sabato 26 maggio 2018

MATERA 2019: BEN OLTRE LA CIVILTA' DELLA GROTTA


                   

Il Centro di Geodesia Spaziale a Matera
   
Il rischio c’è ed è enorme. Consiste nella possibilità, già abbastanza concreta peraltro, che i Sassi (gli antichi quartieri di tufo nel cuore di Matera) diventino l’emblema dominante, se non addirittura l’icona, in grado di esprimere il significato del riconoscimento attribuito alla città ridotta di conseguenza a un simbolo dell’antica “civiltà contadina” quella più cruda e più dura, a considerare il prezzo sociale che ha comportato. 
In effetti la marginalità del passato  si erge a monumento del presente, trascurando tutto il bagaglio di scienza, di cultura umanistica, di sensibilità letteraria. Ma anche di capacità imprenditoriale e di gusto artistico presente nella vita quotidiana dei materani, considerati a ragione testimoni di un giorno nuovo. Ma nuovo sul serio.
Se questa tendenza è già nell’ordine normale delle cose, al punto da essere per buona parte dominante, lo si deve a certa vocazione capace di utilizzare l’immagine  delle case di tufo come un unicum italiano ed europeo sul quale fondare varie interpretazioni (riduttive) della storia e dell’architettura. Non è certamente un caso se negli anni scorsi si è partiti dal tema della raccolta dell’acqua dai tetti dei Sassi per costruire un raffronto con culture sahariane e africane, caratterizzate da ben altre arretratezze e da bisogni di sopravvivenza terribilmente diversi da quelli del nostro Mezzogiorno e della Basilicata del terzo Millennio. Aggiungo per fortuna.
Intanto sul finire dello scorso anno Il Venerdì di Repubblica ha dedicato una copertina e un articolo che la dice lunga in tutti i sensi. Il titolo: Patrimonio all’italiana e non patrimonio italiano, con una immagine della parte meno attraente dei Sassi, escludendo nel pezzo qualunque riferimento alla scienza e ai passi da gigante che questa terra ha fatto negli ultimi decenni. Francamente non è poco quel “Patrimonio all’italiana”, cose che accadono in questo bel Paese quando si vuol distruggere, minimizzare. Se non proprio demolire una realtà da contorni ben precisi. Come dire: rozzi e trogloditi, contadini del Sud, ce l'avete fatta a conquistare un riconoscimento che non meritavate...
Le cose stanno per fortuna in modo diverso. Il Centro di geodesia spaziale sulla Murgia materana ha una valenza scientifica straordinaria: lì si studiano le radiostelle (le quasar); si inviano segnali nel cosmo che forniscono varie informazioni su diverse problematiche ambientali del pianeta con riferimento ai mari e ai livelli di inquinamento. Si compiono in effetti esperimenti di sicuro livello scientifico che la comunità non solo lucana, non solo italiana ma europea e internazionale stenta a conoscere putroppo mentre folle di turisti americani, giapponesi, francesi e inglesi circolano nelle viuzze dei Sassi facendo a gara a conquistare un posto a tavola nei ristoranti, nelle mense, nei B&B cresciuti a vista d’occhio, nonostante il richiamo del sindaco Raffaello De Ruggieri a contrastare la proliferazione incontrollata di pizzerie e locali del genere.  
Sarebbe ora di smetterla una buona volta con i libri dedicati a Matera che mettono in copertina la solita immagine dei carretti trainati da muli, delle donne con lo scialle nero, della miseria divenuta un elemento di attrazione sul piano dell’interesse letterario e non solo. Non è questa la Basilicata del 2019. Guai se così fosse, saremmo davvero alla preistoria di tutto. Ma è il caso di riflettere perché il pericolo incombe, eccome. E non si può dire che sia mai sufficientemente scongiurato in modo da fare emergere il vero volto di una città - regione capace di imporsi a tutti i livelli. Il 2019 ormai alle porte è un banco di prova e lo sarà ancor più nei prossimi mesi e nei prossimi anni quando la Capitale europea della Cultura non potrà collocarsi mai al di sotto di determinati livelli. 

                                                   
il Venerdì di Repubblica

lunedì 21 maggio 2018

ENRICO MATTEI: FARO' IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA


                           

Enrico Mattei (foto da Internet)
                        
Il caso Mattei sempre in primo piano. Proprio mentre l’uccisione del mitico presidente dell’Eni, in quel lontanissimo 1962,  sembra essere stata archiviata o rivestire quantomeno il carattere di un evento passato alla storia , la terribile vicenda fatta di intrighi e lotte di potere ritorna a occupare le cronache con i misteri ancora per nulla  svelati.
Ne parla Radio Uno Rai  con una trasmissione, Il Pescatore di perle, dedicata interamente alla vicenda ancora oscura. Il conduttore, Carlo Albertazzi, intervista la nipote di Mattei, Rosangela, con vari contributi. Uno in particolare: la testimonianza della moglie in cui la donna racconta che poco prima del tragico incidente aereo, provocato dall’esplosione di una piccola carica di tritolo a bordo del velivolo, una notte Enrico Mattei piangendo le parlò di una serie di minacce ricevute in seguito alle quali aveva deciso di andar via dall’Eni. “Farò il Presidente della Repubblica” aggiunse secondo il racconto della donna, anche lei scomparsa. Peraltro il Presidente dell’Eni si rifiutò di fornire ulteriori particolari sulle varie minacce ricevute, ma affermò che avrebbe scelto di ricoprire la più alta carica dello Stato, quella appunto di Presidente della Repubblica, per cambiare vita.
La confidenza di Mattei alla moglie apre nuovi e interessanti scenari. Uno in particolare: il potentissimo presidente del colosso petrolifero aveva rivoluzionato non solo il mercato energetico, quanto la vita di un paese fino a quell’epoca ancora per buona parte legato alle sue tradizionali fonti di sostentamento  rappresentate dalla terra e da un’agricoltura che aveva scontato fame e miseria e non era riuscita a chiudere positivamente il duro capitolo della Riforma fondiaria. La terra ai contadini si era già rivelato uno slogan vuoto, un bluff, una mera illusione. Una presa in giro per migliaia di uomini e di donne costretti ad abbandonare il Sud in cerca di un lavoro nelle industrie del Nord. Ma non è tutto. La certezza di Mattei nasce da una intesa politica che evidentemente era già in grado di assicurargli il Quirinale. Un’intesa già perfezionata, diventata in effetti certezza, e non solo semplice aspirazione.
Chi erano i sostenitori di Enrico Mattei, a parte Fanfani? Quale patto era stato stipulato in nome del petrolio per dare una sterzata energica alla vita del Paese? Domande alle quali il “Pescatore di perle”, la trasmissione di Albertazzi, non dà alcuna risposta per quanto abbia tentato di andare a fondo della complessa vicenda. Potrebbe farlo in una delle prossime puntate, sembra quantomeno logico.  
   


domenica 20 maggio 2018

PITTELLA CHIAMA A RACCOLTA I GOVERNATORI DEL MEZZOGIORNO



L’idea di un Sud che agisce avendo davanti a sé un unico obiettivo, quello di essere riconosciuto come parte attiva e dinamica del Paese e di essere, di conseguenza, presente a pieno titolo nei programmi di Governo, ha spinto Marcello Pittella, governatore lucano, a scrivere una lettera ai suoi colleghi  per mettere a punto un incontro operativo, in modo da “rivendicare un’attenzione che al momento il futuro governo non contempla.” 
“Un’azione comune è la strada da percorrere e questa mia lettera vuole essere un invito a concordare insieme una data a breve per un incontro dedicato a concertare le azioni da intraprendere.”
E’ l’inizio di un percorso importante volto a ottenere non qualche finanziamento in più per il Sud ma un cambio di passo da parte del Governo Lega - M5s. Pittella lamenta al riguardo l’assenza di “una politica specifica per il Meridione che faccia cenno a piani di sviluppo e ad investimenti infrastrutturali.”
Ciò che conta non è solo la possibilità di colmare il divario Nord - Sud, quanto il tema della “coesione territoriale e istituzionale del Paese”. Obiettivo  prioritario, questo, in grado di badare sia alla questione dei finanziamenti, sia alla produttività sia, in particolare, al riconoscimento a livello internazionale di una parte importante dell’Italia al di là di qualunque assistenzialismo e di forme arcaiche di valutazione del Sud.
Il valore dell’appello consiste soprattutto nella considerazione che le regioni meridionali possano avere una voce sola e parlare un unico linguaggio. In questo caso la cultura di governo deve coincidere con Matera 2019, un messaggio all’Italia e all’Europa, ma anche al resto del mondo. 
Una terra piccola ma ricca di risorse intende dunque far pesare la sua condizione di realtà produttiva in grado di fare dell'arcinota questione meridionale un efficace banco di prova per l’oggi. Non un problema relegato nei libri di storia coperti di polvere. La polvere del passato. Ed è significativo che la grande stampa, a cominciare dalle testate online, abbiano considerato l’appello di Pittella come un fatto politico da non trascurare. Un appello di tutto rilievo.          

venerdì 18 maggio 2018

MARATEA E IL PARCO


                           

                            MARATEA - Il porto (foto R.De Rosa - Riproduzione riservata)
                      








Tutti contro tutti, in un Paese che ha bisogno di realizzare alleanze, di promuovere larghe intese per riuscire a costruire quello che finora si è demolito. Contrasti, contrapposizioni, lotte interne nella società “civile”, nella politica, nelle istituzioni. Finanche nelle famiglie. 
In questo la Basilicata non è seconda a nessuno, piccola ma non insignificante regione del Mezzogiorno. 
Anche i parchi e le aree protette fanno discutere eccome, alimentando polemiche a non finire e scontri di ogni genere. Sembravano oasi di pace, ma in realtà non lo sono. Luoghi dove si credeva fosse possibile sentirsi al riparo da ogni turbolenza, a diretto contatto con la natura, immersi in un clima di ristoro del corpo e dell’anima. Ma c’è da ricredersi perché la realtà è un tantino diversa. Anzi molto diversa.
Oggi, il Parco nazionale dell’Appennino lucano Val d’Agri Lagonegrese ha diffuso alla stampa una nota con la quale ci si difende  anzitutto dall’addebito di completa e totale inefficienza nella gestione, dall’accusa di incapacità di far diventare questa realtà una sorta di efficace baluardo dal petrolio incalzante che non lascia spazio a nessuno, par di capire. 
La dura presa di posizione è contenuta in un dossier di Legambiente, locale e nazionale, che fa seguito, sarà un caso, a un mio articolo di alcuni giorni orsono in cui affrontavo il tema della proposta, avanzata già da molto, di istituire  a Maratea un’area marina protetta con conseguenti, positive ricadute sull’intero territorio e sul mare. Un’ipotesi del genere trova per di più un vasto consenso negli operatori turistici e in vari settori interessati. 
L’argomento è di quelli che appassionano. Peraltro nell’articolo (pubblicato su Facebook e sul mio blog) il riferimento prioritario è alla possibile estensione del Parco nazionale fino al mare, appunto, considerando inoltre essenziale un diretto coinvolgimento delle organizzazioni ambientaliste, alle quali spetta il compito di accelerare i processi di realizzazione di questo obiettivo. E, una volta raggiunto lo scopo, di continuare a vigilare per il mantenimento dei principali equilibri ambientali, in linea con le norme in vigore, secondo le esigenze di un’area importantissima ma estremamente fragile e delicata. Da proteggere a denti stretti.  
A questo punto mi chiedo cosa mai potrebbe accadere, avendo in mente il percorso ben diverso seguito in alcuni importanti Parchi nazionali del Nord , dove movimento ambientalista e dirigenza dei Parchi lavorano a diretto contatto nell’interesse comune.
I veleni, in ogni caso, non finiscono qui. L’accusa infamante di una Basilicata inquinata e abbandonata a sé stessa, i cui prodotti della terra sarebbero a loro volta avvelenati, è circolata in questi giorni. E nessuno mai ha pensato di valutare oggettivamente l’impegno a difendere la salute e il territorio che il governo regionale sta mettendo in campo, non da oggi. Potenziamento dell’Arpab, controlli sulle falde, chiusura finanche del centro olio di Viggiano, un fatto senza precedenti. Pubblicazione degli studi e delle analisi effettuate in Val d’Agri e nel Sauro.
Vorrei concludere con una riflessione: dove erano i tanti censori quando il Procuratore di Matera, Nicola Pace, giunse a conclusioni terribili per il nucleare lucano e per la tenuta dell’impianto Itrec della Trisaia di Rontondella definito fuorilegge? Dove erano quelli che oggi organizzano le marce contro il petrolio quando nel 1998 sono stati sottoscritti gli accordi con L’Eni e, prima ancora, nel momento in cui sono partiti i primi progetti di “sviluppo olio e gas” come li definisce l’Eni nei suoi documenti interni? Interrogativi purtroppo senza risposta, e non sono gli unici.     


martedì 8 maggio 2018

FORESTAZIONE, NUCLEARE, ACQUA E PETROLIO

                                                    
                                      
                                        
I BOSCHI UMIDI SULLO JONIO (Foto R.De Rosa - Riproduzione Riservata)


Opportunità di lavoro e difesa a oltranza dell’ambiente: è il messaggio che nasce dall’accordo Regione Basilicata - sindacati per una forestazione produttiva, a tutela di equilibri naturali troppe volte in passato trascurati e considerati addirittura irrilevanti in una logica politica d’altri tempi. 
Legittima dunque la soddisfazione del governatore lucano Marcello Pittella che affida alla platea di lavoratori del settore un messaggio importante, anzi la responsabilità di essere in prima linea in quella difficile opera di controllo  del bene natura destinato ad avere riflessi sull’economia della Basilicata e sul suo domani.
Un banco di prova per chi governa, ma soprattutto per chi è chiamato a occuparsi di un settore cardine, essenziale e delicatissimo insieme.
Ne parlo con Francesco Pietrantuono, responsabile dell’Ambiente, impegnato in una difficile opera destinata ad abbracciare un po’ tutto. Anzi davvero tutto, dal nucleare al petrolio, alle bonifiche senza trascurare la valenza  paesaggistica dei corsi d’acqua a oltre ottant’anni dalla inaugurazione del primo acquedotto dell’Agri, il 14 luglio del 1937 con una grande festa a Scanzano jonico per sottolineare  una svolta nelle condizioni di vita di migliaia di persone, soprattutto delle campagne.  
Rimane sulla costa del mare Jonio, Pietrantuono, ribadendo la volontà di dire no al deposito di scorie radioattive e con l’obiettivo di non scalfire le mille risorse di questa Basilicata turistica, la terra dei grandi parchi compreso il Vulture, ultimo arrivato in ordine di tempo, ma capace tuttavia di polarizzare l’attenzione sulla zona dei laghi di Monticchio, meravigliosa ma fragilissima, dove la baraccopoli ha tolto finora il respiro a ogni prospettiva di un certo rilievo. 
Nucleare in grande evidenza, aspettando per un verso i risultati dell’inchiesta della magistratura ma seguendo da vicino l’attività di Sogin, incaricata del difficile processo di decommisioning, lo smantellamento dell’intero apparato nucleare italiano. Impresa ciclopica.
“Si lavora su Tempa Rossa, precisa l’assessore, per evitare di trovarsi impreparati com’è accaduto per Viggiano, a diversi decenni dall’avvio del centro olio. Oggi le cose sono cambiate: gli incidenti di Viggiano, le fiammate del maxi camino, la protesta delle popolazioni della valle sono serviti a indicare la strada di un controllo attento ed efficace prima che le estrazioni di Corleto abbiano inizio.” 
“C’è il problema di seguire attentamente l’utilizzo e la reiezione delle acque di strato con un sistema di depurazione delle acque stesse che salgono in superficie con il petrolio nel processo estrattivo. Stiamo pensando di riutilizzarle ai fini della produzione di energia. Mentre per Eni lo sguardo è rivolto alle emissioni in atmosfera che hanno suscitato molte preoccupazioni. Ci sarà una conferenza di servizi per giungere a una modifica dell’Aia, l’autorizzazione integrata ambientale. 
I tre filoni essenziali sono rappresentati dalle bonifiche, dalla pianificazione, dai piani di tutela senza escludere il piano paesaggistico che deve portare a una infrastrutturazione verde, a un diverso utilizzo del bene natura. Obiettivo che vorremmo raggiungere entro la fine della legislatura.”   




sabato 5 maggio 2018

LA TRANSUMANZA BENE IMMATERIALE DELL'UNESCO


                             
La transumanza (foto di R.De Rosa - Riproduzione riservata)
                 


Il Sud dei grandi tesori del passato, ancora oggi in grado di far vivere una stagione della vita immutabile. A prova di secoli. 
A San Marco in Lamis, in provincia di Foggia, hanno avuto inizio le operazioni di trasferimento di migliaia di capi di bestiame verso le montagne del Molise e dell’Abruzzo. Un trasloco vero e proprio che ha come meta i pascoli d’alta quota dove i prati sono ricchi di erba e i boschi promettono tanta frescura nei giorni di caldo insopportabile. 
D’ora in avanti la transumanza, scandita dal ritmo dei campanacci e dalle voci dei bovari, interesserà anche le altre regioni del Mezzogiorno, Basilicata compresa, con i suoi parchi nazionali che offrono un approdo sicuro per trascorrere l’estate in una visione davvero bucolica del tempo e della storia.
Ma c’è di più. La transumanza oggi non è solo un trasferimento temporaneo di uomini e bestie, ma un dato culturale, antropologico di cui si chiede all’Unesco un riconoscimento a pieno titolo, come bene immateriale.
Occasione irripetibile per un Mezzogiorno parte attiva e dinamica del Paese. 
Radiouno Rai ha dedicato a questo evento una trasmissione con tante voci e tanti interlocutori, tutti interessati a perseguire l’obiettivo del riconoscimento da parte dell’Unesco di una tradizione sicuramente radicata nella storia e negli eventi.
Che la Basilicata possa avere un ruolo in questo scenario, fatto di natura e di vita autentica, è non solo auspicabile quanto direi inevitabile e anzi necessario. Altrove la transumanza alimenta un dibattito culturale di alto profilo sul destino delle campagne e sugli allevamenti. Sul paesaggio agrario.  Sulle prospettive di un turismo  nelle aree protette e nella montagna inteso come bene primario, con ricadute occupazionali e in termini di sviluppo. Non si tratta di poco. Tutt’altro. Sembra quantomeno opportuno che il responsabile dell’Agricoltura, Luca Braia, con i suoi diretti collaboratori, con gli esperti del Dipartimento e con Domenico Romaniello, direttore dell’Alsia, possa avviare una serie di trattative con gli organi centrali del Ministero e le organizzazioni del mondo agricolo con lo scopo di raggiungere un risultato importante con un ruolo ben preciso da attribuire alle zone dove la pastorizia, e quindi la transumanza, continuano a essere attività prevalente. 
La transumanza bene immateriale dell’Unesco finirebbe oltretutto per completare il sogno divenuto realtà di Matera - Basilicata 2019.        

mercoledì 2 maggio 2018

"OGGI LA BASILICATA E' CONOSCIUTA NEL MONDO"



Un accorato appello al dialogo e alla comprensione, un invito a discutere con serietà e impegno e ad avere fiducia nell’onestà intellettuale di chi guida una terra difficile e ha l’orgoglio di aver fatto compiere a questa regione significativi passi avanti. Ben documentati, non immaginari. Non certo frutto di una propagandistica autocelebrazione. Che sarebbe peraltro inutile e dannosa.
Mi riferisco alla chat di Marcello Pittella, Presidente della Basilicata, in onda su fb.    
Tratti umani si uniscono agli elementi probanti, alla conoscenza dei vari settori dall’acqua all’ambiente, al petrolio, alla forestazione, alla difesa del suolo, al lavoro che manca e a quello che c’è:  “Se facessimo un po’ più di verità” dice amareggiato Pittella. E come gli si può dare torto se davvero c’è amore e desiderio di verità ma soprattutto se sta a cuore capire come stanno le cose e magari provare a interpretare certi processi. 
Ho fatto più volte una considerazione che preferisco continuare a ripetere, fino alla noia. Quando mai un responsabile del governo regionale ha affrontato un faccia a faccia con la gente su temi così importanti e spinosi. Politicamente e socialmente  delicati e difficili da discutere. Soltanto da porre sul tappeto. 
Personalmente scoprii dai tabulati Eni, con molte comprensibili difficoltà agli inizi degli anni Novanta, quale era il tenore degli investimenti per il primo progetto di “Sviluppo olio e sviluppo gas” in Val d’Agri: ammontava esattamente a un miliardo, tre milioni e 961 mila euro. Non un centesimo in meno o in più. Non certo perché qualcuno lo avesse comunicato ai lucani e meno che mai a noi giornalisti. Ma soltanto grazie a rapporti personali e a canali riservati.
Oggi invece dei problemi da affrontare si discute apertamente e liberamente: Marcello Pittella fa bene ad aprire la sua conversazione con le critiche aspre di una signora. Fa bene a non nascondersi dietro a un narcisismo inutile, ma a mettere i “piedi nel piatto”. A parlare con senso di concretezza e con un linguaggio alla portata di tutti, chiaro e inequivocabile. 
Certo, la strada è lastricata di errori possibili e reali. Molti dei quali non andavano commessi, anche se il senno di poi ha come modello una perfezione impossibile. 
Importante è discutere, confrontarsi, parlare alla gente. Ascoltare e rispondere, ammettendo anche gli errori, le lacune. Le disattenzioni. Senza escludere il peso, reale e morale che comporta la responsabilità del governo di una terra dalle mille risorse che nei decenni scorsi hanno finito per soccombere. Per annullarsi, per apparire inesistenti. E che oggi si tenta di mettere in primo piano sotto gli occhi della opinione pubblica nazionale con uno sforzo non certamente irrisorio. Che andrebbe in ogni caso incoraggiato nell’interesse di tutti.     

martedì 1 maggio 2018

CINEMA E CIBO A SAN SEVERINO LUCANO

                         
                      
LA SERRA DEL PRETE (Pollino) foto R. De Rosa
Un grande appuntamento, per giunta abbastanza inconsueto, è previsto a San Severino lucano, nel cuore del Parco nazionale del Pollino. 
Venerdì prossimo, 4 maggio, giornata dedicata al Festival del cinema gastronomico con la partecipazione di Alessandro Preziosi e del direttore di Lucana film commission, Paride Leporace. Cinecibo è un nuovo, appassionante appuntamento alla scoperta di luoghi, tradizioni culinarie, abitudini dei frequentatori del più grande Parco nazionale del Mezzogiorno e naturalmente delle caratteristiche di una tra le montagne del Sud di maggiore interesse. 
Comprensibilmente entusiasta il sindaco di San Severino, Franco Fiore, impegnato da tempo in un’opera di diffusione e di conoscenza delle peculiarità del Parco, in larga misura ancora da scoprire per catturare nuovi visitatori e un vasto pubblico di appassionati della montagna.
Ora Cinema e cibo viaggiano di pari passo: un’occasione da non perdere. Oltretutto decisamente originale.