venerdì 20 dicembre 2019

ITREC, I MISTERI DEL CENTRO NUCLEARE LUCANO


                                       

 La Trisaia di Rotondella (Foto R. De Rosa - Riproduzione riservata)



A quasi due anni dall’inchiesta della Magistratura di Potenza, con il sequestro di una parte dell’ITREC di Rotondella all’interno della Trisaia, il Centro nucleare sulla costa ionica lucana, entra nel vivo quella che viene definita la fase di decommissioning dell’impianto per il trattamento e il riprocessamento del combustibile nucleare in epoche ormai lontane. 
Il prelievo del sarcofago in cemento armato di circa 130 tonnellate, sepolto a oltre sei metri di profondità, con tecniche ingegneristiche definite di avanguardia, dovrà aprire le porte al “prato verde”, vale a dire a una bonifica totale dell’area da parte di Sogin, la società pubblica incaricata della messa in sicurezza e della gestione dei materiali nucleari in Italia. 
La Trisaia, e l’impianto Itrec in particolare, hanno scritto una pagina di storia da non sottovalutare e, meno che mai, da dimenticare. Una pagina fitta di misteri.
Molti interrogativi rimangono in piedi. La tecnica della cementificazione, sosteneva Nicola Pace a metà degli anni Ottanta Procuratore della Repubblica a Matera e autore di una inchiesta sul centro nucleare, non garantisce affatto dalla possibile contaminazione poiché la durata dei materiali radioattivi va ben oltre quella del cemento armato, soggetto a sgretolarsi e a degradarsi rapidamente. Non solo. Cosa contiene realmente il “monolite” prelevato dal sottosuolo, giacché in Trisaia c’è davvero di tutto, dai materiali ospedalieri ai resti delle centrali italiane dismesse?
La lunga attività del centro Jonico della Basilicata è tuttavia lastricata di mille vicende, di buchi neri e altro ancora.
La questione Rotondella varcò finanche le soglie del Quirinale.    
Considerata l’estrema gravità della situazione, illustrata nei dettagli dal rapporto Zaccaria (il capitano dei carabinieri che aveva diretto un pool di esperti nei primi anni 80) il Procuratore Pace si rivolse direttamente al Presidente della Repubblica dell’epoca, Oscar Luigi Scalfaro, e fu ricontattato dal segretario generale della Presidenza, Gaetano Gifuni, che fece da tramite tra Scalfaro e la Procura materana. 
Al capo della Procura di Matera il capitano Zaccaria aveva infatti consegnato un rapporto, per buona parte autografo, in cui l’ufficiale sosteneva che l’impianto Itrec  aveva funzionato in palese contrasto con la legge per lungo tempo, tranne che per un breve periodo, in cui era stato diretto dall’ing. Simonetta Raffaele (sic). 
Dati ed elementi tutt'altro che trascurabili erano contenuti in quella indagine che dovrebbe essere conservata (condizionale quanto mai necessario) nei depositi del Palazzo di Giustizia di Matera. 
Pace aveva fondato fra l’altro la sua indagine sui numerosi incidenti,  verificatisi già all’epoca nel perimetro della Trisaia, sostenendo la necessità di una immediata e radicale bonifica per evitare il rischio di una contaminazione del mare jonio, a pochi passi dalla enorme struttura.  
L’idea del “prato verde” risale a quegli anni, stando alle dichiarazioni di Sogin.
Fitta l’agenda del capitano Antonio Zaccaria, all’epoca dell’inchiesta di Pace comandante  del Reparto operativo del Comando Provinciale dei CC di Matera. Vi si legge: “Sentire Gilio in ordine al riprocessamento presso gli impianti ITREC/EUREX (detto Billy) …..traffico e provenienza  dei rifiuti nucleari (è verosimile che in 12 anni hanno riprocessato solo 20 barre)  e ancora (prof. Ganappini sentirlo con Gilio). 
Ad un tratto l’ufficiale dei carabinieri pone una domanda: “perchè l’Enea è andata avanti con un impianto fuorilegge per ben 20 anni, perseverando nella violazione delle norme?” Un perché senza risposte, almeno finora.
Documenti preziosi e interessantissimi, quelli contenuti nei vari promemoria dell’ufficiale  che rinviano a rapporti internazionali e a una miriade di retroscena legati direttamente o indirettamente alla questione Trisaia, affrontata negli anni scorsi in Basilicata con impegno e molta determinazione dal governo Pittella, bisogna riconoscerlo, l’unico in diversi decenni che si sia posto in modo analitico difronte a una questione di proporzioni davvero ciclopiche. 
Quale connessione con i “traffici di armi e materiali nucleari che vanno a finire sempre a Malta come destinazione finale e con denominazioni varie.” Queste alcune delle conclusioni dell’ufficiale dell’Arma. Ma c’è in quel rapporto ben altro, con riferimenti a persone e vicende internazionali di cui non si hanno notizie da anni, forse da decenni. 
A questo punto sembra legittimo chiedersi quale sia stato, dopo l’inchiesta di Pace, il ruolo della Magistratura per avviare quanto meno a soluzione il problema dei problemi, la reale sicurezza del nucleare di cui si ritorna a parlare oggi, mentre la candidatura di Scanzano a ospitare il centro unico per lo smaltimento delle scorie radioattive non sembra affatto scongiurata.    

giovedì 12 dicembre 2019

SCIENZA E FEDE A VILLA D'AGRI NEL NOME DI PADRE PIO


                       

L'Ospedale di Villa d'Agri (Potenza)


Quanti personaggi della politica, dell’economia, quanti capi di Stato o di Governo hanno ricevuto nella loro vita migliaia e migliaia di lettere da ogni parte del mondo, quante ne ha ricevute Padre Pio? Per giunta racchiuse in un grande armadio dove non c’è più un millimetro di spazio. Interrogativo al quale è possibile rispondere solo riconoscendo che nessuna persona al mondo è stata al centro di tanta attenzione, da parte di gente comune o di illustri rappresentanti delle istituzioni, esattamente come è accaduto all’umile Frate di Pietrelcina.
 Certo la spiegazione risiede nel suo carisma e nella sua santità che lo hanno reso mediatore tra il Cristo risorto e l’umanità del nostro tempo, percorsa dalle guerre e dilaniata spesso da contrasti insanabili.
Un santo che ci appartiene per la sua condotta morale, per la sua grandezza interiore, figlio del Sud e delle campagne del beneventano che oggi lo ricordano con slancio e devozione. 
Risiede proprio in queste ragioni il motivo per cui in tanti hanno deciso di dedicare a San Pio da Pietrelcina l’ospedale di Villa d’Agri, nel potentino, con una cerimonia in programma sabato 14 dicembre con inizio alle ore 10.
Carità e amore, scienza e fede sono i due binomi che hanno reso grande la figura del sacerdote tra i più amati, da credenti e non credenti. Due binomi sui quali occorre riflettere. 
Qual è il senso di una carità autentica, quotidiana, sottratta al rischio di una pura e semplice esteriorità? Il pensiero di Padre Pio è tutto orientato in questa direzione. Lo scopo di Casa Sollievo, l’ospedale di san Giovanni Rotondo, consiste proprio nel tendere la mano a chiunque fosse nel bisogno, senza distinzione alcuna tra personaggi di spicco e uomini o donne privi di risorse, tra ricchi e poveri. 
L’evento di Villa d’Agri contribuisce ad aprire le porte a un’analisi rigorosa della figura del santo Frate ponendo una serie di interrogativi. Uno fra tanti: in che modo è possibile coniugare scienza e fede e in che modo la creazione dell’universo parte proprio dal superamento del nulla, un tema presente negli scritti del Padre. I suoi scritti. Un patrimonio prezioso che scandisce il tempo e dà la dimensione del suo pensiero, umile e dominato dalla fede in Dio. Semplice e grandioso al tempo stesso, nell’invocare l’opera della Divina Provvidenza, come accadde quel lontano 5 maggio 1956 per l’inaugurazione di Casa Sollievo della Sofferenza. In quell’occasione il discorso di Padre Pio fu ispirato semplicemente al dono grandioso del Creatore: non era frutto della benevolenza degli uomini ma dell’opera di Dio.    
Conoscere e riferire al tempo d’oggi la sua spiritualità e il suo pensiero non è certamente impresa facile. Tutt’altro. 
L’intitolazione dell’ospedale di Villa d’Agri al Santo Frate è una dimostrazione di affetto e di fede nei confronti di chi lotta contro il male, di cui la vita dell’uomo è lastricata. Non significa soltanto attribuire un nome all’ospedale ma indicare un percorso di fede e di scienza in cui tutti possano riconoscersi. Ogni giorno.

giovedì 5 dicembre 2019

SETTANT'ANNI FA LE LOTTE PER LA TERRA E IL LAVORO


                         
                                              


7293 anni di carcere. 60319 tra braccianti, contadini e attivisti del movimento per la terra arrestati. 21093 persone condannate. 1614 feriti. 40 morti. Dati che si commentano da soli.


  COSA RIMANE OGGI DELLE LOTTE PER LA TERRA?

Tre Confini è una località poco distante da Montescaglioso, diventata, sul finire degli anni Quaranta, un crocevia in tutti i sensi. Lì si riunivano, nell’autunno del 1949, braccianti e contadini interessati a lavorare le tante terre incolte del latifondo. Cercavano il loro futuro. Ma  lì si concentravano anche i camion carichi di poliziotti di Scelba, tutti in divisa grigioverde, che saltavano dai camion con un balzo velocissimo imbracciando subito il moschetto di cui erano dotati e mettendo mano alla pistola calibro 7,65. Lì arrivavano i mezzi del battaglione mobile di Bari dei carabinieri per fronteggiare l’ondata di braccianti a mani nude, e con i soli attrezzi di lavoro, interessati a dissodare i terreni abbandonati del latifondo materano.
Su uno di quei camion era stata caricata anche una moto dei carabinieri, il 13 dicembre a Bari, che secondo il racconto di Rosario Panebianco (all’epoca appuntato dell’Arma), sarebbe servita per gli spostamenti dei militari, la notte del 14 dicembre a Montescaglioso.
Una notte in cui le strade brulicavano di braccianti, contadini poveri, uomini e donne scesi in piazza per chiedere di liberare gli arrestati, colpevoli di avere dissodato le terre dei latifondisti. 
Dal mitra di Vittorio Conte, vicebrigadiere dei carabinieri originario di Cavallino in provincia di Lecce dove tuttora risiede la sua famiglia, partì un colpo che raggiunse il bracciante Giuseppe Novello ferendolo gravemente. Difficile il suo ricovero in ospedale a Matera dove Novello morirà alcuni giorni dopo. Rocco Scotellaro dedicherà una poesia al bracciante ucciso. 

È caduto Novello sulla strada all’alba,
a quel punto si domina la campagna,
a quell’ora si è padroni del tempo che viene,
il mondo è vicino da Chicago a qui
sulla montagna scagliosa
che pare una prua,
una vecchia prua emersa
che ha lungamente sfaldato le onde…

Da quella tragica notte sono trascorsi settant’anni. I protagonisti delle lotte sono quasi tutti morti, ma la storia non si cancella, anche se di quei tragici eventi non rimane traccia nella memoria collettiva. Eppure i dati ufficiali sembrano essere un bollettino di guerra con morti e feriti, dal Centro Italia alla Sicilia. Fa paura leggerli, giacché danno il senso della repressione, proprio all’indomani del fascismo e nella giovane democrazia nata dalle macerie della guerra. Un segnale allarmante da interpretare nel clima di oggi in cui tutto sembra possibile, a cominciare dai mutamenti repentini e dagli scenari improvvisi che si delineano.
Per ricordare il settantesimo dal dicembre del 1949 la CIA ha organizzato a Montescaglioso una iniziativa che vuole avere il carattere del ritorno sui fatti e della riscoperta di dell’enorme sacrificio di vite umane nel nome della terra. Al centro del dibattito il mio libro Morire di terra, Piero Lacaita editore. L’iniziativa è in programma a partire alle 16 di sabato 14 dicembre.
Protagonista dell’evento la parola d’ordine la terra ai contadini. Quella stessa terra che oggi si ribella e fa pagare all’uomo un prezzo altissimo in termini di sconvolgimenti e di catastrofi naturali. 

Migliaia di contadini impegnati nelle difficili lotte dell’epoca sono un esempio di amore per la natura e per il suo valore. Ma c’è stato chi li ha traditi, illudendoli e forse prendendosi finanche gioco di loro. Orribile constatazione.       

sabato 23 novembre 2019

TRENTANOVE ANNI DA QUEL 23 NOVEMBRE



                        

I giornali di un'edicola terremotata (foto R. De Rosa  -  Riproduzione riservata)



Tragica sera quella del 23 novembre di tanti anni fa, quasi quaranta, quando la terra cominciò a tremare per interminabili novanta secondi come scossa da un uragano potentissimo, capace di cancellare uomini e cose. 
Il volto di quella parte del Sud rimase stravolto. Sconfitto per sempre. 
Si, perché il sisma dell’Irpinia e della Basilicata si annunciò subito, sin dai primi secondi, come un disastro che avrebbe lasciato un segno profondo e indelebile.
Nessuno, nelle ore e nei giorni successivi alle 19,34 di quella sera  pensò alla ricostruzione possibile, per restituire il volto di sempre alle terre mutilate dalla violenza del terremoto. Ognuno si guardava intorno e cercava di rendersi conto dell’accaduto, sperando di soccorrere i feriti, nel tentativo di scavare, scavare senza interruzione per guardare in faccia una realtà cruda che si faceva largo nella sua dimensione spettrale. 
Negli anni successivi mille eventi si sono succeduti. Una ricostruzione spesso incoerente con il dramma implacabile della gente di Bucaletto, il quartiere alla periferia di Potenza, definito incredibilmente la Cittadella. Uno schiaffo al dolore e al lutto. 
Oggi Bucaletto è ancora lì,  nell’indifferenza del Paese. Una baraccopoli immonda che Beppe Rovera volle mettere in mostra in una puntata di Ambiente Italia, in concomitanza con uno dei tanti anniversari di quel maledetto 23 novembre del 1980.


venerdì 15 novembre 2019

VENEZIA E TARANTO, TRAGEDIE CON CUI MISURARSI


                     

Venezia sott’acqua non come sempre, ma con il dramma di tante famiglie e un'economia in ginocchio. Dopo trent’anni il Mose, il sistema di prevenzione e tutela del patrimonio lagunare, non è ancora pronto. Ruberie, ritardi imperdonabili, una disattenzione complice sono dati angoscianti che hanno privato la città delle necessarie difese. Dove erano tutti, non solo i governi che si sono succeduti, quanto le forze politiche senza distinzione alcuna tra maggioranza e opposizione. Dove era la magistratura che, a parte le inchieste avviate con i soliti tempi biblici, non sembra sia stata in grado di vigilare adeguatamente e imprimere la necessaria spinta perché la grande opera progettata e finanziata andasse in porto, è il caso di dirlo. Ora si ricorre ai ripari con l’urgenza dettata dalla catastrofe sapendo bene che indietro non è possibile ritornare e che il danno ha la connotazione di una disastro di proporzioni incalcolabili. 
Legittimo anche chiedersi dove erano l’opinione pubblica, le istituzioni che avrebbero dovuto pretendere una risposta precisa e in tempi ragionevoli poiché il patrimonio di Venezia non è solo turismo e immagine quanto lavoro e sviluppo costretti a indietreggiare paurosamente.
L’altro nodo è rappresentato dalla tragedia di Taranto con l’ex Ilva che diventa un mostro per migliaia di lavoratori e per le loro famiglie, che ha radici antiche. Un mostro capace di divorare sacrifici e attese, di aggiungere rovina alla rovina del paesaggio e dell’ambiente provocata dai fumi incontrollati dell’acciaieria che hanno seminato distruzione e morte.
Che triste destino è toccato alla Magna Grecia, quel lembo d’Italia legato ad un lontano passato in cui poesia, letteratura, filosofia erano gli ingredienti di una speranza capace di alimentare il futuro per secoli e secoli. Una speranza considerata realtà destinata purtroppo oggi a  sgretolarsi finendo nel nulla, come tante cose degli uomini spesso custodi ciechi del loro futuro. 

                              

lunedì 11 novembre 2019

IL CENTRO TROPOSCATTER NEI DECENNI DEL RISCHIO BELLICO


                               

La zona militare di Monte Vulture (foto R. De Rosa - riproduzione riservata)


A trent’anni dalla caduta del muro di Berlino e  in seguito alla fine delle ostilità (almeno in teoria) legate ai blocchi contrapposti, cosa rimane oggi della guerra fredda, di quel lungo periodo in cui il mondo è stato con il fiato sospeso sull’orlo del baratro? Tanto, davvero tanto contrariamente a quanto si possa immaginare. A quanto possa ritenere l’opinione pubblica tradizionalmente disinteressata al tema del rapporto tra Stati e superpotenze. 
Ancora oggi rimane in piedi, anche se non del tutto funzionante, la rete Troposcatter, definita così in gergo militare, che consentiva comunicazioni via radio tra i Paesi ubicati lungo la direttrice che dal Nord Europa raggiunge la Turchia passando per l’Italia.  Paesi sotto l’egida della NATO e pertanto interessati ad un rigido controllo di qualunque possibile iniziativa tale da poter mettere in forse la sicurezza nazionale.
Monte Vulture, oggi area di particolare interesse naturalistico all’interno del Parco regionale da poco istituito, è stato un importante anello della catena Troposcatter con sistemi di avvistamento e soprattutto dei percorsi sotterranei destinati al personale in servizio, in caso di attacco aereo. Oggi in cima alla montagna esiste ancora un centro radio interforze che, secondo fonti militari, assicura i collegamenti radio tra le diverse forze armate presenti non solo in territorio regionale.
C’è di più. Nel perimetro,  si trova una imponente croce su basamento in pietra che risale ai primi del Novecento, ubicata proprio a poca distanza da un bunker antiaereo. Il segno della pace e della solidarietà tra i popoli contrasta con il simbolo della guerra e della distruzione. Ma non è detto che non possa esserci tra i due momenti una correlazione, giacché la base militare può rappresentare un utile anello di contatto nei confronti di quella che viene definita la società civile. Avviare un dialogo in tal senso, con il diretto coinvolgimento della Difesa, potrebbe essere uno degli obiettivi del Consiglio regionale della Basilicata, insediatosi recentemente.
L’area rimane interdetta all’accesso del pubblico: aperta poche volte per visite di qualche ora, oggi è off limits anche per chi ha soltanto interessi di natura culturale. Se fosse accessibile, nel rispetto delle necessarie norme di sicurezza, sarebbe un elemento di forte richiamo e di assoluto interesse turistico nella località dominata dai laghi di Monticchio e dalle splendide foreste che ricoprono le dorsali della montagna, antico vulcano attivo ottocentomila anni fa, a sentire i geologi. Un dato che mette insieme il valore paesaggistico con la scienza.        

venerdì 8 novembre 2019

APPENNINO LUCANO, NON SOLO PARCO



                     

I borghi del Parco nazionale (foto R. De Rosa - Riproduzione riservata)



Il convegno previsto per il 16 e 17 novembre a Viggiano e Maratea e dedicato al tema delle imprese e territori resilienti,  apre interessanti prospettive per il Parco dell'Appennino: non solo salvaguardia e sviluppo quanto una spinta verso la possibilità che l’area protetta diventi elemento di forza per un vasto territorio, il cuore del Mezzogiorno interno tra l’antica Lucania e i confini con la Calabria. Operazione di tutto rilievo in grado di favorire quella necessaria integrazione culturale, oltretutto motore di un turismo di qualità. 
Giuseppe Priore, neo Commissario straordinario dell’Appennino lucano Val d’Agri Lagonegrese, è possibilista per quanto attiene ad una svolta che dovrà consistere nella opportunità di avviare un utile confronto con Pollino e Cilento, in maniera tale da alimentare un dialogo con il resto del Sud, soprattutto là dove esistono emergenze storiche e archeologiche, ma anche culturali che s’impongono ai vari livelli. 
Del resto i Parchi  sono elemento di apertura verso il territorio  - fa notare Priore - non semplicemente meccanismi di tutela e valorizzazione dell’ambiente in cui ricadono. Ma segnali di dialogo proiettati verso nuove ipotesi di economia e di partecipazione attiva delle popolazioni tramite il loro diretto coinvolgimento.
C’è peraltro bisogno anche di protezione civile (tema centrale nelle due giornate del convegno) se si considera che l’aggressione alle aree protette non è mai cessata, sotto varie forme e in diversi modi. 
Ben venga dunque un modo di lavorare innovativo rispetto al passato e dotato di autentiche potenzialità che spetta all’opinione pubblica tradurre in eventi e fatti concreti. 
L’assenza della Comunità del parco da molte iniziative degli anni scorsi, andate spesso deserte, deve far riflettere.  Un segnale del distacco tra il quotidiano e gli sforzi per dare a un parco come l’Appennino lucano il peso che merita in una dinamica di rapporti, oggi necessariamente diversi rispetto al passato, e proprio per questo in grado di aprire numerosi scenari, finora tenuti in scarsa considerazione se non proprio sottovalutati.  





     

giovedì 31 ottobre 2019

COSA SARA' DI MELFI?


                       

Lo stabilimento FCA Peugeot di Melfi


Esattamente alle 8,58 di questa mattina le agenzie hanno battuto la notizia della fusione FCA Peugeot. A seguire una valanga di prese di posizione di esperti e politici sulle prospettive che si aprono per il futuro.
Due sostanzialmente le posizioni emergenti: anzitutto la partecipazione del governo francese, con un quindici per cento all’incirca, alla Peugeot. Un dato da non sottovalutare affatto. Sicchè si spiega l’ampio consenso espresso da Parigi alla scelta storica. E poi il tema dei punti di forza dell’intesa e di quelli di maggiore debolezza, con l’invito al governo italiano ad assumere un ruolo e una posizione ben precisi nella vicenda.
Gli esperti, tuttavia, avvertono che esistono precise strategie per non chiudere uno stabilimento ma per ridurlo ugualmente al lumicino, assegnandogli una posizione di netta marginalità all’interno del marchio. 
Molto andrà emergendo nelle prossime ore e nei prossimi giorni, quando l’intesa assumerà connotazioni ben precise e dettagliate soprattutto.
Legittimo a questo punto chiedersi cosa sarà di Melfi nel panorama italiano e, ovviamente, all’interno del colosso automobilistico che prevede fiumi di miliardi di fatturato e vendite in tutto il mondo.
A questo punto sembra lontanissima l’epoca della telefonata di Giovanni Agnelli a Emilio Colombo: abbiamo scelto la Basilicata perché siete brava gente. Grazie, Avvocato! 
La metropoli lucana dell’auto continuerà ad avere lo stesso prestigio e lo stesso peso geo politico del passato in un panorama senza confini?  

       

mercoledì 30 ottobre 2019

QUANTO CI APPARTIENE IL FUROR MATHEMATICUS



                           



Un intellettuale poliedrico. Uno scienziato e un umanista insieme. Leonardo Sinisgalli, celebrato oggi per la nuova pubblicazione del Furor Mathematicus un’opera che racchiude non soltanto la sua duplice inclinazione di scienziato e poeta, quanto gli stimoli del territorio che lo ha visto crescere e svilupparsi proiettandolo verso molteplici lidi, le sollecitazioni poetiche della sua gente e la vicenda umana ricca di mille spunti tra le angustie di quella piccola Basilicata, sua terra d'origine, e la ricchezza culturale tutta protesa verso il Nord pronto ad accogliere, ieri come oggi, giovani e meno giovani. 
Leonardo Sinisgalli nel pieno della vicenda industriale di grandi gruppi nel dopoguerra diventa ben presto emblema, simbolo di apertura, impersona una straordinaria capacità di guardare al futuro con gli occhi della metropoli senza trascurare i messaggi di una terra protagonista di eventi imponenti, con il resto del Sud: la sua Basilicata che diventa di volta in volta elemento propulsore e forza motrice della sua poesia, e si colloca al centro della stessa riflessione matematica. Il binomio non cessa mai di esistere.
Si era appena chiusa e aperta la grande vicenda delle occupazioni delle terre e della riforma agraria e Sinisgalli, nella sua veste complessa di intellettuale, rappresentava già allora l’anello di congiunzione tra Sud e Nord. Sarebbe opportuno che la Fondazione a lui dedicata ricordasse questo settantesimo delle lotte contadine, che ricorre in questi mesi con Melissa, Torremaggiore e Montescaglioso in primo piano,  partendo dall’esperienza di chi lasciò la Basilicata per vivere, in veste di uomo di cultura, l’entusiasmante stagione di un nuovo protagonismo del Sud. 
Ma il Furor sinisgalliano ci appartiene anche come momento di incontro e di fusione di vari interessi culturali di cui il Mezzogiorno rimane un forte elemento di sintesi. Una sollecitazione nei confronti del Paese.
Ecco perché Sinisgalli non rimane isolato nella sua meravigliosa torre d’avorio ma, al contrario, va studiato e interpretato come una delle voci contemporanee più autentiche. Più aperte
L’operazione letteraria che il Furor Mathematicus inaugura, oggi più che in passato, è questione di grande respiro che interessa senza distinzione molti ambiti della vita sociale italiana. Una ragione in più perché l’opera di Leonardo esca dal chiuso dei circoli letterari ed entri a pieno titolo nel dibattito sui grandi temi, legati alla cultura. Ma non solo alla cultura. Anche, se vogliamo, alla sfera delle scelte politiche se politica vuol significare l’universo delle attività dell’uomo, orientate in molteplici direzioni.        

domenica 27 ottobre 2019

I VALORI AGGIUNTI DEL MEZZOGIORNO



                              


Interni del Museo Sansevero a Napoli

Parmenide, il filosofo dell’essere e del non essere, originario di Elea oggi Ascea nel bellissimo Cilento, è il trait d’union tra la Campania e l’antica Lucania e questo particolare serve a rafforzare  una sorta di condivisione che parte dall’abbattimento delle distinzioni geografiche per cui ciò che appartiene a una regione in ultima analisi appartiene a un territorio ben più vasto, sotto il profilo culturale ed etico. 
Si ritorna a parlare di macroregioni, forse un concetto fin troppo antico se si considera che Quinto Orazio Flacco, venosino per definizione,  non sapeva se considerarsi lucano o pugliese.  
Ma i tesori di cui il Sud è ricco sono numerosissimi. Gli ultimi giorni, ad esempio, hanno visto un enorme afflusso di turisti, lucani, calabresi, ma anche provenienti da numerose altre regioni  interessati a visitare a Napoli quel gioiello di arte e di storia, qual è appunto il Museo Cappella San Severo, noto per una delle sculture più pregevoli, il Cristo velato. 
Ecco il senso della Napoli “popolare e coltissima” , come la definisce l’ultima guida del Touring, patrimonio non della sola Campania, ma terra di grandi tradizioni che accomunano l’intero Mezzogiorno trasformandolo in un’area destinata a misurarsi in una dimensione internazionale con molte altre realtà. Simbolo di un Sud che sa imporsi guardando al suo futuro. 
Del resto all’idea di un Mezzogiorno unitario, al suo interno, fa riscontro il contributo di personalità di diversa provenienza. Alla Campania continua a dare un apporto assai rilevante un illustre lucano, il prof. Massimo Osanna, docente alla Federico II di Napoli, confermato alla guida del parco Archeologico di Pompei: personalità in cui il senso del localismo appare ampiamente superato da una vasta gamma di interessi che fanno di questo esperto la punta di diamante nel campo dell’archeologia e della storia dell’arte. Uno studioso di alto livello per il quale lavorare a Pompei o alla Torre di Satriano non fa molta differenza. .
Ecco dunque la grande sfida: riuscire a considerare le macroregioni non una riduzione del peso dei singoli territori, specialmente di quelli forse meno conosciuti e apprezzati, ma come un apporto costruttivo all’immagine unitaria del Sud in grado di prescindere da forme di municipalismo che non appaiono in linea con una visione completa delle risorse a disposizione, anzitutto. Del resto il valore aggiunto del Meridione consiste proprio in questo. E non solo in questo. 
Bisognerà capire quale sarà in futuro l’interpretazione di un regionalismo esteso, più ampio di quello attuale, per le forze politiche prevalenti, per il mondo dell'economia, per la società nel suo complesso.     

                        

La scultura del Cristo velato nel Museo Sansevero



mercoledì 23 ottobre 2019

BASILICATA, MAI COME OGGI A UN BIVIO



Cosa accadrà dopo il petrolio? Quale sarà tra pochi decenni il volto della Basilicata, oggi il più grande serbatoio di greggio in terra ferma, in Europa? E ciò mentre si avvicina a grandi passi la data della scadenza del Protocollo Eni Regione e sta per entrare in attività il secondo giacimento di Tempa Rossa, in territorio di Corleto. 
Interrogativi che pesano e promettono di avere un rilievo oltre ogni previsione, come è accaduto del resto per la Val d’Agri, in cui il giacimento di petrolio ha nettamente fatto avvertire le distanze tra passato e presente, sia per la salute degli abitanti quanto per l’immagine e il destino di una realtà a grande vocazione agricola e turistica.
Ambiente e salute, un binomio inscindibile che impone il massimo dell’attenzione a chi governa e decide il destino di questa terra del Sud. 
Presidente Bardi, che fare dunque per dare garanzie agli abitanti della Basilicata, al suo territorio.       

“Le risorse naturali della Basilicata sono un patrimonio dal valore inestimabile, che va tutelato e allo stesso tempo valorizzato. Le due cose non sono in contraddizione come spesso appare, ed anzi il profilo giusto di una azione di governo degna di questo nome sta proprio nella capacità di contemperare le esigenze di tutela dell’ambiente e la necessità di promuovere uno sviluppo sostenibile e adeguato a beneficio della nostra comunità.”

Il petrolio è questione di primo piano. La rinegoziazione degli accordi in vigore, con le compagnie petrolifere, pone una serie di questioni legate al futuro di questa terra. Al domani dei suoi abitanti. La materia è stringente e delicatissima, l’impatto delle estrazioni va rigorosamente controllato con i moderni criteri di salvaguardia. Quali le strategie da porre in campo, considerato peraltro l’entrata in produzione di Tempa Rossa.

“Abbiamo una risorsa, il petrolio, e non possiamo far finta che non ci sia. Dobbiamo fare in modo che questa risorsa venga utilizzata per il bene dei lucani. Detto questo, negli accordi che ci auguriamo di stipulare con le società petrolifere bisognerà tenere in primo piano e tutelare la salute e l’ambiente per i lucani. Ogni operazione estrattiva dovrà avvenire nella massima trasparenza e con controlli efficienti. Ad Eni e Total chiediamo inoltre di rafforzare le compensazioni ambientali e di investire in Basilicata in attività alternative al petrolio, così da determinare finalmente quelle ricadute che i lucani attendono da vent’anni in termini di lavoro e sviluppo.  Al Governo, invece, chiediamo di investire sulle infrastrutture, che sono essenziali per la Basilicata, e di adeguare le royalties in primo luogo a beneficio dei territori interessati dalle estrazioni.”

C’è poi il nucleare con l’impegno da parte di Sogin di mettere a punto una bonifica soddisfacente della Trisaia di Rotondella, in grado di cancellare il passato, fatto di incidenti e di situazioni di rischio. Oggi, Presidente Bardi, come stanno realmente le cose. Il progetto di riportare l’Itrec a prato verde è possibile e, soprattutto, credibile?

“Sulla questione dei rifiuti radioattivi ci sono stati ritardi e incertezze da parte dello Stato, che speriamo non compromettano il progetto relativo all’Itrec. Nelle prossime settimane acquisiremo tutte le informazioni del caso e incalzeremo gli organi competenti per avere risposte certe.
Politiche adeguate debbono far sì che la Basilicata  diventi una regione più attrattiva innanzitutto per i nuovi investitori, che devono trovare vantaggioso portare capitali e attività produttive nella nostra regione. Ma allo stesso tempo occorre sostenere gli sforzi di chi opera già sul nostro territorio, degli imprenditori lucani che hanno accettato la sfida dell’innovazione e cercano di intercettare nuovi mercati. L’istituzione della Zes è solo il primo passo di un progetto più ampio che punta a far diventare l'intera regione il centro del sistema economico del Mezzogiorno. Un sistema che allo sviluppo delle attività industriali deve saper affiancare la valorizzazione dell’agricoltura di qualità, il turismo, la promozione del patrimonio culturale e ambientale ed il miglioramento delle condizioni di contesto, con una pubblica amministrazione che deve essere più efficiente. In questo quadro ci sono anche il welfare e la sanità pubblica, che oltre a rispondere al primario bisogno di salute dei cittadini rappresentano (attraverso le Asl) una delle più grandi aziende della regione, che deve crescere e valorizzare fino in fondo il proprio patrimonio di professionalità.”


Oltre alla FCA di San Nicola di Melfi, esiste un progetto di rilancio industriale in Basilicata, secondo quali direttrici?

“La Fca resta, e speriamo resterà ancora per molti anni, con l’attuazione del contratto di sviluppo per le auto ibride e l’avvio del Campus, il fulcro di un progetto industriale che punta sull’innovazione. Ma naturalmente sono diverse le direttrici che intendiamo seguire per delineare una strategia che porti lavoro e sviluppo alla Basilicata: dall’implementazione del turismo, mettendo a frutto in tutta la regione l’esperienza di Matera 2019, all’uso dei fondi europei per favorire la piccola e media industria, alla costruzione di infrastrutture necessarie sia al turismo che all’industria e all’implementazione dell’agroalimentare, che rappresenta esso stesso parte importante del PIL regionale.”

La sanità lucana fa registrare punte di eccellenza, ma anche zone d’ombra come è il caso della psichiatria, ad esempio, che in questi giorni avverte il peso di un notevole incremento della domanda a fronte di strutture e organici praticamente fermi, salvo alcune eccezioni.

“Per rispondere in maniera adeguata al bisogno di salute dei cittadini va innanzitutto ripensata la rete ospedaliera della regione, eliminando gli sprechi e valorizzando le strutture diffuse del territorio. Si tratta cioè di potenziare alcuni ospedali senza trascurare l’importanza di ampliare la medicina del territorio e l’assistenza domiciliare, oltre che di gestire in maniera più efficiente le liste di attesa agendo su vari fattori: ampliare l’offerta, razionalizzare le risorse, governare le richieste con i medici secondo le reali priorità, attivare precisi protocolli diagnostici.”

Il quadro politico della maggioranza, che regge la Regione, viene definito solido e all’altezza della situazione. Quali sono i rapporti al suo interno e quale la prospettiva.



“Il governo del cambiamento, per rispondere alle attese dei cittadini, ha bisogno di consolidare la propria base politica. La coalizione di centrodestra si basa sui principi di leale collaborazione fra le forze che la compongono e di pari dignità delle idee che esse esprimono. La priorità è fare sintesi da tradurre in azioni di governo. Questo è l’impegno che abbiamo preso con i cittadini lucani e che siamo impegnati a portare avanti senza risparmiare energie.”

mercoledì 16 ottobre 2019

PRIORE, COMMISSARIO DELL'APPENNINO LUCANO



Giuseppe Priore è il nuovo Commissario straordinario del Parco nazionale dell’Appennino lucano, Val d’Agri Lagonegrese. Lo ha nominato il Ministro dell’Ambiente, Sergio Costa. 
Nomina attesa da tempo in linea con le esigenze di un vasto territorio, tra i più fragili della Basilicata interna, che si spinge fin quasi a lambire il mare di Maratea con grandi peculiarità, sul piano paesaggistico, e con enormi risorse: storia, archeologia, tradizioni, passato e presente insieme. 
Territorio fragile, quello del giovane Parco nazionale tutto lucano, dove le estrazioni di greggio finiscono per essere una minaccia per ambiente e salute dei cittadini e per gli equilibri di monti e fiumi se non si riuscirà a mettere in piedi un moderno sistema di controllo capace di monitorare istante per istante le estrazioni e di fornire garanzie reali, non semplicemente teoriche. 
Il più grande giacimento di greggio in terra ferma, a livello europeo, non fa dormire sonni tranquilli agli abitanti non solo della Valle dell’Agri dove le enormi fiammate dal centro olio di Viggiano rievocano vecchi e nuovi incidenti, a cominciare da quello di Trecate, nel Ticino, e lanciano ombre minacciose.
Sul Parco incombe una enorme responsabilità: essere la sentinella dell’area e costituire una sorta di vigilanza attiva, forse insostituibile, per la gente che vi abita e non solo.
Di questo si parlerà  probabilmente in un convegno sabato 19 ottobre a Viggiano, capitale del Parco e del petrolio, con una introduzione del sindaco Amedeo Cicala.
Priore Commissario è una garanzia: uomo di protezione civile che non mancherà, a quanto si apprende, di valorizzare l’intero perimetro dell’area e le emergenze al suo interno. Di lanciare non uno ma numerosi segnali perché Regione Basilicata e Governo centrale decidano di Considerare l’Appennino un parco nazionale a tutti gli effetti.
Certo, far conoscere il parco mediante una rete nazionale per lanciare messaggi non solo ai lucani è una scelta da prendere in considerazione, forse come non si è fatto in passato per quell’esasperato individualismo e le contrapposizioni inevitabili, destinate ad annullare tutto. O quasi tutto. Si tratta di un obiettivo prioritario se si considera che la conoscenza delle peculiarità della zona è il primo, formidabile elemento di tutela e di salvaguardia. Ma anche di valorizzazione di una realtà importante di quella Basilicata fortemente interessata a non soccombere. Ma a far valere la sua identità fino in fondo.    

lunedì 30 settembre 2019

UNA FICTION FALSA E TENDENZIOSA




                          
Imma Tataranni (foto da Internet)


Vorrebbe essere la versione al femminile del Commissario Montalbano. Imma Tataranni - Sostituto Procuratore si occupa dell’omicidio di un ragazzo, Nunzio, trovato cadavere a Nova Siri, in provincia di Matera, sul litorale jonico, poco distante dall’ex sito nucleare della Trisaia di Rotondella, dove sono custodite le 64 barre esauste di combustibile provenienti dalla centrale di Elk River, nel Minnesota. 
Il lavoro televisivo mira diritto a presentare i lucani come “una generazione abbandonata a sé stessa, desiderosa solo di andare via e che per riuscirci è pronta a tutto, anche a farsi coinvolgere nei loschi traffici delle ecomafie che vogliono interrare rifiuti tossici nei campi della Basilicata.”
Incredibile a assurdo, al tempo stesso. La rivolta di Scanzano del 2003, per battere il disegno del Governo di realizzare a Terzo Cavone il deposito unico nazionale delle scorie radioattive, vorrebbe significare la disponibilità di un intero popolo di allearsi con le ecomafie che trafficano rifiuti? Nulla di più falso.
Non solo. L’unico sprazzo di verità  è rappresentato dalla ragazzina che chiede alla sua insegnante: “Professoressa…il pericolo che vengono a piazzarci le scorie c’è ancora o è finito?” Interrogativo davvero inquietante poiché nulla assicura oggi che la costa del mare Jonio sia al riparo da un rischio del genere, a giudicare dal silenzio che avvolge questa ipotesi.
Poi, tra dissolvenze e immagini di un territorio davvero unico per la sua bellezza, svanisce la realtà di questa terra del Sud utilizzata come serbatoio di acqua e di petrolio, il più grande giacimento di greggio in terra ferma in Europa.
Sicchè tra Montalbano e Imma Tataranni c’è un enorme divario, anzi una voragine vera e propria. La lotta alla mafia non è paragonabile alle divagazioni protette dal marchio della fiction, arbitraria proprio perché sganciata dall’obbligo di interpretare correttamente la realtà. Anzi, quasi autorizzata a cambiarla fino al punto di stravolgerla, di leggerla liberamente a danno di una terra che con Matera 2019 mira ad affermarsi negli scenari internazionali.
Un’operazione di piccolo cabotaggio, se non proprio una manovra inqualificabile. Un tentativo maldestro di presentare al Paese un Sud inesistente, improduttivo e corrotto.  

mercoledì 18 settembre 2019

IL ROTTAMATORE DI SEMPRE


                           

Matteo Renzi - agosto 2012 (foto R. De Rosa - Riproduzione riservata)


Il tempo in cui Matteo Renzi andava su e giù per l’Italia, promettendo di rottamare un’intera classe politica e di costruire un nuovo edificio sulle macerie di quello vecchio e decrepito, non è lontanissimo. Riecheggiano ancora nel Paese le sue promesse, risuona il suo stile, lo stile proprio di chi mira a rifare punto e a capo con la logica di un soggetto politico acuto, pronto a muovere una critica severa alle radici di un sistema che non riesce a liberarsi di una zavorra tanto pesante quanto insopportabile. Che impedisce, oltretutto, di affrontare i nodi veri: il lavoro e l’economia da rimettere in sesto, anzitutto.
L’annuncio di Italia viva, la nuova formazione politica di Renzi, ha sollevato nel volgere di poche ore un mare di valutazioni, di critiche (non tutte generose e favorevoli) di pareri contrapposti che danno il senso di una situazione particolarmente incerta, in un clima a sua volta di attesa per il futuro del governo e delle forze che lo compongono. Con una destra di Salvini quanto mai agguerrita.
In questo scenario si muove il rottamatore, il senatore di Scandicci pronto a sventolare la sua bandiera e a riaffermare una presenza, senz’altro scomoda, perché intenzionata a fare piazza pulita di un personale politico figlio della prima e della seconda repubblica. Incapace spesso di una svolta, conservatore per indole e mentalità. 
Italia viva,  è l’espressione del temperamento di Renzi che nelle piazze raccoglieva consensi intorno a quella volontà di cambiare la politica dal respiro corto, sostituendola con mille artifizi puramente renziani, quegli stessi artifizi che lo hanno reso inviso al PD, al punto da doverlo costringere ad accettare un ruolo imposto dai fatti e dalle circostanze. Ad un certo punto Renzi non ha scelto la sua condizione all’interno del suo ex partito. Ha dovuto adeguarsi al clima, subendo l’onda lunga del disappunto interno al PD a volte bilioso, a volte finanche irruento, forse di tanto in tanto incomprensibile.
Cosa accadrà ora al Governo, quali saranno le scelte dell’elettorato, quale la risposta di un mondo che non si limita al potere dei partiti e alle istituzioni. Ma che ha ben più vaste diramazioni e ben più ampio respiro fino a investire non solo l’economia ma quel quotidiano di cui forse non ci si rende conto. Un quotidiano con esigenze vaste e profonde, che non accetta promesse di cambiamento pure e semplici, e si riflette in pieno nella definizione di società civile con le sue attese, i mille bisogni e le sue pressanti esigenze per i quali non basta la volontà di rottamare. Ma forse occorrerebbe ben altro. Tanto altro.      

   

giovedì 12 settembre 2019

RACCONTARE AL MONDO LE ECCELLENZE DELLA BASILICATA



L’informazione è il vero motore capace di far conoscere le eccellenze, e  “diffondere di conseguenza il meglio della Basilicata in Italia e nel mondo” in un momento in cui le sfide si fanno incalzanti e la globalizzazione mette a confronto realtà spesso distanti tra loro. 
Sono i temi centrali del convegno, organizzato dall’agenzia ANSA oggi a Matera, coordinato dal responsabile della sede ANSA di Potenza, Mario Restaino, e introdotto dall’amministratore delegato, Stefano De Alessandri. 
Occasione di alto livello che aggiunge prestigio al 2019 per la Basilicata, Capitale europea della cultura con Matera, in cui si fanno strada molte ipotesi per affermare le reali potenzialità di questa terra del Mezzogiorno e rilanciare le opportunità legate alla conoscenza dei tanti punti di forza.
L’ANSA, con i suoi notiziari ed i numerosi lanci quotidiani, mette in rete una informazione  puntuale in ordine agli eventi che si susseguono di giorno in giorno. Un patrimonio in grado di far toccare con mano la qualità dello sviluppo e la peculiarità delle risorse disponibili. 
Un “impatto comunicativo” destinato ad avere un peso straordinario che incide notevolmente sul successo di Matera 2019, ben oltre le attese, come ha sottolineato l’Assessore alla cultura di Matera, Giampaolo D’Andrea.
La Basilicata, esempio concreto di un Sud che non si arrende, ha sostenuto Vito Bardi, Governatore lucano, facendo riferimento alla grande sfida che parte proprio da Matera destinata a non esaurirsi con la fine dell’anno in corso, ma a guardare al futuro nel medio lungo periodo.