mercoledì 29 giugno 2016

E IL MONDO STA A GUARDARE


                              
               I migranti lasciano Sasso, in Basilicata (foto R. De Rosa)


La Basilicata si conferma terra di accoglienza per centinaia di migranti ospiti dei centri lucani. Un bel gesto che caratterizza la linea di Marcello Pittella e dá dignitá a questa terra, alle prese con mille problemi, sviluppo, petrolio, ambiente e lavoro, anzitutto.
A Sasso, nel cuore del Parco nazionale dell'Appennino lucano, la gente saluta i ragazzi neri trasferiti con grande spiegamento di forze dell'ordine. Agenti antisommossa della Questura di Potenza diretti da un Vice Questore e carabinieri di Brienza e Viggiano seguono le operazioni a vista. 
Ciao, fatti sentire...mi raccomando chiama, dicono gli abitanti di Sasso ai neri. Parole che segnano un percorso umano e affidano il destino dei rifugiati a quel senso di caritá e di amore per il prossimo, spesso sopito. A volte inesistente. L'unica certezza per questa gente senza domani. 
Sacchi di plastica  di colore azzurro utilizzati come valige e ciabatte  da spiaggia sono il distintivo dei migranti. Li si riconosce da lontano mentre lasciano le casette del borgo lungo le stradine del piccolo centro in un giorno d'estate, mentre poco distante dall'abitato le maestranze lavorano febbrilmente per completare il ponte tibetano. Sará il fiore all'occhiello per un nuovo turismo alla scoperta di Sasso Castalda, patria di nomi illustri, ha tenuto a precisare Rocco Perrone, il sindaco della cittadina che si conquista un posto di tutto rilievo all'interno dell'area protetta, il parco dal nome lunghissimo: Parco nazionale dell'Appennino lucano, Val d'Agri lagonegrese. 
Non sono le carrette del mare questa volta a trasferire i migranti altrove, ma bus confortevoli, climatizzati, accoglienti. Una parentesi nella vita di questa gente che ha affrontato il mare a bordo di gommoni o di altri mezzi guardando in faccia la morte, istante per istante nelle varie traversate. Essere arrivati in Italia è stata una fortuna per tanti, non certo per tutti: l'odissea di quei bambini approdati sulle nostre coste dopo aver perso i genitori nella traversata è qualcosa di raccapricciante. Ma nessuno ne parla. Il GVS, il Gruppo volontariato e solidarietà di Potenza,  festeggia i bambini adottati, ma si dimentica di quelli che vivono drammi umani indescrivibili. Altro che festa!
Eppure da questi scenari il mondo è lontano. Non c'è l'Europa, ma non ci sono nemmeno gli Stati Uniti. Mancano i grandi della terra, presi da ben altre faccende. Impegnati in contese che contrappongono gli uomini gli uni agli altri. 
L'Italia si trova a vivere questo dramma in prima linea. Gli sbarchi non si esauriranno in breve tempo, ma dureranno anni, decenni: saranno il marchio di questo millennio logorato dalle guerre e dagli attentati. Il problema della grande Africa e di altri paesi non si risolve certo se non con uno sforzo che non c'è e una volontá che manca. Non solo i neri arriveranno giorno dopo giorno, e l'umanitá stará a guardare.

domenica 26 giugno 2016

E' MORTO ANTONELLO LEONE: CI LASCIA UN GRANDE


                                



Non era di quelli che si trincerano dietro alla storia personale, al prestigio dell'arte o alla fama conquistata in anni e anni di impegno e di lavoro. Il Maestro Leone era un uomo semplice, schivo, aperto al dialogo con gli altri e pronto a sentirsi parte di una terra che gli ha dato tanto, ma che forse non gli ha riconosciuto fino in fondo il valore della sua presenza, sempre discreta e mai invadente. 
La figura che ha poi "integrato" il suo percorso è stata quella di Maria Padula, la moglie, legata ad Antonello dal vincolo dell'arte e dagli scopi che la pittura si proponeva di raggiungere nella terra dei grandi, a cominciare da Leonardo Sinisgalli, l'ingegnere poeta che ha cambiato il volto della Val d'Agri, prima vocata all'agricoltura e ora diventata enorme giacimento di greggio, in una situazione sociale ed economica tutt'altro che definita.
Oggi, mentre in tanti parlano della  dipartita del Maestro Leone ci si accorge che al di lá del pregio indiscutibile della sua arte, la figura dell'uomo può e deve accompagnare la Basilicata nel suo difficile tragitto verso la  tappa storica del 2019, se si considera il significato di questo appuntamento, in termini di cambiamenti radicali, di crescita e di uno sviluppo affidato alla cultura, alla scienza, alla tecnologia.  Naturalmente all'arte. Ma anche a chi ha rappresentato la complessa fase di transizione che continua a fare della Basilicata la terra dei mutamenti epocali: i contadini del Sud sono la storia del secolo ormai trascorso, mentre il futuro si identifica  con le intelligenze dei giovani, il loro rilievo internazionale. Il peso della loro presenza. La capacitá delle proposte di rinnovamento che purtroppo stentano ad affermarsi in una terra difficile.
Leone non solo pittore e non solo artista di pregio. Il suo mondo è certamente il dato di maggior rilievo. Le sue amicizie partenopee, a Napoli, una cittá cuore del Mezzogiorno definita popolare e coltissima, in cui Leone ha vissuto l'ultimo tratto della sua esistenza. 
Ma il periodo più fruttuoso sono stati gli anni Settanta, in una Potenza apparentemente pronta a spiccare il volo verso traguardi ambiziosi ma non definiti, in cui il ruolo della pittura e di alcuni scrittori o artisti equivaleva alle premesse ideali per smantellare quell'antico provincialismo in cui tanti strati sociali sembravano irrimediabilmente relegati. Invischiati. Fu allora che Leone, con Maria Padula, con Vito Riviello, con Ninì Ranaldi dette vita a una sorta di presa di coscienza per determinare un cambiamento di rotta  della politica anzitutto.   E delle istituzioni di conseguenza. Che ci sia riuscito, almeno in parte, è difficile dirlo, nonostante la sua testarda volontá di non smettere. E di credere fino in fondo in un cambiamento vero.
Chi ha conosciuto il Maestro non può trascurare il suo tratto umano. La sobrietá del suo comportamento. La semplicitá del suo linguaggio che lo ha sempre caratterizzato. Il modo di rapportarsi alla gente è sempre stato un modo di intendere la vita al di fuori di vecchie e nuove convenzioni. Di vecchi e nuovi compromessi ai quali Antonello non è mai riuscito ad adattarsi, anche a costo di intendere l'arte come una torre d'avorio senza contatti con l'esterno. 

sabato 25 giugno 2016

"RADIO ANCH'IO" NEL GIORNO DELLA BREXIT



Che la radio sia uno strumento addirittura magico, specie in particolari circostanze in cui l'opinione pubblica ha sete di notizie, non è certo una novitá.
Lo speciale di "Radio anch'io", su Radio Uno Rai, la mattina del 24 giugno  in cui il mondo si è trovato a fare i conti con l'uscita dell'Inghilterra dall'Unione europea ha tuttavia superato ogni ottimistica previsione. 
La trasmissione, condotta da Giorgio Zanchini, merita un apprezzamento per l'immediatezza degli aggiornamenti, il ventaglio di questioni affrontate con la necessaria chiarezza, proprio mentre l'Europa assisteva all'imprevisto risultato del responso delle urne in Gran Bretagna.
Perfetta l'organizzazione dello speciale. Di ottimo livello la capacitá di far comprendere all'opinione pubblica il significato dell'evento. Il suo peso sul piano internazionale. Le ragioni alla base della richiesta della consultazione popolare. E, non ultimo, il tema dei mille retroscena che l'euroburocrazia inevitabilmente nasconde.
Non è facile spiegare uno per uno i vari passaggi che hanno consentito agli esperti di mettere a fuoco le ragioni dei due fronti contrapposti in un clima dominato dal succedersi caotico delle notizie dovute sia all'entitá dell'evento, sia al bisogno di chiarezza: forse mai come in una circostanza del genere la necessitá di informare è apparsa così pressante. 
"Radio anch'io" ha dato conto davvero di tutto in una mattina che sembrava surreale, mentre il mondo stava a considerare un evento apparso subito di enorme portata. 
Far capire alla gente il senso politico dell'Unione è stato il compito di Radio anch'io, che ha fatto luce sui mille pressappochismi, le imprecisioni, le idee sbagliate. I tanti errori di valutazione diventati veritá inoppugnabili in certi casi.
Quale il risultato concreto? Uno anzitutto: entrare nelle pieghe di questo meccanismo complesso, l'Europa appunto,  non è cosa da poco. Anzi è una necessitá se immaginiamo che il rapporto della opinione pubblica con l'Unione deve essere quotidiano e reale. La disinformazione gioca un ruolo fortemente negativo e determina in fin dei conti esiti disastrosi.  
Gianni Pittella, europarlamentare e presidente del Gruppo S&D parla delle inesattezze raccontate ai cittadini britannici e sostiene che non c'è un solo motivo che possa giustificare l'abbandono della UE.
Un universo da ricostruire anzitutto alimentando il dibattito e facendo conoscere ai cittadini dell'Europa la reale portata di questo meccanismo, che sovrasta un po' tutto e tutti, da migliorare e adeguare alle mille esigenze ma non certo da distruggere. Sarebbe come cancellare decenni di storia. 

lunedì 20 giugno 2016

MELFI COME MILANO, PISTICCI COME TORINO



Basta girare per le strade di Melfi per accorgersi che questa cittá ha fatto negli ultimi anni progressi imprevedibili. 
Il benessere qui si fa sentire e la voce dei disoccupati, dei giovani senza lavoro è mediata dalla speranza  di un coinvolgimento nei processi di sviluppo in atto, che non sono pochi.  
Nei ristoranti se non ci sono gli uomini della Fiat si notano le presenze di industriali dell'indotto o, in ogni caso, di quella rete di servizi di primaria importanza per un centro cresciuto grazie alle fortune della FCA che ha innescato processi a catena dai quali la cittá federiciana trae  enormi vantaggi. Non è poco, si può essere certi.
Sicchè il risultato politico ha come sfondo la societá melfitana. Quella di ieri faceva i conti con un meridionalismo a piccolissimi passi. Quella di oggi parla in nome e per conto del boom voluto da Marchionne.
Il dato sociale determina e condiziona la politica? Non vi è dubbio e il paragone con il risultato di Milano, metropoli dalle mille prospettive, regge senz'altro. 
Alla guida della cittá normanna è stato riconfermato Livio Valvano. A suo sostegno un cartello che ha raccolto varie adesioni di partiti e movimenti politici grazie appunto al vento in poppa che lasciava prevedere un esito favorevole del ballottaggio. I Popolari si sono aggiunti con la prospettiva di essere protagonisti del momento favorevole e di governare processi di grande rilievo politico e sociale.
Ma qual  è il futuro di Melfi? Fin tanto che la politica seguirá l'onda lunga di FCA e Melfi sará soprattutto Marchionne, sará semplice garantire un governo del territorio in linea con le esigenze di crescita e con la necessaria modernizzazione: processi addirittura inevitabili.
Se tuttavia lo sguardo si spinge oltre lo spazio della cittá, il clima appare diverso. Il Vulture - Melfese è ben altra faccenda, con problemi rilevanti e questioni alle quali finora non sono giunte risposte idonee. C'è da attendere? Non basta aspettare. Occorre soprattutto programmare il domani, con o senza la Fiat. Il che richiede un impegno politico di ben altra levatura e di diverso respiro.
Nel quadro generale, non solo della Basilicata,  Pisticci ha rappresentato invece la forte richiesta di cambiamento. 
Molti nodi sono venuti al pettine, tutti insieme. Zona martoriata da un pesante inquinamento e dall'assenza della bonifica, prevista dall'inserimento della Val Basento nella mappa nazionale dei siti da risanare, Pisticci ha assistitito in questi decenni a una industrializzazione che ha messo in ginocchio il territorio rendendolo pericoloso per la grave contaminazione da sostanze chimiche. Industrializzazione fallita sin dalla metá degli anni Ottanta, senza svolte nè prospettive degne di alcun rilievo.  
Di qui la forte richiesta di un cambiamento di rotta. Di un diverso governo del territorio con benefici per le popolazioni, oggi costrette a pagare un prezzo inammissibile. 
La valle del Basento dá un'immagine spettrale di sè: capannoni abbandonati, torri che si frantumano di giorno in giorno e con la vecchia Pozzi che sembra essere l'icona del fallimento. Ci si chiede: dov'è finito lo sviluppo promesso?   

giovedì 16 giugno 2016

LA STAGIONE DEI PARCHI: AMBIENTE, CULTURA E STORIA


                               
                               
               ASCEA  La zona archeologica nella terra di Parmenide (foto R. De Rosa) 


Abituare le popolazioni del Mezzogiorno a vivere  i parchi, in un Sud alla ricerca di una dimensione diversa, non è impresa da poco. Tutt'altro. Al contrario, è un obiettivo di assoluto rilievo e forse una sfida. 
Ne sono consapevoli i responsabili delle principali aree protette della Basilicata e non solo, che credono nel triangolo Appennino - Cilento e Pollino. Tre colossi nel campo dei parchi nazionali. Queste realtá, ciascuna con il proprio specifico, rappresentano una sfida da non lasciar cadere nel nulla contro l'abbandono, lo spopolamento dei territori, l'indifferenza per un patrimonio che vale non solo chissá quanto, in ogni caso la vera industria sostenibile per il Mezzogiorno del terzo millennio, visto che il Nord, tra l'altro,  vive di natura e turismo non da oggi.
L'Appennino attraversa una stagione importante, sotto vari punti di vista. Il "parco sentinella"  nella bufera del petrolio ha un significato ben preciso che il presidente Totaro ribadisce, tra l'altro, sin dall'inizio del suo mandato. Protezione ad oltranza della biodiversitá. Ma anche storia e cultura sono gli attrattori più interessanti, con maggiori possibilitá di catturare l'attenzione della gente. La fondazione Sinisgalli aderisce al Parco per valorizzare la figura dell'ingegnere poeta.
Intanto il Pollino ribadisce la sua funzione di parco storico del Sud, mentre il sindaco di San Severino lucano, Franco Fiore, importante centro del parco, ritorna a parlare di Rueping, la societá tedesca che avviò un enorme disboscamento e che oggi fa discutere a decenni di distanza. Anche questa è storia di un tempo lontano. E il Presidente Pappaterra si soffema sul peso internazionale che l'area ha in una visione particolare del massiccio, ormai patrimonio dell'Unesco.
Frattanto con i primi caldi il Cilento si popola di turisti e di visitatori, oltre ai bagnanti. Scolaresche in gita ai luoghi di Parmenide, il filosofo dell'essere, studiosi italiani e stranieri nelle aree archeologiche. Il mito della Magna Grecia affascina e cattura la curiositá di tanti. 
Tommaso Pellegrino è presidente da poco del Parco nazionale del Cilento e del Vallo di Diano. Definizione complessa riferita a un'area dalle grandi potenzialitá, con gli Alburni e un mare fantastico.
Il collegamento con i temi dell'ambiente si spiega in fondo anche con il suo ruolo di medico, determinato a mettere in relazione salute e habitat. Ma la sua è una vocazione a fare del parco il motore di uno sviluppo possibile capace di riuscire a superare vecchie e nuove criticitá. 
"Noi abbiamo un impegno sempre, non solo nel periodo estivo, in difesa del Parco e per farlo conoscere. L'obiettivo non è solo quello di promuovere il territorio, ma di innescare dei processi che siano duraturi nel tempo."

La gente dei diversi centri del Cilento per tante ragioni si riconosce in questa realtá, cosa che non accade altrove.  Emerge la funzione sociale del Parco.

"Il parco oggi è la più grande opportunitá di cui disponiamo, e la gente ne è consapevole. Lo sanno soprattutto i giovani. Dobbiamo essere in grado di trasformare il bello in utile, un utile non speculativo. Evidentemente.
Stiamo lavorando per dare alla cultura il giusto peso, secondo una visione che ci porta a valorizzare il passato e a metterlo a frutto nel presente. Siamo fiduciosi di riuscire a imprimere una forte spinta all'intera area in questo senso." 

giovedì 9 giugno 2016

SALTA PER ORA LA VISITA DI PAPA FRANCESCO?






La notizia circola da qualche tempo e sembra essere ormai certa: con tutta probabilitá sará annullata la visita in Basilicata di Papa Francesco, prevista per il prossimo mese di settembre. Secondo quanto si apprende in ambienti vaticani e della curia, la decisione sarebbe motivata dal gran polverone suscitato dall'inchiesta sui giacimenti di petrolio, sia a Viggiano che a Tempa Rossa.
Sembra questa e non altra la causa dell'annullamento della visita che il Pontefice intende comunque non cancellare dai suoi programmi, con l'obiettivo di rendere omaggio alla Vergine del santuario Mariano di Viggiano e alle popolazioni che si riconoscono nella misericordia e nella umiltá, in questo anno del Giubileo.
Un omaggio alla Basilicata, dunque, terra di grandi tradizioni religiose e simbolo delle risorse del creato che l'uomo non può ignorare. I boschi, la natura che non accetta di essere violentata in nome del progresso e poi il lavoro che manca, con punte da record, per i giovani soprattutto.  
La testimonianza è l'enciclica Laudato Si' nel migliore spirito francescano che esalta la Terra espressione della volontá divina e, al tempo stesso, una risorsa nelle mani degli uomini.
Eppure la Basilicata, proprio in un frangente così delicato e problematico, ha bisogno di esempi e di voci autorevoli ai quali rapportarsi. Un viatico per andare avanti e sapere soprattutto che bufere come quella del petrolio, e altre ancora, hanno radici profonde che non si possono ignorare. Ma che, tuttavia, non sono in grado di lanciare un'ombra su un intero popolo sul quale pesano problemi di ogni genere e interrogativi non certo da nulla.
Quella in corso  non è soltanto una vicenda giudiziaria di competenza dei magistrati: è una questione che attiene allo sviluppo, all'economia, alla volontà di crescita che non può essere bloccata da fatti come quelli contestati a varie persone ritenute responsabili di condotte illecite.
Dal punto di vista etico, morale ma anche penale la comunitá lucana appare del tutto estranea alla serie di atti criminosi di cui si parla: non può esserci in alcun caso un giudizio negativo da estendere a migliaia di persone a vario titolo e in certa misura responsabili di quanto avviene o è avvenuto in un passato più o meno recente. 
Forse, più che altrove, in Basilicata la manifestazione di un orientamento politico e amministrativo non va considerata come un tacito sostegno a qualunque forma di devianza: la pubblica opinione non c'entra con  certe operazioni  di potere costruite all'ombra di silenzi colpevoli e strutturate in una dimensione nazionale, addirittura. L'obiettivo di tante persone, giovani o meno giovani, è quello di partecipare a una produttività che a sua volta comporti processi alla luce del sole, lontani da manovre e sotterfugi. Da scelte criminali.
Per cui la Basilicata non merita di essere ritenuta minimamente responsabile di quanto sta accadendo e quanto sta accadendo è davvero affare di pochi.
Per cui la visita di Papa Francesco non va a impattare con un sottobosco di delinquenza e di malaffare diffuso. Anzi la visita ha il pregio di dare un giusto riconoscimento alla correttezza, alla onestá  di tanti, alla volontá generalizzata di considerare la regione un motore di positivitá e di corretto uso del bene comune, che non è poca cosa. Soprattutto nei confronti del Paese. 

lunedì 6 giugno 2016

AL DI LÁ DI GRILLO E CASALEGGIO



L'esito delle votazioni di domenica 5 giugno non è stato una sorpresa. O, meglio, se una sorpresa c'è stata riguarda non solo Torino quanto le ragioni alla base dell'enorme successo di Virginia Raggi a Roma che si definisce la prima, possibile sindaco donna della Capitale. E più in generale il risultato dei Cinque stelle in diverse grandi città,  alla prova elettorale.
Non basta lo slogan uniti si vince. Non servono altre considerazioni. C'è una ragione di fondo misteriosa, ma non tanto,  alla base del successo dei pentastellati. Una sorta di onda lunga bene al di lá della guida di Grillo e del carisma  dell'inventore del movimento insieme a Casaleggio. Ci sono le caratteristiche del movimento stesso, inteso come un esercizio democratico dei vari obiettivi affidato ai simpatizzanti e ai militanti, insieme ad alcuni esempi che hanno indotto l'elettorato a credere nella presenza della formazione su scala locale e nazionale: anzitutto il taglio degli stipendi dei parlamentari e il duro, testardo impegno per affrontare nodi antichi, a cominciare dalla trasparenza. Senza escludere il modo diverso di intendere la politica con una martellante azione dimostrativa in tutto paragonabile a una proposta non sporadica ma ancorata al territorio e ai suoi bisogni.   
Ci sono stati in questi anni un efficace passa parola e una conoscenza diretta, anche se indiretta, dell'operato dei singoli eletti. Una specie di coesione interna che, nonostante alcuni episodi di dissenso, ha fornito all'elettorato la dimensione della unitá concreta del movimento. Niente spaccature verticali, capacitá di non sottrarre spazio ai grandi temi: strategie vincenti, in grado  di mettere in ombra gli insuccessi e certe inadeguatezze tali da lasciar dire agli avversari vi vedremo alla prova. Tanto non siete in grado di governare.
Un meccanismo di trascinamento ha dato ragione al popolo dei Cinque stelle, apparso come un'alternativa credibile in uno scenario logorato da enormi problemi aperti (il lavoro non è l'unico fattore negativo). Tra questi c'è per un verso lo sviluppo fragile e non affidabile in una prospettiva futura, ma ci sono anche gli sbarchi di disperati a fronte dei quali la solitudine dell'Italia, in assenza dell'Europa, finisce per rappresentare un rischio per il medio lungo periodo. E una incognita difficile da valutare in termini di riflessi sulla congiuntura attuale, ancora fin troppo inadatta a dare risposte della portata necessaria per affrontare se non altro i principali nodi della questione al momento. Senza incognite imponderabili, come accade ora.
È inevitabile che l'elettorato abbia voluto colpire Renzi, alla luce di quanto accade nel paese, accantonando finanche il suo coraggio di avviare le riforme in una situazione decrepita di opposizione a qualunque sostanziale cambiamento.  Sicchè appare evidente il rafforzarsi del significato personale e politico del referendum di ottobre, a tutto danno del premier segretario che indica il commissariamento del Pd napoletano come unica risposta alla pesante crisi del partito in una dinamica locale sì, ma con nette connotazioni nazionali. Non si può parlare della débacle di Napoli indipendentemente da una visione generale e soprattutto di vasto respiro.
Ora si guarda al ballottaggio che certamente non ribalterá il quadro giá ampiamente delineato. E ciò sia per il naturale rafforzarsi di un orgoglio collettivo, ma anche per quella elementare legge tendente a non disperdere il risultato fin qui conquistato con lunghe battaglie e spesso con estenuanti fatiche. Bisogna sottolinearlo.