricaduta negativa della mancanza di risorse che mette in ginocchio l'intero Paese privandolo di cose essenziali. E d'altro canto migliaia di contribuenti sono soffocati dalle tasse e dalle politiche di Equitalia e dell'Agenzia delle entrate, che regione per regione e zona per zona procedono a campionature, a volte discutibili, per assicurare al fisco le necessarie entrate  distinte appunto per aree. Ma nonostante tutto il tetto delle evasioni si fa minaccioso in una situazione in cui sembra impossibile tenere  sotto controllo piccoli, grandi e grandissimi evasori. Senza considerare gli sprechi, che sono davvero all'ordine del giorno. 

mercoledì 20 novembre 2013

...FRUGANDO NELL'AGENDA DI MARCELLO PITTELLA



Provo ad aprire l'agenda di Marcello Pittella a qualche giorno dalla sua  affermazione elettorale. 
Lo faccio con molta determinazione, confidenzialmente, senza neppure chiedergli il permesso tanto so che non si arrabbierà e né la prenderà a male.  
Mi chiedo se sia il caso, tuttavia, di fare una cosa del genere ma non tanto per lui quanto per chi finirá per leggere, mio tramite, gli appunti che vi sono scritti. Anzi che lui è riuscito a scrivere dopo baci e abbracci di amici e amiche. Dopo gli inevitabili brindisi, dopo il gran clamore insomma che una così soddisfacente affermazione ha determinato, dopo le turbolenze dell'inizio della lunga maratona e le responsabilità, non piccole, da affrontare d'ora in avanti con  scrupolo e coscienza. Doti finora poco presenti in certa politica ma ora destinate a essere rivalutate in pieno. Ai buoni propositi, soprattutto se onesti, non si può chiudere la porta in faccia. Giusto? 
Ci trovo anzitutto, scritta a lettere appena leggibili, una raccomandazione a sè stesso, si a Marcello, avete letto bene: assenteismo. Combatterlo  con i fatti, c'è scritto. Poi qualche frase che mi sembra più che altro dettata dal cuore e dai  suoi sentimenti. Marcello, vi assicuro, è persona sensibile, pronta a spendersi per certi obiettivi, dotato di una  cultura politica che mi ricorda quella del padre, don Mimì, come lo hanno sempre chiamato  e continuano a chiamarlo a Lauria e non solo per un questione di stima e di affetto. 
 "La gente...chi mi ha votato. Badare al domani...e a chi non mi ha votato.  Niente male, finirà per ricredersi mettendo da parte piccole e grandi rivalità."
Bene, poi passo alla pagina successiva che mi sembra incollata alle altre. La cosa mi sorprende mica poco. 
Anche qui vedo appunti presi in fretta con una grafia da macchina, voglio dire una grafia provocata dalle curve e dal movimento dell'auto. Un po' incerta e traballante. Ma non timorosa. Nè titubante. Nelle due pagine c'è scritto petrolio tra parentesi Memorandum e dall'altra giovani e lavoro. 
Ad un certo punto mi sento osservato da chi mi sta intorno e chiudo l'agenda, sapendo bene che si tratta di idee, di messaggi, di cose da non dimenticare, scritte in ogni caso dal neo Presidente prima ancora di concedersi un'ora, soltanto un'ora di riposo. Mi fa pensare molto la fretta con cui ha tenuto ad appuntare certe idee. Ci penso su e capisco che evidentemente non voleva vederle sfuggire dalla  mente, proprio come fa qualcuno di noi giornalisti per non distrarsi e per non rischiare di dimenticare concetti importanti. Importantissimi per l'articolo che dovrà scrivere. 
 Si, perchè anche  Marcello Pittella si accinge a scrivere il suo fondo. Il pezzo d'apertura di una pagina di giornale decisamente nuova: reca sulla testata un bel titolo. Rivoluzione democratica. Altro che!       

sabato 16 novembre 2013

L'OMBRA DELLA TERRA DEI FUOCHI SULLA BASILICATA?

C'è una “terra dei fuochi” anche in Basilicata? Interrogativo angosciante, senza dubbio.
La regione è stata zona di transiti, spesso incontrollati, e non è escluso che lo sia ancora. Trasporto di rifiuti speciali, di scorie, di materiali pericolosi: non è dato sapere. Nicola Pace, ai tempi della sua attività a Matera, aprì un fascicolo per una serie di traffici che si orientavano verso alcuni centri del materano. Ma oggi l'emergenza ha caratteristiche diverse, al di là di ogni facile allarmismo.
La notizia è di questi giorni, per quanto alcuni particolari non fossero del tutto sconosciuti. Si apprende infatti che aumentano a dismisura tumori e leucemie nel territorio del Parco nazionale del Pollino.Queste patologie riguardano addirittura la maggioranza dei casi delle persone che nell'area vengono sottoposte a visita medica per il riconoscimento di malattie invalidanti.
La notizia proviene da ambienti qualificati. Ci si chiede anzitutto quali sono le cause all'origine di un fenomeno così rilevante che non appare destituito di fondamenti, sia ben chiaro.
Che alcuni centri del Pollino, nel territorio della provincia di Potenza, facessero registrare malattie neoplastiche, con picchi mai raggiunti nell'arco di diversi anni, era noto da tempo, per giunta senza alcuna spiegazione scientifica che potesse in qualche modo giustificare il grave fenomeno.
Le patologie interessano soggetti di varie fasce di età e di diversa estrazione sociale.
Finora silenzio assoluto da parte degli organi sanitari e delle autorità preposte al controllo del territorio. Mai indagini epidemiologiche finalizzate, mai accertamenti mirati con il coinvolgimento di organismi locali e nazionali, se necessario. E ciò anche in seguito al diffondersi di informazioni a vari livelli considerate peraltro prive di fondamento scientifico e tali da poter alimentare, sostengono alcuni organi, ingiustificati allarmismi che minacciano il futuro dell'area e l'opportunità di significativi incrementi del turismo.
La notizia deve far riflettere, in ogni caso. Non può essere sottaciuta, né considerata alla stregua di un evento al quale la comunità scientifica non possa dare risposte valide, sia dal punto di vista della profilassi che della cura. E in particolare del controllo capillare del territorio, argomento questo di estrema importanza sotto ogni punto di vista.
C'è poi il tema del registro tumori, sul quale è calato da tempo il silenzio, per giunta con molte zone d'ombra determinate dai forti ritardi negli aggiornamenti della situazione zona per zona. In tal modo il registro stenta, di conseguenza, a segnalare in tempo reale, o quasi, significative modificazioni della mappa delle neoplasie e delle leucemie.
Mancano dunque riferimenti certi, nonostante il quadro sia senz'altro di assoluta gravità.Una situazione davvero inquietante, che rappresenta certo un pesantissimo fardello per la nuova classe dirigente che dovrà guidare questa regione, a partire dai prossimi giorni e dalle prossime settimane. Soprattutto in tema di ambiente la politica è chiamata a dare risposte certe, senza esitazioni e senza reticenze. Se ciò non dovesse avvenire non ci potranno essere giustificazioni di sorta.  

venerdì 8 novembre 2013

TRA MEMORANDUM, PETROLIO E SVILUPPO LA BASILICATA VISTA DA MARCELLO PITTELLA



Da oggetto di analisi economica tra istituzioni locali, governo e  Regione Basilicata, il Memorandum sul petrolio sta diventando di giorno in giorno sempre di più l'asse portante alla base di un discorso di larga prospettiva: il punto di partenza di quella inversione di rotta per la Basilicata del domani. Se non dell'oggi.
Il tema è al centro del confronto elettorale, alla vigilia del voto del 17 e 18 novembre per il rinnovo del Consiglio regionale e del governo della Basilicata. 
Questo il punto di vista di Marcello Pittella, candidato Presidente del PD. 

Anzitutto, Pittella, qual è la valutazione che Lei dà del Memorandum, prescindendo anche dal clima della campagna elettorale in corso.


"Io penso che il Memorandum rappresenti una occasione irripetibile per la Basilicata, ma che la strada verso un risultato accettabile sia ancora in salita e che  un rapporto stretto e severo con il Governo nazionale deve continuare a svilupparsi intanto perchè il tetto dei 50 milioni di euro sull' Ires per le compagnie petrolifere è ancora basso: dal primo gennaio 2014 si rende dunque indispensabile un aumento. Naturalmente tutto ciò va riferito  anche all'accordo del '96 e del '99, con l'occhio rivolto  a un rapporto con il Governo che deve riconoscere alla Basilicata una posizione di primo piano grazie al suo contributo del 15 per cento al fabbisogno energetico nazionale: cosa che non è evidentemente da tutti. Ciò merita un forte riconoscimento a favore di tutti i settori. Sia ben chiaro."

Si parla di royalties da incrementare e di finanziamenti da erogare a favore di questa terra. Sono obiettivi praticabili?

"Indubbiamente. La Basilicata merita un diverso atteggiamento e una diversa considerazione per quanto riguarda ad esempio servizi essenziali e settori di punta, a cominciare dai trasporti,  dalle scuole: l'idea di accorpare la direzione scolastica regionale lucana a quella pugliese è un dato fortemente negativo. Una regione come la Basilicata che conta appena 540 mila abitanti e non fa valere il suo peso in campo energetico, ma quando, mi chiedo quando deve recuperare la sua centralità in una dimensione non solo locale ma nazionale?"

A questo punto a chi spetta fare osservare certe regole. Chi insomma deve intervenire a favore di questa terra piccola ma tutt'altro che insignificante. 

"Sta non solo alla politica in campo regionale ma alla compattezza di una societá, qual è appunto la nostra, che dovrá avvalersi di una serie di interlocuzioni, (comprendendo e non escludendo i parlamentari), perchè la regione possa svolgere davvero un ruolo di primo piano, con l'occhio rivolto alla  tutela dell'ambiente e alle rinegoziazioni riferite all'energia e al petrolio, in primo luogo."

Una Basilicata così potrá dunque avere un diverso ruolo nazionale? 

"Questo è dunque un auspicio, giacchè l'autorevolezza si dimostra ovviamente sul campo, conquistandola con le azioni concrete. Giorno per giorno. 
Una cosa è certa: non sará Pittella in quanto tale da solo, ma sarà un'intera società a rappresentare le istanze, ma non solo, anche le ansie di una popolazione che ha bisogno di una qualitá dello sviluppo di un certo livello superando gravi cadute occupazionali e con lo sguardo rivolto al livello imprenditoriale che deve inevitabilmente crescere. Il petrolio deve consentirci questo ma il Governo nazionale deve farci da sponda, assolutamente si. Con impegno e convinzione, sapendo bene che non è un regalo fatto ai lucani, ma un loro diritto. Se così non fosse la Basilicata sarebbe abbandonata al proprio destino, con conseguenze gravissime e una vera dissipazione delle potenzialità reali. Cosa del tutto improponibile, evidentemente."   

martedì 5 novembre 2013

LA CARTA EUROPEA DEL TURISMO ATTENDE L'APPENNINO ALLA PROVA




Finalmente il grande giorno è arrivato: la Carta europea del turismo sostenibile,  conferita al Parco nazionale dell'Appennino lucano con una cerimonia ufficiale nella sede del Parlamento europeo, a Bruxelles, sancisce l'atteso salto di qualitá della più giovane delle aree protette italiane verso traguardi che promettono di rivoluzionare il concetto di sviluppo turistico e al tempo stesso di Parco nazionale.
La Cets, in estrema sintesi, impone orizzonti nuovi al turismo naturalistico e culturale. Colloca il Parco dell'Appennino al centro di un dibattito politico, non solo nazionale, di prima misura. Supera perciò stesso un'idea improduttiva di Area protetta  come di una zona recintata che lancia ogni giorno i suoi SOS sia contro la piaga degli incendi, sia contro la desertificazione selvaggia che uccide i parchi e li trasforma in zone di mera assistenza. 
L'Appennino lucano, grazie alle politiche dei suoi organi dirigenti, è riuscito a guadagnare questo riconoscimento, a differenza di ben più autorevoli zone di pregio ambientale del centro Sud che non aspirano nemmeno a tanto.  
Ma questo risultato non equivale solo ad un premio, sia ben chiaro. Rappresenta piuttosto un onere rilevante non solo per l'Ente che lo gestisce e lo rappresenta, quanto per le realtà territoriali, per i numerosi centri del suo perimetro autorizzati, d'ora in avanti, a ragionare in modo diverso e a confrontarsi con problemi ben più seri di quelli attuali.
Molte domande, infatti, attendono risposte. Come tradurre ambiente e natura in forme di occupazione, al di fuori del controllo forsennato della politica e di certi personaggi, autorizzati per le ultradecennali clientele di cui dispongono, a esercitare odiosi diritti di veto e a orientare i percorsi stessi della vita dei parchi. Fenomeno estremamente negativo e da condannare in ogni modo.
Quello che nella Finanziaria 1988 veniva indicato come il possibile Parco nazionale della Val d'Agri, anzi come una ipotesi alternativa al Delta del Po, oggi ha compiuto un percorso interessante, al punto da meritare l'attenzione qualificata  dell'Europa. Non è poco francamente. E di questo evento, alla vigilia delle elezioni per il rinnovo del consiglio regionale e del governo della Basilicata, sono sicuro che il candidato Presidente Marcello Pittella saprà tener conto. Ma dovranno tener conto un po' tutti i nuovi amministratori: non basta la politica spicciola e inconsistente del "Cicero pro domo sua." Non bastano le solite levate di scudi per fare spazio a questo o quel progetto favorevole a questo o a quel comune per qualche voto in più. Piuttosto occorre mettere in campo, o, meglio, rimettere in campo una vera strategia per affidare all'informazione il ruolo decisivo di momento di comunicazione della realtá del parco, aprendo un dibattito a livello italiano e internazionale. Il Parco dispone di formidabili strumenti da valorizzare e rilanciare a tutti i costi. 
Di questo ha bisogno l'Appennino. Un lavoro intenso e intelligente attende tutti. Bisognerá fare i conti con la posta in gioco superando vecchie e nuove  incrostazioni. Il parco è uno strumento di vita e di sviluppo da non sottovalutare affatto. Non é uno strumento di potere, nè un meccanismo da mandare avanti comunque vadano le cose. Occorre tra l'altro una straordinaria dose di sensibilitá e di impegno, forse difficile anche soltanto da immaginare. Ma certo indispensabile, sotto ogni profilo. 

domenica 3 novembre 2013

LACORAZZA: NON PIÙ RINVIABILE UN TAVOLO SU LAVORO E SVILUPPO IN BASILICATA




Il Memorandum: invito al Governo a non dimenticare la Basilicata. Nonostante rappresenti oggi a livello di opinione pubblica un argomento di scarso rilievo o, meglio, poco dibattuto, il Memorandum sul petrolio è da considerarsi una sicura base di partenza per dare risalto al ruolo nazionale che la Basilicata, serbatoio di acqua e di energia, dovrà assumere.
Un tema di assoluto rilievo. Quali le opinioni di alcuni candidati alle prossime regionali?  Piero Lacorazza, Pd, attuale Presidente della Provincia di Potenza e candidato a svolgere il ruolo di capogruppo nell'assemblea 

"Anzitutto l'ambiente. Quanto più si riuscirà a polarizzare su questo tema l'attenzione, tanto più l'attività estrattiva sarà in stretto collegamento con lo sviluppo. Il monitoraggio corrisponde a una verifica puntuale delle condizioni del territorio che ospita una rilevante attività di sfruttamento del sottosuolo."

Si parla di lavoro da offrire a chi magari non sa nemmeno cosa significa avere un'occupazione.

"Certo, il lavoro prima di tutto.  Dobbiamo negoziare il lavoro con lo Stato e con le compagnie petrolifere, tenuto conto peraltro che, a mio giudizio, c'è un interesse nazionale verso la Basilicata, giacchè verso di noi il Paese é in debito. Una opportunità da salvaguardare in ogni caso e rilanciare: non possiamo avere risorse di primo piano e, al tempo stesso, una emigrazione incalzante. Contribuiamo per oltre il dieci ore cento alla bolletta energetica nazionale  e ci troviamo in una situazione estreme ante negativa, per giunta con uno spopolamento incredibile di piccoli e grandi centri.  Cosa davvero spaventosa."

Quale potrebbe essere la risposta dello Stato, ma anche delle compagnie petrolifere a fronte di un problema di questa portata? E soprattutto c'è la volontá politica di discutere?

"Bisogna fare un discorso a tutto campo sulle cose da mettere in cantiere con urgenza: la chimica verde, ma anche la meccanica con le tecnologie e tutto ciò che può essere funzionale all'attivitá estrattiva per la quale occorre essere preparati. Il lavoro lo si costruisce con le fabbriche, con il fare. Con i prodotti da mettere in campo, a disposizione di una  comunità non certamente limitata all'ambito locale."

Quali sono le prossime scadenze, tanto per fare un discorso di estrema concretezza? 

"Sará necessario anzitutto riaprire un tavolo subito dopo le prossime elezioni, considerando che è insufficiente il contributo derivante dall'articolo 16 del Memorandum. Dopo quattordici anni dalla firma dell'intesa del 1999 bisogna fare molto, molto di più, ponendo alla base di qualunque discorso rivendicativo da parte della Basilicata non tanto più royalties, ma più lavoro e una inversione di tendenza nel quadro generale dello sviluppo."



Lei al riguardo è fiducioso sui possibili risultati? Ritiene che una trattativa con i poteri centrali, con alcuni colossi come ENI e Total,  possa dare i suoi frutti?

"C'è una considerazione da fare. Il Paese deve sanare il debito storico con la Basilicata, una terra che ha dato e continua a dare tanto, in termini di cervelli e non solo di materie prime. I cittadini, la gente comune, come si sostiene da più parti, si chiedono come mai,  a fronte di una così rilevante disponibilità di risorse, si registrano livelli di disoccupazione tanto elevati e un peso irrisorio di questa terra nel quadro generale dello sviluppo. Questo è il compito della politica che, in tal modo, potrà acquistare credibilità nei prossimi anni. Ed è questa una esigenza vera e incalzante, in ogni caso. Una esigenza direi ineludibile." 
  

domenica 27 ottobre 2013

EDUCARE I GIOVANI SECONDO PAPA FRANCESCO



"L'educazione dei giovani al tempo di Papa Francesco." Ha questo titolo una delle relazioni per il Sinodo diocesano della chiesa potentina, in un clima di ricerca non solo del consenso giovanile, quanto di presenze innovatrici e ispirate agli obiettivi della vita nel terzo millennio. Oltre che alla presenza della chiesa negli anni della scienza e della tecnologia, ma anche di certa politica impotente e corrotta che non educa certamente, meno che mai i giovani. Tutt'altro, scherziamo! 
Ma c'è di più, molto di più. Il nostro tempo viene definito nella relazione di mons. Domenico Sigalini il tempo di Papa Francesco. Ecco la svolta. Lui, arrivato a Roma da Buenos Aires, viene unanimemente riconosciuto come il Papa del generale rinnovamento e di una rivoluzione positiva. Il pastore di anime pronto a farsi carico di una chiesa diversa in cui i giovani, ma non solo, sono chiamati a una missione esaltante perchè umile,  e soprattutto vera. Carica di vitalitá, capace di dare risposte a chi vuol guardare oltre i limiti del nostro tempo e del nostro piccolo spazio. La chiesa del Cristo che parla a tutti i discepoli, agli uomini della terra, credenti e non. Pronti a seguire le orme del Vangelo o anche lontani dalla buona novella. Uomini senza distinzione alcuna. Persone che vivono ogni giorno finanche la sofferenza del Calvario e gente che rincorre i miti di una società capace di promettere tutto a tutti, piccoli e grandi. Ricchi e miserabili.
Questo dunque il campo di azione che il tempo di Papa Francesco sa indicare, senza eccessi nè particolari scelte o comportamenti. Ma sforzandosi soltanto di far conoscere la vita di Cristo redentore.
Grande idea quella di un Papa che parla con la gente, a tu per tu, con la borsa in mano. Uomo tra gli uomini, senza privilegi e rinunciando anzitutto al cerimoniale fastoso che aveva divulgato un'immagine falsa della chiesa di tutti. Una chiesa preda del potere che dunque non educa. 
Certo, non tutta la chiesa può essere definita in questo modo: secolarizzata e mondanizzata in un passato lontano o recente. Guai se così fosse, senza eccezione alcuna. Saremmo alla peggiore resa dei conti.
L'immagine di Papa Francesco che con la sua vita e il suo esempio si preoccupa di educare i giovani è dunque a dir poco affascinante. Il Papa sudamericano ma italiano, al tempo stesso, parla della croce e si rivolge a chiunque gli sta intorno per pregare e riflettere, per dire a tutti dov'è il luogo della fede. Dov'è la resurrezione. Dov'è il nostro futuro. Dove sono i giovani, dei quali prendersi cura,  se vogliamo guardare in faccia al nostro domani.

domenica 13 ottobre 2013

PRIEBKE È LÌ E NON POTRÁ FUGGIRE



La svastica, solo la svastica in vernice nera è ciò che si addice al boia nazista Erich Priebke. Nient'altro.
La storia ha in carico le sue e tante altre atrocitá commesse a danno non solo degli uomini, ma della nostra civiltá. Non una parola in più. 
Doveroso  il ricordo del martirio delle centinaia di italiani "inutili", come purtroppo vengono definite le vittime dell'odio razziale e della violenza nazifascista dai nostalgici della ferocia che ha seminato lutti e desolazione nel mondo.
Priebke, e tanti altri come lui, non potranno discolparsi davanti alla giustizia divina. Non potranno dire che non dipendeva da loro. Non potranno vendere chiacchiere inutili. 
Ora sono lì e non potranno fuggire!

venerdì 11 ottobre 2013

I BAMBINI DI LAMPEDUSA





La tragedia di Lampedusa ha molti risvolti. Tra le urla di dolore e le lacrime di quanti hanno perso i propri cari nel naufragio dei giorni scorsi, emerge il problema di tanti bambini abbandonati al loro destino, trasportati sulle carrette del mare da scafisti senza scrupoli e organizzazioni della malavita dei paesi d'origine verso destinazioni ignote. O verso   Il baratro? 
Argomento da brivido, come sottolinea la trasmissione di Radio Uno Rai, Prima di tutto, una delle poche voci ad avere approfondito la terribile questione legata agli sbarchi in Sicilia di tanti disperati in cerca di un domani e dei figli di "nessuno" abbandonati a sè stessi, nonostante l'enfasi mediatica che fa da sfondo a vicende tanto amare e forse finanche difficili da comprendere, dominate dalla solitudine di chi ha perduto tutto, a cominciare dai propri cari. 
Quanti sono questi minori, a chi vengono affidati? Qual è il loro futuro? Domande senza risposta mentre si discute del ruolo del tutore e della specifica funzione delle Comunità di accoglienza in un clima destinato a diventare sempre più burocratizzato e sempre meno a misura di bambino proprio perchè privo del calore umano, necessario per vivere, per crescere, per andare avanti. Un clima avvelenato dalle polemiche sulla figura dei "clandestini" che si trovano a vivere il loro dramma.
Si parla tanto di adozioni, come sottolineato più volte. Adozioni anch'esse soggette a precise clausole giuridiche, e ad un sistema incrociato di verifiche, di accertamenti, di nodi da affrontare per riuscire a scioglierli e garantire un'accelerazione delle tante procedure in modo da dare risposte a un problema che non può attendere. 
Dibattere, discutere, far sentire la voce di chi vive questi drammi. Quale miglior veicolo per affrontare questi nodi del Centro adozioni internazionali della Parrocchia di Sant'Anna a Potenza, proprio mentre Papa Francesco chiede alla Caritas italiana di destinare momenti ricreativi per i piccoli ospiti dell'isola per non fare avvertire loro solitudine e abbandono.
Sarebbe logico  che i responsabili del Centro potentino prendessero posizione netta, in un convegno possibilmente, sul rapporto che esiste tra la condizione dell'infanzia abbandonata (in Italia sarebbero 30 mila i minori senza famiglia) e il meccanismo delle adozioni. Aprire una parentesi lontano dalla festa di metá giugno, che celebra le adozioni come insostituibile meccanismo fondato sulla famiglia adottiva, è da considerarsi non solo una scelta disinteressata e intelligente quanto un momento collettivo di riflessione su un tema scottante. 
Eppure si parla in diverse sedi di povertá, di solitudine, di miseria, di infanzia abbandonata: ma chi potrá mai accettare un parlare a vuoto, ipocrita per giunta? Chi può dire che i bambini di Lampedusa non meritano più di un semplice riconoscimento, di una commiserazione, di una caritá che non è caritá? Il bel parlare non ha alcun valore se alle belle parole non seguono i fatti. Se al semplice dire, come enunciazione di principi, pur tuttavia validi, non seguono fatti e scelte con riflessi sulla realtá.
Il centro adozioni di Sant'Anna è in grado di farlo. C'è da augurarsi che i soggetti direttamente impegnati su questo fronte possano chiedere alla Comunitá  e al Centro stesso un preciso impegno in tal senso.






mercoledì 9 ottobre 2013

PARCO DELL'APPENNINO, ARRIVA LA CETS PER UN TURISMO SOSTENIBILE E DI QUALITÁ





Non più un turismo affidato al caso o all'improvvisazione. Ma un'attivitá economica di alto profilo, tesa a far conoscere peculiaritá e aspetti culturali, storici, antropologici e paesaggistici dell'area protetta. Ecco, in estrema sintesi, cosa vuol dire l'adesione alla Carta europea del turismo sostenibile, che il Parco nazionale dell'Appennino lucano si accinge a vedere riconosciuta nel corso della cerimonia ufficiale a Bruxelles, il 6 novembre prossimo. Nella sede del Parco confronto ravvicinato tra i responsabili dell'area protetta, sindaci, rappresentanti di varie organizzazioni. 
Un turismo di qualitá in grado di reggere alla sfida dei tempi, con l'obbligo da parte degli operatori del settore di fare sistema e per le  istituzioni di coadiuvarli nello sforzo diretto a voltare pagina, superando certo spontaneismo rivelatosi anacronistico e fortemente negativo. 
Dalla Carta potrá dipendere l'atteso salto di qualitá? Non è improbabile, a giudicare dall'entusiasmo dei vertici del Parco che vedono in questo strumento il  sentiero da percorrere per determinare davvero una svolta. In tutto. 
Massimo impegno del Presidente Totaro e del direttore Fogliano per uscire da una forma angusta di turismo che finora non ha determinato grandi cose e ha finito per fare arretrare ogni ipotesi di superamento di vecchi e nuovi ostacoli. 
La CETS non è, tuttavia, un meccanismo privo di insidie o da manovrare  con disinvoltura. Prevede i cosiddetti tavoli tecnici che, con l'impiego di società e di esperti, dovranno avviare quella fase nuova in grado di incidere finanche sulla  mentalità delle popolazioni dei centri del parco con il risultato di  coinvolgere tutti, davvero tutti, in una nuova e straordinaria avventura che prima non si era manifestata sufficientemente, nemmeno nei preliminari. 
C'è tuttavia da osservare che i parchi in Italia hanno determinato (per una serie di eventi  non sempre facili da comprendere) un proliferare di società satelliti, anche nel campo della formazione e delle  mille attività  da gestire, oltre alla nascita  di esperti supervisori in grado di manovrare al meglio il timone della barca. Societá con nomi altisonanti ed esperti sostenuti spesso dalle università (o da determinate universitá) non sono però riusciti a dare una straordinaria spinta alle numerose aree protette, per fare in modo che esse siano inserite in un quadro organico di sviluppo locale e nazionale. Con riflessi sull'occupazione. 
La carta europea per il turismo sostenibile segnerà una svolta per l'Appennino. Le premesse ci sono tutte. Si tratta ora di intraprendere il cammino. Ma a giudicare dal dibattito sembra non ci sia piena consapevolezza della posta in gioco,  da parte degli utenti e dei fruitori: ci si sofferma spesso su elementi spiccioli, senza tuttavia premere perchè le finalitá strategiche della Cets riescano ad affermarsi facendo tutt'uno con  le linee guida del Parco. La logica della Carta consente di guardare davvero oltre certi orizzonti, superando ogni forma di localismo.

domenica 6 ottobre 2013

LA BASILICATA SUL VIALE DEL TRAMONTO. IL "DIARIO" DI MARIO RESTAINO




Un diario scritto e pensato in un luogo non solo fisico, qual è appunto il viale del tramonto sul quale si colloca questa terra del Sud. La Basilicata, grande mistero o quotidiana rivelazione? Un diario con funzione retrospettiva che ha il merito (non comune) di sottoporre al  lettore fatti, eventi, ma anche propositi e comportamenti di una classe politica capace di decidere e di orientare. Di fare tutto e il contrario di tutto,  non sempre a vantaggio di questa terra e dei suoi abitanti. 
Mario Restaino, giornalista, responsabile dell'Agenzia Ansa di Potenza, attento osservatore  dei  fatti e non solo cronista intelligente, prende per mano il lettore e lo porta sui luoghi della memoria. Qualche volta, purtroppo, luoghi del disastro. Non è una semplice coincidenza. 
Il suo è un atteggiamento di condivisione, quasi un invito a scrivere e a ragionare con lui, a partecipare a quella fase di esplorazione alla quale Restaino sottopone i fatti. Uno per uno. Senza avere  l'assillo di dire verità scontate e quantomeno gradite. Tutt'altro. Ma verità documentate, questo sì. 
Ci sono nel libro capitoli che fanno sentire sulla schiena il sudore gelato. Un brivido che scuote e sembra negare ogni speranza. Quali? Uno è senz'altro quello in cui si parla della macabra scoperta del cadavere di Elisa Claps, nella chiesa della Santissima Trinitá, il 17 marzo, giorno da non dimenticare. Giorno di una memoria collettiva. Bastano le due parole confuse, che continuano a ingenerare disorientamento, rigorosamente virgolettate: "cranio" oppure "ucraino" a disegnare uno scenario terribile.  Avvertito della scoperta nel sottotetto della chiesa di un cadavere, l'arcivescovo di Potenza non aveva ben compreso se si trattasse di un cranio o, piuttosto, di un ucraino che transitava da quelle parti indisturbato. Ecco che il sudore si ghiaccia ancora oggi e la sensazione è sempre di brivido. Ma che brivido! 
L'altro è "Addio, Basilicata!" Con riferimento alle macro regioni, studiate dalla Fondazione Agnelli. La Basilicata  cancellata dalla geografia e dalla storia? Si, esattamente. Non soltanto una realtá possibile del domani, fa notare Mario Restaino, ma una  realtá giá da tempo in un divenire costante, progressivo. E di qui attente osservazioni che portano l'autore a far luce sulla svendita di una terra ricca di risorse, finanche utile, ma da cancellare a tutti i costi. Perchè? In ossequio a certe  logiche, determinate dagli apparati di potere. Non vi è dubbio. 
Il libro di Mario Restaino ha tuttavia un'altra prerogativa. Quella di affrontare tematiche locali in un'ottica di respiro nazionale, sia in rapporto a certe scelte politiche, sia per quanto attiene alla dinamica degli interventi,  legati all'attività del governo e dei Ministeri, che hanno avuto come punto di approdo la Basilicata. 
Un libro ricco di spunti e di pensieri, questo "Diario dal viale del tramonto" scritto con  passione e con una buona dose di coraggio, ma anche con indiscutibile onestá intellettuale, che scorgo non da oggi negli scritti di Restaino. Un contributo alla conoscenza dei mille retroscena che ogni giorno, forse ogni istante, caratterizzano il cammino tortuoso di questa terra del Sud. Un percorso sul quale Mario, sono convinto,  continuerà a tenerci informati. 

sabato 5 ottobre 2013

DON MARCELLO COZZI: DISUBBIDIRE ALLA BOSSI FINI




"Bisogna disubbidire alle leggi quando le leggi vanno contro la vita e la dignitá delle persone: è il caso della Bossi Fini, una norma profondamente iniqua che tratta i soccorritori come delinquenti e allo stesso modo la gente che viene da altre parti del mondo, soltanto perchè in cerca di  una vita e di un domani migliore. E' una vergogna. Letteralmente una vergogna."
Don Marcello Cozzi, Vice Presidente nazionale di Libera, ha concluso così una delle tante manifestazioni in ricordo della tragedia dei clandestini, morti davanti alle coste della Sicilia, mentre cercavano di raggiungere l'Europa lontano dalle guerre e dalla desolazione. A Potenza, in Piazza Prefettura, sono stati letti brani, articoli e pensieri per rievocare il sacrificio di quanti hanno pagato per morire, dopo una vita di stenti che non ha consentito loro di vivere in una societá al riparo dalla violenza e dall'incubo delle guerre. 
"Quante volte vediamo agenti di polizia o di polizia municipale rincorrere dei ragazzi neri, con i loro sacchi, che vengono in tante occasioni per vendere borse, vestiti, scarpe. Li inseguono come delinquenti, perchè la legge in vigore li considera tali, destinati a essere giudicati dei diversi per il colore della pelle e i paesi di provenienza. E per la loro condizione di profughi". Punirli non è un segnale di civiltà, è stato detto nel corso delle manifestazioni di Libera. 
È ormai urgente aprire un dialogo risolutivo con l'Europa ed i paesi membri, in modo da ottenere garanzie e scongiurare la piaga della clandestinità. Un impegno da chiedere con forza, se si vuole evitare che l'Italia rimanga schiacciata sotto il peso degli sbarchi pressoché ininterrotti.
Il fenomeno dei trasferimenti di profughi  pone dunque un serio problema al vecchio continente: mobilitarsi per agire di concerto. Tutti. Nessuno escluso. Senza perdere altro tempo, ma facendo in modo che il rifiuto della Bossi - Fini sia largamente condiviso dall'opinione pubblica, chiamata a pronunciarsi su un problema di gravitá inaudita. 
Libera ha invitato la gente a non mancare a questa e ad atre manifestazioni, annunciando per domenica 6 ottobre alle 18 la celebrazione di una Santa Messa in suffragio di quanti hanno perso la vita nella sciagura del mare di Lampedusa. La Messa sará celebrata  nella chiesina di Betlemme a Potenza. Una chiesa minuta, ma importante. Povera come i profughi, ma ricca di una grande spiritualità.

giovedì 3 ottobre 2013

"NON È FINITA..."




Due sono gli elementi di spicco della  imprevedibile evoluzione della crisi annunciata ma evitata.
La paura di una bufera capace di travolgere tutto e tutti ha  prevalso. Non vi è dubbio.  E poi il dissenso interno al Pdl che diventa il punto di forza della situazione in atto nel Governo e nelle istituzioni. L'elemento di spicco. Il dato di prima misura. 
Lo scontro che si apre ora appare infatti tutto concentrato sul futuro dei dissenzienti e sulle scelte da mettere in campo per dare continuità a quella fase di transizione verso una destra aperta al dialogo, disponibile a confrontarsi con il Pd sulle riforme e il futuro del Paese e molto meno berlusconiana di quanto non sia stata in passato. Si, molto meno berlusconiana, il che segna un arretramento del partito azienda, sancito dalla repentina decisione del Cavaliere di dare la fiducia al governo Letta proprio nel momento in cui il baratro sembrava vicino. Addirittura a pochi passi.
Cicchitto  e molti altri dovranno ora fronteggiare l'ira dei  fedelissimi, a cominciare dalla Santanchè, che sbandiera la sua decisione di condurre una battaglia senza quartiere per evitare ulteriori sommovimenti e il rischio di una cancellazione di quei metodi dai quali dipendeva il futuro di vita o di morte di tanti parlamentari voluti dal capo. "Non è finita" proclama a gran voce chi ha difeso a spada tratta non solo una linea politica quanto un rapporto personale utile e fruttuoso, dal quale deriva la scelta di non smettere mai di combattere per chi ha garantito rilevanti posizioni di potere. La Santanchè è di quelli che vivono questa brutta vicenda con l'orgoglio e la predisposizione a continuare a lottare a favore di chi sventola la bandiera del primato in tutto. Non un politico come tanti, ma lui, il capo.  Il primo della classe. Il Presidente per antonomasia. 
Con la realtá bisogna tuttavia fare i conti. Nasce  un nuovo centro? Credo proprio di no. Un nuovo centro avrebbe caratteristiche diverse e obiettivi ben distinti da quelli che derivano dallo scontro con l'ala integralista di Forza Italia. Nasce in ogni caso una componente dalla quale c'è da aspettarsi di tutto, data anche la presenza nella nuova compagine di Angelino Alfano, fino a ieri strenuo difensore della linea di Berlusconi e un momento dopo pronto a marciare contro di lui. Incredibile!  Cosa dire della posizione del primo Ministro? Senza dubbio Letta porta a casa qualcosa di più di un successo personale, frutto della sua determinazione e del modo aperto e costruttivo di fare politica alla luce del sole. Il risultato inatteso della piena fiducia al governo deriva da una vasta mobilitazione per riuscire ad ascoltare i bisogni del Paese e proclamare con chiarezza certi obiettivi irrinunciabili.  Il premier dovrà tuttavia prepararsi  al confronto serrato con Renzi, il grande innovatore, l'uomo sempre in prima linea pronto a invocare un cambiamento di rotta nel centro sinistra, e non solo nel Pd, che invoca quel mutamento della politica, finora inchiodata su posizioni tradizionali e incapace di fare piazza pulita di un costume certamente improduttivo. Se non arretrato e deleterio. Ecco perchè Renzi scuote la politica e fa paura a molti.    

lunedì 30 settembre 2013

IRRIMEDIABILMENTE CRISI




Il partito monolitico, ubbidiente, pronto a sacrificarsi e soprattutto a chinare la schiena in qualunque momento, non c'è. Inutile  farsi illusioni.
A parte gli effetti dirompenti, il dato vero della crisi proclamata e che potrá riservare agli italiani infinite sorprese, è anche questo: il bisogno di rivendicare una identità culturale, di far valere, da parte di settori non marginali di Forza Italia,  una democrazia non solo apparente ma reale e palpabile. Oltre alla necessità del rispetto di opinioni largamente condivise che possano essere alla base di una decisione tanto importante quanto delicata e temibile, qual è appunto la crisi in un momento in cui non c'è assolutamente posto per l'instabilità politica e per le incertezze. E meno che mai per il baratro che vanificherebbe ogni sforzo, spostando indietro il Paese reale,  non di un anno o due. Ma infinitamente. Facendolo arretrare con conseguenze orribili, difficili finanche da immaginare.
Ecco il dato all'interno di quella che viene definita sbrigativamente crisi, ma altro non è, o rischia di essere, una perdita di quota irrimediabile per il Paese e il suo sviluppo. Per il destino di giovani e  famiglie, di chi non sa cosa fare per guadagnarsi un centesimo da portare a casa.
L'altolá a quel gruppo imprudente di "facinorosi" che mirano a posizioni personali consolidate e dominanti e per questo assumono atteggiamenti sfascisti,  non è cosa da poco. Oltretutto nasce dall'interno di una formazione che da sempre ha detto di avere interesse per una svolta in grado di dare serenità a chi vuol lavorare, a chi vuole rimboccarsi davvero le maniche per un futuro migliore. A migliaia di famiglie con serie difficoltà economiche. A chi vive una vita di stenti.
Il ritiro dei ministri sembra un petardo fatto esplodere con una enorme deflagrazione, tra le gambe di chi finora ha fatto appello alle forze migliori per uscire dal tunnel buio e pericoloso.
Provare a chiedere ai giovani e meno giovani cosa pensano di una scelta così repentina sarebbe, ad esempio, un'idea da non sottovalutare. Certo, osserverà qualcuno, la gente può soltanto esprimere giudizi sulla opportunità di una crisi o meno. Non può fare altro. Parlo della gente comune. Ma il senso comune e l'opinione prevalente dei protagonisti della vita reale  hanno tuttavia il loro peso. Se non  lo hanno è brutto segno. Vuol dire che la democrazia è malata.
Ora si apre un capitolo inedito, imprevedibile negli sviluppi. Finanche incontrollabile. Si parla di nuove maggioranze, ma dove sono? Con quali alchimie è possibile metterle insieme? Il momento è tra i peggiori, se non il peggiore, della storia repubblicana. Questa riflessione dovrebbe servire da sola a mobilitare sul serio delle energie importanti. A fare in modo che si cominci a costruire ogni giorno nell'interesse comune e non secondo le mire di pochi. La riflessione dei vescovi che parlano di una crisi senza senso è da intendersi pertanto come un richiamo ad una logica profonda del bene comune che, allo stato, non sembra purtroppo prevalere. Ecco il ruolo della Chiesa a sostegno di una moralità non solo teorica, ma immersa nel giorno per giorno. Proprio come insegna Papa Francesco, il grande innovatore.


giovedì 26 settembre 2013

PETROLIO, CHE DISASTRO IL MEMORANDUM




Il complesso iter del Memorandum per rinegoziare l'intesa Basilicata - Governo - Compagnie petrolifere, o più ragionevolmente per collocarla su nuove basi,  si annuncia difficile e in ogni caso priva di risultati apprezzabili per questa terra del Sud, assurta a primo serbatoio di greggio in terra ferma a livello europeo. 
Una strada in salita che va a intersecare mille adempimenti burocratici nei meandri dei ministeri, una infinità di passaggi che danno tuttavia una fondamentale garanzia alle compagnie petrolifere: poter spingere ben oltre il dieci per cento il contributo della Basilicata alla bolletta energetica nazionale. Cosa non certamente irrisoria. Tutto questo nel totale silenzio delle cronache nazionali che considerano trascurabili gli eventi  direttamente o indirettamente legati alla vicenda petrolifera  lucana. Un percorso del quale, a parte qualche accenno, non si sente parlare, per quanto a occuparsi della vicenda siano i ministri Zanonato e Saccomanni. 
Proprio questo è il punto nodale: la mancanza di un rilevante peso politico della regione a livello romano, le difficoltá connesse alla possibilitá di far passare una linea rispettosa del territorio e delle sue esigenze e soprattutto della necessitá di far compiere alla Basilicata quel salto di qualitá atteso da decenni e mai realizzato. Perchè? Per una serie di scelte politiche che hanno portato da sempre a fare avvertire lontane e irraggiungibili le stanze del potere centrale, in cui si decide tutto. Praticamente tutto. 
Il memorandum sul petrolio creerá, si sente dire,  oltre centomila posti di lavoro "addizionali" mentre non esistono allo stato le premesse per qualificare adeguatamente in loco tecnici e maestranze e fare in modo che costituiscano un significativo  bacino di forza lavoro, disponibile per fronteggiare ogni sorta di esigenze legate allo sviluppo dell'attività estrattiva e al monitoraggio ambientale. Un tema, quest'ultimo, sul quale vale la pena di soffermarsi.
 C'è chi parla addirittura di una ipotesi di affidare alla Basilicata il ruolo di regione pilota nel campo del controllo dell'ambiente, in una dimensione addirittura nazionale. Cosa assai rilevante e perciò stesso difficile da raggiungere. Se non impossibile. 
Il petrolio è una strada tortuosa e difficile da percorrere, e questo sin dall'inizio della grande avventura delle estrazioni di greggio in Val d'Agri, dal momento in cui si cominciò a parlare di royalties e di compensazione ambientale. Sin da quel momento la Regione e gli enti locali, tutti nessuno escluso, apparvero entitá minoritarie con una irrisoria, se non inesistente, capacitá politica di fare avvertire un peso significativo a fronte del dictat delle compagnie petrolifere.
Ore si auspica una modifica del decreto. Ma quanto peseranno le istanze delle popolazioni, quanto peserà il bisogno di lavoro e di sviluppo, fino a che punto si riuscirá a far valere l'esigenza di non deturpare una terra giá largamente compromessa? Il petrolio è in grado di schiacciare la piccola Basilicata, di asservirla ai suoi interessi, di far passare come modernizzazione il moltiplicarsi  sul territorio della presenza incontrollata e incontrollabile delle trivelle. 
Certo, la partita  costituisce di per sè un banco di prova per la classe politica che si accinge a guidare questa terra illusa e martoriata, costretta a piegare la testa e accettare le regole che vengono dai potentati dell'economia, pronti a sopraffare,  a distruggere e soprattutto a ignorare qualunque richiesta di futuro. 

lunedì 23 settembre 2013

IL SEGNO DELLA SVOLTA




Ormai è un dato di fatto, non più soltanto una speranza per chi ha invocato per anni il cambiamento nella piccola, ma non insignificante, Basilicata. 
La vittoria di Marcello Pittella alle primarie del Pd è qualcosa di più di un dato politico fine a sè stesso. Va intesa come una svolta sociale oltre a rappresentare una speranza concreta per un futuro diverso, soprattutto per tanti giovani lucani costretti a intraprendere le strade del Nord per garantirsi un lavoro. Si  un lavoro che dia a ciascuno la necessaria dignitá. 
Ragionare sulla vittoria di Marcello è molto importante. Ma ancora di più lo è affrontare le ragioni vere di un successo atteso e sudato, non solo dal candidato in prima persona. Ma da tanti e tanti cittadini onesti, stanchi di assistere a una progressiva perdita di quota di questa regione, peraltro inversamente proporzionale alle sue risorse, alle ricchezze di cui dispone, al suo ingente patrimonio naturale e culturale enormemente danneggiati dalla logica delle segreterie di partito e dal peso di certi pacchetti di voti, francamente negativi e ingombranti. 
Ha scritto su Fb un elettore di destra: oltre 500 persone legate al Pdl hanno votato alle primarie del Pd. Non è uno scandalo, meno che mai un'anomalia e c'è da ritenere questa sua affermazione corrispondente al vero per un'ansia di giustizia quanto mai legittima, nata dall'esigenza di non ripudiare più la propria  casa, perchè malsana e non accogliente. Ma di rimanere a vivere in un ambiente idoneo, che raccolga le attese di tutti trasformandole in realtá. 
La Basilicata oggi è allo sfascio. Bisogna prendere atto di una sciagurata condizione provocata dai personalismi, dalle clientele, dal potere logoro e inefficiente. Dalle coperture politiche date ai grandi elettori o agli amici dei grandi elettori. Da una ipocrisia strisciante e nauseabonda, assurta a sistema di vita.
Peraltro un'intera classe politica è oggi impegnata nel tentativo di trovare una giustificazione ai reati contestati dai Pm. Colpa dei portaborse, dei segretari personali incapaci di amministrare bene un patrimonio dal quale poteva dipendere qualcosa di più di un semplice arricchimento, si sente dire da qualcuno. Ora siamo davvero alla resa dei conti, a quel "redde rationem" inevitabile in tutto e per tutto. 
Un dato è certo: alle logiche politiche tradizionali si sostituisce oggi un movimento di pensiero da alimentare a tutti i costi. Da far vivere nelle coscienze. Da rendere forte e preponderante come non mai, a partire dai tempi del Risorgimento.
La vittoria di Marcello Pittella cade peraltro in un giorno importante: il giorno del trapasso di Padre Pio, umile frate, mediatore tra il Cristo risorto e l'umanitá del nostro tempo, logorata dal potere e dal dio denaro, come ci ricorda Papa Francesco. Nel 1956, a chi gli chiese un giudizio sulla politica, Padre Pio rispose con una frase lapidaria: "confusione di idee e predominio di ladri".  

sabato 21 settembre 2013

UN PEZZO DI PARCO "VOLA" A SINGAPORE





Esattamente così. Il Parco nazionale dell'Appennino lucano ha oggi il suo inviato nientemeno che a Singapore, in occasione del Gran Premio di Formula Uno che si disputa di notte, quando in Italia saranno le 14. 
A rappresentare il Parco, come sempre, sará Giancarlo Bruno, l'ingegnere di Satriano esperto in materia di motori e di bolidi che si contendono il primato sui circuiti internazionali. 
Qual è il nesso tra motori e natura? Il nesso esiste. Lo si ravvisa in quell'orgoglio legittimo, tutto lucano, per avere ai massimi livelli di una competizione internazionale un uomo della piccola Satriano in grado di  commentare per milioni di italiani quei dati tecnici che consentono alle vetture in pista, e agli uomini che le guidano, di sfrecciare a velocità pazzesche.
Se lo sport è uno spettacolo, allora vuol dire che il Parco dell'Appennino è assolutamente dentro alla vicenda di Formula Uno, uno spettacolo per tanti appassionati. Forse uno spettacolo per tutti.
In attesa che il microfono passi a Giancarlo Bruno, per i suoi interventi, c'è da osservare che un'occasione del genere è inevitabilmente per il parco un momento di orgoglio, ma anche una possibilitá di premere sull'acceleratore per far conoscere questo suo uomo. Promuovere la cultura è anche questo, quando la cultura è scienza e tecnologia. 
Soddisfatto anche il sindaco della cittadina lucana, Michele Miglionico, al quale mi sembra logico proporre un momento di confronto con Giancarlo, magari un Giancarlo Day, per far conoscere in terra di Basilicata e non solo a Singapore un concittadino illustre, uno dei tanti lucani che hanno trovato altrove un futuro da vivere con impegno e competenza.
Appuntamento alle 13,10 per seguire su Rai Uno la diretta da Singapore. 

mercoledì 18 settembre 2013

CENTOMILA BAMBINI MALTRATTATI E ABBANDONATI IN ITALIA





Ai trentamila bambini abbandonati in Italia, se ne aggiungono ora i centomila oggetto di maltrattamenti, di mancanza di cure idonee e soprattutto privi di affetto e di amore. Accade in Italia e tutti tacciono. 
La notizia, diffusa dai Giornali radio  Rai e da altre emittenti, suscita allarme e preoccupazione e non può cadere nel silenzio generale, una sorta di complicitá, se non addirittura di assurda connivenza,  per quanto involontaria. Quante cose e quanti atteggiamenti "involontari" finiscono per provocare conseguenze inimmaginabili? Certo, oggi tutta l'attenzione è rivolta alle vicende del Governo, alla Concordia rimessa per fortuna in piedi, al rischio di un aumento dell'Iva. I centomila e i trentamila purtroppo non riguardano  più di tanto, anche se il problema tocca il cuore della società e interessa da vicino le coscienze. 
Inevitabile dunque un appello alle organizzazioni che seguono da vicino l'infanzia dimenticata o abbandonata. Se non oggetto di maltrattamenti, addirittura.
Ritorno sul ruolo del Centro adozioni della comunitá di Sant'Anna a Potenza non certo per battere e ribattere sullo stesso tasto (come alcuni ritengono) ma perchè appare inevitabile un impegno diretto e immediato delle strutture interne ed esterne del Centro stesso, tra i più importanti a livello di Mezzogiorno e non solo. Questa  realtá si avvale di una miriade di contatti a livello internazionale, riferiscono fonti bene informate, ed ha un peso particolarmente significativo in ambito nazionale. Perchè dunque non mettere a disposizione di chi soffre un apparato di tutto rilievo che, in occasione della giornata delle adozioni, si rivela capace di mettere in campo una straordinaria forza propulsiva e una capacitá da non sottovalutare? 
Nessuno chiede la bacchetta magica agli organi dirigenti e al supervisore e ispiratore del Centro, don Franco Corbo. Ma almeno che possa decollare un dibattito, che si apra la strada del confronto e della mediazione in modo da coinvolgere una fitta rete di persone e di organismi interessati al grave problema. 
Ciò non toglie che le adozioni debbano essere perseguite con impegno e determinazione, trattandosi oltretutto di un rimedio al problema dell'infanzia abbandonata. Una giornata di studio e di riflessione, con un convegno sul tema, qualificherebbe  oltretutto l'attività della Comunitá stessa dando prova di un dinamismo commisurato alla posta in gioco: aiutare l'infanzia  a crescere e sottrarre tanti bambini alla cattiveria e alla superficialitá degli adulti.      

martedì 17 settembre 2013

ARTE, SCIENZA E PAESAGGIO: QUESTA È MATERA




Un titolo che colpisce e fa pensare: "Radici arcaiche nell'innovazione". È un articolo de Il  Sole 24 Ore nell'inserto Domenica, in cui l'autore, Paolo Verri, partendo da molto lontano traccia il profilo di Matera oggi, una cittá per così dire "graziata" dalle sue radici arcaiche che le consentono di essere un magnifico esempio di innovazione e di modernità. Un esempio per le cittá del Sud, ma anche per il Nord, nonostante i  ritmi di vita diversi.
Francamente, dopo aver letto l'articolo di Verri, ci si chiede perchè Matera gode oggi di un fascino irresistibile, non certamente soltanto per i Sassi, un unicum indubbiamente, ma non solo in senso positivo, quanto anche per il loro passato tutt'altro che esaltante.  Ricordo un articolo apparso sulla terza pagina di Paese Sera a metá degli anni Settanta con un titolo molto duro e realistico: I Sassi della vergogna, in cui si ripercorreva la condizione di tante e tante famiglie contadine o bracciantili costrette a vivere per miseria nei Sassi. Unico rifugio. Unica possibilitá di avere un tetto. Unica possibilitá di vivere da uomini, al riparo dalle intemperie e dal gran caldo estivo. 
Al di lá dei film girati e dei nomi autorevoli che hanno condiviso i vari percorsi, fino a tracciare il bilancio di un successo meritato, l'attuale condizione di Matera deriva in larga misura dal pensiero di cui si è sostanziata e dagli uomini che con la loro cultura e le loro idee hanno contribuito a fare della città lucana una realtá  davvero grande, prima di tutto nel suo humus. 
Difatti, il pensiero di tanti materani illustri ha in sè una forte carica di riscatto dal passato ed è un messaggio al paese. Basta il titolo del libro di Rocco Scotellaro È fatto giorno a rappresentare un vero richiamo alla svolta nelle coscienze e nei fatti. La Basilicata in bianco nero, con il mulo che attraversa le stradine dei paesi, è un'immagine del passato lontano. 
Matera è ricca di un pensiero positivo, è ricca di una straordinaria progettualità e soprattutto mostra ogni giorno un'attitudine  a tradurre in fatti concreti il successo internazionale della sua storia e dei suoi monumenti. I riconoscimenti non mancano del resto: il fatto stesso di essere candidata a città europea della cultura rappresenta in sè un evento storico. Un successo non solo per la Basilicata. 
Scienza, arte e paesaggio si fondono. Ecco cos'è Matera oggi con una identità ben precisa che si propone ad un pubblico internazionale. Il passato  "arcaico" certo esiste perchè la storia non si cancella. Anche Milano ha i suoi navigli, testimonianza di una economia di ieri. Che certo non incide sul presente. Tutt'altro.