venerdì 31 agosto 2018

"QUANDO LA POLITICA DIVENTA UMANA"



Ricevo la lettera, inviata alle redazioni di vari organi di stampa, a firma della mamma di Donato Pio, un ragazzo diversamente abile affidato da tempo alle cure  dell’Aias di Potenza. 
Due anni fa, la signora M.B. si era rivolta al Governatore della Basilicata, Marcello Pittella, per sollecitare misure atte a migliorare la qualità dell’assistenza a favore dei pazienti della struttura, in particolare quella del capoluogo, in modo da corrispondere di più e meglio ai bisogni dei disabili. 
Più che una lettera, un appello accorato al Presidente per evitare che le limitazioni imposte dai bilanci e dai conti economici della sanità potessero accentuare quei drammi familiari che rendono difficile, se non disperata, la vita di chi trascorre le sue giornate cercando di “normalizzare” (mi si consenta il termine) quella di congiunti portatori di patologie non risolvibili. 
Pittella convocò rapidamente una riunione tra familiari e responsabili dell’Asp, l’azienda sanitaria nelle cui competenze rientra appunto l’Aias di Potenza. La questione, diventata delicatissima, fu affrontata con realismo e urgenza, ricorda oggi la mamma di Donato Pio e sottolinea l’impegno personale di Pittella per dare una risposta a  casi umani che esulano dalle divergenze in seno alla politica. Ma anche con senso di solidarietà , quella solidarietà capace di unire in nome di scopi umanitari e non soltanto di interessi di parte.    
Oggi, a distanza di due anni, la lettera della signora diventa il simbolo della politica al servizio della gente e serve a chiarire il ruolo di Marcello Pittella, che in nessuna circostanza ha dimostrato di essere un politico corrotto, insensibile. Tutt’altro. 
Vorrei che la lettera della mamma del disabile facesse il giro non solo delle redazioni ma delle case dei lucani. Di tutti i lucani chiamati a diventare testimoni della buona politica per contrastare i veleni di questa campagna elettorale che si annuncia difficile, aspra e spesso fuorviante. Per non dire ingenerosa e incapace di far riflettere sulle cose vere.

  

mercoledì 29 agosto 2018

SENISE, RIBALTARE IL PASSATO E PREPARARE IL FUTURO


                                    

SENISE - foto da Internet


Senise, il centro della Basilicata con la più grande diga d’Europa, si appresta a vivere la stagione delle novità capaci di ribaltare il passato e preparare il futuro. In questi anni l’Arena Sinni, una sorta di spettacolare anfiteatro che sorge nella pianura a valle del paese, ha raccontato, infatti, un tempo della storia che appartiene a tutti, quello dello sbarco dei greci lungo le coste del mare Jonio e ora documenta arte e spettacoli in linea con il presente. Se ciò accade non è per caso: in fondo i vari momenti sono un concentrato di attualità e di scelte che si sono succedute e ora arrivano a una svolta.   
“Senise ha bisogno di costruirsi una sua identità” sostiene la sindaca Rossella Spagnuolo, donna giovane e dinamica, primo cittadino da poco più di un anno.  Punta a non cancellare la vocazione agricola dell’area, una grande risorsa dei decenni passati prima della diga di Monte Cotugno, guardando con fiducia alla Zes, la zona economica speciale, a cavallo tra Puglia e Basilicata, passando per Matera 2019 intesa come cultura del territorio nelle sue molteplici forme. Lavori per tre milioni di euro prenderanno infatti il via tra non molto, nella terra tristemente nota per la frana della Collina Timponi con le sue otto vittime. Un dramma che la lasciato il segno dal quale però anche negli anni scorsi Senise ha voluto ripartire con coraggio e vigore.   
Il territorio appunto. Ricco di risorse, capace di una produttività non da poco che deve dare garanzie allo sviluppo, sottolinea la Spagnuolo, vedendo nella Zes un polo di attrazione di investimenti e scelte produttive per aprire nuovi orizzonti all’occupazione. 
Soprattutto i giovani vogliono rimanere in questa terra, prosegue la sindaca, con l’orgoglio di chi crede nell’avvenire. Più che giustificato un fatto del genere anche perché l’alternativa sarebbe la perdita di peso, lo spopolamento progressivo a danno non solo della comunità locale. Ma dell’intera area Sud che vede la cittadina capofila a tutti gli effetti.
Molte buone ragioni, non escluse quelle legate all’enogastronomia, sono alla base di un cambiamento di rotta in cui dinamismo, voglia di crescere, capacità di guardare al futuro diventano la vera scommessa che passa per Senise ma coinvolge l’intera Basilicata, in questa vigilia non solo del 2019, ma di numerose scelte importanti.  

lunedì 27 agosto 2018

PERCHE' RINUNCIARE ALLA SCIENZA?



Il 2019 alle porte impone alla Basilicata di fare i conti con una realtà in forte evoluzione: quella del giorno per giorno, ma anche quella ormai consolidata e tale da rappresentare per molti versi un traguardo raggiunto, a costo di grandi sforzi e di un impegno innegabile, sia sul piano individuale  ma soprattutto delle scelte politiche. 
Siamo al giro di boa. Ad una stagione in cui inevitabilmente i dati obiettivi fanno sentire il loro peso. Ritorna, tra i tanti, il tema della facoltà di medicina da istituire facendo i conti con gli scenari del momento e con quelli futuri, in seno all’ateneo lucano. Sorprende molto che l’ipotesi incontri sin da ora resistenze formidabili e per buona parte del tutto ingiustificate. La facoltà di medicina e chirurgia non è da porre in relazione soltanto al numero di medici di cui la Basilicata potrebbe disporre. E’ piuttosto espressione diretta del cammino della scienza che in questa terra sembra destinato a registrare importanti successi, in grado di consentire alla sanità lucana di competere in un ambito non solo interregionale ma nazionale. 
Ormai questo settore, sul quale si riversano giudizi spesso immotivati, raccoglie consensi fuori dall’ambito del Mezzogiorno e fa parlare di sé anche al Nord, a Milano giacchè dispone di vere eccellenze da non sottovalutare in alcun caso. La richiesta pressante di una paziente siciliana di essere ricoverata a Potenza, nel reparto di Reumatologia del San Carlo che continua ad avere il suo prestigio anche dopo la scomparsa del prof. Olivieri, non è cosa di poco conto. 
E’ soprattutto la ricerca ad avanzare in una terra capace di ribaltare il suo destino, da semplice periferia della scienza ad anello importante in cui diversi studiosi mettono a disposizione le loro capacità per superare traguardi fino a ieri considerati lontani, se non impossibili. Il Crob di Rionero vanta risultati apprezzozabili per i suoi collegamenti con altri centri e altre realtà in Italia e all’estero. 
A contribuire al raggiungimento di determinati obiettivi è la ricerca finalizzata a stabilire un nesso tra ambiente e salute. Scelta non facile nella terra del petrolio, del nucleare, in cui il tema dei rifiuti rappresenta un banco di prova da non sottovalutare affatto. Eppure anche su questo terreno si stanno compiendo passi significativi.
Sicchè in uno scenario complesso l’ipotesi di una facoltà di Medicina, in stretto collegamento con altre realtà, non è da respingere. Meno che mai da criticare con la durezza imposta da finalità esclusivamente elettorali e non certo da argomentazioni degne di rilievo. 
La Basilicata non ha bisogno di colpi mancini, di spinte nulliste, di veleni capaci soltanto di minare alle radici il suo percorso. Ma del contributo e dell’impegno di tanti per affrontare scelte  decisive. Il 2019 è tra queste.   

                  

mercoledì 22 agosto 2018

A CIVITA IL CAPO DELLA PROTEZIONE CIVILE


                  
                         

    Angelo Borrelli a Civita (foto R. De Rosa riproduzione riservata)



Accolto da una folla di giornalisti, con una selva di telecamere e microfoni, Angelo Borrelli raggiunge Civita in una bella giornata di sole estivo che non è affatto quella  lugubre e terrificante della sciagura con dieci vittime e diversi feriti.
Si ferma a parlare con i giornalisti, a rilasciare interviste. Poi stringe la mano a ciascuno degli uomini delle forze dell’ordine e della Protezione civile. Un saluto affettuoso ad un mondo provato dalla disgrazia che cerca di riprendersi a fatica. 
Con parole fiduciose parla di un piano nazionale per la sicurezza del territorio, sia in caso di sciagure che per fronteggiare quel dissesto idrogeologico che non fa dormire sonni tranquilli. 
La Protezione civile diventa così la spina dorsale del sistema Italia, abituato a piegarsi sotto tante disgrazie. Prima Bologna, poi Genova. Qualche giorno fa il Pollino che ha inghiottito turisti inermi, mentre una bambina è in terapia intensiva per insufficienza respiratoria acuta dovuta a inalazione di acqua limacciosa e fango nei polmoni. 
Un incontro cordiale, un incoraggiamento ad andare avanti. Un gesto di riconoscenza delle istituzioni a quegli “angeli custodi” che hanno portato in salvo vite umane con dedizione, impegno, generosità e altruismo. Ottimo esempio di una solidarietà vera. Tante vite salvate rischiando in prima persona, lavorando in condizioni impossibili, con il buio della notte e sotto la pioggia in una sfida contro il tempo, prima che fosse troppo tardi. 
La visita a Civita del capo della Protezione civile nazionale si carica di tanti significati, in un momento difficile in cui ritornano le urla e il pianto dei familiari per la scomparsa di congiunti uccisi dalla piena del torrente diventato all’improvviso un mostro terribile.
Borrelli ritorna sull’allerta meteo diramato nelle ore precedenti la sciagura del Raganello e sottolinea, soprattutto per il futuro, l’importanza di dar retta a questi avvisi, di non sottovalutarli, alla stregua di atti burocratici. Tutt’altro.
Sul disastro di Civita il magistrato di Castrovillari indaga per una serie di ipotetici reati: omicidio colposo plurimo, lesioni colpose, inondazione e omissione di atti d’ufficio.    
Si cercano dei colpevoli che avrebbero dovuto sbarrare il passo a chi aveva scelto di percorrere il corso del Raganello, quel maledetto pomeriggio d’agosto.  

martedì 21 agosto 2018

COSTA: L'ITALIA E' STANCA DI PIANGERE I MORTI



Il Ministro dell’ambiente, Sergio Costa, ha portato a Civita la solidarietà del Governo, per le vittime del Raganello ed i feriti, alcuni dei quali in gravi condizioni. Anche il Presidente della Repubblica e il premier Conte hanno espresso la loro partecipazione, a sottolineare la gravità dell’evento.
Proprio mentre era in corso la visita la Procura di Castrovillari ha aperto un fascicolo, a carico di ignoti, per una serie di reati, tra i quali spicca l’omicidio colposo plurimo. Reato che prevede l’arresto di chi avrebbe mancato di predisporre le necessarie misure per impedire che una escursione, considerata non protetta, potesse tradursi in una tragedia, come del resto è accaduto.
Quantomeno discutibile (per usare un eufemismo) la decisione, giacché esisteva un avviso di allerta meteo che avrebbe dovuto sconsigliare una gita in un luogo visibilmente pericoloso e degno in ogni caso della massima attenzione da parte di chi - purtroppo sono in tanti, ormai da anni - si  avventura tra le gole del Raganello, diventate una moda irresistibile, una sorta di pellegrinaggio obbligato per gli escursionisti degni di questo nome.
Il Pollino, tra i più grandi Parchi nazionali d’Europa con i suoi 200 mila ettari di estensione, ha zone impenetrabili, pericolosissime, alla portata soltanto di escursionisti esperti che sono segnalate peraltro sulle carte dell’IGM e sulle guide turistiche. Spetta a ciascuno valutare il rischio e misurarsi con le proprie attitudini e con il grado di preparazione atletica di cui si dispone.
Anni addietro, un medico pugliese tentò la direttissima per raggiungere la cima del Monte Pollino a 2248 metri s.m., salendo dal Colle Gaudolino. Scivolò e finì in un crepaccio. Per fortuna riportò soltanto delle fratture ma il suo recupero fu problematico per il soccorso alpino e gli uomini della Forestale che riuscirono a raggiungere di notte l’infortunato soltanto dopo ore di ricerche, per giunta con temperature molto basse a causa del ghiaccio. 
Come qualunque montagna degna di rispetto, il massiccio del Pollino non può essere inteso come un gioco da ragazzi, un’avventura destinata comunque a concludersi a lieto fine e con grande divertimento da parte di chi pratica le escursioni. 
C’è da augurarsi che la tragedia del Raganello possa insegnare davvero qualcosa a chi si propone di sfidare la montagna che sa farsi temere. Sia chiaro!

   

lunedì 20 agosto 2018

RAGANELLO, ESTESE LE RICERCHE DEI CORPI NEL MARE

Si fa sempre più pesante il bilancio della sciagura del Raganello, nel Parco nazionale del Pollino in territorio di Civita. Nella notte è morta una delle persone ricoverate in ospedale in gravi condizioni, mentre altri quattro escursionisti versano in pericolo di vita. Finora 11 le vittime.
Le ricerche sono state estese anche in mare, nel tratto compreso tra Sibari e Villapiana, poiché la forza della corrente potrebbe avere portato i corpi nelle acque dello Jonio.
E' il più grave disastro mai verificatosi nel massiccio del Pollino tra Calabria e Basilicata. Un disastro che si sarebbe potuto evitare considerando le condizioni meteo e l'eventualità di una piena tumultuosa, come sottolinea Emanuele Pisarra, guida storica del Parco nazionale, in una intervista al Gr 1.
Le regioni e il governo debbono molto all'opera instancabile dei soccorritori e della Protezione civile, anzitutto. Personale che ha lavorato per l'intera notte dopo il disastro in condizioni assai difficili, se non addirittura proibitive.

sabato 18 agosto 2018

IL VIADOTTO SALVATO


                          

LA FRANTUMAZIONE DEI SOSTEGNI CORROSI (R. De Rosa )
                    
Estate 2015. Una grande impresa di Padova interviene d’urgenza su un viadotto dell’arteria che collega il raccordo autostradale Potenza Sicignano alla fondovalle dell’Agri. Il viadotto, tra i più lunghi e alti del Meridione, si era spostato di ben trenta centimetri a causa del degrado degli appoggi in calcestruzzo che reggevano le campate: il rischio era l’instabilità con tutte le possibili conseguenze, non escluso il crollo. La causa? A parere dei tecnici l’assenza di manutenzione e la forte corrosione di parti vitali della struttura causata dallo spargimento di notevoli quantitativi di sale d’inverno, in caso di ghiaccio o di nevicate.  
Questa foto documenta il febbrile lavoro di frantumazione dei sostegni logorati, con l’impiego di potenti martelli pneumatici e con un rumore assordante. Una decina gli operai impiegati con la supervisione periodica di un tecnico dell’Anas (compartimento della Basilicata) e di un capo cantiere incaricato di verificare l’andamento quotidiano delle operazioni. 
Lavoro pesantissimo e addirittura ai limiti delle possibilità umane, eseguito in un periodo di forte caldo, oltre 35 gradi, dalle sette del mattino fino alle 19 circa di ogni giorno. Clamoroso il sollevamento delle intere campate del ponte con l’impiego di pistoni idraulici governati da centrali computerizzate che l’impresa di Padova aveva messo a disposizione per il completamento del lavoro.   
La Regione Basilicata seguì per l’intero periodo le operazioni, d’intesa con i tecnici delle infrastrutture e con i sindaci dei centri interessati dal viadotto che addirittura erano in ansia per conoscere l’esito del complesso intervento. Grande attesa, dunque, mentre il governo regionale auspicava una sollecita conclusione e, soprattutto, un risultato positivo dopo l’esperienza del ponte sul raccordo autostradale in prossimità di Vietri di Potenza.  L’Anas aveva affidato la progettazione di una nuova opera e la direzione dei lavori al prof. Della Sala di Unibas, considerato il guru dei ponti, un esperto di altissimo livello che si è espresso anche in occasione del disastro di Genova. 
La Regione continua a monitorare le molteplici vicende dei viadotti lucani, intervenendo con finanziamenti nei confronti di Anas, e con contatti a vari livelli, per migliorare il ruolo dell’Ente sul territorio. Scelta senza precedenti, almeno nei decenni scorsi, di cui bisogna dare atto al Presidente Pittella che  da sempre ha ravvisato l’importanza di un proficuo rapporto Regione Strade Anas sia per la sicurezza dei collegamenti che per l’efficienza degli stessi, un obiettivo prioritario per una crescita equilibrata e possibile. Non solo per ragioni legate allo sviluppo delle potenzialità del turismo.

venerdì 17 agosto 2018

LE "COPPELLE" DEL MORANDI LUCANO



                            
IL PONTE MORANDI SUL RACCORDO POTENZA SICIGNANO 

Ponti e viadotti hanno una loro storia anche in Basilicata. Dal Musmeci, storico esempio di arte ingegneristica e architettonica, alle porte di Potenza, fino ai ponti di Picerno, al viadotto sulla Basentana crollato nel 2011 in prossimità dello svincolo di Calciano, senza escludere ovviamente il famoso Morandi sul raccordo autostradale Potenza Sicignano che negli anni Settanta rappresentò la grande svolta nel campo delle opere pubbliche. 
Le cronache del tempo registrano una serie di interventi dell’ing. Nello Vietro del Genio civile che in vari contatti con la stampa illustrò  il peso “politico” di quell’opera di alto valore tecnologico, riferendosi al grado di modernizzazione nel settore di cui la scelta del Morandi era testimonianza inequivocabile. Le “coppelle”, vale a dire i cavi di acciaio imprigionati nel calcestruzzo, erano la novità assoluta per quel tempo in cui la sfida delle regioni appena iniziata aveva il senso dell’innovazione e del futuro.
Tutti temi che ritornano alla mente dopo la sciagura di Genova destinata a scrivere una pagina buia nel dramma umano di tante famiglie, ma anche di chi oggi governa il Paese. 
Ci sono stati vari esempi, pure in Basilicata, che documentano la fragilità di opere del genere e, in particolare, il concorso di tanti fattori in grado di accentuare l’instabilità di queste importanti strutture. Il vertiginoso aumento dei carichi degli automezzi pesanti si somma a fattori meteorologici, al degrado del cemento armato, all’assenza di una manutenzione costante e, direi, ininterrotta nonché costosissima. Queste le opinioni degli esperti.
C’è poi la polemica sul ruolo dei professionisti privati chiamati in causa per definire situazioni non facili: è il caso del prof. Della Sala che ha progettato e diretto i lavori per il ponte in prossimità di Picerno sul raccordo autostradale dopo il rischio di cedimento di una parte della struttura. 
Certo, il ruolo dei liberi professionisti è fondamentale, non si discute. Ma altrettanto importante la funzione dei tecnici delle amministrazioni locali e, in primo luogo, dell’Anas che dispone tra l’altro di fior di ingegneri, senza dubbio da valorizzare nel loro ruolo. Rispondo così alle critiche avanzate da Andrea Ungaro, libero professionista, intervenuto in uno scambio di punti di vista con l’ing. Giovanni Motta.     


    

martedì 14 agosto 2018

"L'AUDACIA RIFORMATRICE DI PAOLO VI"




C’è stato un Sessantotto cattolico, che ha addirittura preceduto l’onda lunga di una contestazione, spesso dissacrante, determinata dall’esigenza di cambiamenti radicali a livello planetario: come se quella generazione di giovani si fosse impossessata del “dogma” del cambiamento a tutti i costi della vita e del mondo, elevando la lotta politica a livello di categoria esistenziale. Di necessità imprescindibile.
Ci fu insomma una strada riformatrice cattolica, nel turbine di movimenti e di progettualità, strada ispirata dalla Chiesa di Papa Montini. Tema di portata storica, sul quale invitano a riflettere due articoli di Carlo Cardia, pubblicati dal quotidiano Avvenire. Cardia  giurista, docente universitario, avvocato conoscitore del mondo cattolico nelle sue molteplici  manifestazioni, sostiene che “la Chiesa cattolica ha preceduto il ’68 rispetto a ogni istituzione o movimento, prima con l’intuizione del Concilio Vaticano II, poi con l’audacia riformatrice di Paolo VI che segna il Novecento con la realizzazione del Concilio e la sua rivoluzione dello spirito.” 
Il Sessantotto cattolico è stato costretto tuttavia a misurarsi con “profeti e cattivi maestri”. Ecco una delle chiavi di lettura del lungo ragionamento di Cardia, tutto incentrato sulla fisionomia  delle varie componenti all’interno della Chiesa che hanno caratterizzato, dominato, orientato una stagione di generale rinnovamento, favorendo finanche “sfumature di fondamentalismo”. Il che non è certamente marginale .
La fede e la religione al passo con i ritmi della società, in fondo è questo l’orizzonte all’interno del quale il Sessantotto cattolico ha dimostrato un vigore “rivoluzionario” senza molti precedenti, determinando svolte significative, cambiamenti di mentalità, e dando una sterzata vigorosa alla funzione delle gerarchie e al loro rapporto con i fedeli. Ma soprattutto alla Chiesa come realtà partecipata a tutti i livelli.  
Forse mai come in quella stagione, pur superando limiti emersi nel corso degli anni, la Mater et magistra ha acquistato nuova forza propulsiva, al riparo in ogni caso da varie forme di secolarizzazione, quanto mai evidenti e finanche destinate a sfociare in atteggiamenti pervasi a volte da un laicismo esasperato, nullista. Un laicismo spesso di matrice marxiana che ad ogni modo non ha lasciato tracce evidenti, negli anni a seguire e, meno che mai, nel tempo d’oggi. 
La posizione e il ruolo di Papa Paolo VI rimangono in ogni caso difficili e scomodi. Montini subì una contestazione ad opera di “personalità singole e movimenti collettivi che arricchiscono il panorama del cosiddetto dissenso: Dom Franzoni, don Enzo Mazzi, Ernesto Balducci…con una contestazione continua sugli orientamenti della Santa Sede, dal Concordato alla guerra in Vietnam, dal divorzio all’aborto, al celibato. E di altri religiosi - osserva l’autore - che seguono strade più complesse.”
Si tratta, in conclusione, di un viaggio attraverso gli eventi della Chiesa in pieno Sessantotto, una stagione lunga e difficile da interpretare ma forse ancora sconosciuta per certi versi alle vecchie e alle nuove generazioni. Sicchè Cardia fa luce con i suoi scritti su un pezzo di storia tutt’altro che limitato nella espressione temporale, ma radicato nei fatti che hanno investito la Chiesa di quegli anni  con una serie di eventi, alcuni dei quali a lungo trascurati, dentro e fuori dal mondo cattolico. Se non minimizzati, o addirittura sottovalutati forse anche dalla stessa politica. Ma questo è un capitolo diverso.          

sabato 4 agosto 2018

CONFINI PIU' AMPI PER L'APPENNINO




         MANDRIE DI CAVALLI SUL MONTE RAPARO  - Rocco De Rosa 

                                        

Estate 2018 nei parchi. Numerosi contatti in corso con organizzazioni turistiche e operatori del settore da parte dei vertici dell’Appennino lucano. Molti gli  impegni, quasi una sfida anche nei confronti delle istituzioni chiamate a dar vita a una proficua collaborazione con l’area protetta alle prese con seri problemi non solo di presenza sul territorio, quanto di valorizzazione dell’esistente e di rilancio delle sue peculiarità. 
Il percorso è infatti complesso e articolato. Il Parco nazionale ha  caratteristiche importanti da difendere (archeologia, paesaggi, alte quote) mentre sono in corso operazioni di salvaguardia da portare a compimento in uno scenario di crescita  che spinge lo sguardo verso il mare, come se volesse evitare l’isolamento e promuovere una operazione di tutela ambientale di ampio respiro con ricadute sullo sviluppo e la qualità dell’occupazione. 
Ambiente e lavoro si coniugano, in un’ottica di compatibilità positiva, sostiene da tempo Francesco Pietrantuono responsabile del settore in Basilicata.  
Si lavora intanto alla organizzazione di un convegno nazionale dedicato alla presenza delle orchidee selvatiche, fiore all’occhiello della biodiversità dell’Appennino quanto mai apprezzata. 
Il convegno, previsto per la prossima primavera, è una svolta strategica per l’interesse scientifico che richiama: studiosi della materia giungeranno in Basilicata anche dall’estero, secondo quanto previsto dagli organizzatori mentre si rafforza l’idea di Basilicata - Matera 2019 che dovrà aprire nuove possibilità d’intervento in un settore, la cultura del territorio, in fase di affermazione. I parchi e le aree protette in generale fanno parte di quel bagaglio di offerta natura che la Basilicata intende trasformare in un valore aggiunto di grande importanza, sottolinea Antonella Logiurato  dell’Ufficio Parchi, la struttura che continua a dare un impulso al capitolo Rete Natura 2000. 
L’Appennino lucano punta a estendere i suoi confini, secondo una logica in grado di valorizzare le realtà limitrofe rispetto all’attuale perimetro. Di qui Maratea e, più in generale,  le ultime propaggini della zona Sud. 

In questa ottica l’area marina protetta riveste un ruolo di primo piano per la difesa dell’ambiente marino e per il valore aggiunto dai riflessi inevitabili anche sulle aree interne. C’è intanto da sperare nel superamento di qualunque contrapposizione che avrebbe un peso fortemente negativo senza produrre alcun effetto apprezzabile, a tutto danno dei risultati.