giovedì 24 novembre 2011

Fiat: tutti ai piedi di Marchionne a implorare lavoro!

 la Fiat di Melfi presidiata dalle forze dell'ordine-                foto di R. De Rosa
Altro che autunno caldo! L'operazione  Marchionne, con la rinuncia ai contratti nazionali e agli accordi sindacali in atto,  rappresenta la più' grande e importante, ma anche la più  pericolosa, operazione industriale dagli anni Cinquanta ad oggi che coincide non a caso con la chiusura annunciata di Termini Imerese, un capitolo amaro nella storia della Fiat, addirittura dalla sua nascita ad oggi. Una scelta davvero epocale, eccome.
Sicche' Termini Imerese inaugura la stagione delle mani libere da tutto: dai sindacati, dalla FIOM, dal governo e persino dall'opinione pubblica, anche quella che piu' volte si e' schierata in difesa dell'occupazione e dello sviluppo della più' grande fabbrica del bel  Paese considerandola una irrinunciabile conquista sociale tutta italiana.  Il perno dell'economia tricolore.
L'azienda, che in questi decenni ha rappresentato un punto di equilibrio tra il potere degli Agnelli e gli scenari della crescita nazionale, oggi diventa il vessillo di una marcia indietro piu' o meno paragonabile al clima degli "anni difficili", quando i lavoratori che rivendicavano il loro posto erano minacciati di licenziamento. Manca poco, anzi gia' ci siamo.
Ma quel che piu' conta e' il modo con cui si e' giunti a proclamare il principio delle mani libere da tutto, la scelta del clima e delle condizioni politiche e sociali favorevoli. Il momento adatto, per intenderci. Non è superfluo chiedersi frattanto perchè il richiamo è proprio a Pomigliano. Perchè al Sud trovano cittadinanza cose che al Nord sarebbero proibite. Perchè il Sud è eternamente destinato a fare da cavia.   
Sul piano politico le cose sono abbastanza evidenti. Anzi fin troppo. Marchionne ha atteso con pazienza il cambio della guardia a Palazzo Chigi. La presenza del Cavaliere sulla poltrona di primo ministro non avrebbe mai e poi mai consentito una scelta così radicale con l'altola' ai sindacati e un chiaro avvertimento a chi ha bisogno di lavorare per arrivare a fine mese. Per pagare il mutuo  della casa e mandare i figli a scuola. Per Berlusconi sarebbe stato un suicidio. Una fine voluta nel peggiore dei modi. Una scelta letale che soprattutto per questo non è stata mai immaginata. Bisogna dirlo a chiare lettere.
Dopo tanti conflitti sindacali, dopo le lotte durate decenni, Marchionne si è seduto sulla classica riva del fiume ed ha dunque atteso che un governo a significativa rappresentanza delle forze del centro sinistra, dello stesso movimento dei lavoratori (ammesso che esista!),  s'insediasse per assumere liberamente le sue decisioni che erano sì nell'aria ma che scatteranno  a breve, con il primo gennaio 2012, giorno fatidico quando i dipendenti della Fiat per lavorare dovranno adattarsi alla legge, anzi alla dura legge dell'ad di Corso Marconi.
Cosa accadra'? Non e' poi difficilissimo prevederlo. Lavoratori si e no mobilitati, spaccatura nella fabbrica (inevitabile) con le scelte e le decisioni della Fiat che  avanzeranno disegnando nuovi orizzonti e "moderne" strategie  aziendali. Signori il Sessantotto è ormai la preistoria, e nemmeno la storia, scriverà qualcuno con molto realismo. Ed i sindacati saranno o tenteranno di essere forse finalmente uniti, ma destinati ad arrendersi in un modo o nell'altro! 
Intanto Marchionne ha definito il governo Monti come la migliore scelta possibile.  Poteva evitare di farlo? Assolutamente no.

                                                    Rocco De Rosa

martedì 22 novembre 2011

I FIGLI SPIRITUALI DI PADRE PIO: CONVEGNO A TOLVE (PZ)

Giuseppe Gusso, medico padovano, chiese a Padre Pio se potesse diventare suo figlio spirituale.  Era il lontano 1956 e di li' a poco sarebbe stato inaugurato il grande e meraviglioso ospedale, Casa Sollievo della Sofferenza. Il Frate  gli disse di si' ma ad una condizione: che si fosse trasferito a San Giovanni Rotondo e avesse dedicato tutta la sua vita alla crescita di quello che sarebbe stato l'ospedale dell' umanita', la mano tesa ai bisognosi, il segno concreto di una carita' vera e operante. Tempio di scienza e di fede.
Gusso e' uno dei tanti figli spirituali di Padre Pio, di cui parlerà a Tolve, un centro del potentino, Luciano Lotti,  teologo e frate. Uomo di scienza e di religione, figlio di un medico che proprio Padre Pio volle tra i sanitari impegnati nella fase di crescita del "suo" ospedale per rendere visibile un progetto grandioso realizzato in nome di Dio. Costruito  davvero dal nulla, con un gomitolo di spago e pochi operai pronti a dare il meglio di se'.
Padre Lotti e' stato invitato In Basilicata da un gruppo di fedeli di Bari, primo fra tutti Domenico Ruzzi, figlio di un amico personale del Santo di Pietrelcina, in occasione del decennale di una statua che ricorda come il volto e la figura di Padre Pio siano ispirati all'amore per il prossimo e al sollievo della sofferenza umana.
Il tema scelto per questa ricorrenza mette in luce gli aspetti più significativi dell'universo del santo cappuccino, il suo pensiero, la sua volontà di essere il più umile e il più modesto dei servi dell'umanita', ma anche il più autorevole mediatore tra Cristo risorto e gli uomini del nostro tempo, dilaniati dall'odio e dalle guerre. In cerca di un successo che non li soddisfera' mai.
Uomini e donne impegnati a vivere nel silenzio la loro chiesa universale, in nome di quello slancio che Padre Pio ha profuso per costruire dalle fondamenta il suo messaggio: questi sono i tanti figli spirituali del Padre, disseminati nei vari continenti, che  rappresentano davvero la chiesa militante. Povera e umile, ma ricca dei tesori della fede e impegnata ad andare avanti senza guardare in faccia al potere, alle glorie terrene, al denaro e alle ricchezze.
Appuntamento a Tolve, vicino a Potenza, sabato 26 novembre alle 17,30 e il giorno dopo solenne celebrazione della messa domenicale.

domenica 20 novembre 2011

CASO CLAPS:NECESSARIA UNA PRESA DI POSIZIONE DELLA CHIESA

Uno dei temi di maggiore spicco, nel dibattito all'interno della Curia potentina dopo la diffusione di una gran mole di notizie e di documenti sull'attività giudiziaria in corso per il caso di Elisa Claps, riguarda proprio l'opportunita' o meno di una replica immediata per smentire tutto quanto finora sembra essere dato per certo da giornali e televisione, a livello di responsabilità della chiesa, ovviamente presunte.
L'arcivescovo di Potenza Agostino Superbo, vicepresidente della Conferenza episcopale italiana, ed i preti chiamati in causa in relazione alla scoperta del cadavere di Elisa e ai successivi sviluppi, continuano a dirsi completamente estranei ad ogni e qualsiasi addebito. Ma sulla  utilita' di replicare subito al "fronte colpevolista" e di fare immediatamente chiarezza in ordine agli addebiti mossi ai  sacerdoti, vescovo compreso, sembra prevalere la linea attendista: chiarire subito diventerebbe inopportuno, sostengono alcune fonti. Conviene aspettare e far parlare i fatti. Questo l'orientamento prevalente con il conforto di alcuni autorevoli consulenti giuridici incaricati di seguire da vicino la spinosa vicenda, da tempo all'attenzione della gerarchia vaticana, a quanto si apprende.
Intanto si fa più insistente la richiesta di riaprire quanto prima la chiesa della Santissima Trinita' , a Potenza, dove e' stato trovato il corpo di Elisa, il 17 marzo 2010.
La riapertura della chiesa, oggi ancora sotto sequestro disposto dalla magistratura di Salerno, viene considerata un elemento di riscatto, per un verso, e dall'altro un momento corale con cui la Curia potrà dialogare con la popolazione non solo lucana dicendosi disponibile a chiarire i tanti motivi per i quali la chiesa non c'entra ne' nella tragedia dell'omicidio di Elisa, ne' nei tanti depistaggi.
Questa, grosso modo, la linea seguita sulla quale c'è peraltro assoluto riserbo.
Paga il silenzio? Ecco la domanda che ci si pone. Domanda legittima, anche perché il silenzio sta alimentando correnti di pensiero e di opinione circa le responsabilità della Chiesa,  non solo di quella potentina, beninteso, in ordine alla vicenda dei depistaggi sul caso di Elisa Claps. Silenzio che non aiuta a fare  chiarezza, nonostante si abbia timore di sovrapporsi alla magistratura in un momento delicatissimo e cruciale per le indagini, aperto a tutti i possibili sviluppi.
Un fatto e' certo. Per far sapere alla gente come stanno realmente le cose non c'è bisogno di violare il segreto istruttorio. La verità in genere e' una sola. Non c'è una verità che si puo' dire e un'altra da tenere nascosta, per rispetto a chi indaga.  Se così non fosse, sarebbe tutto molto pericoloso.
                                                                                                        Rocco de Rosa
 

venerdì 18 novembre 2011

PARCO DELL'APPENNINO E FONDAZIONE MATTEI INSIEME PER L'AMBIENTE

L'accordo tra il Parco dell'Appennino lucano e la Fondazione Mattei, sottoscritto recentemente, apre interessanti prospettive soprattutto per la Val d'Agri, il maggior produttore di greggio in terra ferma in Europa, esposta a continui rischi di contaminazione che nessuno finora è riuscito a quantificare e a mettere sotto stretto controllo.
Nell'accordo il Parco Nazionale dell'Appennino lucano Val d'Agri Lagonegrese riveste un ruolo di primo piano. L'Ente Parco e il suo commissario, Domenico Totaro, rivendicano non da oggi scelte concrete sul piano del monitoraggio delle emissioni in atmosfera che diano garanzie vere e mettano al sicuro ambiente e cittadini da pericoli di vario genere. Finanche imprevedibili. Totaro fa bene a insistere sulla necessità di difendere il Parco, e le relative popolazioni dei centri dell'area protetta, chiedendo una costante attività di rilevazione dei dati in modo da mettere a fuoco la situazione obiettiva. E' auspicabile dunque che il protocollo firmato con la Fondazione Mattei possa rappresentare un punto fermo nell'ambito delle cose da fare con estrema urgenza.
D'altro canto, la situazione della vigilanza su ciò che accade in Basilicata, in questa fase centrale delle estrazioni petrolifere, è tutt'altro che soddisfacente dal punto di vista della conoscenza del rapporto causa-effetto alla base del sensibile aumento delle malattie neoplastiche con la Sanità davvero allo sbando in questo campo.
Tanto per iniziare: non si riesce ad aggiornare i dati ormai vecchi sulla mortalità con le strutture preposte in totale disaccordo tra loro, mentre le Asl (o Usl) continuano a non fornire elementi importanti per un aggiornamento del Registro Tumori. Cosa che potrebbe dare delle certezze al mondo scientifico, chiamato a pronunciarsi, e all'opinione pubblica in attesa di conoscere numeri reali e attendibili. Non immaginari.
Per di più non c'è accordo nemmeno su un dato di base, vale a dire sul numero dei morti in Basilicata. L'ISTAT dice 570 nello scorso anno. Le altre strutture (comuni compresi) parlano di 500 decessi, per di più sulla base dei dati contenuti nelle schede apposite che indicano con esattezza, e caso per caso, le cause di morte. Cosa assolutamente risibile e frutto di una confusione davvero senza precedenti. Siamo in tutto e per tutto all'emergenza.
Insomma numeri che non sono numeri in questo strano balletto di cifre.
Come stanno esattamente le cose? Difficile dirlo, almeno per ora. Ci vorranno dei mesi (crisi regionale permettendo) per avere un quadro più o meno attendibile. Ma non è detto, sostengono gli esperti, ben poco fiduciosi in un futuro migliore.
                                                                                                                                                                  Rocco de Rosa        

giovedì 17 novembre 2011

GLI ORRIBILI RETROSCENA DEL CASO CLAPS


Nomi che si aggiungono ai nomi. Scenari che si ampliano a dismisura fino a creare un senso di sconforto e di impotenza in chi non avrebbe mai immaginato che la vicenda di Elisa Claps potesse assumere le proporzioni che sta assumendo, con una fitta rete di complicità e di silenzi per tenere sempre più lontano l'obiettivo di fare finalmente chiarezza. 
La puntata del 16 novembre della trasmissione Chi l'ha visto? ha fatto riferimenti raccapriccianti e messo in luce dettagli che, qualora fossero veri anche soltanto in parte, rappresenterebbero un disastro morale e una catastrofe a dir poco irreparabile, per i protagonisti di questa vicenda e non solo.
Chiamati direttamente in causa la Curia potentina e alcuni suoi rappresentanti di spicco, a cominciare dall'arcivescovo, Agostino Superbo, che si è sempre detto estraneo a tutto. Superbo afferma di aver saputo della presenza del cadavere di Elisa nel sottotetto della Trinità solo il 17 marzo 2010. Non un minuto prima.
Chi l'ha visto? ha messo in luce verbali di interrogatori, intercettazioni compromettenti che fanno riferimento a persone finora estranee alla cosa: vien fuori tra l'altro il nome di don Pierluigi Vignola, cappellano della Polizia di Stato con il grado di vicequestore. Si aggiungerebbe all'elenco di quei sacerdoti che non potrebbero essere all'oscuro di tutto per una serie di ragioni, molte delle quali ancora coperte da segreto istruttorio. Il condizionale è inevitabile, data la delicatezza della materia. Dichiarazioni contrastanti rese nel corso dei vari interrogatori al magistrato inquirente, e poi la squallida vicenda delle cose dette e non dette dalle “signore” delle pulizie che avrebbero a loro volta scoperto il cadavere di Elisa prima di quel maledetto 17 marzo. A questo si aggiunge la dichiarazione di un rappresentante della curia potentina. Alla vigilia dei funerali di Elisa Claps il 2 luglio, questa persona ha detto con rabbia che dopo i funerali la bagarre doveva finire e di Elisa non si sarebbe dovuto parlare più per nessuna ragione. In ogni caso, l'aspetto peggiore è un altro. Fino a questo momento nessuno è intervenuto per pretendere che la trasmissione di Rai Tre rendesse note le posizioni dei religiosi chiamati in causa, a vario titolo ascoltati o indagati. Il che aggrava enormemente la situazione già di per sé complicata. Perchè non chiedere di poter precisare o rettificare le cose dette, visto che sono di una gravità inaudita? Perchè rinunciare a un diritto sancito oltretutto dalla legge, quello di chi eventualmente è chiamato in causa senza motivo?
La Chiesa non è una società qualunque, meno che mai una cupola o una loggia i cui aderenti sono abilitati a fare affari e a manovrare il potere a danno della legalità. La Chiesa è quella realtà che lo stesso cardinale Angelo Bagnasco ha definito, ponendo in luce il sacrificio di tanti sacerdoti e di tanti credenti che in Africa come in Sud America e in altre parti del mondo si sacrificano nel nome di Cristo per aiutare la gente colpita dalle malattie, dalla miseria, dalle guerre fratricide. Questi sacerdoti del tutto anonimi, queste suore, questi laici non possono essere accomunati in un giudizio che fa di tutta un'erba un fascio. O, peggio, in un giudizio scaturito dalle eventuali malefatte di alcuni che oggi temono la giustizia terrena, ma farebbero bene a temere per un domani non lontano anche un'altra giustizia, ben più giusta e irreprensibile. La giustizia di Dio.
I silenzi dunque non servono e non pagano. Quando sono esplosi alcuni casi di preti pedofili Benedetto XVI con coraggio e dignità li ha fermamente condannati ed espulsi dalla chiesa perchè indegni di essere considerati cristiani. Decisione giusta e pienamente condivisibile. Sarebbe il caso che un provvedimento del genere venisse adottato anche in questa circostanza per alleviare le sofferenze di una famiglia, oltretutto sbeffeggiata da persone senza scrupoli. La famiglia di Elisa continua a vivere con dignità e coraggio questa tormentata fase, con il rischio che tutto sfumi nel nulla a causa degli interminabili 18 anni che ci separano da quel 12 settembre 1993.
Ci sono intanto delle donne coraggio alle quali va il plauso degli onesti: anzitutto mamma Filomena, la mamma di Elisa, e poi anche Federica Sciarelli, la conduttrice di Chi l'ha visto? una collega che in questi anni durissimi ha continuato a battersi con tutte le sue forze per risolvere il caso di Elisa Claps, sfidando le querele, le minacce ingiuste e mafiose, le intimidazioni di ogni genere. A queste meravigliose donne coraggio la città di Potenza e il suo sindaco, Vito Santarsiero, debbono dedicare non una sola riflessione ma un adeguato riconoscimento che serva a ripagarle di tutti gli sforzi compiuti e di tante amarezze vissute per far trionfare la verità. Verità e giustizia, come hanno scritto i giovani di Potenza sui vari striscioni per Elisa.
                                                                                                               Rocco de Rosa

venerdì 11 novembre 2011

"SORELLINA, CE L'ABBIAMO FATTA!"

La chiamano tutti Elisa. Nessuno degli inviati a Salerno precisa piu' ormai nome e cognome della ragazza potentina barbaramente uccisa da Danilo Restivo, riconosciuto colpevole appunto dell'omicidio di Elisa Claps e condannato a trent'anni di carcere con il rito abbreviato dal Gup di Salerno Elisabetta Boccassini. Il massimo della pena per un omicidio che non ha aggettivi per essere definito, consumato nel sottotetto della chiesa della Trinita' di  Potenza ben 18 anni fa.
Elisa non ha bisogno dunque di essere identificata con nome e cognome,  tanto la sua storia drammatica e' entrata nella mente e nelle case non solo degli italiani. Ed e' questo il risvolto vero di una tragedia ancora per buona parte non risolta per quanto riguarda le coperture ed i depistaggi di questi 18 anni, lunghi quanto l' eternita'.  

Potenza, la citta' di Elisa,  da piccola cittadina di provincia e ' stata catapultata nel novero dei centri che purtoppo hanno legato il loro nome a tragedie umane di una gravita' inaudita. Conosciute nel mondo per quei misfatti che fanno inorridire.
Chi ha aiutato l'assassino a rimanere in ombra? Chi lo ha protetto, non una ma mille volte. Chi ha avuto il potere di sottrarlo fino ad oggi a un giudizio che minaccia tuttora di scoprire tante e tante complicità e una fitta rete di protezioni di altissimo livello che non possono essere definite "innocenti depistaggi" secondo una infelice espressione uscita nientemeno che dalla bocca del Questore di Potenza, Romolo Panico. Si, avete letto bene.
Insomma, una tragedia che ha sbattuto il capoluogo lucano sulle pagine dei giornali di tutto il mondo. Bella pubblicita' con l' immagine della chiesa di via Pretoria, in pieno centro, chiusa con i sigilli, che ha fatto il giro dei giornali e delle televisioni! Meglio di così non c'era da aspettarsi.
Gildo, il fratello, si rivolge a Elisa e dice: finalmente sorellina ce l'abbiamo fatta. Un frase toccante come le lacrime e gli appelli di questi 18 anni di angoscia e di tormento per una famiglia allo stremo, travolta dal dolore, finanche sbeffeggiata dal rifiuto di certe autorità ' di proseguire negli accertamenti, soprattutto dopo la tragedia di quel 12 settembre 1993 anch'esso diventato arcinoto proprio come Potenza. 

Ora don Marcello Cozzi, il sacerdote di "Libera contro le mafie", che ha seguito da vicino questi anni durissimi per la famiglia Claps, chiede a Danilo Restivo di confessare quell'atroce delitto per vivere in pace con sè stesso gli anni del carcere in Inghilterra dove Restivo sta scontando l'ergastolo perchè ritenuto colpevole dell'altro omicidio, quello della sarta Heather Barnett. Altra atrocità. 
E intanto l'unica persona al mondo a credere nell'innocenza di Danilo rimane Mario Marinelli, il suo difensore, che dopo la sentenza di Salerno fugge dall'aula promettendo di fare appello. "Non ce l'aspettavamo" è stato il suo commento. Incredibile! Non ci sono parole...   

domenica 6 novembre 2011

ADOTTIAMO I CADUTI DI KINDU

Cinquant'anni fa la tragedia di Kindu. Tredici aviatori italiani, in missione di pace nell'ex Congo Belga, furono barbaramente trucidati da una folla di ribelli che li assalirono proprio alla vigilia del loro rientro in patria. Tra questi c'era anche il lucano Nicola Stigliani, come gli altri Medaglia d'Oro alla memoria.
Gli aviatori erano atterrati da poco a bordo di due C 119, nella tarda mattinata dell'11 novembre 1961. Rientravano da uno dei tanti interventi in zona, quando oltre duecento persone li prelevarono per portarli in una località vicina dove furono uccisi e fatti a pezzi perchè considerati alleati degli oppressori, in una situazione politica decisamente confusa in cui l'iniziativa dell'Onu, per quanto diretta a creare le basi per la democrazia, suscitava dubbi e sospetti. Gli uomini erano privi di armamento e quindi nella impossibilità di reagire adeguatamente. Fonti dell'epoca sostengono che addirittura i resti furono buttati nel fiume Lualaba con l'ennesimo gesto di barbarie.
In ricordo delle vittime il Comando dell'aeroporto militare di Pisa, in cui ha sede la 46esima Brigata aerea, e le massime Autorità civili e militari hanno organizzato per l'11 novembre prossimo una serie di iniziative per onorare i Caduti e additare il loro sacrificio alla riflessione del Paese. 
I tredici aviatori uccisi a Kindu sono una testimonianza dell'altissimo prezzo di sangue pagato dall'Italia in favore della pace, anche nelle zone del mondo dove il grado di civiltà e la cultura dei popoli non sono ancora a livelli elevati. Per questo i martiri del Congo non appartengono solo all'Arma Azzurra e alle loro famiglie ma sono patrimonio umano dei connazionali, di quanti credono nei valori della libertà e del progresso civile e culturale. 
L'appello ad adottarli, come propri figli e fratelli, mi sembra fuori da ogni retorica e anzi rappresenta un invito ad esprimere una solidarietà vera e concreta. Una solidarietà verso chi ha pagato con la vita il tentativo di un Paese di aderire all'appello delle Nazioni unite per la pace nelle terre dell'Africa percorse ancora oggi dalla guerra. Dilaniate dalle malattie e dalla fame.
                                                                       Rocco De Rosa
Potenza ha deciso di ricordare Nicola Stigliani con una serie di iniziative previste per i giorni 11 e 12 novembre.