venerdì 31 ottobre 2014

DEDICATO AI BAMBINI DI SAN GIULIANO DI PUGLIA

La Basilicata ha il Garante dell'infanzia: a colloquio con Vincenzo Giuliano

                             
                              Vincenzo Giuliano

Trenta rintocchi di campane hanno ricordato la tragedia di 12 anni fa quando 27 bambini e la loro maestra perdettero la vita a causa del crollo della  scuola, a San Giuliano di Puglia, in seguito a un rovinoso terremoto. Era il 31 ottobre del 2002.
A questi angeli è dedicato il ricordo che mette insieme bambini più fortunati e bambini travolti da una delle tante tragedie del nostro tempo. Bambini per i quali il ricordo e la preghiera rappresentano l'omaggio più dignitoso.
Intanto, in una regione vicina al Molise, la Basilicata, anch'essa provata da vari terremoti, per la prima volta esiste il Garante dell'infanzia e dell'adolescenza. È Vincenzo Giuliano, professore, autore di varie pubblicazioni, una figura di primo piano che ha rivestito diversi incarichi pubblici. A nominarlo è stato il consiglio regionale.
Quali sono i suoi compiti, quali gli obiettivi. Insomma la presenza di Giuliano cosa determinerà. 

"Il ruolo primario è quello di difendere gli interessi individuali e collettivi dei bambini e degli adolescenti, a prescindere dalla loro etnie, dalla loro provenienza, dal colore della pelle. Soprattutto cercando di favorire lo sviluppo della loro personalità, rimuovendo tutto ciò che è disuguaglianza e discriminazione."

Un compito difficile, indubbiamente.

"Certo un compito delicato dal quale può dipendere molto dello sviluppo della personalità dei giovani e dei giovanissimi."

Quali sono le priorità da tenere in considerazione?

"La prima cosa è la fotografia dell'esistente per intervenire in modo idoneo. Un censimento che deve riguardare il disagio, per superare il quale occorre anzitutto conoscere nel dettaglio le varie situazioni. Avere una immagine completa delle aree a rischio, quelle più fragili e compromesse. Bisogna conoscere, intanto, quali sono gli enti che operano in questo campo perché si attui il principio della sussidiarietà dando una mano a chi realmente ha bisogno. Avviando un dialogo. Ponendo alla base di tutto gli interessi dei più piccoli e degli emarginati."

Il ruolo del garante si sostituisce in qualche misura alla mancanza di presenza delle istituzioni. Cosa che accade non di rado per mille ragioni. 

"Il ruolo del garante è a supporto delle istituzioni. Definirei questa figura la sentinella che interviene nelle situazioni di maggiore rischio. Lá dove c'è veramente bisogno. E il bisogno riguarda, beninteso, non solo le famiglie povere ma anche quelle benestanti. Ci sono tante forme di bisogno, chiaro?
È necessario, dunque, dare ascolto alle esigenze dei  bambini, che si trovano in balia di videogiochi, di computer e di abitudini spersonalizzanti, mentre in molti casi i genitori stanno a guardare, incuranti di tutto."

C'è poi il problema delle adozioni. A Potenza opera un centro di rilievo internazionale, il GVS di Sant'Anna. Le adozioni sono un capitolo tutto da scoprire, da seguire attentamente. Un capitolo con molte incognite. 

"Quando dicevo che il garante è la sentinella dei minori, dell'infanzia, degli adolescenti non accompagnati e di quanti soffrono per la loro condizione, intendevo esprimere appunto la volontà di conoscere lo stato dell'arte con preciso riferimento anche alle adozioni, che non possono essere trascurate giacché rappresentano un cambiamento netto nella vita di un minore. Un mutamento radicale della sua condizione,  spesso con molti imprevisti. Cose di un certo rilievo, da non trascurare. Finanche dei drammi personali, perché no. 
Il passaggio da una condizione di abbandono, di senza famiglia, all'inserimento in un nucleo già costituito e strutturato, non sempre positivamente o in maniera ideale, costituisce un problema serio da non trascurare. Anche di questo sarà inevitabile occuparsi."

giovedì 30 ottobre 2014

PARCO DELL'APPENNINO, SI RITORNERÀ A VOTARE


Intervista a Claudio Cantiani, sindaco di Marsicovetere

  Il Parco nazionale dell'Appennino continua a far parlare di sè. I criteri politici, adottati per l'elezione del Presidente della Comunità del Parco e per quella dei membri del direttivo, non soddisfano un folto gruppo di sindaci e amministratori dissidenti che mercoledì hanno abbandonato l'aula ritenendo che non ci fossero le condizioni per procedere speditamente, e nell'interesse generale, a completare la governance dell'area protetta. 
  Da questa sorta di spaccatura o di conflitto si tira fuori il Presidente Totaro ricordando di essersi battuto per sostenere il massimo della trasparenza, nei criteri di gestione, sin dai primi passi  compiuti dal Parco.
  Ora intanto si delineano nuovi scenari. Con tutta probabilità si ritornerà a votare (c'è da augurarsi in un clima più sereno) giacché alcuni membri non risulterebbero indicati  dal Ministero dell'ambiente. 
  Su questo argomento interviene il primo cittadino di Marsicovetere, Claudio Cantiani, uno dei sindaci in prima linea nella vicenda del Parco nazionale.

  "Abbiamo vissuto una pagina nera della politica lucana. Credo che le comunità non meritano tra l'altro di assistere a spettacoli del genere che sono mortificanti.
Sono molto deluso: mi sarei aspettato un diverso modo di fare politica soprattutto da chi vive da anni queste realtà. Anziché essere legati a logiche di spartizione, avrei immaginato che si usassero criteri diversi.  
  Ma nonostante tutto credo che il territorio si sia riappropriato della sua capacità di eleggere i propri rappresentanti."

Ora la prospettiva qual è. 

  "La prospettiva intanto è di recuperare anche l'area dei dissidenti. Infatti è stato ritirato su mia proposta il secondo punto all'ordine del giorno, vale a dire l'elezione del vice presidente. E credo che oggi ci siano spazi per guadagnare terreno in questo senso, nell'ottica della partecipazione di tutte le componenti a un processo così importante e delicato. 
Si è vissuta tuttavia una frattura di fronte a chi proponeva, come il sottoscritto,  di condividere l'elezione del presidente, del vicepresidente e dei componenti con una votazione palese e all'unanimità. Cosa che non si è verificata poiché c'era chi aveva idee diverse rispetto alle volontà della maggioranza.  Era il momento di chiudere una pagina che rischia di diventare, oltretutto, ridicola agli occhi della gente." 

Una pagina non ancora chiusa, a quanto è dato constatare.

  "Una pagina nient'affatto chiusa perché ci sarà il prossimo incontro in cui si andrà ad eleggere il vice presidente e gli altri due componenti del direttivo. E chiaro che se questo non dovesse accadere ci saranno delle conseguenze."

Perché si tratterà di eleggere altri due componenti, già in sostanza eletti?

  "I componenti vengono eletti da una lista ministeriale. Due dei componenti non rientrano in quella lista, per cui il Ministero automaticamente li escluderà. E quindi si andrà a votare per altri due nomi, con l'intento di non perdere di vista   l'esigenza di un equilibrio, anche in questo caso."

Al punto in cui si è giunti, sindaco Cantiani, cosa potrà essere del Parco, al di lá degli equilibri politici, pur tuttavia importanti?

  "A parte il grande merito che va dato al Presidente Totaro, per la sua gestione, occorre in ogni caso recuperare un protagonismo del territorio con le sue scelte e le sue indicazioni: solo così il Parco potrà assumere quel ruolo attribuito dalla legge all'area protetta e per cui lo abbiamo voluto. Altrimenti nulla ha senso. Se un territorio non partecipa alle decisioni, esso viene escluso. Le decisioni rimangono in capo a pochi. Ed è inaccettabile che in tanti anni non si sia completata la governance del Parco. Oltretutto si registra un ritardo spaventoso della politica. E non si possono dare le colpe ad altri. La politica deve recuperare il suo ruolo democratico contrastando vecchi metodi spartitori. Qualora non c'è unanimità si procede con un voto a maggioranza perché non possiamo continuare a rimanere inerti difronte a ciò che sta accadendo."

mercoledì 29 ottobre 2014

PARCO DELL'APPENNINO, BURRASCA FORZA OTTO


Non c'è pace per il Parco nazionale dell'Appennino lucano, Val d'Agri lagonegrese.
Chi mai avrebbe previsto che, dopo una serie di contatti e incontri che si protraggono ormai da mesi per giungere finalmente a dotare l'area protetta degli organi previsti dalla legge (presidente della comunità e direttivo) si sarebbe arrivati al traguardo in un clima di totale spaccatura? Eppure è accaduto, e di questo bisognerà farsene una ragione. Una ragione politica, indubbiamente.
Non si tratta di pretendere un pacifismo a tutti i costi o una unanimità fittizia. La posta in gioco è ben diversa: il Parco ha atteso per anni di essere governato, con il massimo della partecipazione delle forze attive, quelle stesse dalle quali idealmente è nata tempo addietro l'idea di una zona di tutela ambientale e paesaggistica nell'interesse del territorio e delle popolazioni. Sicchè per tutta risposta si è arrivati a contrapporre interessi personali, logiche di potere, intenti di spartizione a quello che dovrebbe essere l'impegno comune per salvaguardare un'area esposta a mille rischi. L'Appennino ha a che fare con il petrolio. Nel suo perimetro ci sono non una ma più trivelle grazie alle lungaggini e alle estenuanti attese che hanno consentito di disegnare un Parco a misura di petrolio. E non il contrario, purtroppo. 
Sembra addirittura paradossale che a preoccuparsi di proteggere l'area e le popolazioni della Val d'Agri sia il Ministero dello sviluppo economico e non alcuni rappresentanti dei poteri locali. Il Ministero ha emanato recentemente disposizioni che vincolano le compagnie al rispetto di norme ben precise: per una gestione oculata del Centro olio, il Dipartimento per l'energia  chiede all'Eni di rendere noti, tra l'altro, i curricula degli operatori e dei responsabili dei vari settori del Centro.
E intanto non si riesce a trovare una intesa.  Pasquale Robortella, grand commis politico, parla al riguardo di una frattura inevitabile, a questo punto. 
Sicchè la spaccatura personale e politica non si giustifica affatto, meno che mai per scopi di spartizioni e di potere.
Ci si chiede, ad esempio, come mai un realtà del livello di Moliterno debba essere esclusa dal direttivo. Eppure il centro dell'alta valle ha ben diecimila ettari all'interno del Parco. Qual è la rappresentatività garantita? Quale principio di democrazia s'intende far valere?
Tutti interrogativi  al centro di un serie di riunioni che i "dissidenti" hanno già provveduto a convocare per approfondire questi temi nella prospettiva di una diversa partecipazione alla vita del Parco dell'Appennino.
Il territorio intanto attende. E c'è chi continua a nutrire speranze perché i giovani, soprattutto, non si sentano esclusi e cacciati dal Parco. Sarebbe davvero una sciagura.
   

martedì 28 ottobre 2014

I BUCHI NERI DELLA VITA ITALIANA



Il 28 ottobre ha sempre lasciato tracce profonde nella storia italiana. Ieri la marcia su Roma fu il primo passo per la conquista dell'Italia da parte di Mussolini. Oggi, un evento senza precedenti caratterizza la difficile vita democratica di questo Paese: per la prima volta giudici, avvocati e pubblici ministeri hanno interrogato il Presidente della Repubblica in ordine alla "presunta" trattativa Stato mafia. Pura coincidenza, si dirà. 
L'interrogatorio è un evento sul quale pesa come un macigno il silenzio imposto dal Quirinale blindato, come lo hanno definito alcuni commentatori. I quaranta partecipanti hanno dovuto, infatti, consegnare in portineria, cellulari, tablet, computer e qualunque altro oggetto potenzialmente capace di far sentire o vedere all'esterno quanto stava accadendo nel bellissimo salone d'altri tempi, smagliante di luci e di un lusso sfrenato che ha accolto i partecipanti.
Certo, un resoconto sarà diffuso, ma non si sa bene quando.
Da cosa nasce l'estremo riserbo? Da eventuali pericoli rappresentati dal possibile diffondersi di  commenti sull'interrogatorio di Giorgio Napolitano o dal timore che la democrazia potesse prevalere e impossessarsi della sua funzione primaria, vale a dire quella di far partecipare, di coinvolgere l'opinione pubblica nazionale e internazionale e soprattutto  di informare?  Ipotesi nient'affatto fantasiosa. Napolitano non ha mai pronunciato la parola trattativa, riferiscono alcuni dei presenti, parola  che certamente potrebbe mettere a nudo quegli scenari che il processo di Palermo sta cercando faticosamente di chiarire. Parlare di trattativa avrebbe significato, inoltre, ammettere l'esistenza dei fatti, interpretare in un certo modo la lettera del defunto consigliere D'Ambrosio. E in fin dei conti dargli ragione.
In questo caso non è da sottovalutare il possibile ruolo dell'opinione pubblica che Renzi, in ordine ad altre questioni, considera marginale. Non vincolante. Ma che Giorgio Napolitano riesce a temere, finanche. Se non a considerare fondamentale. Essenziale. Determinante in tutto e per tutto. Ecco la differenza tra un giovane e un vecchio.
Non rimane dunque che attendere, fidando nella completezza delle registrazioni trasmesse dai tecnici del Quirinale alla magistratura palermitana.
Nelle case degli italiani, in queste ore e in questi giorni, si commenta inevitabilmente l'interrogatorio reso dal Capo dello Stato. E credo non sia difficile immaginare quale sia l'idea predominante che gli italiani hanno di questo evento di cui si parlerà a lungo.
Certo, la memoria del passato non inganna. Basterebbe chiedersi perché Napolitano era uno dei maggiori avversari di Berlinguer, proprio mentre lo storico segretario accennava a possibili aperture a una democrazia rinnovata. E irrobustita. 

domenica 26 ottobre 2014


PETROLIO, LAVORO E 
DISSESTO IDROGEOLOGICO

Mario Tozzi in Basilicata non risparmia i suoi strali

                              
                       il geologo Mario Tozzi (foto R.De Rosa)

Di corsa in autobus su per i monti della Val d'Agri, in una escursione guidata organizzata da Naturarte e dal Parco dell'Appennino. Mario Tozzi, il geologo autore  di varie trasmissioni televisive non smette di tuonare contro il petrolio che non dá sviluppo e contro quel dissesto idrogeologico responsabile di tanti disastri, al Nord ma non solo. Vede una terra diversa, una Basilicata cambiata, in cui la ricchezza accumulata dai petrolieri coincide purtroppo con gli accresciuti bisogni della gente e con l'incessante richiesta dei giovani di quel lavoro spesso introvabile. Specie per chi non ha santi in paradiso. 

Tozzi, il Suo giudizio sulla Val d'Agri oggi qual è.

"Un territorio che ha cambiato molto fisionomia, radicalmente. Il territorio era diverso, completamente diverso fino ad alcuni anni addietro. La campagna era predominante con le sue colture, i suoi meravigliosi colpi d'occhio. 
Questa spinta pseudo industriale,  così mi piace definire le estrazioni di petrolio,  ha provocato un cambiamento che non mi sembra in linea con la vocazione della regisone: ci sono tante concessionarie, le banche hanno un ruolo diverso. I ritmi di vita sono diversi."

C'è anche una gran massa di denaro nelle casse delle compagnie petrolifere.

"Certo non nelle tasche dei lucani. L'estrazione petrolifera è un'attività molto redditizia per chi ha in mano i pozzi, il territorio subisce gravi conseguenze: o c'è il disastro ambientale, come è accaduto a Trecate nel parco del Ticino, per non parlare della Nigeria o del Golfo del Messico: quando c'è un problema non è mai lieve. Mai di poco conto.
I pozzi non si traducono mai in un vantaggio, un vantaggio economico per le popolazioni. 
Peraltro non si pagano meno le bollette dell'energia. I costi sono  uguali ad altri luoghi, e in Basilicata si registrano  addirittura prezzi maggiori. Non c'è una maggiore occupazione e ci si trova ad avere snaturato un territorio che invece poteva puntare sulle sue carte, sulla sua vocazione agricola, turistica, paesaggistica."

È compatibile questa attività di estrazione del petrolio con la sismicità dei luoghi e con le condizioni generali della Val d'Agri? 

"Direi di si, ma tuttavia occorre tener conto dell'assetto idrogeologico dei luoghi. Le opere per impiantare l'attività estrattiva determinano movimenti di terra e altri fattori. Bisogna considerare poi quella minore propensione alla tutela dell'ambiente, che non è un particolare da nulla. Questo, in ogni caso, è un territorio ad alto rischio sismico, con cui bisogna sempre fare i conti. Oltre ad una elevata instabilità dal punto di vista idrogeologico, dalle conseguenze non sempre lievi. Tutt'altro."

Se dovesse dare dei consigli alla Regione Basilicata, ai suoi amministratori, cosa direbbe. Quali priorità indicherebbe.

"Prima di tutto se vogliamo una regione sicura che pongano fine immediatamente al consumo dei suoli. Basta con le costruzioni di case. Tutta l'Italia è stracostruita.  Consumo zero da oggi in poi."

Ma si continua a costruire senza sosta, nonostante la crisi. Le imprese cercano nuove aree edificabili e fanno appello ai comuni, spesso in nome della fame di lavoro. 

"Oggi non c'è più un vantaggio economico sulla vendita degli appartamenti, ma sulla rendita fondiaria. Non si vendono gli appartamenti ma genera reddito il fondo o gli edifici di proprietà. 
Le nuove costruzioni generano o accentuano sensibilmente il pericolo di frane  e  smottamenti del terreno e  anche le possibili ripercussioni dovute a una diffusa sismicità: il pericolo delle conseguenze provocate dai terremoti è accentuato dalla precarietà delle zone sulle quali le abitazioni sono state costruite. C'è da valutare anche questo aspetto. Fiumi intombati, case costruite nell'alveo dei corsi d'acqua  sono scelte che andrebbero messe al bando. Se si vuole una certa sicurezza, per i cittadini e per l'ambiente."

sabato 25 ottobre 2014

SAN CARLO DI POTENZA

LA PAGINA BUIA 
DELLA CARDIOCHIRURGIA


Un medico non può essere, per definizione, nè  incapace, nè superficiale, nè scarsamente informato poiché veste gli abiti della ricerca e non deve lasciarsi travolgere da pochezze nè da rivalità o da contrapposizioni, specie poi se queste pessime  abitudini coinvolgono altre persone del settore. Vale a dire dei colleghi.
La notizia dell'arresto dei sanitari della cardiochirurgia del San Carlo di Potenza, per la morte di una paziente, lascia sbigottiti, a maggior ragione se si dà credito ai contenuti delle intercettazioni e alle indiscrezioni emerse in un chiacchiericcio tra medici. Ancor più compromettente e di basso livello rispetto a qualunque espediente per sottrarsi a precise responsabilità. 
Altro che il rigore della scienza e l'autorevolezza di chi, per mestiere, se ne occupa. Siamo al peggiore pettegolezzo e alla ricerca dei mezzucci per mascherare, nascondere, coprire ciò che non deve essere sottoposto all'attenzione dell'opinione pubblica. Ciò che la gente non deve sapere.
Ci sono in questa vicenda, ovviamente, precise responsabilità forse non ancora del tutto emerse. E c'è in primo luogo la responsabilità di chi ha scelto un'equipe capace di portare in rianimazione addirittura un cadavere, almeno sulla base delle notizie finora diffuse. Certo, tutto da dimostrare in sede di procedimento penale. Senza alcun dubbio.  
Chi è finito agli arresti troverà mille ragioni per sottrarsi a un giudizio netto e definitivo, stando almeno alle prime indiscrezioni e alle avvisaglie delle linee di difesa degli imputati, con un collegio di avvocati  di grande prestigio, che tenterà di ribaltare le accuse, per quanto pesanti,  e magari, per ipotesi, facendo apparire gli incriminati come vittime di un gioco perverso di rivalità, paradossalmente. Come coloro i quali pagano un prezzo ingiusto, soprattutto in termini di immagine e  di carriera. Per giunta chi meglio del chirurgo è in grado di sostenere una tesi anziché un'altra? Certo l'autopsia mette in evidenza dettagli importanti ma che, tuttavia, non sono una verità inoppugnabile. Non rappresentano l'unica verità possibile. O incontrovertibile. Almeno per quanto riguarda gli scenari che si delineano.
I processi come al solito si protraggono oltretutto per anni. Indubbiamente a subire le conseguenze dell'accaduto, oltre alla vittima e ai parenti, è il buon nome dell'ospedale San Carlo, cosa della quale il Governatore Pittella giustamente si preoccupa. 
Emerge in ogni caso un particolare importante in questo scenario fosco: la nomina del dottor Rocco Maglietta a commissario e successivamente a direttore generale del nosocomio, almeno c'è da augurarsi. Maglietta è un professionista serio e qualificato. Non un mercante in fiera. Ha capacità di mettere ordine, d'intesa con i livelli istituzionali, in un settore di punta che anni addietro era il fiore all'occhiello del San Carlo di Potenza. Apprezzato e stimato sul piano scientifico anche fuori regione e fuori dal Mezzogiorno. 
Maglietta ha oltretutto la capacità di colmare certi vuoti che fanno da zavorra oggi a punte di elevata eccellenza: non a caso il progetto di trasformazione in Istituto di ricerca della Reumatologia rappresenta un traguardo significativo. Il senso di una svolta particolarmente attesa a fronte di una pagina nera qual è appunto quella della cardiochirurgia. Una pagina da dimenticare. Ammesso che sia possibile. 

giovedì 23 ottobre 2014

SASSI E CHIESE RUPESTRI: LA CARTA VINCENTE DI MATERA 2019

a colloquio con il presidente del Parco della Murgia, l'ing. Pier Francesco Pellecchia


                             
               il Presidente del Parco della Murgia, Pellecchia

  Matera 2019 guarda all'ambiente,  una delle ragioni vere della sua vittoria: i Sassi che sanno di lavoro, di sforzi, di fatica senza fine. Ma anche la Murgia materana con il fascino delle chiese rupestri, testimonianza di una fede che sa del primo cristianesimo, di una chiesa perseguitata, con i suoi martiri, con la sua povertà ma anche con la sua grandezza.
  La Murgia è un parco. Vive giorno per giorno una storia senza tempo. Una storia universale patrimonio non della sola Matera o della  Basilicata. Ma del mondo.
Il presidente del Parco, l'ing. Pier Francesco Pellecchia, parla del rapporto tra Matera capitale della cultura e l'ambiente con entusiasmo e una gran voglia di fare, tipica di chi crede nel suo ruolo. Di chi intende agire e darsi da fare per imprimere un impulso  agli obiettivi raggiunti o ancora da guadagnare.
  "Non a caso la commissione - esordisce Pellecchia - ha trascorso le sette ore dedicate alla valutazione della nostra candidatura per buona parte nella Murgia e nelle cave, scoprendo il mondo delle sculture e dell'arte. L'ambiente è la nostra essenza vera. Il nostro modo di essere.
Il 2019 è un traguardo ricco di contenuti per il territorio, per il paesaggio materano che valorizza ogni angolo, forse anche quelli poco valorizzati se non addirittura dimenticati."

  D- Una vittoria che coinvolge insomma ogni lembo di terra. 

  "Certamente. Puntiamo a far partecipare a questo evento straordinario ogni realtà, dalla più piccola alla più importante, convinti come siamo che ogni angolo abbia la sua storia da fare emergere e far conoscere. In questo sforzo tutta la Basilicata deve sentirsi unita."

  D - Cosa accadrà,  presidente Pellecchia,  nel breve e nel lungo periodo. La gente vuole sapere, ci tiene a essere informata.

  "Da questo momento parte una grande sfida: non è sufficiente organizzare manifestazioni o eventi. Ma bisogna far vivere e dare corpo a una diversa cultura del modo di essere, di sentirci materani o lucani. C'è bisogno insomma di una svolta per dimostrare a tutti che esistono le premesse per sostanziare di contenuti un riconoscimento così prestigioso." 

  D - Quali saranno, a suo giudizio, le ricadute più importanti.

  "Matera è già lanciata verso una dimensione importante,  a livello nazionale e internazionale. I media  ci hanno dato finora un grande risalto che non è poca cosa. Addirittura un traguardo atteso da anni e mai raggiunto, prima di questo momento fantastico. 
L'effetto lo si avverte anche nel numero crescente di visitatori che affollano Matera in questi giorni e che ci sorprende  positivamente."

  D - In questa prospettiva di crescita il Parco della Murgia sarà, per così dire, in prima linea. Bisogna tuttavia costruire delle premesse che siano all'altezza della situazione. 

  "Il nostro Parco ha una vocazione non semplicemente naturalistica. Non c'è solo flora e fauna, non c'è solo un paesaggio mozzafiato. Questo parco ha una grande vocazione storica e archeologica, per cui può essere un elemento trainante per un discorso culturale di assoluto rilievo. Un parco urbano con una grande vocazione culturale. 
Il parco della Murgia ha  bisogno di una riqualificazione per un rilancio complessivo. 
Occorre uno sforzo immane  commisurato alla posta in gioco e alla consistenza dell'intero patrimonio: non dimentichiamo i casali, le masserie fortificate. Ci sono poi i siti archeologici presenti nel Parco, Murgia timone, Murgecchia, e Casanello un sistema di siti che risale addirittura al neolitico sul quale si sta lavorando giacché rappresenta da solo un valore da non trascurare. Non solo. Non dimentichiamo  le ceramiche di Serra d'Alto, che vanno tutelate e rilanciate. Obiettivi come si vede di tutto prestigio, dai quali può senz'altro dipendere la svolta tanto attesa." 

           Matera dall'alto (foto R.De Rosa)                           

sabato 18 ottobre 2014

MATERA 2019: SGARBI APPROVA SENZA RISERVE


                           



Anche Vittorio Sgarbi, che certo non si lascia sedurre dagli stimoli di un facile conformismo, condivide e sostiene  la vittoria di Matera capitale europea della Cultura 2019.
Il critico d'arte è intervenuto alla trasmissione di Beppe Rovera, Ambiente Italia, in onda il sabato su Rai Tre affermando che le ragioni vere di questo traguardo consistono proprio  nel passato della città dei Sassi, nei suoi sforzi per superare con la cultura il divario rispetto ad altre realtà, soprattutto del Centro Nord.
Ottima intuizione quella di mettere insieme i temi dell'ambiente, della cultura e dell'arte, fino al punto da agganciare il programma all'attualità delle ultime ore, vale a dire la vittoria di Matera che si trovava a competere  con altre cinque città i cui curricula non sono certo da sottovalutare.   
Ambiente Italia segue non da oggi le vicende di Matera e quelle di una Basilicata "laboratorio". Numerose le trasmissioni andate in onda su vari aspetti legati alla realtà lucana: storica quella che Rovera realizzò nei giorni di Scanzano,  con la regia di Mia Santanera, proprio dalla città che era stata scelta come deposito nazionale delle scorie radioattive, in un clima  a dir poco rovente, mentre infuriava la protesta per scongiurare appunto questo rischio. Era il mese di novembre del 2003. 
Puntata difficile e problematica che si riuscì a mettere in piedi grazie  alla capacità di mediazione e al senso di equilibrio che Ambiente Italia offrì alla piazza e all'intero Paese. Un esempio di vero pluralismo, con tutti gli sforzi per fornire un'immagine il più possibile completa della Basilicata, all'improvviso diventata il punto focale di un Sud alle prese con mille problemi, legati alle vicende dell'ambiente e non solo. 
Oggi i tempi sono cambiati. La Basilicata di Scanzano ha "cambiato volto". La regione è diventata il maggior produttore di petrolio in terra ferma, a livello europeo, al punto da guadagnare una particolare attenzione dello stesso Presidente del Consiglio. E per fortuna ha raggiunto contestualmente  il traguardo di essere la terra alla quale appartiene Matera, diventata Capitale europea della cultura 2019.
Una marcia in più da utilizzare al meglio. 

venerdì 17 ottobre 2014

MATERA CAPITALE



                            


  Una esplosione di gioia ha accompagnato l'annuncio del Ministro Franceschini che ha proclamato ufficialmente Matera Capitale europea della Cultura per il 2019. 
  A gioire sono stati non solo i materani, non solo i lucani e non solo i cittadini dell'altra Basilicata che si trovano nel mondo, sparsi qua e lá, nei vari continenti. Ma tante e tante altre persone convinte che Matera metta insieme, non da oggi, storia e cultura, modernità e passato remoto unificando il tutto in una dimensione di città vera che si propone di diventare un modello efficace di vita. Accanto alle immagini del Cristo si è fermato a Eboli, Matera mostra oggi il volto del suo dinamismo, nella scienza, nella letteratura, nel costume. Ma anche e soprattutto nel turismo che rappresenta una ricchezza di straordinaria importanza con quel 15 - 20 per cento in più di visitatori italiani e stranieri, capace di stabilire un primato, anche in questo caso. 
  Matera diventa capitale della Cultura nel cinquantesimo del Vangelo secondo Matteo di Pasolini. Un film nato dalla convinzione del grande regista che una location del genere avesse in sè tutte le caratteristiche  per presentarsi dignitosamente ad un pubblico vasto e complesso.
C'è poi da riflettere sul titolo attribuito di capitale europea della Cultura. Che cosa è la cultura se non un modo di proporsi, di proporre un diverso protagonismo ad un Paese  con l'economia, oggi, non in grado di dare risposte positive ai problemi più urgenti. Bene, in tutto questo scenario la città dei Sassi si afferma come capace di stabilire un primato. Ma è la Basilicata tutta a stabilire un primato, ufficialmente riconosciutole, a livello internazionale.
Ecco il valore del risultato ottenuto, davanti al quale si commuove il Sindaco Adduce. Esulta con enorme soddisfazione anche il governatore Marcello Pittella, al quale va dato atto di avere creduto fortemente nelle possibilità di successo e di avere lavorato con determinazione per fare intendere ai lucani tutti, nessuno escluso, che la vittoria non sarebbe mancata, ma non certo per una semplice ragione di fortuna, quanto per la qualità dell'impegno profuso da intere generazioni.
  Siamo dunque ad una svolta? Fuori dubbio. Si tratta di farlo capire, d'ora in avanti, a chi ha sottovalutato puntualmente questa realtà al punto da immaginare di poter  spaccare in due una regione e annetterla un pezzo alla Puglia, un altro pezzo alla Campania. 
La Basilicata, terra di Orazio, non potrà essere merce di scambio, oggetto di spartizioni. Mercificazione dei suoi cervelli. E meno che mai pattumiera d'Italia. Ora c'è una ragione in più per combattere a testa alta. 

giovedì 16 ottobre 2014

SUD E PARCHI: CHE FARE?

Intervista all'on. Ermete Realacci, presidente della Commissione ambiente, territorio e lavori pubblici della Camera

                              
                                                           
                                                 On. Ermete Realacci
                          
La fragilità dell'ambiente s'impone oggi come il problema dei problemi. Più di un'emergenza a causa delle tante disattenzioni, dei ritardi inammissibili e di una burocrazia lenta e inefficiente che in Italia continua a creare danni incalcolabili. Intervenire sul territorio, a fin di bene,  comporta lungaggini inaudite e rispetto di tempi tecnici ben oltre i limiti di qualunque ragionevolezza. Se non l'impossibilità, a volte, di porre mano a progetti di risanamento ambientale di ampio espiro.
Sicchè i parchi e le aree protette, alla luce di quanto sta accadendo a Genova ma non solo, rappresentano un elemento di difesa e di rilancio di zone ben custodite, con prerogative conservate bene e con la capacità di offrire un patrimonio di inestimabile valore al turista o anche alle famiglie interessate a vivere momenti diversi dal caos del traffico e dai rumori delle città. 
I parchi sono dunque il fiore all'occhiello di una cultura ambientalista non certamente superflua e meno che mai figlia di un fanatismo inspiegabile e dannoso. Rappresentano piuttosto il frutto di una sensibilità strappata al nostro tempo dalla corsa ai consumi e dal petrolio, una ricchezza sotto il profilo economico ma un danno enorme sotto altri aspetti. 
Per giunta in Italia il più giovane dei parchi nazionali, l'Appennino lucano Val d'Agri lagonegrese, in Basilicata, si trova a fare i conti con il giacimento di petrolio  più grande in Europa, tra quelli in terra ferma. Milioni di barili di greggio finora estratti dal sottosuolo lucano, con miliardi di profitti per le compagnie,  e migliaia di tonnellate di reflui, prodotti dalle estrazioni, che non si sa come e dove collocare. Un problema enorme di cui purtroppo non si discute nemmeno.
L'on. Ermete Realacci, oggi presidente della Commissione ambiente, territorio e lavori pubblici della Camera, è figura storica nel campo ambientalista. Ha accettato di rispondere ad alcune mie domande sul tema "Sud e Parchi, che fare?" L'intervista che segue è un utile contributo al dibattito in corso e per questo sinceramente lo ringrazio.

"A guardare bene i dati del recente rapporto ‘L’Economia reale dei Parchi’ elaborato da Unioncamere per il ministero dell’Ambiente, i parchi meridionali oltre ad essere i più giovani dal puto di vista della popolazione residente, sono anche quelli che vantano la maggiore incidenza di imprese giovanili. Basti vedere i casi dei parchi dell’Aspromonte, della Sila e del Vesuvio. E sempre al sud i Parchi hanno anche una buona presenza di imprese femminili. Anche dal punto di vista delle notti trascorse nei Parchi nazionali le nostre aree protette del meridione non hanno nulla da invidiare alle aree protette del nord, i primi due parchi in questa classifica sono infatti il Gargano e il Cilento. Se si va poi a vedere i dati dell’economia reale, le variazioni più positive tra 2011 e 2013 le hanno avute il Parco Nazionale d’Abruzzo Lazio e Molise, il Parco dell’Aspromonte e  quello del Pollino. E nel settore delle Aree Marine Protette quelle con maggiore incidenza nell’economia del mare sono le Tremiti, le Pelagie e le Egadi. Tutte al sud insomma. Dove i parchi del meridione sembrano essere più deboli è nell’offerta di un sistema di servizi, un’offerta di territorio più organizzata, articola ed evoluta, capace di intercettare la disponibilità all’acquisto di beni e servizi di qualità da parte dei visitatori. Organizzare un sistema di servizi di questa natura non significa forzare il turismo e aumentarne l’impatto ambientale, ma farlo meglio e con maggiore attenzione alla qualità e alla conservazione del patrimonio di biodiversità, paesaggio e cultura  del territorio. Anche per i parchi si ripropone la scommessa che in generale riguarda lo straordinario patrimonio storico, archeologico e culturale del Paese. Ossia individuare nuove forme e nuovi modi di educazione e intrattenimento capaci di raggiungere un pubblico il più ampio possibile, aprendosi di più al rapporto con le industrie creative e alle opportunità offerte dalle nuove tecnologie, dalla realtà virtuale e aumentata."

D - Si continua a parlare di una possibile revisione, di un adeguamento della legge quadro, la 394. Qual è il Suo punto di vista?

Innanzitutto va detto che la 394 è stata una buona legge. La prova è nei fatti: in poco di vent’anni siamo diventati il primo paese in Europa per numero ed estensione dei Parchi e forme di tutela della biodiversità, tanto che il nostro sistema delle aree naturali protette, nonostante i suoi punti di fragilità, è apprezzato a livello internazionale. Prova ne sia anche il fatto che diversi comuni nelle varie realtà del Paese chiedono di entrare nei Parchi, che anche dove l’effetto di ‘traino’ del parco sul resto dell’economia è stato minore ha rappresentato comunque un vantaggio per il territorio. Per questo penso che il tagliando che si vuole fare alla legge 394 debba rafforzare lo spirito originario e l’impianto complessivo della legge, mantenendo i due assi fondamentali: l’autonomia degli Ente Parco e il sistema nazionale delle Aree protette.

D - Nel parco dell'Appennino c'è il problema del petrolio, che non è certo poca cosa.  


"Il petrolio è oggi un problema di controlli da un lato e di utilizzo intelligente delle royalties dall’altro. La cosa importante è che si attivi al più presto un sistema di controllo e monitoraggio ambientale che verifichi le attività di ricerca ed estrazione petrolifera, nell’interesse delle istituzioni e delle comunità locali, ma anche nell’interesse delle stesse compagnie petrolifere. Non solo per garantire la tutela della salute e dell’ambiente, ma anche per dimostrare che la Val d’Agri è un territorio di straordinarie ricchezze naturali e culturali. È  proprio grazie alla presenza del Parco che in Val d’Agri sono state sventate azzardate ipotesi di distretti della plastica che avrebbero snaturato la Valle."


martedì 14 ottobre 2014

PETROLIO, ROYALTIES E ALTRO


intervista al Governatore Marcello Pittella

                             
                         Marcello Pittella (foto R.De Rosa)

Cresce l'attesa delle popolazioni della Val d'Agri per quanto riguarda la sicurezza del Centro Olio di Viggiano, e anche in relazione ai temi collegati al petrolio e alle royalties. Materia  complessa e difficile da dipanare, in cui confluiscono le decisioni del Governo e il ruolo della Basilicata in una dinamica di rapporti fra le istituzioni locali e nazionali. In definitiva una posta in gioco difficile, un banco di priva decisivo. 
Per di più in questi giorni è stato diffuso un documento, del Dipartimento per l'energia del Ministero per lo Sviluppo economico, a firma dell'Ing. Arnaldo Vioto, responsabile del settore, in cui si chiede tra l'altro a ENI di predisporre "uno studio tecnico progettuale da trasmettere al Ministero che esamini la fenomenologia registrata negli ultimi eventi in oggetto ed indichi gli interventi per minimizzare la probabilità del verificarsi di circostanze similari..." 
Lo studio dovrà essere pronto nell'arco di centoventi giorni. La nota si riferisce agli eventi accaduti nell'arco di tempo tra l'uno e l'otto settembre scorsi, quando ci fu un eccesso di fiamma dal camino del Centro Olio e si verificarono altri fenomeni che hanno diffuso inevitabilmente preoccupazione tra gli abitanti dell'area. 
Tra le numerose prescrizioni del Ministero a ENI figura, inoltre, la richiesta di precise garanzie in relazione agli addetti all'impianto. Si chiede in particolare di trasmettere i "curricula vitae" dei sorveglianti capi turno, del capo impianto, del responsabile di produzione, del responsabile di manutenzione, dell'addetto alla gestione delle apparecchiature ed installazioni elettriche e del responsabile del servizio sicurezza e prevenzione."  Prescrizioni davvero senza precedenti, Ciò evidentemente perché ci siano  garanzie nella gestione del Centro, in concomitanza con l'ampliamento dello stesso e con l'aumento delle estrazioni di greggio dal sottosuolo lucano, auspicato anche dallo stesso Presidente del Consiglio, infastidito dai veti dei "comitatini" lucani e dalla indisponibilità della regione a trasformarsi nella terra delle trivelle, da disseminare ovunque, praticamente. In terra ferma e in mare  senza alcun limite.
Su questo tema il Presidente Marcello Pittella non sembra intenzionato a transigere. Meno che mai a cedere difronte a richieste sproporzionate da parte delle compagnie, a danno del territorio e della salute degli abitanti.
"Al momento siamo in attesa che in Commissione, alla Camera, si discutano gli emendamenti che abbiamo proposto, di concerto con la delegazione parlamentare lucana,  a partire dal bonus carburante, all'espungimento dal Patto di stabilità delle royalties del petrolio, con riferimento all'articolo 16 e all'inclusione sociale.
Stiamo seguendo sia direttamente che a distanza il lavoro che Realacci e Braia stanno portando avanti in commissione e siamo in trepida attesa confidando non solo nell'ottenimento dei risultati auspicati perché consapevoli dell'importanza di una traguardo del genere. Del resto se vogliamo dare corso a un minimo di reddito di inserimento per i cassintegrati e per la mobilità in deroga, che non esiste più, abbiamo bisogno di recuperare le risorse necessarie."

D - Presidente Pittella, diciamolo francamente. Oggi la posizione di Renzi qual è. 

"Non direttamente ma indirettamente di grande apertura nei confronti della Basilicata. Per cui nel combinato che c'è tra legge di Stabilità nazionale e Sblocca Italia noi potremo trovare la soluzione ai problemi posti."

D - Quindi un momento di attesa, una fase interlocutoria, da vivere con una briciola di ottimismo che forse non guasta. Sottolineo forse.

"Siamo in un momento di attesa, ovviamente molto vigile. La partita è di quelle molto decisive per le sorti della Basilicata e per le prerogative della stessa regione, rispetto a una materia importante come quella delle estrazioni di petrolio."
   

lunedì 13 ottobre 2014

LA LEZIONE DEGLI "ANGELI DEL FANGO"



                             


Un disastro di proporzioni immani. Solo così è possibile definire l'alluvione che ha colpito Genova da giorni e che ora interessa altre aree del Nord, anzitutto il Piemonte.
Renzi stanzia due miliardi, con il rischio che possano rivelarsi insufficienti per correre ai ripari in un momento difficile e forse drammatico con la gente invasa dal fango nella impossibilità di vivere e di portare avanti le proprie attività. Insomma, di lavorare. 
A questo punto crolla il sistema di salvaguardia del territorio, ammesso che sia mai esistito in termini di prevenzione e di responsabilità da parte del livello governativo e ministeriale. Sicchè appare finanche inutile e fuori luogo, paradossalmente, che il sindaco di Genova debba rassegnare le dimissioni. Per raggiungere quale obiettivo? Quello di un improbabile confronto con il Governo che si troverebbe  impossibilitato al momento a dare risposte che dovevano essere date nel corso degli anni. Si può dire dall'alluvione di Firenze del 1966 ad oggi, senza considerare Sarno e altro ancora.
C'è di mezzo la dignità di un Paese civile e la coerenza di un'intera classe dirigente: la politica non può mancare di confrontarsi con questi obiettivi, pena un inarrestabile crollo con tutte le conseguenze possibili.
Grillo sarà con i suoi martedì in città per aiutare i genovesi a spalare "la merda" come lui stesso annuncia con le solite espressioni dei cinque stelle  introdotte finanche nel linguaggio parlamentare. Diventate insomma una consuetudine, amara, disgustosa finché si vuole, ma una consuetudine vera e concreta. Oltretutto non vedo quali alternative il sistema assicura per bloccare la deriva del Paese e introdurre civiltà e rispetto per gli altri in un momento in cui volgarità ed espressioni triviali si accompagnano bene a una crisi altrettanto rozza e indomabile. 
C'è da affrontare non solo un problema riguardante l'assetto idrogeologico del territorio, quanto questioni etiche e  comportamentali. Forse c'è da rivedere tutto l'apparato politico istituzionale, il suo modo di intendere il rapporto con i cittadini e la vita di un intero paese che avanza nel buio. 
Non è  esagerato dire che l'unica, vera certezza è l'infinita solidarietà della gente, quella solidarietà accompagnata dal sacrificio di tanti giovani definiti angeli del fango. Non poteva esserci, del resto, definizione migliore in omaggio alla dignità e all'impegno morale di questi angeli custodi, buttati nel fango dalle mille emergenze legate a  un disastro naturale di dimensioni inaudite. Di cui forse non ci si rende ancora conto.
Uno schiaffo per la politica dovere soltanto immaginare che per compostezza e impegno questi giovani danno una lezione di civiltà al Paese, ormai non più sull'orlo del burrone. Ma finito nel precipizio. 

sabato 11 ottobre 2014

GENOVA, SE MATTEO RENZI CI PENSASSE UNA NOTTE


                                


"Genova resiste", ma  per quanto tempo ancora? L'alluvione che si è abbattuta sul capoluogo ligure è una sciagura che chiama in causa non solo le responsabilità locali, ma l'assenza di politiche a livello nazionale, la mancanza di una sensibilità vera da parte di chi decide il futuro del territorio, della sua economia e dei suoi abitanti.
Possibile che una città possa vivere costantemente sotto l'incubo di allagamenti, frane e smottamenti non appena l'autunno si affaccia con le piogge inevitabili, anzi più volte auspicate per regolarizzare il ciclo della natura in seguito al protrarsi di lunghi periodi siccità. Si, purtroppo è possibile. E ciò accade da almeno quarant'anni. Una vergogna. Anzi la dimostrazione di come si possa giocare sulla pelle degli abitanti, senza curarsi di nulla. 
L'abbandono dell'ambiente è una costante che accomuna il Nord e il Sud. Basti pensare a Sarno, alla Calabria, al Metapontino, per quanto in quest'ultimo caso i danni non siano paragonabili a quelli subiti da aree urbane importanti del Centro Nord con distruzioni e morti in numero allarmante.
Si fa presto, in situazioni del genere, a dare la colpa alle previsioni del tempo, alla Protezione civile incauta e imprevidente, alle solite Arpa gestite politicamente dalle regioni e tenute di conseguenza al guinzaglio, senza una briciola di autonomia professionale nè di libertà di movimento. Accuse vere soltanto in parte, molto spesso. 
Chi ha mai pensato, in questo orribile frangente in cui la forza distruttrice dell'acqua si è scatenata senza limiti su strade e quartieri di Genova, a chiamare in causa il comune, i comuni per le loro responsabilità dirette nella gestione del territorio? Chi ha mai sollecitato una forma di coordinamento, a livello centrale, delle attività per la salvaguardia delle aree più fragili? Chi mai ha invocato una effettiva politica di rigore per il rispetto degli equilibri ambientali, delle località esposte al rischio idrogeologico? Ma  non solo sul piano meramente delle enunciazioni di principio, quanto in concreto.
Tutti interrogativi senza risposta. Genova insegna, purtroppo, ma non solo Genova. Altre città, altri capoluoghi, altri paesini a loro volta non smettono di insegnare. Ma finora questi moniti o, se preferite, queste drammatiche lezioni, non sono serviti a nulla.
C'è un dato che  sfugge, ed è francamente un male. Subito dopo il rovinoso terremoto dell'Irpinia e della Basilicata, del 23 novembre 1980, il mondo della scienza, dell'ingegneria civile e della stessa politica lanciò l'obiettivo del consolidamento inevitabile di interi abitati sia contro il pericolo sismico, sia  contro quello  di smottamenti in caso di forti piogge e di temporali persistenti. 
Questo proclama è rimasto sulla carta nonostante l'Universitá di Portici (Napoli) abbia realizzato una  mappa degli interventi da porre in essere e delle priorità da attribuire e far rispettare senza mezzi termini. Del resto quale consolidamento si può mai attuare se si continua a far costruire in prossimità  di fiumi e torrenti, in zone strutturalmente deboli, se ci si dimentica delle manutenzioni di corsi d'acqua, piccoli o grandi che siano.
Un'ultima  considerazione va fatta: non siamo ai tempi di Giustino Fortunato che definiva la Basilicata la terra dello "sfasciume idrogeologico". Oggi sono stati fatti passi da gigante. Le università sono piene di cervelloni da premio Nobel nelle varie discipline idrauliche, eppure siamo al paradosso dei paradossi che delle piogge autunnali, per quanto intense, si trasformano in una sciagura per l'ambiente e per chi lo abita. In una occasione di morte e in un disastro per l'economia di intere aree invase dall'acqua. 
Dove sono gli scienziati, i consulenti dei comuni super pagati con tanto di titolo di Prof. da esibire a garanzia dei loro interventi? Dove sono i tecnici del Genio civile che hanno sempre avuto grande capacità di affrontare i nodi di vaste aree divenute fonte di paura e causa di drammi non appena il cielo si copre di nuvoloni neri? 
Queste sono le riforme da fare nel Paese alla deriva. Se Matteo Renzi ci pensasse su una notte forse non insisterebbe sull'art. 18 ma su ben altro. 

giovedì 9 ottobre 2014

OSPEDALE DI VILLA D'AGRI: VERSO UN RADICALE RINNOVAMENTO

Intervista a Claudio Cantiani, sindaco di Marsicovetere

                                                       
                                                           



Non più un ospedale di zona, con i vari reparti. Con le strutture da cambiare e da migliorare inevitabilmente. Ma un centro di alta qualificazione con riferimenti alle aree in cui i problemi dell'ambiente fanno avvertire il loro peso sulla salute.
Del resto una scelta del genere è decisamente in linea con il ruolo di Villa d'Agri, ormai realtà evoluta e non semplicemente un paesino con quell'idea del piccolo è bello  assolutamente improduttiva. Ma un centro con una evoluzione del suo stesso tenore di vita, avvenuta progressivamente nel corso degli anni.
La riqualificazione dell'ospedale è stata  al centro di un affollato dibattito con il governatore della Basilicata, Marcello Pittella, con la partecipazione di amministratori e di numerosi medici, e di un pubblico particolarmente attento. Dibattito iniziato ormai da tempo, va detto. Da anni addirittura.
Riqualificare. Anzi orientare il nosocomio nella direzione della ricerca e in una dimensione ben più ampia di quella attuale: ecco la sfida. Si, una vera e propria sfida, in senso positivo, come la considera il sindaco Claudio Cantiani.
"La delibera regionale che individua l'Ospedale di Villa d'Agri come centro regionale per le patologie ambientali - sostiene Cantiani - rappresenta un grosso investimento sulla nostra realtà ospedaliera. Il nostro nosocomio esce da quella visione localistica per diventare centro di riferimento regionale per le patologie ambientali. Terminale di risorse e investimenti regionali, per una regione dove le criticità ambientali stanno diventando una vera e propria emergenza.Vista anche la grande attenzione che il mondo scientifico dedica ai problemi ambientali e alla salute , la regione con questo atto fa un passo importante e mostra grande sensibilità verso le tematiche ambientali e le varie criticità."

D- La posta in gioco non è piccola nè insignificante. Si parla di un coinvolgimento del CNR. Ma in che termini?

"Localizzare la sede del CNR di Pisa presso l'Ospedale:  il protocollo d'intesa ed il relativo progetto di sviluppo è in fase avanzata di realizzazione. Ciò rappresenta per l'area un risultato da non sottovalutare, segno che si inizia ad investire in ricerca e farlo qui in val d'Agri è un segnale non da poco."

D - In certo senso si fa strada l'idea che l'ospedale tradizionale possa essere totalmente sostituito da una struttura d'eccellenza. Nuova e diversa. Il nuovo che avanza, in genere, incute paura? Almeno frequentemente.

"Bisogna intendersi. Si tratta di innovare nel senso di migliorare assolutamente l'esistente. L'obiettivo è di mantenere e migliorare gli attuali standard. La Risonanza Magnetica va ad arricchire e completare una diagnostica già importante, la ginecologia e urologia oncologica, la riabilitazione del pavimento pelvico vanno a dare una specificità al reparto di ginecologia che con la perdita del punto nascite veniva ridimensionata, creare la immunologia clinica con il relativo potenziamento del laboratorio di analisi va ad arricchire ed aumentare l'offerta sanitaria dell'ospedale. Tutto questo unito all' impegno di risolvere i problemi della carenza di personale e all'ammodernamento tecnologico, va nella direzione di potenziare e migliorare la struttura .
E' chiaro che un ruolo essenziale spetta al personale tutto dell'ospedale, senza il quale tutto ciò non sarebbe possibile. Di qui deriva la condivisione del progetto stesso."

mercoledì 8 ottobre 2014

TURISMO, AGRICOLTURA E AMBIENTE

Un progetto di  turismo rurale del Comune di Moliterno punta a dare  nuova linfa alle aziende agricole nell'area del Parco nazionale

                           

Il primo interlocutore, l'interlocutore per così dire privilegiato, è il  Parco nazionale dell'Appennino lucano, Val d'Agri lagonegrese. Alcuni centri, che rientrano nel perimetro dell'area protetta, anzitutto Moliterno, sono impegnati in un progetto su vasta scala tendente a valorizzare le capacità di aziende agricole e agrituristiche di attrarre un cospicuo numero di visitatori, in particolare da fuori regione, per far conoscere peculiarità naturali ed elementi di spicco della ruralità. Ma anche storia, archeologia e costume delle popolazioni dell'antica Lucania, a diretto contatto con la natura.
Il progetto s'interseca con le varie iniziative che hanno come sfondo il paesaggio delle valli e dei monti,  compresi nel Parco, e si trasforma in  un formidabile attrattore, in termini di sviluppo delle potenzialità produttive e occupazionali, legate alla vita dei casolari e della gente dei campi, ieri come oggi.
Un elemento di spicco, lo considerano gli esperti, per combattere l'abbandono delle campagne e diffondere un messaggio: gli alberghi con cinque stelle non sono l'unico elemento capace di dare impulso ad un turismo di qualità. C'è una vasta ricettività nelle aziende,  ci sono mille possibilità di creare circuiti di visitatori con altre premesse e ottime possibilità di successo, come accade al Nord. Come è avvenuto negli ultimi mesi anche in Toscana, nel Lazio, in Umbria. 
Estensore del progetto, valutato positivamente da esperti dei vari settori, è Angelo Petrocelli, agronomo e profondo conoscitore della rete di aziende agricole presenti sul territorio dell'Alta Valle del fiume Agri.
Incontri e contatti sono in corso a livello di operatori del settore. 
Il sindaco di Moliterno, Giuseppe Tancredi, apprezza il dinamismo con cui si procede, convinto che valorizzare il mondo rurale ha un significato storico, politico, sociale. Del resto Moliterno con i suoi pascoli e la sua produzione di formaggi di pregio, guarda inevitabilmente a una ruralità davvero capace di svolte d'un certo livello. Una realtà economicamente all'altezza vuole misurarsi con altre sfide e altra progettualità.
Tra gli scopi dell'iniziativa, c'è anche quello di scongiurare lo spopolamento delle campagne, migliorare il mercato dei prodotti ortofrutticoli, avvicinare la gente ai contadini di oggi, veri imprenditori capaci di dialogare con gli ospiti  e far conoscere le loro scelte.
Il tipo di turista, al quale il progetto si rivolge, è si un turista "selettivo" con precisi orientamenti e capace di scelte ben definite. Ma la meta da raggiungere consiste nel riuscire a coinvolgere anche le famiglie, i ragazzi, le persone meno giovanni, in definitiva. 
Il dato da non perdere di vista, tuttavia, è  rappresentato dal peso che il Parco nazionale potrà avere in una operazione del genere come elemento di salvaguardia ambientale, ma non solo. Anche nella sua veste di motore di uno sviluppo compatibile di largo respiro. Ecco perché l'idea guida intende porre al primo punto, oltre alle aziende, l'Ente Parco e gli organi dirigenti soprattutto nella fase attuale in cui si sta ponendo in essere la Carta europea del turismo sostenibile. Un vero banco di prova per sperimentare forme nuove e interessanti di un turismo a "misura d'uomo".
Tra l'altro si tratterebbe  di mettere a frutto il lavoro svolto dall'INEA, l'istituto di Economia agraria, per valorizzare i regi tratturi e renderli fruibili dal territorio e dalle aziende rurali. 

sabato 4 ottobre 2014

MATERA 2019

Entusiasmo e fiducia verso un traguardo davvero importante

                            
                                       Salvatore Adduce Sindaco di Matera


E'  sorprendente pensare come, in un momento di gravi difficoltà, emergano doti e risorse davvero straordinarie in  vista della contesa tra le città in lizza per il titolo di Capitale europea della Cultura 2019. 
Ciò significa che le potenzialità non mancano e che la cultura è un grande motore di sviluppo, davvero al di lá delle migliori previsioni. Tradurre tutto questo in realtà è il vero banco di prova, certo non facile da affrontare. 
In questa competizione così esaltante Matera ha caratteristiche di assoluto rilievo che la collocano in una posizione di primissimo piano. Gli antichi quartieri dei Sassi e la volontà  di migliaia di visitatori stranieri di scegliere la città lucana come meta privilegiata dei loro viaggi rappresentano un marchio di qualità resistente a tutte le intemperie. A parte poi il passato di questa terra, quasi adagiata al confine con la vicina Puglia, vera fucina di cultura e arte. Ma anche di storia e di costume.
Intorno alla fase preparatoria della grande kermesse per Matera 2019 l'interesse è altissimo. Il clima si fa di giorno in giorno sempre più motivato, mentre c'è già chi guarda con l'animo del protagonista all'evento, un appuntamento sconvolgente che richiama l'humus di una terra maledettamente ai margini, nonostante la sua grandezza e il significato della sua presenza in un Sud non tutto uguale.
Il sindaco Salvatore Adduce è davvero in prima linea, accanto a migliaia di persone interessate a fare emergere la storia di una città che è ormai patrimonio dell'Unesco. Non è poco, indubbiamente.
"La città è in fermento: sono partite tante iniziative a sfondo culturale molto partecipate e  condivise dall'opinione pubblica, a cominciare dalla presenza di Radio Tre Rai che ha dedicato la festa al capolavoro di Cesare Beccaria "Dei delitti e delle pene". 

D - Non state pensando in ogni caso di ampliare ulteriormente la platea dei sostenitori di Matera 2019 e ciò per accrescere il risalto. 

"Il sostegno alla candidatura è molto vasto e coinvolge tanti personaggi della cultura, dell'arte, del mondo della musica. Personalità che hanno trovato nel nostro progetto stimoli straordinari. La preparazione dura ormai da oltre cinque anni e rappresenta un dato altamente significativo. 
Il programma culturale, presentato nei giorni scorsi, è innovativo. Insomma abbiamo costruito proposte di alto livello apprezzate in ambiti di tutto rilievo."

D - Sarebbe interessante capire, ad esempio, qual è l'atteggiamento dell'Europa nei confronti di Matera.

"Se parliamo delle persone, dei visitatori da dire che ho notato in questi anni un aumento vertiginoso delle presenza di stranieri, europei e non. Un aumento enorme che non è soltanto un dato numerico, ma una questione di contenuti e di sostanza.
Abbiamo registrato numeri imprevisti; mentre il paese va indietro sulle presenze di turisti noi abbiamo registrato un venti per cento all'anno di incremento di persone che si lasciano affascinare da questa splendida città e dal suo modo di vivere. Dalla bellezza e dal significato dei suoi edifici storici.
C'è davvero entusiasmo per le strade di Matera. La gente è partecipe, come accennavo, ha davvero voglia di esserci e si sente coinvolta al punto da prendere iniziative, organizzare premi letterari. Cercare il più possibile di entrare nel clima di questo evento straordinario.
In occasione poi del cinquantesimo anniversario del Vangelo secondo Matteo di Pasolini, da rilevare che la città vive una stagione intensa ed esaltante a tutti gli effetti con qualificate presenze di stranieri. Il che è di buon auspico, indubbiamente."

mercoledì 1 ottobre 2014

MATERA 2019

Filippo Bubbico: un grande lavoro si sta facendo per Matera Capitale europea della cultura

                            
                             Il viceministro Filippo Bubbico

"Siamo allo sprint finale" per Matera 2019, ha dichiarato Paolo Verri, direttore del Comitato per la candidatura della città a Capitale europea della cultura. Un traguardo importantissimo, anzi addirittura vitale per una terra come la Basilicata che ha tutto e continua a perdere terreno, in termini di sviluppo e occupazione.
Per Matera si moltiplicano le iniziative e le prese di posizione, mentre cresce l'attesa in vista dell'arrivo in Basilicata della commissione europea il 7 ottobre. Un appuntamento decisivo. 
Filippo Bubbico crede molto nelle concrete possibilità di un risultato che ripaghi la città dei Sassi di secoli di storia e del valore della sua offerta. E apprezza particolarmente la qualità del lavoro svolto finora in vista di una meta difficile ma esaltante.
"Mi auguro che possa arrivare presto l'annuncio di un positivo giudizio per Matera Capitale europea della Cultura. Un risultato atteso non dai soli materani. Penso intanto che in questi anni sia stato fatto un grande lavoro dal sindaco Adduce, dall'Amministrazione comunale di Matera e da tutte le istituzioni di Basilicata. 
La Fondazione costituita in vista dell'importante appuntamento coincide in realtà con lo spirito di Matera Basilicata 2019. È un dato che va rilevato con grande evidenza, giacché questo traguardo viene vissuto come decisivo dall'intera comunità regionale e non solo, come dicevo,  da Matera. Ad esempio molti comuni dell'area Murgiana si sentono coinvolti, poiché si è compreso che l'appuntamento del 2019 può rappresentare un momento in grado di cambiare radicalmente le dinamiche economiche e sociali di questa regione."

D - Un risultato positivo avrebbe ricadute di tutto rilievo e servirebbe in effetti a far pesare molto di più la Basilicata nei confronti del Paese e dello stesso Governo.

"Non vi è dubbio, la Basilicata peserebbe di più perché verrebbero inevitabilmente valorizzate le risorse, ma soprattutto verrebbe incentivato quel protagonismo che non sempre viene esercitato in maniera convinta per promuovere uno sviluppo che parta dal territorio e diventi determinante in ogni caso.
Non dimentichiamo che abbiamo risorse da mettere a frutto per promuovere un'adeguata crescita economica e nuova occupazione derivante da uno sviluppo diverso.
In una economia nazionale ed europea si conta in ragione della capacità di fare e dei risultati ottenuti. Se una comunità riesce a mobilitare tutte le proprie energie, a quel punto diventa inevitabile che quel lavoro venga assunto come esempio per le altre comunità e quindi cresce il peso di cui si dispone."

D - Tutto sommato c'è da essere ottimisti, facendo naturalmente i conti con la realtà, ovvio.

"Ribadisco di essere molto soddisfatto per il lavoro portato avanti fin qui, ma non solo. Anche per la coesione istituzionale che si è creata intorno a questo progetto e, inoltre, per il grado di partecipazione popolare che  travalica i confini della stessa regione Basilicata  e si spinge ben oltre con attestazioni di stima e apprezzamenti da non sottovalutare. Cosa della quale, a prescindere da tutto, bisogna essere soddisfatti."