giovedì 26 settembre 2013

PETROLIO, CHE DISASTRO IL MEMORANDUM




Il complesso iter del Memorandum per rinegoziare l'intesa Basilicata - Governo - Compagnie petrolifere, o più ragionevolmente per collocarla su nuove basi,  si annuncia difficile e in ogni caso priva di risultati apprezzabili per questa terra del Sud, assurta a primo serbatoio di greggio in terra ferma a livello europeo. 
Una strada in salita che va a intersecare mille adempimenti burocratici nei meandri dei ministeri, una infinità di passaggi che danno tuttavia una fondamentale garanzia alle compagnie petrolifere: poter spingere ben oltre il dieci per cento il contributo della Basilicata alla bolletta energetica nazionale. Cosa non certamente irrisoria. Tutto questo nel totale silenzio delle cronache nazionali che considerano trascurabili gli eventi  direttamente o indirettamente legati alla vicenda petrolifera  lucana. Un percorso del quale, a parte qualche accenno, non si sente parlare, per quanto a occuparsi della vicenda siano i ministri Zanonato e Saccomanni. 
Proprio questo è il punto nodale: la mancanza di un rilevante peso politico della regione a livello romano, le difficoltá connesse alla possibilitá di far passare una linea rispettosa del territorio e delle sue esigenze e soprattutto della necessitá di far compiere alla Basilicata quel salto di qualitá atteso da decenni e mai realizzato. Perchè? Per una serie di scelte politiche che hanno portato da sempre a fare avvertire lontane e irraggiungibili le stanze del potere centrale, in cui si decide tutto. Praticamente tutto. 
Il memorandum sul petrolio creerá, si sente dire,  oltre centomila posti di lavoro "addizionali" mentre non esistono allo stato le premesse per qualificare adeguatamente in loco tecnici e maestranze e fare in modo che costituiscano un significativo  bacino di forza lavoro, disponibile per fronteggiare ogni sorta di esigenze legate allo sviluppo dell'attività estrattiva e al monitoraggio ambientale. Un tema, quest'ultimo, sul quale vale la pena di soffermarsi.
 C'è chi parla addirittura di una ipotesi di affidare alla Basilicata il ruolo di regione pilota nel campo del controllo dell'ambiente, in una dimensione addirittura nazionale. Cosa assai rilevante e perciò stesso difficile da raggiungere. Se non impossibile. 
Il petrolio è una strada tortuosa e difficile da percorrere, e questo sin dall'inizio della grande avventura delle estrazioni di greggio in Val d'Agri, dal momento in cui si cominciò a parlare di royalties e di compensazione ambientale. Sin da quel momento la Regione e gli enti locali, tutti nessuno escluso, apparvero entitá minoritarie con una irrisoria, se non inesistente, capacitá politica di fare avvertire un peso significativo a fronte del dictat delle compagnie petrolifere.
Ore si auspica una modifica del decreto. Ma quanto peseranno le istanze delle popolazioni, quanto peserà il bisogno di lavoro e di sviluppo, fino a che punto si riuscirá a far valere l'esigenza di non deturpare una terra giá largamente compromessa? Il petrolio è in grado di schiacciare la piccola Basilicata, di asservirla ai suoi interessi, di far passare come modernizzazione il moltiplicarsi  sul territorio della presenza incontrollata e incontrollabile delle trivelle. 
Certo, la partita  costituisce di per sè un banco di prova per la classe politica che si accinge a guidare questa terra illusa e martoriata, costretta a piegare la testa e accettare le regole che vengono dai potentati dell'economia, pronti a sopraffare,  a distruggere e soprattutto a ignorare qualunque richiesta di futuro. 

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