venerdì 11 ottobre 2013

I BAMBINI DI LAMPEDUSA





La tragedia di Lampedusa ha molti risvolti. Tra le urla di dolore e le lacrime di quanti hanno perso i propri cari nel naufragio dei giorni scorsi, emerge il problema di tanti bambini abbandonati al loro destino, trasportati sulle carrette del mare da scafisti senza scrupoli e organizzazioni della malavita dei paesi d'origine verso destinazioni ignote. O verso   Il baratro? 
Argomento da brivido, come sottolinea la trasmissione di Radio Uno Rai, Prima di tutto, una delle poche voci ad avere approfondito la terribile questione legata agli sbarchi in Sicilia di tanti disperati in cerca di un domani e dei figli di "nessuno" abbandonati a sè stessi, nonostante l'enfasi mediatica che fa da sfondo a vicende tanto amare e forse finanche difficili da comprendere, dominate dalla solitudine di chi ha perduto tutto, a cominciare dai propri cari. 
Quanti sono questi minori, a chi vengono affidati? Qual è il loro futuro? Domande senza risposta mentre si discute del ruolo del tutore e della specifica funzione delle Comunità di accoglienza in un clima destinato a diventare sempre più burocratizzato e sempre meno a misura di bambino proprio perchè privo del calore umano, necessario per vivere, per crescere, per andare avanti. Un clima avvelenato dalle polemiche sulla figura dei "clandestini" che si trovano a vivere il loro dramma.
Si parla tanto di adozioni, come sottolineato più volte. Adozioni anch'esse soggette a precise clausole giuridiche, e ad un sistema incrociato di verifiche, di accertamenti, di nodi da affrontare per riuscire a scioglierli e garantire un'accelerazione delle tante procedure in modo da dare risposte a un problema che non può attendere. 
Dibattere, discutere, far sentire la voce di chi vive questi drammi. Quale miglior veicolo per affrontare questi nodi del Centro adozioni internazionali della Parrocchia di Sant'Anna a Potenza, proprio mentre Papa Francesco chiede alla Caritas italiana di destinare momenti ricreativi per i piccoli ospiti dell'isola per non fare avvertire loro solitudine e abbandono.
Sarebbe logico  che i responsabili del Centro potentino prendessero posizione netta, in un convegno possibilmente, sul rapporto che esiste tra la condizione dell'infanzia abbandonata (in Italia sarebbero 30 mila i minori senza famiglia) e il meccanismo delle adozioni. Aprire una parentesi lontano dalla festa di metá giugno, che celebra le adozioni come insostituibile meccanismo fondato sulla famiglia adottiva, è da considerarsi non solo una scelta disinteressata e intelligente quanto un momento collettivo di riflessione su un tema scottante. 
Eppure si parla in diverse sedi di povertá, di solitudine, di miseria, di infanzia abbandonata: ma chi potrá mai accettare un parlare a vuoto, ipocrita per giunta? Chi può dire che i bambini di Lampedusa non meritano più di un semplice riconoscimento, di una commiserazione, di una caritá che non è caritá? Il bel parlare non ha alcun valore se alle belle parole non seguono i fatti. Se al semplice dire, come enunciazione di principi, pur tuttavia validi, non seguono fatti e scelte con riflessi sulla realtá.
Il centro adozioni di Sant'Anna è in grado di farlo. C'è da augurarsi che i soggetti direttamente impegnati su questo fronte possano chiedere alla Comunitá  e al Centro stesso un preciso impegno in tal senso.






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