venerdì 28 ottobre 2016

OPPORTUNITÁ DA CREARE


                           
             Pittella alla presentazione di Creopportunità (foto De Rosa)  

Cosa sarebbe una Basilicata senza imprese? Nè più, nè meno che una terra senza identità, condannata a vivere di un anonimato privo di qualunque requisito per poter guardare avanti, in una stagione che impone certi ritmi e scelte precise, anche sul piano individuale
L'impresa, dunque, momento centrale dello sviluppo. Ma quale impresa e con quali protagonisti? Ecco il tema centrale.
Per rispondere a questo e a molti altri interrogativi la Regione Basilicata ha organizzato un momento di confronto con giornalisti e non solo. Anche con operatori economici e  con imprenditori già formati e con chi aspira a esserlo. 
Un mondo ricco di molti stimoli e di forti richiami alla crescita, ben lontano da spinte verso la burocratizzazione, destinata ad avere riflessi negativi sugli scenari del lavoro e dell'economia reale.
Non una passerella ma un'utile occasione per approfondire soprattutto gli orizzonti che si presentano agli osservatori in uno scenario vasto e complesso. 
Sullo sfondo una infinità di opzioni e di possibili scelte che hanno a che fare tutte in larga misura con l'Europa e le sue strategie. Ma anche con le sue risorse.
Creopportunitá è stato il tema dell'incontro. Un titolo che abbraccia un po' tutto. Intanto la dotazione di 22 milioni di euro, provenienti dal Po  Fers 2014 - 2020 e da altro, il che consente di stimolare il cammino sul terreno dell'impresa. Non ci sará intanto la logica, consueta nel passato, del fondo perduto come un invito a utilizzare certe occasioni per facili profitti: sottolineano sia il Presidente Marcello Pittella, sia l'ing. Giusy Lovecchio in sintonia con il direttore generale delle politiche di sviluppo e lavoro, Giandomenico Marchese. Al suo posto un invito ai giovani e meno giovani a percorrere con intelligenza i percorsi alla base di tante proposte imprenditoriali di buon livello contenuto nelle stregie dei bandi, che non saranno limitati nel tempo. Tutt'altro.
Il pacchetto presentato alla stampa segna indubbiamente una svolta, nei confronti dell'Europa prima di tutto: la vecchia immagine di una Basilicata assistita e incapace di guadagnare i traguardi della scienza e della tecnologia è assolutamente falsa. C'è invece una Basilicata in grado  di spingersi ben oltre Eboli, con i suoi cervelli e l'attitudine di chi la governa. 

giovedì 27 ottobre 2016

LA PARITÁ (VERA) PER IVANA PIPPONZI


                                 
           Ivana Pipponzi con Francesco  Mollica (foto R. De Rosa)    


In molti casi la paritá è un miraggio. Lo è in tante circostanze, e non solo tra uomo e donna. Sorge anzi il dubbio che questo terreno sia preso a campione senza badare ad altri scenari, finanche più complessi e problematici. 
La paritá è spesso una illusione, una delle tante del nostro tempo, (o forse un traguardo irraggiungibile) tra precari e garantiti, ad esempio, tra gli stessi giovani alcuni dei quali sembrano essere al settimo cielo a differenza di altri, meno fortunati, che stentano a guardare avanti.
Pari opportunità al centro della conferenza stampa di insediamento di Ivana Pipponzi, neo Consigliera di Paritá della Basilicata nominata dal Governo su proposta del Consiglio regionale.
"L'obiettivo sono le donne" precisa l'avvocata Pipponzi nella sua veste ufficiale. 
La paritá è un termine dei nostri giorni che dipende dal senso di una democrazia avanzata, almeno nei propositi. Un concetto fondamentale. Paritá vuol dire tra l'altro mettere ordine  nella giungla dei favoritismi, di certe posizioni di potere consolidate che non guardano in faccia a nulla e nessuno, facendo registrare non di rado un eccesso di privilegi a favore di questa o quella persona e, di conseguenza, a svantaggio di molti altri. Se non esistessero questi squilibri forse non si riuscirebbe a parlare di una societá complessa. Considerazione inevitabile per certi versi.
Non a caso Ivana Pipponzi riconosce l'entitá della posta in gioco e parla del ruolo inevitabile delle istituzioni, considerandole un elemento di garanzia per tutti, in primo luogo per le donne, appunto,  con lo scopo di portare avanti con coraggio e onestá intellettuale un compito di riequilibrio nell'ambito dei meccanismi tortuosi della politica e nella organizzazione della societá. 
Ecco perchè la figura della Consigliera di paritá non è affatto superflua. Tutt'altro.
Mi convince la Pipponzi quando sostiene nel suo intervento di volere entrare nelle fabbriche, nei luoghi di lavoro specie lá dove la paritá rischia di essere,  come accennavo, una pura enunciazione di principi, priva purtroppo di contenuti e destinata peraltro a rimanere tale, per tante ragioni. Nella "civiltá" dell'apparire essa rappresenta un elemento di normalitá, lá dove uniformarsi o aderire a una certa ratio significa dare quantomeno il senso che le cose filano liscio. 
Il Presidente del Consiglio regionale della Basilicata, Francesco Mollica, intervenuto nel dibattito, sembra mettere in guardia dai facili ottimismi quando parla del ruolo della Consigliera. Del resto Mollica è politico di lungo corso e chi meglio di lui può misurarsi con certi scenari, forse finanche imprevedibili perchè dominati da un mucchio di circostanze non sempre favorevoli. Circostanze in alcuni casi fondate sugli squilibri, non facili da superare forse nemmeno nel lungo periodo e che trovano in certa politica l'elemento propulsore. La forza motrice.
Indubbiamente la partenza della neo Consigliera, fatta non solo di buoni propositi, qualifica il percorso da affrontare. Se così è sembra che non manchi proprio nulla a cominciare dall'impegno personale di Ivana Pipponzi che dichiara di volercela mettere tutta per misurarsi  concretamente con la dimensione non facile del suo nuovo lavoro. 
Passione e impegno sono ingredienti essenziali, non semplici optional di cui si possa fare a meno. Così tracciato,  questo percorso è da considerarsi di per sè una garanzia, alla luce anche della valida esperienza professionale della  Consigliera, cosa che ha determinato la scelta. 

lunedì 24 ottobre 2016

PAPPATERRA: I NUOVI TRAGUARDI DEL POLLINO


                          
                                          Pollino, i monti del Parco nazionale (foto R. De Rosa) 

Verso una modifica della 394, la legge quadro per i parchi e le aree protette. Se ne discute  finalmente nell'aula del Senato e c'è chi scommette che i tempi non saranno poi  lunghi. Tutt'altro.
Un approdo importante il rinnovamento della legge  cornice per molte realtá italiane, sostiene Domenico Pappaterra, presidente del Parco nazionale del Pollino,  che vede nella volontá di riforma in atto un contributo, non di facciata semplicemente, a quel processo di adeguamento del bene natura verso i traguardi di uno sviluppo possibile e compatibile. 
Parchi non più orientati nel senso di una semplice tutela ad oltranza delle risorse esistenti, ma proiettati in direzione di un utilizzo delle risorse in modo da favorire lavoro e crescita economica. 
"È chiaro che il Pollino si trova a dover rafforzare il rapporto con le popolazioni, una scelta qualificante. Il nostro obiettivo riguarda un turismo e un turismo di qualitá al quale debbono concorrere davvero tutti con il massimo dell'impegno a cominciare dalle strutture esistenti, dagli operatori, dalle diverse realtá presenti."

Ci sono tuttavia altre iniziative in campo, non meno interessanti che superano finanche i confini di un discorso di carattere nazionale.

"Intanto noi contiamo di rafforzare anche, direi soprattutto, la nostra presenza nell'area  Unesco. Puntiamo a mettere in piedi una serie di incontri a Parigi nella primavera prossima in modo da rappresentare il Pollino, con le sue peculiaritá essenziali,  agli ambasciatori dei principali paesi esteri. Non ci sembra poco."

Consolidare in definitiva la valenza internazionale del Parco.

"Si, consolidare questo dato, soprattutto per qualificare un impegno ormai di anni di lavoro.
Fra l'altro abbiamo sperimentato a Torino  con la nostra partecipazione al salone del gusto "Terra madre" la  possibilitá di ottenere un riconoscimento immediato a  livello di opinione pubblica per ciò che produciamo: nel 2017 abbiamo in cantiere una sorta di vetrina per far conoscere adeguatamente il Parco storico del Sud agli operatori del mondo Slow food con il consiglio nazionale al completo. Un altro traguardo che ha il suo valore."

Si parla da tempo anche di una inversione di rotta nella governance stessa del Parco. Cosa destinata ad avere un riflesso positivo inevitabile.

"Dobbiamo dare al Parco un nuovo direttore. 
Il Pollino necessita di una guida di assoluto rilievo. Conto infatti di presentare al Ministro dell'Ambiente una terna di nomi, concordata con il Consiglio direttivo, in modo da far corrispondere il livello gestionale a quello politico programmatico quanto ad autorevolezza e capacitá. Riteniamo di riuscirci entro la fine dell'anno."

domenica 23 ottobre 2016

RENZI: PETROLIO, DOVE SONO LE SENTENZE?



Bel finale della trasmissione In mezz'ora di Lucia Annunziata di  domenica 23 ottobre. Sbotta il presidente del Consiglio Matteo Renzi: "voglio le sentenze. Son venuto qui qui quando era in corso la vicenda del petrolio a  Potenza. Dove sono le sentenze?" 
La Basilicata ritorna dunque agli onori della cronaca nella trasmissione di Annunziata, grazie appunto a Renzi che chiama in causa l'inchiesta sulla val d'Agri, condotta dai Pm Basentini - Triassi. Il riferimento non è certo casuale  ma cade a proposito del funzionamento della magistratura, alla vigilia di un possibile sciopero del settore.
Per giunta si ritorna a parlare di trivelle, questa volta nel mare Jonio, per la ricerca di idrocarburi. Un argomento mai sopito negli ultimi anni, tale da mettere in gioco il valore della costa jonica, le sue peculiaritá ambientali, le sue stesse risorse turistico balneari in un'area destinata in tempi remoti agli insediamenti della Magna Grecia, quando ancora di petrolio non si parlava. Evidentemente.
Il riferimento di Renzi riapre vecchie e nuove questioni, nel momento in cui sulla costa del mare Jonio sembra essere calato il sipario, almeno a livello di Governo: dopo la rivolta di Scanzano si ha ragione di ritenere che il capitolo ambiente possa dirsi praticamente chiuso, nonostante il susseguirsi di voci e di notizie che danno per certo l'avvio delle ricerche di idrocarburi in mare.
Stretto nella morsa del nucleare e del petrolio, l'arco jonico rappresenta oggi una mina vagante, pronta a esplodere da un momento all'altro. Dove sono finite, tanto per cominciare, le rassicurazioni della Sogin che negli anni scorsi ha parlato della Trisaia di Rotondella da portare a "prato verde"?
Intanto le regioni che affacciano sulla costa (Basilicata, Puglia e Calabria) rischiano di non avere alcun peso determinante per l'accentramento dei poteri nelle mani dello Stato, in seguito alle norme in vigore e a quelle che verranno in un futuro non lontano. Le decisioni passeranno sulla testa di tutti, abitanti compresi, poichè da troppo tempo si continua a parlare dello Jonio come di un altro serbatoio di petrolio e di gas, considerato interessante dalle compagnie.
Matteo Renzi attende dunque le sentenze, non si accontenta delle inchieste.
L'inchiesta della Procura e della DDA di Potenza giunge, in ogni caso, dopo ventisei anni dall'avvio dei primi progetti di estrazione di greggio e di gas dalla Val d'Agri. E giunge soprattutto dopo le molteplici proteste degli abitanti della valle. Eppure nel 1990 si trattava di vigilare sul "punto zero" vale a dire sulla situazione di partenza sia per la salute degli abitanti, sia per gli equilibri dell'area. Questo avrebbe dovuto accertare la magistratura in tempi abbastanza lontani.

giovedì 20 ottobre 2016

IL PERCORSO A OSTACOLI DI FRANCESCO PIETRANTUONO


                              
               La conferenza stampa di  Pietrantuono (foto R. De Rosa)


Ci si interroga spesso, fin troppo spesso, sul rapporto ambiente salute soprattutto alla luce delle ultime vicende, non solo giudiziarie, che vedono la magistratura lucana in prima linea su questo fronte decisamente surriscaldato. C’è da augurarsi intanto che non sia un interesse occasionale, mi sembra ovvio. 
Il trinomio rifiuti, nucleare, petrolio rappresenta in sé un percorso a ostacoli per il neo responsabile dell’Ambiente in Basilicata, Francesco Pietrantuono, melfitano, attratto da una programmazione che metta insieme le cose della politica e gli interessi del territorio, cultura compresa. Nulla da eccepire, al riguardo. 
Pietrantuono sta in queste settimane esplorando una serie di argomenti che vanno dal ruolo dell’Arpab (l’Agenzia per la tutela ambientale) alle molteplici funzioni dell’Ispra, alle linee del Ministero, senza dimenticare i mille problemi del giorno per giorno.  
L’assessore è nel pieno del percorso, come dimostrano le sue conferenze stampa, che tuttavia non hanno sfiorato ancora il capitolo del nucleare, non certo semplice da affrontare, se si considera che la sfida è tutta incentrata intorno alla questione ITREC, alla sua storia recente e soprattutto remota. 
L’ITREC è l’impianto per il trattamento e il riprocessamento del combustibile nucleare, presente nella Trisaia di Rotondella sulla costa jonica tra Basilicata e Calabria, impianto che un ufficiale dei carabinieri definì fuorilegge, nel quadro dell’inchiesta condotta dal Procuratore dell’epoca Nicola Pace.
Dal clamore di quegli anni si è passati ad un silenzio pressochè assoluto, mentre in gioco c’è la bonifica dell’area che la Sogin – la società incaricata della messa in sicurezza del nucleare in Italia – ha annunciato di voler riportare a “prato verde”. Impresa ciclopica grazie anche alle barre di combustibile esausto custodite in Trisaia e provenienti dalla centrale americana di Elk River (che gli Usa non gradiscono avere in casa loro) nonostante alcuni trasferimenti notturni avvolti dal mistero.
Lo scenario, in linea generale, appare molto movimentato in casa lucana da quando il nuovo direttore dell’Arpab, Iannicelli, ha deciso di trasformare  questo organismo da silente, quale è stato da sempre, a struttura attiva  e oltremodo dinamica anche in seguito ad un protocollo d’intesa che coinvolge Regione e Ispra. 
Strada tutta in salita non solo per difficoltà obiettive quanto per la natura stessa delle questioni in campo. 
Il Dipartimento Ambiente – che il giudice Dino Collazzo rifiutò ringraziando Pittella per la cortese offerta – è un campo minato in tutti i sensi. 
Il nucleare non è l’unica emergenza. Il petrolio preme  eccome, con i nuovi tentativi di ricerca e di estrazione destinati a preoccupare non solo la Basilicata quanto alcune grandi regioni del Mezzogiorno, Puglia in testa. Premono i rifiuti in una regione che non ha ancora una rigorosa raccolta differenziata e meno che mai impianti di compostaggio. 
Sicchè Pietrantuono ha di che occuparsi, mentre i suoi costanti rapporti con tecnici, esperti di alto livello, consiglieri ministeriali, amministratori di tutto rilievo non servono a ridimensionare la portata delle mille questioni. E non lasciano immaginare soluzioni possibili, non dico a portata di mano, nonostante il suo febbrile lavoro ispirato dai migliori propositi. Non danno ancora l'idea di una svolta non solo necessaria, ma inevitabile in ogni caso.
Gli accertamenti in corso sugli abitanti delle aree vicine al Centro olio di Viggiano e di quanti risiedono in zone più lontane giungono ventisei anni dopo l'avvio delle attività di "Sviluppo olio" e di "Sviluppo gas" (la terminologia è dei tabulati interni all'Eni) che costarono un miliardo tre milioni e novecentosessantunomila euro al cane a sei zampe. Certo, importante partire!     

sabato 15 ottobre 2016

AURELIO PACE: MATERA COME EXPO



                           
             Matera - Turisti a Palazzo Lanfranchi (foto R. De Rosa)

Bella idea quella di raffigurare Matera 2019 come l'Expo del Mezzogiorno. Una vetrina, un'apertura al mondo, una straordinaria capacità di proiettare le attese innumerevoli di una terra, a lungo tradita e sbeffeggiata, in una dimensione non solo europea ma planetaria.  
Matera vive un momento decisivo: si tratta di raccogliere le necessarie energie e di metterle a frutto con una capacità che dovrá essere quella di Aurelia Sole, di Raffaello De Ruggieri, di Paolo Verri direttore di Matera 2019,  del Presidente della Basilicata Marcello Pittella, e dello stesso Matteo Renzi che certamente non potrá dirsi estraneo alla grande avventura della cittá dei Sassi. Lui, il Presidente del Consiglio, conterraneo e successore di Dante nella carica di sindaco di Firenze, capace di apprezzare cultura e storia. Di mettere la civiltá lucana sul piatto della bilancia e farla pesare sul serio. Almeno questo è l'auspicio. Queste le attese.

"Matera rappresenta l'Italia in Europa, e invece ci sono spinte localistiche che non fanno bene. I materani sono stati bravi a guardare oltre l'evento in sè, in una dinamica che ha un senso ben preciso e racchiude un messaggio importante non solo al Paese" osserva Pace.

Insomma Matera 2019 cosa deve significare in concreto.

"Matera non è un eventificio. E fanno bene quanti evitano di trasformarla in un mucchio di accadimenti, per quanto interessanti e importanti. 
Penso al congresso nazionale di urbanistica che si è svolto a Palazzo Lanfranchi con un risalto autorevole su scala nazionale. Ma anche ai flussi di turismo internazionale che da tempo fanno di Matera un polo di attrazione assai rilevante.
La Basilicata  ha partecipato con successo al Lubec di Lucca, la rassegna internazionale dedicata ai beni culturali raccogliendo giudizi positivi." 

Rimane in piedi tuttavia la sfida di una infrastrutturazione quanto meno inadeguata se si vuol guardare a Matera come al volano della modernizzazione reale. Il segno del cambiamento di rotta.

"Matera va considerata come un sole nascente che emana i suoi raggi verso il Vulture, verso Orazio, verso Federico, verso Pitagora, in direzione delle aree di maggiore pregio da far vivere e decollare in maniera del tutto adeguata alla posta in gioco. Ecco perchè il capitolo delle infrastrutture e dei collegamenti è essenziale. Bisognerá muoversi in questa direzione. 
Da tempo si fa un gran parlare di infrastrutture. Finora i risultati non sono stati certo apprezzabili. Matera deve essere inserita in un collegamento trasversale Nord Sud che consenta di raggiungere agevolmente la cittá dei Sassi. Esattamente come accade per altri centri."


C'è poi il ruolo di primo piano del cinema, considerando il forte dinamismo della lucana film commission. Un motore di crescita del settore.

"Indubbiamente. Il cinema è un volano di grande prestigio e la cittá lucana ha per giunta una tradizione che la caratterizza. 
La Basilicata e Matera sono delle realtà al centro di questo interesse:  un punto fermo che va sviluppato in ogni direzione. Una risorsa da utilizzare al meglio."

Parliamo della Fondazione. Cos'è appunto la Fondazione e quali obiettivi si è data, di pari passo  con il lavoro dell'universitá.

"L'universitá va tenuta dentro a questi processi, per  la sua valenza scientifica e la sua capacitá di ricerca. Del resto l'incontro di Bruxelles dei giorni scorsi ha affrontato questi nodi confermando il carattere internazionale di Matera. 
Il discorso centrale riguarda tuttavia il futuro di questa regione all'interno del sistema paese. Il traguardo è lo sviluppo, in grado di combattere lo spopolamento e la perdita di peso in uno scenario non certo limitato.
Matera 2019 deve essere una vetrina internazionale esattamente come Expo. Un obiettivo ambizioso ma possibile, non vi è dubbio!" 


martedì 11 ottobre 2016

ROBERTO SPERANZA: "TENERE INSIEME I DUE MONDI DEL PD"


                                   
                   Roberto Speranza (foto R. De Rosa)


Di scissione nemmeno a parlarne. Lo scontro in atto da tempo nel PD non fa altro che rinsaldare la tenuta del Partito, garantire ampi margini di manovra e di  dibattito, rendere più dinamico il ruolo della stessa maggioranza in un contesto che tutto sommato tende a conservare vecchi e nuovi assetti. Vecchie e nuove posizioni di potere,  salvaguardandole dall'ipotesi smantellamento.
L'affermazione di Roberto Speranza, intervenuto a Radio anch'io, è un'importante conferma: "mi batterò per tenere insieme questi due mondi". 
Ora più che in passato l'idea della scissione appare come una trovata messa in campo da chi, per caricare l'attuale scenario delle tinte necessarie, ritiene utile evocare la minaccia inesistente di una rottura probabile, addirittura giá in atto, simile a una sorta di spauracchio che dovrebbe incutere  timore nella gente favorendo tuttavia la partecipazione, l'interesse per la partita del referendum in cui due tendenze si fronteggiano, per esclusive ragioni di parte. 
Certo, la voglia di vincere non viene meno da entrambi gli schieramenti. Maggioranza e opposizione si misurano con le due distinte ipotesi,  esattamente come accadde nella DC al momento della "insurrezione" della sinistra di base contro quella forte ala dorotea rappresentata nel Paese da Piccoli e da Bisaglia, oltre che da Colombo, commemorato in questi giorni in Senato. Anche allora, come oggi, nessuno si pose il problema di rompere con il nucleo centrale democristiano e di dar vita a un'altra formazione. Strada anche allora impercorribile e scomoda. 
Venendo ai giorni nostri, da rilevare anzitutto che se Renzi non avesse legato il referendum al suo personale destino (non solo politico) l'opinione pubblica sarebbe rimasta non dico del tutto estranea all'evento, ma abbastanza indifferente. Con il pericolo di un possibile disimpegno a fronte di una riforma, proclamata dall'attuale maggioranza, che in ogni caso ha tutto l'interesse di farla pesare in un quadro ben definito e politicamente non certo insignificante.
Sicchè in un orizzonte abbastanza movimentato, Roberto Speranza continua a esercitare idealmente il ruolo di capogruppo del PD quando afferma di volersi battere per tenere insieme i due mondi, vale a dire Bersani e Renzi. Si e No al referendum. Un ruolo che corrisponde ad una posta in gioco non di poco conto e che ribadisce l'ostentata capacitá dirigente della sinistra. Altra cosa sarebbe invece una posizione intransigente e nullista tendente a spaccare con un salto nel vuoto. Con l'unica conseguenza di distruggere il partito democratico. O, meglio, di lasciarlo nelle mani di pochi. 
Come si vede la partita a scacchi è molto complessa con mosse attentamente studiate a tavolino da parte dei protagonisti. 
Renzi intanto avverte: se non passa il Si dimenticatevi la riforma dell'attuale assetto almeno per i prossimi decenni. Anche questo un formidabile proclama. 
Nel groviglio di ipotesi indicate si inserisce frattanto la legge elettorale, eterno tormentone e longa manus dell'esito dello stesso referendum destinato in tal modo a condizionare l'intera vita politica e lo stato dei rapporti con l'unico risultato di scongiurare in concreto una scissione, sbandierata da alcuni più per necessitá mediatiche che per altri motivi. 
In tutto questo il ruolo di Speranza, apparentemente marginale nel contesto delle scelte renziane, consolida la contrapposizione lasciando indenne l'apparato. 
Certo, l'enfasi della battaglia tra sostenitori del Si e supporter del No appare quantomeno sproporzionata in un momento in cui ben altre questioni tengono banco nelle case degli italiani. Il lavoro prima di tutto e la crescita dell'economia. Su questo bisognerebbe un momentino riflettere.

domenica 9 ottobre 2016

DI QUALE GIUSTIZIA PARLIAMO?



Il clamore della campagna elettorale negli Usa, le vicende del ciclone che ha investito vaste aree degli Stati uniti e poi il gran parlare del referendum italiano finiscono per attenuare moltissimo, se non per cancellare quasi del tutto, l'eco delle assoluzioni dell'ex sindaco di Roma, Ignazio Marino, e dell'ex Governatore del Piemonte Roberto Cota.
Assoluzione da accuse a dir poco gravissime e infamanti quali peculato e truffa. Infamanti per qualunque persona si preoccupi della propria dignitá. Figuriamoci per personaggi pubblici, ovviamente noti. 
Ora il problema numero uno sembra essere quello di chi deve chiedere scusa a Marino anziché badare al ruolo che la magistratura ha avuto nel lungo e contorto iter che ha portato prima alle dimissioni di Marino da sindaco di Roma e ora all'assoluzione piena dai reati ascrittigli, passando per la sua incriminazione. Abbastanza simile la vicenda di Cota, colorata di verde per la storiella delle mutande che sarebbero state acquistate con denaro pubblico nel quadro dei rimborsi sotto accusa ai consiglieri regionali del Piemonte. Questione aperta anche in altre regioni italiane, per quanto con modalitá diverse e in differenti circostanze.
In questi giorni, fra l'altro, ritorna la vicenda di Elisa Claps, la studentessa potentina assassinata e poi abbandonata per 17 anni nella chiesa della Trinitá, nel centro di Potenza. Le uniche persone condannate insieme al suo carnefice, Danilo Restivo, sono le donne delle pulizie, incaricate dal parroco di sistemare i locali della chiesa,  che avrebbero visto il cadavere depositato nel sottotetto della Trinitá molto tempo prima rispetto al rinvenimento ufficiale dei resti della ragazza. Possibile che nessuno, sottolineo nessuno, abbia visto e saputo nulla di tutto questo? si chiedono angosciati la mamma di Elisa e il fratello, Gildo Claps,  ospiti della trasmissione Chi l'ha visto? 
E come se non bastasse in questi mesi viene presentato il libro di Enzo Tortora, Lettere a Francesca, che mette in risalto il dramma del noto presentatore accusato ingiustamente di essere un camorrista e trattenuto in carcere senza alcun giustificato motivo.
Il ragionamento è semplice: possibile che in Italia un Pubblico Ministero ravvisa accuse pesantissime e un giudice le cancella, non le ammette, le ritiene prive di fondamento e di contenuti? Interrogativo a dir poco angosciante.
Di esempi ce ne sono fin troppi che riguardano non solo la sfera del penale, ma anche la materia civile, non meno importante e complessa. E non meno priva di conseguenze. Un esempio fra i tanti. Mi chiedo se sia possibile che un giudice riprenda pari pari, senza discostarsi di  un millimetro, le linee guida e il "motivo conduttore e ispiratore" alla base della impostazione di una delle parti in causa giungendo a ignorare dati e circostanze, ma anche sentenze delle magistrature superiori, pur di far quadrare il cerchio. L'opinione di un magistrato va rispettata e tenuta in considerazione fin tanto che non è il frutto del libero arbitrio, della volontá pura e semplice di pronunciarsi così e non diversamente senza dar conto a nessuno, peraltro. Indipendentemente da tutto il contesto in cui la vicenda appare oggettivamente ambientata.     
Di esempi, dicevo, ce ne sono tanti. Così come è accaduto che il Tribunale, in un angolo del Belpaese, si sia contrapposto alla Distrettuale antimafia, negando addirittura l'esistenza del reato associativo, lá dove questo reato risultava dimostrato con elementi inoppugnabili e precise circostanze di fatto.
Come si vede la questione investe non solo l'aspetto etico e morale, quanto il livello delle competenze e l'assoluta indipendenza del potere giudiziario da chicchessia. Il Pm che accusò Tortora ritenendolo un camorrista era un irresponsabile, un superficiale, o c'era stato (peggio ancora) un grave difetto nella macchina dell'acquisizione degli elementi necessari a sostegno di un'accusa gravissima, rivelatasi poi infondata?  
Nei meandri tortuosi della giustizia, molti di questi problemi continueranno a rimanere senza risposte. E tutto funzionerá come sempre!  

lunedì 3 ottobre 2016

IN BASILICATA UN PEZZO DI EGITTO


                                
                       Pittella con Naguib Sawiris (Foto R. De Rosa)


Tra pochi giorni, forse giá in settimana, il progetto "We are the People" sará sul tavolo del Presidente del Consiglio dei Ministri, Matteo Renzi. A discuterne, a Palazzo Chigi, Marcello Pitella con il premier. 
Si tratta di una iniziativa unica in Italia tendente a favorire la crescita economica della Basilicata nel contesto dell'accoglienza dei rifugiati. Trasformare l'emergenza in una vera opportunità, ecco il traguardo.
La posta in gioco appare davvero enorme e forse senza molti precedenti. Peraltro, gli obiettivi politici che il progetto si prefigge hanno un sicuro carattere di straordinarietà nel quadro della emergenza degli sbarchi quotidiani di persone provenienti dai paesi dell'Africa, dalla Siria e dalle terre dove i combattimenti di ogni giorno mettono in ginocchio intere popolazioni cancellando storia, tradizioni, passato e presente. E demolendo l'idea di futuro.
La Basilicata, piccola ma non insignificante, apre le porte mentre altri in Europa le chiudono. O vorrebbero chiuderle. E non per una semplice coincidenza alla firma del protocollo erano presenti il magnate egiziano delle telecomunicazioni, Naguib Sawiris e Rawya Mansour, fondatrice di Ramsco, un gruppo per la tutela dell'ambiente e la lotta alla povertá. 
Temi e presenze destinati a incrociarsi, proprio nella Matera del 2019, come ha precisato il sindaco De Ruggieri, mentre si carica di significati non solo l'evento, ma il clima politico che il Presidente della Basilicata, Pittella, ha voluto rimarcare prendendosela con il disfattismo dei guastatori e  con l'assenza di proposte costruttive da parte di chi si oppone per mestiere e così facendo tenta di distruggere prospettive importanti. 
La firma del protocollo non va in ogni caso sottovalutata anche per altre ragioni. Intanto si tratta di una iniziativa che Sviluppo Basilicata è riuscita a mettere in piedi, come ha sottolineato lo stesso Maruggi direttore e manager della struttura, con prospettive tutt'altro che deboli e inconsistenti. E poi chi è in grado di smentire il valore pacifista e di lotta al terrorismo che la firma del protocollo contiene in sè? Ecco il punto di forza legato al capitolo delle relazioni internazionali.
Sul versante economico si è mobilitato anche Luca Braia, responsabile dell'agricoltura lucana, mentre il tema della tutela dell'ambiente e della lotta alla povertá è sicuramente collegato ai nuovi scenari del presente e del futuro.  
Rawya Mansur non è una donna di scarso peso. Tutt'altro. A Matera è emerso che la sua sfera d'azione è decisamente vasta. Un personaggio che vale sul terreno delle relazioni internazionali, senza escludere o sottovalutare il suo specifico. Donna capace di mobilitarsi e mobilitare risorse importanti, non solo finanziarie ma anzitutto umane. Un lavoro intelligente e costante il suo in uno scacchiere tutt'altro che facile. 
Di questo, e non di sterili polemiche, ha bisogno il Mezzogiorno di oggi e di domani. 
Sicché We Are the People è una prima tappa in un cammino che si annuncia lungo, ma soprattutto ricco di sorprese importanti che qualificano la Basilicata dell'accoglienza nella bufera degli sbarchi. Oltretutto un omaggio alle vittime del mare, a tre anni dal terribile naufragio che costò la vita a 360 profughi. Persone inermi in cerca di pace e di lavoro.  

domenica 2 ottobre 2016

DALLE CAMPANE DI VIGGIANO A MONACO DI BAVIERA


                           
                           Mons. Ganswein a Viggiano (foto R.De Rosa)

Il giorno della inaugurazione delle campane sul sacro Monte di Viggiano si collega ad altri eventi di portata storica. Non è un fatto sporadico, destinato all’oblio. Tutt’altro. Un giorno premonitore che ha avuto la capacità di annunciare altri fatti di cui si parla.
Quel mattino limpido di fine agosto ha un protagonista d’eccezione, mons. Georg Ganswein, segretario particolare di Papa Benedetto XVI, che in  un lungo articolo pubblicato dal Corriere della Sera parla della personalità del Pontefice emerito, mette a nudo piccoli e grandi eventi sconosciuti ai più, traccia un profilo inedito del Papa sofferente e quasi cieco che rinunciò alla sua missione non certo per dissapori o contrasti interni alla curia, ma per seri  motivi di salute. 
Lo spunto lo fornisce un libro intervista del giornalista tedesco Peter Seewald, presentato a Monaco di Baviera da mons. Ganswein. Un libro verità che fa conoscere meglio il teologo Ratzinger, il suo essere Papa e uomo. Sacerdote e successore di Pietro. Ma c’è di più. La presentazione del libro è l’occasione per comprendere anche la figura di mons. Ganswein che quel mattino di fine agosto, poco più di un mese fa, si arrampicò sul Sacro Monte di Viggiano con l’umiltà di un pellegrino e la semplicità di un uomo come tanti, felice di gioire insieme ai lucani per un evento straordinario, accaduto nella terra del petrolio che è anzitutto la terra di Maria.  
Lo aveva invitato in Basilicata don Paolo D’Ambrosio, rettore del Santuario di Viggiano. Invito accolto con molta spontaneità e con gioia. 
Questo particolare deve far riflettere. Il segretario di Benedetto pronunciò un’omelia, su al monte, in una chiesa stracolma di gente che vedeva nelle campane del santuario un segno della grandezza di questa regione. Ecco dunque la Basilicata del terzo millennio, pronta a mettersi in marcia.
Dalle sue parole, quella domenica, apparve chiara l’ammirazione per la terra di Maria: un uomo venuto da lontano che prega e spera insieme ai lucani. Per il domani dei giovani, per il futuro di una terra che attende da molto una svolta significativa. 
Un evento da non dimenticare alla vigilia della visita di Papa Francesco che tutti, a cominciare dal sindaco di Viggiano, sperano possa tradursi in realtà nel prossimo anno. 
Dietro a questa speranza c’è l’attesa di un giorno migliore di cui mons. Georg Ganswein si fece interprete e portavoce.  E non è certamente poco.