giovedì 31 marzo 2016

L'INCHIESTA SUL PETROLIO IN VAL D'AGRI METTE IN FORSE LA STABILITÀ DEL GOVERNO


                               
              Alberi senza vita intorno al centro olio di Viggiano (PZ) 


Scricchiola il Governo in seguito alle indagini per la gestione dei rifiuti del centro olio di Viggiano, il punto di raccolta di migliaia di barili di greggio al giorno destinati alla raffineria di Taranto.
Dopo le dimissioni della ministra Guidi, ora si aprono foschi scenari  giacchè nelle intercettazioni figura anche il nome della solita Maria Elena Boschi che, a dire della sua collega, era d'accordo a dare una sterzata alla legge di stabilitá per favorire Gianluca Gemelli, compagno della Guidi e imprenditore.
La vicenda del petrolio in Basilicata diventa così un caso politico nazionale e pone in discussione vecchi e nuovi assetti di potere, direttamente collegati alle estrazioni di petrolio e di gas dal sottosuolo lucano, e ciò proprio alla vigilia di un referendum che ha creato opposte fazioni e punti di vista totalmente divergenti spingendo finanche a "istigare" all'astensionismo proprio una parte dei protagonisti delle istituzioni.
Uno scenario da brivido in cui si mischiano gravissimi problemi per l'ambiente e per gli abitanti, con i fiumi di denaro che continuano a scorrere mentre la Basilicata detiene il primato negativo della disoccupazione soprattutto giovanile. Una terra destinata a essere tagliata fuori da tutto, nonostante Matera 2019.
L'inchiesta della DDA affronta nodi di tutto rilievo, come ha sottolineato il procuratore nazionale antimafia, Roberti, nella conferenza stampa a Potenza. Anzitutto il tema del danno all'ambiente e alla salute con gli sconvolgimenti di una terra, la Basilicata,  fino a ieri isola  felice in un panorama di cittá e paesi sconvolti da inquinamenti e speculazioni edilizie.  Una regione  oggi irrimediabilmente compromessa? Non è da escludere con danni al sottosuolo, ma anche alle sorgenti, ai fiumi, ai laghi e all'atmosfera, autentiche riserve di beni di valore incommensurabile sotto tutti i punti di vista.
Cosa sará di questa parte del Sud non appena il petrolio sará finito e le nuove generazioni non avranno altra via di scampo se non quella di abbandonare in fretta il territorio, ostile e maledetto, di una terra avara di lavoro e di sviluppo possibile. Se non compatibile.
"La Basilicata si avvicina a grandi passi alla media delle malattie tumorali, tipica delle zone ad alta presenza industriale". Affermazione non certo gratuita di esperti e studiosi dell'incidenza delle patologie neoplastiche nelle zone ad intensa estrazione petrolifera. Parole che richiedono quantomeno approfondimenti e commenti. Insomma non basta sottolineare l'entitá del fenomeno, assistere inermi allo scempio, lasciar correre in cambio di quel po' di royalties che rendono paesi come Viggiano più moderni ed eleganti, con il collegamento gratuito a internet per le strade e finanche nelle localitá di campagna.
Qual è a questo punto il ruolo dell'Universitá,  non solo dell'ateneo lucano, in uno scenario imprevedibile, aggravato dalla mancanza di riferimenti iniziali certi e di punti di partenza (i punti zero, come vengono definiti), cosa attribuibile non certo a disattenzione quanto a una precisa volontà di nascondere e occultare per non informare adeguatamente la pubblica opinione. Domanda alla quale l'Universitá è chiamata a dare risposte precise e non più rinviabili, tenuto conto peraltro che in Basilicata lo scopo della istituzione dell'ateneo era quello di fornire un valido supporto scientifico alla crescita del territorio.
Cosimo Damiano Fonseca, primo Rettore dell'Unibas, lo ha sottolineato più volte. Poi di questo obiettivo si è persa ogni traccia.
Il lavoro della professoressa Albina Colella, di grande pregio scientifico, è stato più volte paragonato a una sorta di delirio tale da far pronunciare alla stessa affermazioni infondate costate alla Colella anche una denuncia da parte dell'Eni e una serie di richiami. Ora i fatti le danno ragione.
Gli scenari  inevitabilmente si complicano. Cresce il disorientamento, mentre per fortuna il lavoro della magistratura (la Direzione Distrettuale Antimafia) va avanti e sembra tutto concentrato sulla questione dei rifiuti che rappresentano il problema numero uno, il peggiore elemento di allarme in una situazione destinata a rimanere nel tempo ancora assai poco chiara e definita. Tonnellate di reflui sono il prodotto della estrazione di greggio. Dove vengono smaltite, considerato che Tecnoparco a Pisticci ( uno dei punti cardine dell'inchiesta) non ha capacitá infinita? Quindi vengono trasferiti altrove con possibile contaminazione dell'ambiente e delle falde acquifere. Problema gravissimo sul quale c'è riserbo assoluto, com'era prevedibile del resto. Il caso della sorgente "la Rossa" di Montemurro, nel parco nazionale dell'Appennino lucano, palesemente inquinata è un dato di fatto ineludibile.
Comunque vadano le cose, l'inchiesta rappresenta qualcosa di più di una semplice azione giudiziaria. Costituisce anzi un momento di svolta in cui la comunitá nazionale acquista consapevolezza dei gravi problemi con i quali è costretta a misurarsi una parte del Paese, non certo insignificante.

mercoledì 30 marzo 2016

DA VIGGIANO ALLA BASILICATA DEL 2019


                          
                   Viggiano dall'elicottero (foto R.De Rosa)


Le festivitá pasquali hanno dato alla Basilicata la prova di una tenuta forse nemmeno sperata. Turisti in crescita ma con i soliti problemi di attrezzature e ricettivitá. 
Problemi inevitabili per una regione fino a ieri non abituata nemmeno all'idea del grande balzo che interessa Matera e continuerá a coinvolgere le aree lucane con quella incalzante internazionalizzazione del turismo, capace da sola di ribaltare vecchi assetti e tradizionali modi di ragionare. Turismo intenazionale ormai laragmente consolidato per la cittá dei Sassi che ha in questo un primato imbattibile, e non da oggi, in riferimento all'intero Mezzogiorno.
C'è tuttavia un dato di cui probabilmente non ci si accorge. Almeno non si accorgono i non addetti ai lavori, la gente comune, ma il perno di questa fase delicatissima e di estrema importanza è rappresentato dall'Associazione dei Direttori d'Albergo, guidata da Michele Tropiano, ottimo operatore che giá negli anni scorsi aveva individuato in ADA l'asse portante alla base di quella svolta necessaria per un turismo diverso che definire di qualità è forse poca cosa. Furono promosse mille occasioni di dibattito, con un battage a livello di stampa adeguato alla posta in gioco. In definitiva ADA non solo si proponeva come interlocutore di tutto rilievo, ma sembrava avere assunto il ruolo di un soggetto in grado di uscire dal ristagno di certe politiche per varcare nuove e importanti soglie. 
A Viggiano il convegno nazionale dei Direttori dei principali alberghi italiani aprì forse più di una porta al ruolo del turismo in una regione che vanta grandi attrattive paesaggistiche ma povera di tradizione. E per questo probabilmente non in grado di corrispondere a una domanda di alto tenore. 
Tropiano e i suoi diretti interlocutori, da Donatello David a Fausto De Mare, mostrarono di aver compreso la delicatezza del momento che faceva leva sulle straordinarie potenzialità di Confcommercio, qualcosa di più di una semplice associazione di imprese. Un formidabile soggetto economico con enormi capitali a disposizione e una vasta capacitá di controllo del territorio, con diramazioni nel tessuto sociale del Mezzogiorno e finanche nelle aree protette, alle quali i convegni si sono in passato direttamente rivolti per sostenere il balzo in avanti e per uscire dal "piccolo è bello". 
La ex Jugoslavia e i Balcani erano diventati addirittura punto di approdo per nuove e lungimiranti politiche di albergatori e commercianti. 
Poi ad un tratto quel vasto interesse sembra essersi spento. Quantomeno si assiste a una perdita di quota che certo non giova alla prospettiva di un 2019, politicamente adeguato specie dal punto di vista dell'imprenditoria e del modo di superare vecchie e nuove difficoltá con la serie di ostacoli legati a quella sorta di gara ad "appropriarsi" della cittá capitale europea della cultura. Un gioco subdolo che in molti vorrebbero evitare e Angelo Tortorelli, presidente della Provincia di Matera, in primo luogo insieme ad altri.  
Si tratta a questo punto di compiere scelte strategiche da parte di ADA ma non solo. Con il pieno impegno di Confcommercio, di numerose entitá che affondano le loro radici nell'economia di un territorio aperto, ad esempio, verso la Puglia e capace finanche di sintonizzarsi con gli scenari dell'Appennino, del Cilento,  del Pollino, Parchi nazionali di grande rilievo, tali da non potere essere esclusi dalle strategie per promuovere anzitutto un'adeguata crescita del turismo. 
ADA ha oltretutto una funzione cerniera, tra petrolio e turismo. E non è poco. Lo si deve a Michele Tropiano che ha trasformato il Kiris, alle porte di Viggiano, in una sorta di reception di personale delle compagnie petrolifere e di turisti, al tempo stesso. L'una cosa non esclude l'altra.
Sicchè se la medaglia ha inevitabilmente due facce, non c'è da accontentarsi del solo petrolio e del gas, in questa Basilicata divenuta il novello Texas.  Ma si può guardare a orizzonti ben diversi. A condizione che ci sia volontà politica e capacità di mettere in campo scelte coraggiose. Altrimenti la sfida non avrebbe alcun senso e sarebbe anzi perdente sin dall'inizio. 

mercoledì 23 marzo 2016

L'UMANITÁ TRAVOLTA DAL TERRORE

                             


"Per fortuna sono in viaggio per una missione ufficiale a Cipro...sono sconvolto. Vivere e lavorare in questo mondo è terribile." 
Così l'on Gianni Pittella, parlamentare europeo, in risposta a un messaggio di solidarietá per gli attentati di Bruxelles. 
"Vivere e lavorare in questo mondo è terribile." Frase che riflette il clima di disperazione e di terrore che si respira non solo a Bruxelles, ma da Parigi a Londra. Da Roma a Milano. 
Non c'è un lembo di terra al sicuro dalla barbarie del terrorismo, determinato a modificare la vita, le abitudini, il costume della gente. A dominare su tutto e su tutti. È la svolta tremenda di questo terzo millennio della storia.
L'Isis crea di giorno in giorno nuovi adepti, prevalentemente giovani pronti ad abbracciare la follia omicida, la strategia delle distruzioni di massa e se questa, per un verso, è la sua forza, d'altro canto ciò rappresenta un elemento inquietante, non solo per le adesioni, quanto per le infiltrazioni in vari ambienti, anzitutto quelli di lavoro.
Ci si chiede: quali sono gli obiettivi, quale la logica che guida i cervelli dei Kamikaze, il vero, grande pericolo del nostro tempo. Certo, il teatro o meglio la loro "culla" sono le guerre che continuano a insanguinare la Siria, l'Iran, l'Irak. Questo atroce fermento genera una follia senza paragoni capace di dominare le idee degli uomini e di fornire loro una motivazione largamente condivisa che si perde nel nulla, giacchè non è in grado di produrre niente altro se non lo spettro della morte. 
Basta questo a chi si imbottisce di esplosivo per farsi saltare in aria? Evidentemente si. Ma quali sono le reali finalitá dell'Isis non lo sapremo mai. C'è chi vede la partecipazione dei paesi arabi, con un intrigo di interessi difficile da decifrare e non sempre riconducibili alla mera supremazia o al controllo dei giacimenti di petrolio.
Sul fronte del dibattito internazionale e della sicurezza gli scenari non sono per nulla rassicuranti. Gli sciacalli gridano allo scandalo e addirittura giungono ad accusare le migrazioni di migliaia di persone dai paesi delle guerre e della fame ritenendole responsabili di ciò che accade. Accusando peraltro i profughi per queste ondate di terrore. Fa schifo l'uso strumentale di questi argomenti, e di altri ancora, quale punto di partenza in vista di campagne elettorali che saranno ovviamente finalizzate alla raccolta dei consensi per governare l'Italia e le tante realtá locali in un futuro non lontano. 
Matteo Salvini si è esibito in una straordinaria serie di accuse rivolte al governo italiano, fino a ritenerlo responsabile, direttamente o indirettamente, dei tragici fatti di Bruxelles. Pura follia propagandista. 
Che ci siano gravi carenze dei servizi segreti internazionali è fuori dubbio. Ma certamente non saranno le valanghe di accuse immotivate a dare nuova linfa all'Intelligence e a costruire le premesse per una efficienza a prova di terrore.
In questo caso ha ragione Renzi a dire no allo sciacallaggio e a tutte le manovre per guadagnare voti prendendo spunto magari dal sangue delle vittime innocenti. 
In queste ore sono in corso operazioni internazionali che coinvolgono le polizie d'Europa e i servizi segreti dei vari paesi, senza escludere le strutture dei nuclei informativi dei carabinieri e dei vari corpi, militari e non.
Lavoro febbrile e intenso di cui mai nessuna agenzia di stampa dará conto all'opinione pubblica. Fin troppo logico. 
Un dato è certo. L'umanitá è travolta dal terrore e non ci sono allo stato motivazioni che possano minimamente 
tranquillizzare soprattutto chi vive nelle metropoli europee dove ogni giorno il fantasma della morte sembra essere davvero dietro l'angolo. 
Altro che civiltá, siamo al trionfo della barbarie senza alcuna logica, nè valido motivo. Cosa accadrá? A nessuno è dato
 sapere.

lunedì 21 marzo 2016

IL TORMENTATO ITER DEL PARCO DEL VULTURE



                              
                     
             Agenti della Forestale ai laghi di Monticchio (Foto R. De Rosa)


Dopo decenni di interminabili discussioni con l'unico risultato della immonda baraccopoli di Monticchio,  al momento del decollo della proposta di Parco ora in Terza Commissione del Consiglio  regionale della Basilicata presieduta da Francesco Pietrantuono , mille ostacoli finiscono per frenare l'iter tormentato della legge che dovrá istituire la nuova area protetta. 
Tradizionale diffidenza verso i parchi, beghe interne ai vari schieramenti e ragioni di un esasperato localismo hanno ridotto il perimetro individuato in prima battuta a una sorta di coperta corta che si cerca di tirare di qua e di lá con l'unico risultato di una enorme incongruenza e di ritardi inammissibili. Non è tutto. Scendono in campo anche i cacciatori fingendo di non sapere che la legge prevede il pieno utilizzo delle aree contigue alle zone protette, a patto che esse siano formalmente chieste e individuate dagli interessati d'intesa con gli enti territorialmente competenti.
Oggi siamo alla disputa che coinvolge Rionero ed Atella, da un lato, e dall'altro vede schierato il comune di Melfi. La cittá normanna non sposa logiche di "spezzatino" e si dichiara anzi favorevole a una ipotesi unitaria della localitá destinata a parco.
Poi c'è il ruolo di San Fele che la perimetrazione finirebbe per non coinvolgere totalmente se non per escludere addirittura, nonostante le bellissime cascate e il paesaggio di grande pregio naturalistico. Non è chiaro, in definitiva.  
Intanto Federparchi lucana, per bocca del suo Presidente Domenico Totaro, invoca uno stato di assoluta normalitá destinato a tradursi in un progetto di area non frazionata ma suscettibile di sviluppo vero, capace di salvaguardare quella biodiversitá di inestimabile valore, difficile da elencare, di cui l'intera zona è dotata. Biodiversitá che rappresenta una ricchezza da mettere a frutto, se esiste la volontá degli enti locali evidentemente.
Il punctum dolens  è tuttavia un altro. Cosa si rischia se una situazione di impasse o di fermo coatto dell'iter della legge per il parco del Vulture dovesse diventare insuperabile? Senza sbocchi insomma. Se non si trovasse una via d'uscita capace di dare risposte accettabili. Per giunta voci autorevoli come quella di Renato Spicciarelli, docente universitario, entomologo di fama e studioso delle peculiaritá dell'antico vulcano esploso circa 800 mila anni orsono, considerano la perimetrazione attuale (frutto di molti compromessi) come l'unica possibile allo stato dell'arte. Una sirta di resa incondizionata. Altre vie non ci sono, dice chiaro e tondo Spicciarelli.
L'urgenza del Parco, che non entra nella testa di molti, è determinata dal degrado inarrestabile di Monticchio e di altre localitá sparse sul territorio. Acque che cambiano colore, condizioni mutate a livello di ecosistema lacustre sono un campanello di allarme. Senza considerare poi che l'intera localitá è destinata al prelievo di acque minerali.
Per di più, secondo il ragionamento di Luca Braia, assessore alle politiche agricole, l'agricoltura nei parchi ha pieno diritto di cittadinanza. Indubbiamente, giacché rappresenta una ulteriore occasione di lavoro per i giovani. Allora perchè la macchina della programmazione e dello sviluppo non si mette in moto per valorizzare questa perla che non ha molti paragoni non solo nel Meridione, ma nel resto d'Italia.
Interrogativo che attende risposte urgenti, in ogni caso.

sabato 19 marzo 2016

TACCONE, VECCHI DISASTRI E NUOVA AGRICOLTURA


                          
      Taccone (Matera), una struttura in abbandono (Foto R. De Rosa)


Il borgo Taccone, tra la  provincia di Matera e le grandi distese coltivate a grano della vicina Puglia, è una pagina di storia dell'agricoltura del Sud. Terreni del latifondo di proprietá di Gerardo Scafarelli prima e poi, dopo la Riforma agraria sul finire degli anni Quaranta, fiore all'occhiello di una volontá di rilancio mai attuata.
A metá degli anni Settanta Coldiretti, Cia e altre organizzazioni agricole organizzarono un convegno nazionale per proclamare a gran voce la volontá di fare di questa realtá lucana l'asse portante di un nuovo sviluppo rurale. A Taccone giunsero gli inviati di giornali e televisioni. Parole, parole, parole a non finire.  Una signora del luogo chiese a Gabriele Di Mauro, all'epoca assessore all'agricoltura della Regione Basilicata, di potere entrare in possesso di alcuni locali del borgo  in cui i suoi antenati avevano lavorato per decenni. Non so quale sia stata la risposta.
Oggi Taccone è in uno stato di degrado addirittura irrecuperabile e scandaloso: fiumi di denari spesi nei decenni scorsi per costruire il deserto. Edifici abbandonati e pericolanti con un silenzio rotto soltanto dalle auto e dai camion che percorrono la 96 bis per raggiungere Gravina, Altamura e Bari. 
Un disastro. Neppure un'anima viva percorre oggi le strade di Taccone e le poche persone che raramente si vedono circolare hanno un che di spettrale. Sono il segno di un fallimento senza limiti.
Da diversi mesi ormai, il titolare dell'agricoltura lucana, Luca Braia, ottimo imprenditore e manager, è impegnato in una sorta di risanamento del mondo agricolo della Basilicata con una serie di contatti con Roma e Bruxelles: intende attuare un'azione di deciso risanamento alla quale legare il suo nome. Ma non basta. Con la pioggia di milioni di euro del Piano di Sviluppo Rurale, Braia mira in alto per imprimere una sterzata alla vecchia agricoltura, modernizzare questo comparto, dare un senso alla compatibilitá ambientale dei prodotti. Avviare insomma una Bioeconomia che coinvolga i giovani in primo luogo. Ha detto di avere molti progetti capaci di creare nuova occupazione e di aprire le porte della Basilicata all'Italia e all'Europa. 
Nel recente convegno a Pantanello di Bernalda, sulla costa jonica Metapontina nel cuore della Magna Grecia, Luca Braia ha fornito inoltre le coordinate di questo rinnovamento che dovrebbe individuare anzitutto le eccellenze lucane, senza escludere il grande tema dell'agricoltura nei parchi nazionali e regionali. Appennino e Pollino.
Una di queste eccellenze potrebbe essere addirittura Taccone con un lavoro che richiederebbe una piccola fetta dei 680 milioni di euro del PSR.
Taccone è lì ad attendere mentre il discorso sulla nuova occupazione, le nuove potenzialitá, i giovani da occupare, lo sviluppo da promuovere diventa un tassello dell'azione di governo di Marcello Pittella. Audace, intraprendente, lungimirante come il suo temperamento di governatore che non si lascia paralizzare da vecchi e nuovi giochi di potere.
Taccone certo è una sfida che il duo Braia Pittella dovrá inserire nell' agenda delle scedenze a breve termine,  collegando in maniera abile passato e presente. Vecchi disastri e nuova agricoltura.

                                   
Pericolo di crolli imminenti

martedì 15 marzo 2016

L'UNIVERSITÁ COME IMPRESA




Alla vigilia dell'inaugurazione del nuovo Anno Accademico, l'Università della Basilicata è chiamata a misurarsi con i mille problemi da affrontare, primo fra tutti il rapporto con le popolazioni e il territorio, di cui è espressione.
La Rettrice, Aurelia Sole, per la prima volta nella  storia dell'ateneo presiede la Fondazione Matera 2019 che promette l'atteso salto di qualitá per la Basilicata, ma non solo. Quali dunque le attese ma, al tempo stesso, le difficoltá da affrontare. E con quale spirito? 


L'Università diventa leader nei settori cardine della cultura e del sapere. Sembra essere questo e non altro il percorso obbligato dell'Ateneo lucano alle soglie di un anno accademico pieno di stimoli e di rischi, non solo sul terreno della scienza. Ma dell'innovazione e dei cambiamenti specie nel  rapporto con la societá  e la ricerca.
Siamo indiscutibilmente ad una svolta: non vi sono dubbi. Lo scenario di Matera 2019 impone scelte precise con l'occhio rivolto al territorio. Alla necessitá di imprimere una spinta  di cui solo l'Universitá è capace con il suo bagaglio di conoscenza, di proposte, di sviluppo. Di cambiamenti positivi e tangibili, peraltro non vincolati a compromessi di sorta.
Tutto ciò in una Basilicata stracolma di risorse e di cervelli. Che finora non è riuscita per mille ragioni a imporsi in maniera determinata ed efficace in una dimensione davvero straordinaria, unica possibilitá per non soccombere e non rimanere schiacciata sotto il peso di colossi, veri o presunti. 
Si tratta di una sfida che la Rettrice Aurelia Sole intende lanciare non da oggi. Mi par di capire. Una sfida presente negli scenari, nei metodi di approccio a una cultura innovativa. Nel modo di fare universitá gomito a gomito con il territorio e con gli orizzonti disegnati dalle potenzialitá concrete esistenti.
Una Basilicata che non si arrende anche grazie alla presenza di un ateneo, nato proprio dal bisogno di una cultura autorevole, motore della sua stessa economia. 
Non si tratta di far crescere il numero delle industrie con più ricerca e più occupati. Cosa pur tuttavia necessaria e importante. Quanto di avere "voce in capitolo", finora purtroppo mancata se non del tutto, almeno per larga parte. 
C'è questo collegamento con il mondo reale e con il futuro giá presente, nelle scelte da compiere? La Rettrice si accinge a pronunciare una prolusione  in cui non mancano, a quanto è dato sapere,  riferimenti ai  molteplici aspetti che la congiuntura impone, con l'attenzione rivolta naturalmente  a Matera. Direi anzitutto. Ecco perchè il tema della università come impresa  dovrà essere rivoluzionario per forza di cose. Forse mai come in questo momento. Sicchè insistere sul concetto di internazionalizzazione  dell'universitá sembra essere non solo indispensabile, ma capace di aprire scenari davanti ai quali la comunitá scientifica, non solo italiana, non può rimanere indifferente. Una carta importante da giocare.
La storia dell'Ateneo lucano ha radici nella vita di un Sud alle prese con problemi eterni. La molla o, meglio, la spinta propulsiva fu il terremoto del 1980. Altri tempi. Altre questioni,  non molto dissimili da quelle del momento attuale in cui si tratta di concepire una universitá a misura di tutto.
Non è cosa da poco, a considerare l'inevitabile assunzione di responsabilità a partire proprio dalla prolusione che dovrá essere, nel prossimo inizio di Anno accademico, una sorta di messaggio circolare al mondo della politica, delle istituzioni. E, perchè no, al Governo. Al quale bisogna che la Basilicata risulti come una delle prioritá da non ignorare. Anzi da rispettare adeguatamente.
Perugia' come Napoli, Bologna, e Roma (bastano questi esempi) hanno legato il nome dei rispettivi atenei al territorio di cui le universitá sono parte integrante da decenni. "Napoli popolare e coltissima". Questo dualismo lo si deve appunto alla presenza di un ateneo sempre proiettato verso importanti sviluppi, destinati a coinvolgere il territorio ed i suoi protagonisti, senza limiti nè confini geografici o di altra natura. 
Perché dunque un processo del genere non deve poter maturare anche in Basilicata, a quasi quarant'anni ormai dalla presenza di un ateneo che non vuole essere di serie B. Tutt'altro. Sarebbe una sciagura, un arretramento senza possibilità di riscatto. Un pericoloso ritorno ad un passato che bisogna cancellare.

sabato 12 marzo 2016

ANIELLO ALOIA COORDINATORE DEI GEOPARCHI UNESCO


                          
       Parco nazionale del Cilento. I monti Alburni (Foto R. De Rosa) 

La scienza entra nei Parchi. Non è cosa da poco. Tutt'altro. Anzi consolida la sua presenza e il suo ruolo di elemento dinamico e di forza propulsiva. 
 Aniello Aloia, geologo e studioso dei problemi delle aree protette, è stato riconfermato nell'incarico di coordinatore dei geoparchi, a livello nazionale. Per giunta patrimonio dell'Unesco.
Aloia è  un ricercatore di ottimo livello e fa parte del gruppo di esperti del Parco nazionale del Cilento e Vallo di Diano. Autore di diverse pubblicazioni e di studi apprezzati in ambienti  scientifici, tra i quali spicca quello dedicato al monte Gelbison (Novi Velia) e alla sua storia millenaria. Pubblicazione che costituisce uno spunto di rilievo per fare del Cilento un'area da conoscere e approfondire, sotto tutti i punti di vista. Quindi maggiormente sotto il profilo geologico; il che sta a significare il grande "lavoro" della natura per conferire a sè stessa quella valenza degna di studi e di indagini offerte all'interesse di un turismo di alto livello. 
Sono diversi i geoparchi in Italia. Tra questi anche il Pollino, il Parco nazionale legato alla storia del Sud, sin dagli albori del 1800, in epoca francese.
La conferma di Aniello Aloia e il suo rapporto con l'Unesco, mediato dal Ministero dell'Ambiente, vanno considerati dunque un punto fermo per la valenza che le aree protette hanno in una dimensione non solo turistico ricreativa, quanto prettamente conoscitiva. Autentici laboratori di studio, i parchi mettono insieme quella funzione di salvaguardia con un patrimonio di grande significato naturalistico, oggetto di analisi e valutazioni da parte di esperti. 
Le rocce del monte Gelbison, tra l'altro meta di pellegrinaggi per la presenza del Santuario Mariano, la natura stessa del Sirino, in avvenire, ma giá ora  del Pollino tra Calabria e Basilicata, costituiscono altrettanti spunti per evitare che i parchi siano pure e semplici aree recintate. Zone di protezione esclusiva. 
I geoparchi, per la loro stessa capacitá  di essere oggetto di studi, dimostrano che la natura è di per sè sviluppo. Non c'è bisogno di cercare il petrolio nei giacimenti in terraferma o in mare per garantire posti di lavoro. I parchi sono occupazione ed economia, a patto che essi siano intesi in questo modo non solo dalle popolazioni, ma dal Governo e dalle regioni. 
Del resto lo dimostra l'esperienza dell'Adamello Brenta che da anni ormai persegue questo modello di presenza sul territorio nazionale, facendo conoscere i suoi prodotti e proponendosi alla gente come meta per un soggiorno corrispondente alle esigenze del corpo e della mente.

martedì 1 marzo 2016

POMERIGGIO IN FABBRICA DA GR SISTEMI



                              
        Tecnici in visita alla GR Sistemi di Tito (Foto R.De Rosa)


Un pomeriggio intero in una fabbrica tutta particolare, al passo con i tempi e le tecnologie d'avanguardia. 
Alla GR sistemi di Tito, a pochi minuti da Potenza - che ha legato il suo nome ai prefabbricati dell'Aquila nel dopo terremoto - il clima è di giustificata soddisfazione per i risultati fin qui raggiunti, con una evidente volontà di non fermarsi davanti a nulla. Il fatturato della GR sistemi, azienda che studia il legno e lo lavora, per quanto importante ai fini industriali e dell'azienda, conta un tantino meno dell'immagine della fabbrica che produce prefabbricati, travi in lamellare, e fa ben altro: è leader nel campo dei laboratori  per definire la qualità di  strutture che hanno una importanza strategica, oggi, giacché fanno parte di quel bagaglio di ricerche tendenti a ottimizzare i materiali per le nuove costruzioni.
L'occasione per riflettere su questa eccellenza, è rappresentata da una delle tante visite allo stabilimento da parte di tecnici ed esperti nelle tecnologie per le opere in legno. Architetti, ingegneri, studenti delle università colgono una delle tante occasioni per seguire seminari e iniziative volti a illustrare quali sono gli scenari che si aprono e quali le possibilità di incidere sul mercato dell'edilizia, con costruzioni d'avanguardia, possibili non solo nei parchi e nelle aree protette, quanto in città, a contatto con un ambiente incontaminato. 
Tra le mura di GR Sistemi il legno è davvero legno, forse più che sulle Alpi, dove i masi ricordano una tradizione montanara mai venuta meno. E anzi destinata a ricevere nuova linfa dal tempo d'oggi.
Qui siamo  in Basilicata, la terra dove continuamente ci si interroga sul divario esistente rispetto ad aree ben più fortunate, nonostante le risorse e nonostante il petrolio. Il Governatore Marcello Pittella parla spesso degli sforzi compiuti per fare avanzare in Italia questa piccola-grande terra. Bisogna dargli atto dei risultati raggiunti, che consistono non solo nel traguardo di Matera 2019, ma nelle nuove mete che ci si propone di guadagnare. Certo con molta fatica e un impegno straordinario, indispensabile se si vuole guardare al futuro. Questo il destino dei lucani, di cui non c'è da rammaricarsi. Tutto ciò che è frutto di impegno non solo vale di più, ma gratifica non poco. Anzi ripaga tanto. È il caso della Basilicata, ma anche di GR Sistemi.