venerdì 29 novembre 2013

ALBERI uomini


La natura è  più umana degli uomini. Essa è capace di sottrarsi a quell'incessante opera di distruzione alla quale dalle origini della storia  è stata sottoposta per colpa di chi non si cura di nulla, nemmeno del futuro dei propri figli.

Gli alberi di bosco Ralle, a Satriano di Lucania, sono una testimonianza  di questa sfida perenne. Vivono del loro vigore e della loro imperturbabile saggezza.


                                   ALBERI uomini


racconto di Rocco De Rosa


Camminava con passo incerto soffermandosi a tratti tra cespugli e anfratti nel folto del bosco, calpestando i rami caduti dopo le nevicate; a volte inciampava, quella mattina d'inverno incerta,  con il cielo d'un grigio pesante che prometteva ancora maltempo e tanta neve.

Michele sembrava non meravigliarsi per il tempo uggioso, molto simile al suo carattere.  E intanto volgeva lo sguardo alle cime dei monti circostanti dove immaginava ci fosse se non altro almeno una persona, qualcuno che magari si nascondeva non per gusto ma per una scelta precisa. Una scelta di vita. L'idea di vivere tra le cime ed il cielo, a contatto con gli alberi, creava dentro di lui forti emozioni che sollecitavano a loro volta pensieri profondi e facevano vibrare la sua anima. La vitalità degli alberi era percepita dal suo intimo come qualcosa di indescrivibile: una sorta di sensibilità estrema che aveva un che di umano. Una forza interiore.
Ma nonostante vari sforzi non  riusciva a vedere su quei monti non dico una moltitudine di uomini e di donne. Ma nemmeno una piccola comunità di contadini e montanari. Di gente che  con la propria presenza volesse animare la scena. No, niente di tutto questo. Quasi un deserto, senza sabbia ma con la neve per terra.
Michele cercava in effetti un eremita, un solitario. Una persona capace di rimanere in contatto con la sua solitudine tra gli anfratti e i nascondigli disseminati sulle pendici della torre di Satriano, antica torre normanna, che ha reso la montagna sulla quale sorge  misteriosa e struggente.  Con un fascino tutto suo e una bellezza tale da riuscire a raccontare il passato.  
Michele cercava in effetti una  persona determinata a vivere a diretto contatto con la natura, lontano da tutti, per  fare da esempio per tanti altri uomini, illusi e disorientati. Scontenti, infastidi dalle regole della cosiddetta societá civile e del progresso. Spesso soltanto illusorio. Il pensiero di poterla  trovare con quasi assoluta certezza gli dava  una gioia vera e insieme  un senso di piacere e di sicurezza.  Una certezza costruita  nella sua mente, ma ad ogni modo capace di farlo sentire forte e coraggioso.
La torre è il culmine, esattamente come la solitudine che non può essere confusa con altre condizioni di vita giacché rappresenta davvero il massimo. La solitudine dimostra la supremazia dell'io, quell'io che Michele sperimentava in sé stesso, ogni giorno, sentendosi soddisfatto proprio perchè libero. Assolutamente libero. 
Vagando per i boschi, l'uomo si lasciava  conquistare dall'eremita per nulla preoccupato di non vivere con gli altri. In mezzo alla gente.  Pensava a lui addirittura come si può pensare a una persona  originale, stravagante. Ma anche coraggiosa, piena di orgoglio e di una vitalità prorompente. 
Intanto si guardava intorno e non vedeva altro che foglie, rami, alberi, e scorgeva tuttavia in quel mondo un esempio di vita vera. Autentica. Quasi un ritorno alle origini, davvero esaltante.
Il contatto con le foglie e con i profumi della  natura lo faceva sentire protagonista e gli dava una carica di serenità difficile da realizzare nella vita di ogni giorno.
Le sue non erano semplici fantasie. Ma il risultato di una spinta interiore. 
"Eccolo lì l'eremita, lo vedo finalmente, è proprio lui sulla montagna, pronto a inerpicarsi per i sentieri. Beato lui che può vivere tra gli alberi. Senza preoccuparsi di nulla. Davvero di nulla". Lo vedeva, ma non era certo che fosse davvero lui.
L'eremita gli appariva come una figura incerta: dotata di una straordinaria capacità di mimetizzarsi e di cambiare atteggiamento. Di essere diverso. La sua condizione di persona isolata gli dava però una straordinaria forza e lo faceva sentire  dominatore incontrastato di tutto. 
Il giorno avanzava, frattanto. Mentre  raccoglieva delle foglie e dell'edera nel bosco Ralle,  per provare a ricoprirsi il corpo Michele vide addirittura un albero che si faceva avanti. E non credette ai suoi stessi occhi. Sembrava avere la capacità di muoversi. Era in effetti un uomo in tutto e per tutto. Addirittura era interessato ad avviare un dialogo con lui, uomo quasi albero. Pronto a trasformarsi senza alcun timore di cambiare la sua stessa essenza di essere umano.
L'albero mentre si muoveva aveva finanche atteggiamenti meditati e  con l'aiuto di Francesca - una ragazza che frequentava il bosco per sentirsi libera,  quando non era costretta a lavorare - accarezzava  l'idea di dominare tutta quella scena in cui gli alberi, pian piano, stavano dando libero sfogo alle loro passioni. In un regno incontrastato e pieno di fascino. Non erano degli automi, ma alberi veri in grado di dare una sterzata alla loro stessa natura di vegetali.
Ebbe un momento di grande esaltazione: Michele voleva far sapere a tutti la sua volontá di cambiare la vita di amici, parenti, persone che incontrava per caso lungo le stradine ed i vicoli della sua terra, Satriano nella Lucania dei boschi, un luogo umile e meraviglioso, proprio ai piedi di un bosco che finisce per interpretare il carattere degli abitanti, trasmettendo loro quel temperamento severo, fatto di umiltà e di piccole cose. Ma forte e determinato. Una terra in cui la passione vissuta dagli alberi è alla base della vita degli uomini che accettano con piacere la supremazia della natura, vera e suggestiva per la sua stessa dignitá. 
Cercava di rendere partecipi finanche le bestie di quel che aveva in mente. Stava infatti  costruendo  un mondo tutto suo, al quale era intenzionato a dedicare ogni energia, noncurante delle abitudini degli altri e di quello che gli  altri potessero dire. O pensare. 
Un mondo nuovo, davvero sorprendente. 
Le  scelte fatte  dagli alberi si rivelavano capaci  di trasformare le piante in uomini veri. Con le foglie sul capo e con l'edera che si arrampicava sul corpo nascondendo tutto. L'edera, il segno del possesso totale: come gli uomini anche le piante sono capaci di possedere e di far vivere amori e passioni forti. L'edera che nasconde tutto e modifica tutto era il segno della tenacia della vita degli alberi che non si arrendono davanti a nulla, e vanno avanti per proprio conto. 
Michele ad un tratto incontrò Domenico proprio ai margini della vecchia strada che dalla torre scende per le contrade e segue le asperità di un territorio non facile, ma con grandi orizzonti capaci di riempire la vita. 
"Michele, mi sembri quasi conquistato dagli alberi, dalla natura silenziosa e dal fruscio delle foglie. Sai che ti dico? Sono proprio contento. Faccio  entrare gli alberi  nella mia vita. Faccio in modo che quella loro immagine accattivante non sia destinata ad essere sopraffatta dagli uomini anche perché gli alberi prendono  il posto degli uomini... Si, questi alberi di bosco Ralle  sono un prodigio. Lo dico davvero! Sono capaci di fare mille cose. 
"Hai ragione, Domenico. Gli alberi-uomini mi danno una gioia incredibile. Te lo assicuro."
Quelle piante continuavano intanto a muoversi. Facevano passi avanti. Finchè un albero non incontrò Luisa, donna d'incanto. Bella e disinvolta. Ma soprattutto donna sul serio. Aveva sembianze accattivanti con una carnagione che da sola trasmetteva messaggi a chi le stava vicino. A starle vicino erano uomini e donne, anche sconosciuti, attratti dal suo volto e dalla sua femminilità;  da un carattere non comune. 
Un albero capì tutto questo. Si fermò sul sentiero poco a monte di Satriano, dove gli alberi sembravano voler continuare la loro opera in difesa di un mondo migliore. Luisa era lì anche lei,  proprio lì. Metteva in mostra tutto il suo temperamento: l'albero la guardò in faccia con atteggiamento dolce e interessato. Ma non si accontentò di questo. Cercò dolcemente di sfiorarla con i rami. Addirittura accennò un bacio sul volto della donna. Luisa rimase colpita da questo gesto e volle ricambiare aprendo le braccia e stringendo l'albero al suo corpo. Il tronco  le apparve addirittura familiare. Come se lo avesse stretto a sé chissà quante volte con un gesto abituale. I rami e le foglie  simili a carezze d'autore. Tutto sembrava dolce e spontaneo,  fuori da certe abitudini ormai abbastanza comuni. 
Luisa non era in sé, per la gioia di avere assistito a un evento così singolare, quanto imprevedibile. Non immaginava che la natura fosse capace di tanto slancio, forse ben più degli uomini. E per questo tentò di ricambiare  un atteggiamento che voleva essere di riconoscenza profonda verso l'albero. Un sentimento di amicizia e di stima.
"Ricorda: non mi è mai accaduto di riservare a una pianta quell'affetto così spontaneo che si nutre per un uomo. Magari per il tuo uomo. Albero... ascolta, devo darti un nome. Questa sì è un'idea che mi fa star bene. Ecco! Se sei d'accordo ti chiamo con il nome di un grande uomo che ha saputo cantare  piccole e grandi cose della nostra vita e di quella dell'aldilà. Ti chiamerò Dante. Perchè sei grande e imponente e poi non susciti soltanto ammirazione, ma un sentimento ancor più profondo, più autentico!  Un senso di piacere che ti conquista e non so descrivere, sinceramente. Dante, bello, eh! Poi ti si addice. Il tuo capo è cinto da una corona che serve a immortalare le tue glorie." 
"Le mie glorie?" Osservò meravigliato l'albero, stupito per tanto slancio che la donna gli riservava.
"Si esattamente le tue glorie, per aver dato ospitalità a tanti uccelli con i loro nidi. Ma mica solo questo. Anche per essere riuscito a pulire l'aria con la tua chioma, a trattenere il terreno evitando frane e sciagure. E tanto altro ancora.  Hai  la dignità di un uomo e forse ancora di più..." 
Luisa era  commossa per avere riconosciuto agli alberi un ruolo umano. Ed era anche sorpresa, impacciata, addirittura preoccupata per aver visto gli alberi avere comportamenti da veri uomini nei suoi confronti. Altro che! Una rivoluzione? 
Gli alberi uomini rappresentavano per lei qualcosa di più di una società composta da sole persone. Quegli uomini che fingono di essere eremiti, che cercano la solitudine non sono una  novità. Sono  piuttosto il frutto di atteggiamenti, pensava Luisa,  dettati da voglia di protagonismo per attrarre l'attenzione e avere una briciola di celebrità. Gli alberi sono genuini e autentici.
Gli alberi che si muovono e camminano sono invece una realtà.  Poi gli alberi hanno una loro bellezza. Forti e austeri  sono creature come noi, capaci di osservare il mondo che ci circonda. 
Intanto gli alberi continuavano a muoversi. A ragionare. Si spostavano. Avevano voglia di dominare Satriano per farsi conoscere e parlare con gli abitanti, ma anche con la gente di altri luoghi. 
Accolti come amici da tante persone, erano diventati di casa, ma non solo nel loro luogo d'origine. S'intrattenevano finanche con i ragazzi invitandoli a trascorrere del tempo in loro compagnia, mentre Dante, l'albero maestro dotato di un'autorevolezza pari al suo nome, dominava la scena. Davvero una festa.
Nel breve volgere di qualche minuto molti ragazzi si avvicinarono a lui. Lo accarezzavano come si può accarezzare un bimbo. Gli facevano tante domande e gli mostravano tanta simpatia. Volevano sapere da lui il perchè della vita, nientemeno. 
"Dante ma cos'è il  tempo e perché passa così veloce?" gli chiese uno dei ragazzi che aveva tanta voglia di scrutarlo nella sua intimità. 
Una domanda imbarazzante davanti alla quale l'albero Dante non seppe rispondere: non solo perché non sapeva cosa dire, ma soprattutto perchè un interrogativo del genere lo faceva sentire più in alto di un semplice uomo, addirittura. Investito di una responsabilità non da nulla. Si sentiva simile a una divinità, di quelle che hanno da sempre dominato i riti arborei.
Ecco  perché esitò  prima di rispondere, anzi evitò di rispondere, combattuto dall'idea di mettere in evidenza il suo potere di albero uomo o di tacere come una creatura qualunque che davanti alle leggi dell'esistenza si arrende. Balbettò qualche suono, una mezza parola sotto la spinta del vento che a tratti animava la scena. Un sibilo, simile a una voce. In effetti era una voce della natura forte e chiara, soprattutto ben determinata per dire cosa fosse la condizione di un albero che vive dell'esistenza umana con la  consapevolezza di chi sa confrontare il ruolo della natura e quello degli uomini. Due strade apparentemente distinte, destinate a incrociarsi e forse a sovrapporsi.
Da quel momento gli alberi di Bosco Ralle ebbero una loro vita diversa dal passato. 
La foresta si era trasformata in un regno in cui i faggi e le querce dialogavano tra loro e continuano a farlo tuttora, con le chiome rivolte verso il cielo. Sotto il sole o con il gelo dell'inverno, quando la natura sembra addormentarsi e poi d'incanto si risveglia, esattamente come fanno gli uomini. Ma con uno spirito diverso perché, a differenza degli uomini, gli alberi lambiscono l'infinito. Lo accarezzano finanche. Arrivano lá dove gli uomini non sanno o non vogliono arrivare. 

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