venerdì 27 febbraio 2015

SE IL FOGLIO SAPESSE QUEL CHE NON SA



Far seguito, con articoli e puntualizzazioni, alle sciocchezze apparse sul Foglio a proposito della trasmissione Presa diretta e della Basilicata, terra di pastori e di pecoroni irriconoscenti, è un errore macroscopico.
Certo, in ogni caso si continua a scrivere sull'argomento ( a cominciare da chi scrive questa nota) perché l'articolo del Foglio ha fatto davvero il giro del mondo. Con tutta  la sua carica di assurdità ed inesattezze al punto da avere finanche sollecitato una precisazione dell'Eni che formalmente si dissocia da quell'articolo. Per fortuna.
C'è tuttavia un argomento cardine che sfugge all'articolista del Foglio e condiziona negativamente  una operazione del genere,  orientata in un senso ben preciso.  Con precisi interessi, sia chiaro.
La Basilicata induce a fare i conti con le più ampie modificazioni intervenute negli ultimi decenni nel tessuto sociale, nella cultura e nella storia del suo popolo. Modificazioni che collocano il suo territorio ed i lucani anzitutto in una posizione di primissimo ordine in un ambito non solo locale, ma nazionale e internazionale. 
Il passaggio da una vecchia e superata cultura contadina o silvopastorale, propria di regioni non solo del Mezzogiorno, a scenari ben diversi è un dato di fatto. Cosa rappresenta, ad esempio, il Centro di Geodesia spaziale di Matera se non l'attestazione di un livello di conoscenza e di scienza presente in questo territorio? Cosa significano il bagaglio di cultura scientifica del CNR di Tito, L'Osservatorio di Castelgrande, le mille attività sul piano commerciale e tecnologico ascrivibili a lucani operosi e intelligenti. Colti e capaci di seguire gli sviluppi del mercato in vari ambiti? 
Senza considerare poi il capitolo dell'università, un autentico laboratorio di ricerca, tecnologia e scienze naturali destinato ad avere un peso sul territorio e le sue caratteristiche. Ma anche sugli aspetti legati al tema della sismicità e del degrado ambientale. 
Altro che pecorai e straccioni che debbono un grazie alle compagnie petrolifere per avere sfruttato questo serbatoio di idrocarburi con milioni di euro di incassi. 
Certo, la Basilicata è una terra sfruttata, non da oggi, sarà bene sottolinearlo. Ma questo è ben altro capitolo.
Sull'argomento sono già intervenuto a proposito della presenza del centro della Trisaia di Rotondella che, a parte gli orientamenti attuali dell'Enea, contiene oggi al suo interno un cimitero di materiale radioattivo proveniente dagli USA. Si tratta delle 64 barre di combustibile nucleare della centrale di Elk River nello stato del Minnesota, con tutta la loro storia alle spalle, giacché quel materiale è frutto di una intesa o, meglio, di una generosa offerta al governo degli States di inviare le navi a prendere le barre esauste per poi riprocessarle nel centro Jonico. Non è poco, giacché quel materiale implica straordinarie misure di sicurezza e un livello di smaltimento non facile da garantire al territorio e non solo a Rotondella. Oltre a mille retroscena.
C'è da fare poi un'altra considerazione. Se la Basilicata oggi è sbeffeggiata da chi assurge al ruolo di arbitro o di giudice, di non so che, tutto questo dipende anche da precise scelte politiche del passato.  Se questa terra avesse avuto notevoli capacità produttive, elevato livello di competitività, adeguato peso politico in uno scacchiere non solo locale è evidente che non avrebbe svolto il ruolo di Cenerentola. E non si sarebbe prestata ad essere presa in giro, degradata, squalificata da banali  giudizi.
Questo non per fare facile dietrologia. Certo, ogni valutazione, ogni atteggiamento, ogni presa di posizione nascono da motivi ben precisi. Anche l'ignoranza nasce da ragioni specifiche che hanno ostacolato la conoscenza della verità. 
Oltretutto, se la Basilicata si identifica oggi in Matera 2019, vuol significare che quel popolo di pastori ha davvero cervello da vendere. Rifletta l'ottimo Federico Pirro. Fará una buona azione. 

mercoledì 25 febbraio 2015

INTERVISTA AL GOVERNATORE DELLA BASILICATA, MARCELLO PITTELLA, SU PETROLIO E PRESA DIRETTA



Il più grande giacimento di petrolio in terra ferma in Europa, qual è quello della Basilicata, provoca mille ubriacature. Mille contrasti. Contraddizioni a non finire. Tutto materiale utile a chi vuole che l'opinione pubblica non sappia a chi dare ragione e a chi  torto. Che navighi insomma in un mare di equivoci e di informazioni errate.
La grande kermesse messa in scena dopo la trasmissione Presa diretta in fondo non fa altro che creare una enorme confusione: si parla di ecologismi superflui. Di Basilicata che tornerebbe a essere terra di pastori e contadini qualora le trivelle abbandonassero il suo territorio. 
E poi c'è una riflessione, assolutamente utile, sul binomio Matera 2019 - petrolio. Un binomio ricordato anche nella relazione del Procuratore antimafia.  Matera - petrolio in fondo riflette le due anime della Basilicata, mentre tutta la prospettiva, al netto di insinuazioni e chiacchiericcio inutile, riguarda il futuro di questa terra. 
Chi è chiamato in causa è il "patron" della Basilicata, il governatore Marcello Pittella, considerato di volta in volta un presidente petroliere, magari favorevole alla proliferazione delle trivelle, nonostante lo stesso Presidente Pittella abbia specificato che lui non intende favorire le compagnie a danno dei lucani, del loro futuro e della loro salute. 

"C'è un atteggiamento scientemente sostenuto, da parte di alcuni, che recupera grande sensibilità nell'opinione pubblica. 
Gli argomenti sono tanti, a parte il danno che, secondo alcuni, deriverebbe al territorio privato della propria vocazione turistica. O che rischia di essere trivellato in ogni dove, fino al settantasette per cento della sua superficie. Uno spauracchio e nient'altro a fronte di una possibile matura e responsabile partecipazione dei ragazzi, soprattutto del mondo della scuola al dibattito su questi temi. Cosa che ritengo utile e necessaria. Quando gli studenti vengono sollecitati rispondono perfettamente a questi stimoli che delineano scenari riguardanti il loro futuro. 
Sono contento, per questo, di  avere visitato alcune scuole e continuerò a farlo. L'esito è molto favorevole, al di lá di qualche pattuglia di guastatori che fanno della demagogia l'arma per poter screditare una regione."

In che modo è possibile far luce sugli aspetti essenziali della questione petrolio in Basilicata, evitando che l'articolo 38, noto ormai anche ai bambini, sia un elemento controverso, oggetto di contrasti e polemiche.

"Non è difficile conoscere come esattamente stanno le cose. La verità è che si usano luoghi comuni: 300 pozzi si sente dire in giro. Tutto falso. I pozzi sono ventisei quelli in attività. 
Si tratta di fare un'azione a tappeto, mostrando le carte, verificando uno per uno gli atti concreti: non si può parlare soltanto per partito preso e spaventare l'opinione pubblica. Bisogna fare insomma un lavoro capillare. Solo così si risale all'effettivo stato delle cose."

Presidente Pittella, le agenzie di stampa, e non solo, hanno battuto una Sua lettera di protesta all'indirizzo della trasmissione Presa Diretta di Rai Tre.

"Ho preso posizione poiché intanto la mia intervista è stata registrata due messi fa. Non solo. Non si parla delle modifiche importantissime intervenute frattanto in relazione allo Sblocca Italia e all'articolo 38. Cosa che non fa un'azione tendente a far conoscere l'esatto stato delle situazioni in atto. Al contrario. Io penso che un ruolo  importante, come quello che si affida alla televisione pubblica, debba per forza di cose essere orientato verso una conoscenza capillare della verità, senza nessuna forzatura." 

C'è tuttavia la possibilità di chiedere una rettifica, eventualmente una replica. 

"Abbiamo chiesto anche una copia del materiale attinente alla mia intervista durata ben quaranta minuti, dei quali nella trasmissione sono andati in onda meno di due minuti. Un minuto e mezzo all'incirca.
Si tratta di capire qual è stato il principio ispiratore della trasmissione stessa che, secondo quanto mi è sembrato, aveva un indirizzo specifico. Insomma, occorre andare a fondo per evitare che false opinioni e concetti errati possano conquistare l'opinione pubblica a danno della verità. Tutto qui."

   

martedì 24 febbraio 2015

IL GOVERNATORE PITTELLA: NON VOGLIO UCCIDERE I LUCANI



Prima di affidare al suo portavoce una vibrata nota di protesta contro la trasmissione Presa diretta di Rai Tre, il Governatore della Basilicata, Marcello Pittella, aveva scritto ai suoi lettori su Facebook un commento e una precisazione, da ritenersi un gesto importante ai fini del rapporto che deve legare la classe politica dirigente e, in particolare, i vertici della Regione alla gente. 
"Non voglio uccidere i lucani, non voglio favorire le compagnie, non voglio chiudere gli occhi" sostiene tra l'altro Pittella in quello che può essere considerato un messaggio ai lucani e agli abitanti di una terra fino ad oggi eternamente esclusa e martoriata, sin dai lontani tempi in cui qualcuno mise la Trisaia di Rotondella al servizio degli americani, per il riprocessamento delle barre di combustibile nucleare della centrale di Elk River, come si legge in un libro pubblicato da Einaudi. 
Certo, la questione petrolio è diventata rovente in Basilicata, sia per la mancanza di ricadute sull'occupazione dei giovani, sia in rapporto ai temi dell'ambiente. Fare informazione in Tv su un argomento così delicato significa correre dei rischi, in ogni caso. Il rischio peggiore è proprio quello di non misurare esattamente tempi e modalità dei vari interventi con la conseguenza di non valutare a fondo come stanno realmente le cose in una materia in costante evoluzione nella quale Governo, Ministero, Regioni sono letteralmente bombardati da una miriade di richieste di nuove concessioni da parte delle compagnie e non solo. Interessi miliardari si celano dietro al greggio. Basti pensare che il primo progetto di "sviluppo olio" dei primi anni Novanta, si legge nei tabulati ENI, costò alla compagnia un miliardo, tre milioni e novecento sessantuno mila euro. Era il primo progetto Val d'Agri. Accanto a quello i tabulati riportano altri sette progetti di sviluppo olio e sviluppo gas con cifre da capogiro. 
Quanti miliardi hanno fruttato quegli investimenti? Ecco il punto. Un fiume di denaro destinato non certo ai cittadini.
Sull'argomento petrolio era stata largamente impostata la campagna elettorale di Marcello Pittella il quale aveva a chiare lettere proclamato la sua volontà di evitare conseguenze rovinose all'ambiente e alla gente. E non c'è motivo di ritenere che abbia modificato la sua personale opinione. 
Conoscendo da trent'anni i Pittella, non solo il Presidente, non ho ragione  di dubitare della sua lealtà politica, prima ancora che personale.  Sarebbe davvero una sciagura se così non fosse. A parte il luogo comune, assai pericoloso, che considera tutti i politici ladri e imbroglioni. 
C'è tuttavia da fare una riflessione. In molti casi la rabbia finisce per prevalere ed è anche comprensibile. Sicchè molti dei confronti promossi dal Governatore si risolvono in contestazioni e altri segni di intolleranza con al centro le vicende legate all'articolo 18, ormai arcinoto a tutti. Articolo congelato, si legge in una nota del portavoce del Presidente, Nino Grasso, con una valanga di complicazioni per lo stesso Ministero dell'economia e con tempi lunghi se non lunghissimi.   
In questo caso l'unica strada da percorrere mi pare sia quella di uno stretto rapporto tra governo locale e popolazioni, con i giovani in prima linea. Fischiare e impedire di parlare a chi rappresenta gli elettori è un sistema antidemocratico e totalmente negativo. Che certo non produce effetti, se non quello di rafforzare le difficoltà della Basilicata ad avere un peso sempre più incisivo, in campo nazionale, e un ruolo sempre più visibile agli occhi del governo. 
La Basilicata è la terra delle grandi evoluzioni, del sapere, della scienza e della tecnologia e non certo dei muli in bianco nero che percorrono le strade dei paesini di montagna e delle donne con gli scialli che nascondono il viso. Tutto questo non può e non deve sfuggire.

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lunedì 23 febbraio 2015

PRESA DIRETTA SUL PETROLIO IN BASILICATA E SICILIA: INCALCOLABILI I DANNI DELLE PERFORAZIONI


                                 

               La sorgente La Rossa a Montemurro (Pz)   foto R.De Rosa

Dalla Basilicata alla Sicilia, la lunga strada del petrolio semina paura e morte. 
PRESA DIRETTA, la trasmissione di Rai tre, ha messo a nudo particolari raccapriccianti con una miriade di superficialità, di assenza di controlli, di concessioni richieste a ritmo continuo che stanno trasformando la grande avventura del Sud petrolifero in un attentato alla salute e al territorio.
La Basilicata in apertura dell'inchiesta. Parlano  la professoressa  Albina Colella, il sindaco di Viggiano, Amedeo Cicala, Maurizio Bolognetti, Giambattista Mele medico, e altri ancora per denunciare quel che non si deve dire: la Basilicata sta rapidamente superando la media nazionale delle morti per malattie neoplastiche, cosa che i responsabili del Registro tumori, presso il Crob di Rionero, avevano preannunciato già negli anni scorsi, quando era fin troppo chiaro che questa piccola regione del Sud si stava avvicinando a grandi passi alla media delle patologie registrate in aree ad alta industrializzazione. 
Per completare il quadro un fuori campo dell'ex direttore dell'Arpab, Raffaele Vita: eravamo tutti impreparati. Nessuno era in grado di condurre negli anni scorsi accertamenti idonei a garanzia della salute e del territorio. 
Marcello Pittella, presidente della Regione Basilicata, rassicura: non ci saranno altri pozzi. La Basilicata non sarà il nuovo TeXas. Non sarà la groviera auspicata dalle compagnie petrolifere che incalzano il Governo nell'intento di superare ogni remora e rimuovere tutti i possibili freni per le nuove concessioni, inviate a ritmo incessante al Ministero dello sviluppo economico grazie allo Sblocca Italia, tanto amato e sostenuto da Renzi. Che per la Basilicata significa sblocca trivelle. 
Per il Sud un pezzo di pane vuol dire morti e distruzione. Altro che turismo e bellezze naturali. Il caso della Sicilia induce a riflettere. 
Augusta è una città uccisa dalle industrie petrolifere: in ogni famiglia, denuncia il parroco, ci sono morti per tumori. Lo Stato, aggiunge, è una madre assassina. 
Intanto si continua a indagare sulle sorgenti di Montemurro, in Val d'Agri, dove affiorano insieme all'acqua evidenti tracce di idrocarburi e dove sono nati agnelli e capretti con evidenti malformazioni. A quanto si apprende gli esperti escluderebbero ogni relazione con il pozzo di petrolio  in zona e con le manovre di reiniezione di acqua e idrocarburi. Manovre inevitabili nei processi di estrazione del greggio che immettono nel sottosuolo enormi quantitativi di acqua mista a idrocarburi e altre sostanze chimiche. Quale potrebbero essere, a questo punto, le cause dell'inquinamento considerato che nell'area della Rossa non ci sono opifici, aziende industriali, officine? Interrogativo senza risposta mentre cresce l'allarme degli allevatori. Alcune riunioni sono state convocate anche dal titolare dell'agricoltura, Michele Ottati. 
L'inchiesta è coordinata dal PM Francesco Basentini e si attende che giunga quanto prima a conclusione indicando magari le possibili cause del grave fenomeno che si ripete da anni con effetti disastrosi. Sul posto continuano anche gli accertamenti dei carabinieri del Noe.
La Basilicata non può limitarsi a guardare all'oggi. Deve inevitabilmente spingere lo sguardo anche al domani, quando fra venti, trent'anni le compagnie avranno abbandonato il territorio lucano in cerca di altri suoli e di altre possibilità. La Basilicata sarà frattanto ridotta a una landa desertica, altro che Matera 2019 con il suo patrimonio di ambiente, storia e cultura. Sarà purtroppo tutto da rifare. Ma a quale prezzo? 

domenica 22 febbraio 2015

QUEL LONTANISSIMO 20 MAGGIO 1970



Sembra essere lontano da noi anni luce il 20 maggio 1970, giorno storico per operai, lavoratori, intellettuali, professionisti, infermieri, medici, metalmeccanici ecc. È il giorno in cui vide la luce il ben noto, anzi arcinoto, Statuto dei lavoratori, unanimemente acclamato per anni dai sindacati e maledetto da sempre dal grande padronato che ha finito per scegliere negli ultimi decenni la strada della Cina o di altri paesi, dove il lavoro costa praticamente nulla e dove una famiglia vive con poche decine di euro al mese.
Ora si volta pagina. È il Jobs act, la nuova disciplina introdotta a partire dal primo marzo prossimo, con l'uso di un termine anglosassone destinato a rispecchiare in pieno le nuove logiche del lavoro e dello "sviluppo" e ad illustrare scenari completamente diversi da quelli ai quali eravamo finora abituati. Ciò accade solo ed esclusivamente in seguito ai profondi cambiamenti del nostro tempo, determinato a sradicare tutto, realmente tutto. Da cima a fondo. Siamo in epoca post industriale e nell'ultramoderno.
Del resto in Italia non sono cambiati solo i governanti: è cambiata una intera generazione di giuslavoristi, spazzando via competenze, studi, ricerche del passato e mettendo in soffitta nomi come quello di Gino Giugni, il padre dello Statuto, e altri ancora. Preistoria, nulla di più. Al massimo storia della letteratura del lavoro, ai tempi di Napoleone...
Che ci fosse bisogno di adeguare il complesso patrimonio legislativo, adeguandolo a una diversa cultura del lavoro, non vi è dubbio alcuno. Ma tutto sarebbe dovuto accadere in sintonia con il Parlamento, espressione di democrazia e di volontà popolare.
Sta di fatto che è cambiato finanche il modo di considerare il lavoro, da parte della pubblica opinione, in cui prevale ormai il concetto della precarietà come istituzione. Del lavoro che manca inevitabilmente. Della disoccupazione fisiologica, ma non per tutti. Attenzione. Gruppi di potere, aziende, personaggi della "società attiva" si rivelano capaci di ottenere incarichi e prebende da parte di enti, strutture pubbliche e altro ancora: hanno il percorso spianato e non per breve tempo. Con o senza la crisi. Anzi la crisi favorisce operaIoni e manovre di potere, con aggiustamenti vari e manovre condotto in base al mai accantonato manuale Cencelli. Magari in edizione aggiornata.
In tutto questo scenario esplodono di tanto in tanto, come mine vaganti, alcune inchieste destinate tuttavia a esaurirsi in un volgere di tempo non lunghissimo. Senza ribaltare  nessuna situazione importante.
A proposito del Jobs, Renzi dice di essere riuscito a cambiare le regole. Non vi è dubbio. Bisognerà verificare quale sarà il risultato di una manovra così complessa e così ardua, per un paese come l'Italia. Ma la verifica non è obiettivo di oggi. Occorreranno mesi e mesi, se non anni,  prima di ottenere risultati significativi e inoppugnabili, in base ai quali si potrà dire se la riforma sarà stata un bene o un meccanismo rischioso. Negativo e dannoso come da certe angolazioni lo si vede ora. La CGIL, frattanto, ha lanciato una raccolta di firme per un nuovo Statuto dei lavoratori.
Intanto, da subito, occorre porre mano a un ampliamento della base produttiva dell'intero paese. Occorre uscire da certi equivoci e superare facili illusioni. Tra queste ultime potrebbero esserci per la Basilicata la Vibac di Viggiano, la Val Basento, le aree industriali del dopo terremoto. E tanto altro ancora. Senza escludere in campo nazionale il destino del Lingotto inevitabilmente sopraffatto dal potente marchio Chrysler per esclusive ragioni di mercato e in nome di profitti da capogiro.
Il Jobs act lascia intanto l'amaro in bocca, e non fa fare salti di gioia a molti dei diretti interessati di oggi e del futuro.
Il sindacato, a cominciare dalla Cisl, si dichiara insoddisfatto. Soprattutto per ciò che riguarda i licenziamenti collettivi. Staremo a vedere quali iniziative saranno adottate, all'altezza della posta in gioco, evidentemente. Sarà in grado il mercato del lavoro di dare fondamentali garanzie, in nome delle riforme attuate? Ecco il nodo da sciogliere senza tentennamenti.
Peraltro l'articolo 18 interessa oggi poche migliaia di lavoratori in Italia. Averlo buttato nel cestino della spazzatura in fondo non è una conquista se non per innalzare finalmente la bandiera  della eliminazione di ogni vincolo per i datori di lavoro. Un segno dei tempi anche questo, soprattutto questo, che sancisce nuove logiche e nuove condizioni di vita, non solo di mercato.
Per protestare, e tentare così  una improbabile mediazione, lo sciopero non servirà a nulla. Mille proteste innescheranno soltanto una contestazione fine a sè stessa. Con tutti i pericoli di un estremismo rovinoso, capace di dar vita soltanto a una intolleranza dai risvolti imprevedibili. Senza escludere il terrorismo dietro l'angolo di casa.
Il Jobs act non incorona certo alcun vincitore, nè lo autorizza a salire sul podio per riscuotere il plauso di folle sterminate. Il vero  vincitore è il mercato con le sue leggi, le sue discipline e con le logiche di un profitto orientato verso arricchimenti milionari di pochi e noncurante del resto. Meno che mai di chi lavora, specie se chi lavora pretende il rispetto di certe regole e non è disposto a rinunciarvi.

mercoledì 18 febbraio 2015

EXPO 2015, BEN OLTRE MILANO



Expo e Territori. Il Ministero dell'ambiente promuove una serie di azioni in modo da portare oltre Milano e lo spazio fisico delle varie rassegne e delle mostre, previste nel periodo di Expo, il grande campionario di alimenti, tradizioni, abitudini di vita collegate alla rassegna che ha già assunto dimensioni mondiali.
Parte dalla Basilicata e, in particolare, dal Parco nazionale dell'Appennino lucano una iniziativa di largo respiro che al tempo stesso promuove e organizza un complesso meccanismo di collegamento con altri 14 parchi tutti interessati a entrare nel sistema di diffusione dei prodotti locali, con ricadute prevedibili sul turismo e su numerosi settori. Tra le azioni da promuovere risultano la dieta mediterranea, la biodiversità, e in senso lato la qualità della vita dei diversi luoghi. Obiettivi concordati tra parchi, Minambiente, Regioni e comuni interessati al decollo dei progetti.
Il Parco dell'Appennino ha chiesto, per questa sorta di coordinamento  di una vasta gamma di attività targate Expo, una somma cospicua al Ministero dell'Ambiente che finanzierà, a quanto si apprende in ambienti romani, una parte del programma. Il resto della spesa prevista sarà coperto con possibili stanziamenti di somme da parte di Enti interessati o dei comuni. Non escluse le Camere di Commercio. 
Sempre secondo informazioni di fonte ministeriale, l'orientamento del Governo sarebbe senz'altro favorevole all'obiettivo di decentrare Expo 2015 e da questo particolare deriva  la certezza dell'attuazione dell'intero piano, con riflessi sull'occupazione. E non solo. Ma soprattutto sul funzionamento dei Parchi nazionali, sottratti al rischio di un'attività limitata alla sola protezione dell'ambiente o a scelte contenute in ambiti territoriali ristretti. attività spesso fatte e rifatte, in cerca di qualche elemento innovativo.
Peraltro il meccanismo di base, che l'Appennino dovrà coordinare, prevede che ogni parco debba avere una città di riferimento: Potenza per l'Appennino lucano; Napoli per il Vesuvio; Foggia per il Gargano; Reggio Calabria per l'Aspromonte. Cosenza per il Pollino.
Il sottotitolo di Expo e Territori è: "Viaggio alla scoperta dei tesori nascosti e delle eccellenze agroalimentari d'Italia". Non solo il comparto dell'alimentazione, dunque, quanto la conoscenza di luoghi e ambienti, di risorse naturali, di possibilità di sviluppo che aprono decisamente le porte dei Parchi, considerati finora aree recintate e, per giunta, in contrasto spesso con le popolazioni. 
Una formidabile occasione  per il Parco guidato da Domenico Totaro e da Vincenzo Fogliano se si considera, in particolare, che il tema del marketing e della comunicazione trovano una spinta non indifferente nel varo dei progetti legati a Expo e Territori. Comunicare certe realtà significa appunto partire da dati di fatti rilevanti.
Oltretutto, una possibilità concreta per mettere in evidenza la produttività di Parchi e aree protette chiamati ad aprirsi al territorio e ai bisogni delle popolazioni. Di ambiente si vive e non certamente si muore. Ecco la grande lezione di Expo e Territori. 

lunedì 16 febbraio 2015

I PROFUGHI LIBICI, UN CAMPANELLO D'ALLARME. GRAVISSIMO NON ASCOLTARLO



Siamo di fronte a un'emergenza senza precedenti: un pattugliatore della Guardia Costiera minacciato con le armi da alcuni scafisti proprio mentre erano in corso operazioni per salvare vite umane nel canale di Sicilia. E intanto gli sbarchi proseguono, mentre gommoni e carrette del mare trasportano centinaia di disperati diretti verso le coste italiane. 
L'emergenza non consiste solo nel numero quanto nel ripetersi sistematico del fenomeno di fronte al quale c'è assenza di meccanismi straordinari per frenare gli sbarchi. L'Italia è e continuerà a essere la meta di migliaia di persone messe in fuga dalla fame, dalle guerre, incalzate da una situazione umanamente e socialmente insostenibile con la Libia che rappresenta uno dei bubboni nello scacchiere internazionale. Per giunta il personale dell'ambasciata italiana è stato scortato con mezzi navali e aerei per mettersi in salvo e raggiungere il Porto di Augusta.  Cosa davvero senza precedenti, di una gravità inaudita. 
L'assalto dei jihadisti islamici non cessa. È questo oggi il maggiore rischio. Sotto vari profili: un attacco all'Italia viene annunciato sul web. Ma il pericolo  è il diretto coinvolgimento del nostro paese in una guerra dai risvolti imprevedibili che non potrà certamente sradicare all'origine il pericolo integralista. Ecco il punto. Servirebbe soltanto ad accentuare lo spirito di rivalsa e a trasformare terroristi di ogni specie in altrettante mine vaganti, dalle quali sarebbe difficile soltanto immaginare di difendersi.
La Francia chiede una risoluzione urgente dell'ONU. Ma cosa ha fatto la comunità internazionale da anni per disinnescare sul piano diplomatico questo pericoloso ordigno, che può esplodere esattamente come un congegno a tempo.  Con l'aggravante della sorpresa e dei mille sistemi dei quali si avvalgono  kamikaze e altri adepti.
Avanza dunque la strategia del terrore che si vorrebbe frenare con l'uso delle armi da parte dell'Italia. Dice il premier di Tobruk Al Thani: bisogna agire subito perché il bersaglio più immediato è l'Italia. Renzi gli risponde che non è il momento di ricorrere alla guerra in una fase così difficile e in un momento delicatissimo per gli equilibri tra paesi dell'Africa ed Europa. 
Da quarant'anni mai così difficile, commenta Mons. Martinelli, dopo vari interventi di Papa Francesco per favorire il dialogo con i musulmani e tenere lontano ogni strumento di morte e ogni spinta verso la violenza assassina, giustificata dal credo religioso per giunta.
Immaginiamo cosa sarebbe una guerra contro un nemico apparentemente individuato o individuabile. Ma in realtà assai difficile da conoscere, nonostante i vari allarmi degli ultimi mesi che hanno portato ad arresti e catture in diverse parti del mondo di miliziani della jihad. O soltanto di potenziali aspiranti.  

venerdì 13 febbraio 2015

LE LUCI DI UNA PERIFERIA



Le periferie del Sud sono buie, lasciano intendere spesso marginalità, difficoltà economiche. Soprattutto non ci sono speranze nè attese. 
Il primo segnale lo dá spesso il vuoto della gente. La mancanza di quella vita dalla quale ci si aspetta tanto, in termini di rinnovamento, di sviluppo dinamico che promette ciò che non abbiamo. 
Potenza, nel cuore della Basilicata del petrolio per giunta  definita da molti piccola città di provincia in senso dispregiativo, conferma tutto questo. Ma, quasi per miracolo, lá dove c'erano in passato argilla e mattoni ammucchiati oggi c'è un edificio che sa di altro. Le sue luci dimostrano da lontano anzitutto una forza straordinaria, una intraprendenza economica. Sembra insomma che il mondo cambi. E non è pura illusione.
Entro in un magnifico negozio, l'Ottica Moramarco, per questa città il segno di una svolta vera. Professionalità e accoglienza  si uniscono a quel bellissimo ambiente, studiato in sintonia tra architettura moderna e obiettivi che ci si propone di raggiungere. Non c'è alcun divario tra i due momenti. Anzi l'integrazione è perfetta.
Sale con moderne apparecchiature, banchi per esposizioni, montature di occhiali e altro ancora danno la dimensione di quel che avviene lì dentro, e così ci si rende conto, riflettendo per un po', che la scommessa è tutta lì. Il negozio non è fine a sè stesso. Non è una bottega. Non è un salone in cui vengono esposte cose tecnologiche e nient'altro con soddisfazione del proprietario e dei clienti. 
Moramarco è una proposta per il riscatto di questa città. Una proposta che urbanisti, studiosi di economia, progettisti dello sviluppo finora non sono riusciti a fare. Legati a un vecchio concetto dello sviluppo si sono battuti per investire sulle costruzioni, per fare in modo che la gente potesse acquistare per far girare l'economia. Hanno sistemato qualche strada per un senso di civiltà. Per non venir meno a certe logiche. Ma in fin dei conti sembra che non sia accaduto nulla. I giovani continuano a essere disoccupati. La città langue. Via Pretoria, la strada centrale di Potenza, risuona di bottiglie di birra buttate di cassonetti dell'immondizia: l'unica alternativa a ciò che manca. E che purtroppo continuerà a mancare, chissà per quanto tempo ancora. 

sabato 7 febbraio 2015

SANITA' IN BASILICATA: MATERA 2019 DÁ IMPULSO ANCHE ALLA SCIENZA

Intervista a Rocco Maglietta, dg del San Carlo
                                    
                        Rocco Maglietta DG del San Carlo



La sanità lucana  orientata verso traguardi importanti. Lo sostengono autorevoli esponenti del mondo scientifico, proprio nel momento in cui  questo aspetto, insieme ad altre questioni di primo piano, è stato al centro di un'audizione  in Consiglio regionale del responsabile del registro tumori. Tema di tutto rilievo il rapporto sanità ambiente, nel momento in cui le estrazioni petrolifere, e la presenza del Centro olio a Viggiano, continuano a suscitare non pochi interrogativi sui riflessi di questa attività, destinata peraltro a svilupparsi, sulla salute.
Al centro dell'audizione il tema della raccolta di dati e di vari elementi scientifici, sui quali sono rivolti gli sguardi di medici e ricercatori, per accertare se esiste un rapporto di causa effetto per il proliferare delle malattie neoplastiche in Basilicata. 
A quanto si apprende da fonti qualificate questa regione del Sud continua ad avvicinarsi  alla media nazionale della diffusione delle patologie oncologiche, come accade nelle aree a ben più  elevato tasso di industrializzazione. 
Da non dimenticare, inoltre,  che la Val d'Agri è il primo giacimento di petrolio in terra ferma a livello europeo. 
Naturalmente i dati vanno letti, confrontati, approfonditi, sostengono gli esperti, e su questo c'è comprensibile cautela, ma ciò non può significare che si debba rimanere a lungo nell'incertezza o, peggio, nel dubbio.
Peraltro il registro fotografa la situazione al 2010. Cinque anni inevitabilmente hanno un peso. Sicchè compito della comunità scientifica, non solo locale, è quello di fornire indicazioni il più possibile certe e attendibili. Di lavorare sui dati. Di dedicare un impegno davvero straordinario a questo argomento. Se l'allarmismo non serve, meno che mai è utile un'opera tendente a tranquillizzare in ogni caso l'opinione pubblica. 
Sul tema degli obiettivi della sanità in Basilicata il dibattito è decisamente aperto, proprio a partire dal rapporto ambiente salute. 
"Un sistema solido e serio, anche sotto il profilo dei conti" lo definisce Rocco Maglietta, direttore generale dell'Ospedale San Carlo di Potenza ed esperto in questa materia che coinvolge in campo nazionale strutture ospedaliere, centri di ricerca, università  e altro ancora. 
"Abbiamo un ottimo sistema, anche nel campo dell'emergenza, tale per cui un paziente affetto da una sindrome coronarica acuta riceve immediatamente, nel giro di trenta minuti al massimo, la possibilità di fare quegli accertamenti necessari, sia a Matera che a Potenza e di essere prontamente soccorso."

Qual è la posizione e il ruolo del San Carlo, Direttore Maglietta.

"Indubbiamente il San Carlo è all'apice del sistema, per qualità e quantità di prestazioni anche e soprattutto nell'emergenza massima. 
Rispondere concretamente all'emergenza non é facile. La distinzione tra attività programmabile ed emergenza consiste proprio nel dover garantire sempre strutture, mezzi e personale qualificati nell'arco delle ventiquattro ore. L'attività programmabile si muove evidentemente su binari diversi."

Quanto alle eccellenze della sanità lucana, c'è da rilevare che la Reumatologia si accinge ad avere il riconoscimento di Centro di Ricerca e cura.

"Abbiamo fatto richiesta e attendiamo la risposta del Ministero. Ma c'è di più. Abbiamo chiesto che l'IRCCS reumatologico debba avere un diretto rapporto, una stretta connessione con l'oncologia, non perché i due settori si assomigliano ma perché tecnologie, ricerca di base e strumentazioni hanno molto in comune. Mettendo in rete questo sistema avremo un migliore utilizzo delle attrezzature e di tutto l'apparato. Ad esempio:  il Crob di Rionero è dotato di una risonanza magnetica a tre Tesla, molto utile e con risultati migliori rispetto alle comuni RM. Estendere l'ambito di utilizzo di questa macchina è non solo importante, quanto efficace dal punto di vista dei risultati e della economicità della gestione."

C'è poi il capitolo degli screening che la Basilicata garantisce, non da oggi.

"Certo. Nel 1999 eravamo l'unica regione del centro sud e una delle cinque regioni italiane a garantire questo tipo di prestazioni, con indagini a tappeto. Ci sembra un traguardo di tutto rilievo che caratterizza l'intero comparto della sanità e non solo in maniera settoriale. Lo sforzo che stiamo facendo consiste proprio nel mettere a sistema queste disponibilità di mezzi, di professionalità."

Dottor Maglietta, si apprende intanto che anche l'oculistica di Venosa rientra nella sfera delle eccellenze, non solo locali. Sicchè questa regione, in fin dei conti, non è certamente marginale nè irrisoria. E merita per questo un riconoscimento dal Governo, oltre a Matera 2019.

"Non vi è dubbio. L'oculistica di Venosa ha raggiunto livelli importanti, con alta capacità di competere con altri centri, magari ben più noti. Ma i risultati parlano chiaro. Faremo il massimo degli sforzi per dare risalto a questa opportunità, già in rete candidando la struttura venosina ai trapianti. 
Tutte le eccellenze debbono essere distribuite sul territorio, senza escludere ovviamente Matera alla quale va riconosciuto un ruolo primario, per l'importanza e il peso della sua funzione culturale destinata a riflettersi sulla scienza. Una cultura scientifica di alto profilo ha il valore indiscusso di perno della vita sociale, oltretutto. Per giunta nè la Basilicata, nè Matera si sentono periferia della scienza. Ma centro di grande statura e di ottima qualità"

domenica 1 febbraio 2015

MATTARELLA PRESIDENTE, FUORI DAI GIOCHI DI CERTA POLITICA



Perché  Sergio Mattarella? Ecco il nodo da sciogliere per mettere a fuoco il percorso della politica e inquadrare esattamente le motivazioni alla base della scelta. Oltre che per sondare il clima in cui essa è maturata. 
Beninteso: il neoeletto Presidente non esce dal cilindro del prestigiatore. Non è stato individuato con la monetina. Non è frutto di una imposizione. Rappresenta piuttosto un percorso obbligato a fronte di uno scenario che rischiava di deteriorare ulteriormente il quadro politico, logorato da mille diatribe e da contese tali da poter compromettere un po' tutto: dalla politica, all'economia, alla vita sociale. Al lavoro stesso di Renzi, da mesi se non da anni a questa parte.
Mattarella non è paragonabile ad altri politici. Prima considerazione da fare. È un uomo vissuto del prestigio che deriva dalla cultura e dallo studio. Un uomo fuori, completamente fuori da certo carrierismo e dalla corsa alle poltrone. Non è indubbiamente espressione dell'antipolitica, ed ha una precisa identità. È piuttosto il frutto di una logica dei comportamenti che hanno portato l'uomo a non disinteressarsi dei problemi del Paese. Oggi come ieri. Ma a guardare l'universo della politica con atteggiamento diverso imposto anche dalla vita familiare, a cominciare dalla tragica fine del fratello Piersanti colpito dalla mafia perché considerato un innovatore pericoloso. Un uomo della svolta.
Come si può dire di no a una personalità che ha raccolto tra le braccia il fratello morente ed ha assistito alla sua agonia rendendosi conto che quella tragedia era esattamente il prezzo da pagare. Un prezzo inevitabile. Una sofferenza grande ma da non potersi scongiurare.
In altri tempi la candidatura a Capo dello Stato era appannaggio di personalità del mondo politico fin troppo note e presenti sulla scena giorno dopo giorno. Uomini che non avevano perso occasione di far sentire la loro voce nei congressi di partito o in altre sedi rilevanti. Lo stesso Napolitano ha trascorso la sua vita a Botteghe Oscure. E' stato uomo di partito, ad altissimo livello. Ma pur sempre esponente degli interessi di una parte politica. 
Mattarella è arrivato al Colle per altra strada. Non vi è dubbio. E per questo, sin dal primo momento della sua elezione ha ottenuto il consenso dell'opinione pubblica, della gente comune che ha già capito la portata dell'investitura. Neppure una critica, neppure l'ombra del dianzi dell'opinione pubblica. Nulla di tutto questo. Anche la politica ufficiale non ha sollevato obiezioni. Non ha frapposto ostacoli, sentendosi finanche alleggerita di un possibile fardello rappresentato dalla eventuale scelta di un personaggio che, invece di raccogliere consensi intorno alla sua figura, potesse accentuare contrasti e distinguo. 
Certo, Mattarella Presidente porrà dei problemi non indifferenti al mondo politico, alle istituzioni e ai partiti. Anzi li ha posti sin dal momento della sua candidatura. 
Il grillismo esce malconcio, tanto per cominciare. Anzi ha mostrato il suo vero volto di movimento capace di una protesta nullista priva di contenuti e di proposte vere. Che oltretutto non sa distinguere. 
Berlusconi non può dirsi abbia avuto un ruolo determinante che qualcuno riteneva possibile, anzi fin troppo reale. Se non scontato. E, al riguardo, c'era chi paventava finanche una intesa di ferro tra Renzi e il Cavaliere che, secondo le previsioni, avrebbe determinato situazioni imprevedibili a  esclusivo vantaggio di quest'ultimo. Ma così non è stato.
D'altro canto il Patto del Nazareno se dovesse servire per portare in porto le riforme  non sarà totalmente archiviato, ma risulterà quanto meno condizionato dal successo del neoeletto Presidente. Seguirà, insomma, strade obbligate e non potrà essere considerato lo sconto a Berlusconi o il segno di un suo ritorno in campo da trionfatore. 
Quanto poi al Nuovo Centro Destra da osservare che lo stesso corregionale di Mattarella, Angelino Alfano, ha dovuto giocare su vari tavoli prima di prendere una decisione non certo  totalmente condivisa all'interno della formazione. E tutto questo ha un  peso e continuerà ad averlo inevitabilmente. Con quali risultati? Tutto da vedere ovviamente.
Il capolavoro di Renzi, come qualcuno lo ha definito, rimane tale agli occhi di certi osservatori. Ma davvero si può parlare di capolavoro, ascrivendo il successo al solo premier? 
Un dato è certo: il PD mostra di avere ricevuto una lezione di unità al suo interno.  Che l'abbia imparata o meno è ancora tutto da stabilire. 
La capacità di Sergio Mattarella va bene al di lá di questioni del momento. Il compito non è dei più facili, in una stagione  dominata da tensioni internazionali che non sembra alimentare facili ottimismi. E con i problemi del lavoro e dello sviluppo del Paese ancora per larga parte da affrontare in maniera risolutiva. 
Un uomo del Sud non può non essere consapevole di tutto questo. Ecco la carta d'identità di Sergio Mattarella dodicesimo Presidente della Repubblica italiana.