domenica 23 settembre 2018

IL VULTURE DALLA GUERRA FREDDA A OGGI



                                     
L'antica croce sul monte Vulture (foto R. De Rosa - riproduzione riservata) 

Potrebbe essere definita l’emblema del neonato Parco naturale del Vulture, la croce che ha segnato il tempo della guerra fredda in cui la montagna che sovrasta Rionero, in Basilicata, era il punto di avvistamento per eventuali attacchi provenienti da est e in particolare dal blocco di Varsavia.
Soltanto il 15 agosto del 2000, in occasione delle celebrazioni del Giubileo, l’accesso alla croce fu consentito e un nutrito gruppo di visitatori si inoltrò nei luoghi, fino a quel momento off limits, per disposizione delle autorità militari italiane e del Patto Atlantico.  Accanto il rifugio antiaereo accessibile ai militari di stanza e alle loro famiglie in caso di bombardamenti o di altri attacchi. Ora rimane ancora sul Vulture un importante centro interforze per i collegamenti radio vigilato da Roma con un complesso sistema di telecamere. 
Perché, dunque,  la croce simbolo del Parco? Perché la croce, costruita a Napoli e trasportata con un carro trainato da cavalli sul finire del Settecento secondo alcune fonti, rappresenta una delle ragioni di maggiore interesse della nuova area protetta che non potrà limitarsi a essere una sorta di territorio semplicemente difeso da forme di inarrestabile degrado. Ma dovrà esprimere e riassumere in sé tutta una serie di elementi storici, naturalistici e culturali che fanno di questa realtà un punto di rifermento cardine per la Basilicata 2019 e oltre.  
Il messaggio è diretto a Francesco Pietrantuono impegnato da anni nella difficile fase di realizzazione del Parco, fino a giungere a risultati concreti. Pietrantuono, responsabile dell’Ambiente nel Governo regionale lucano, è promotore di una serie di iniziative che coinvolgono tra l’altro alcune realtà nazionali, a cominciare dal CAI, senza escludere il Fondo per l’ambiente.
La posta in gioco non è irrisoria. Se il Vulture diventa elemento di confronto e di rilancio di numerose peculiarità legate al suo passato e al presente, certamente avrà mille ragioni dalla sua parte per affermarsi su vasta scala. 
Sicchè Pietrantuono, in grado di disporre oggi di una larga capacità politica e istituzionale, farà bene a mettere queste sue doti a disposizione di un parco destinato ad avere successo se riuscirà a determinare un diverso modo di intendere la presenza delle aree protette sul territorio. Ecco la sfida. 
Ripristinare vecchie strategie con un dibattito simile a mille altri dibattiti del passato, francamente non serve se non ad affossare un’area che legittimamente aspira ad avere un ruolo leader, a patto che non le sia negato.      

venerdì 21 settembre 2018

CINQUANT'ANNI FA MORIVA PADRE PIO


                              
L'inaugurazione di Casa Sollievo (5 maggio 1956)


Poche ma profonde invocazioni segnarono il trapasso di Padre Pio, la notte tra il 22 e il 23 settembre del 1968, cinquant’anni fa: Gesù Maria, Gesù Maria. Poi piegò il capo davanti ai confratelli presenti e al dottor Giuseppe Gusso, che pensava di rianimarlo. Ma la sua ora era segnata. E lui sapeva esattamente quando era stato fissato quel momento terribile e solenne, tragico e ineguagliabile. Momento solenne, in tutti i sensi. “Ciao Enrico, ci vediamo in Paradiso” disse il giorno prima al prof. Enrico Medi, scienziato dei progetti spaziali, suo amico.  
Mezzo secolo è trascorso da quell’evento collocato nel tempo delle grandi guerre che Padre Pio definì una prova per l’umanità intera. 
Folle oceaniche accorsero a San Giovanni Rotondo, non appena la notizia della morte si diffuse con straordinaria velocità,  per rendere omaggio al figlio di Pietrelcina, il suo luogo di nascita che oggi lo ricorda come il rappresentante di una terra povera e umile. Proprio come lui: povero e umile, ma grande e forse ineguagliabile nella sua grandezza.
Provo a ricostruire il percorso dei cinquant’anni che ci separano da quell’evento con Stefano Campanella, direttore di Tele Radio Padre Pio, la televisione satellitare che raggiunge il mondo intero, proprio come il suo messaggio di fede, di amore e di umiltà. 
Campanella, impegnatissimo in questi giorni, fa notare la dura opposizione di alcuni al santo frate, sconfitta con una fede di acciaio e con l’umiltà del cristianesimo. 
Il sacerdote che cento anni fa ricevette i segni della passione di Cristo impressi sul suo corpo, segni scomparsi all’immediata vigilia della sua morte, è anzitutto un vero cristiano. Vero in tutti i sensi. Disse non a caso che ogni cristiano è un secondo Cristo. Frase che lascia allibiti.
“San Giovanni Rotondo in questi ultimi cinquant’anni ha continuato a costituire un’attrattiva per tanti pellegrini desiderosi di un contatto ravvicinato con colui che è stato definito un “rappresentante stampato delle stigmate di Nostro Signore (Paolo VI, 20 febbraio 1971)” . 
Campanella sottolinea il valore religioso, spirituale, e inevitabilmente umano di Francesco Forgione, il sacerdote diventato poi Padre Pio, che sin da bambino aveva chiaro davanti a sé il suo percorso spirituale e soprattutto la sua destinazione, il Cristo risorto. 
Tanti i miracoli. Ma alcuni in particolare: le migliaia e migliaia  di lettere ricevute da fedeli di tutto il mondo. Quale capo di stato o di governo, quale potente della terra, quale rappresentante della finanza mondiale ha ricevuto così larghe invocazioni dalla gente comune? 
Ma il miracolo che lascia attoniti è Casa Sollievo della Sofferenza, ieri e oggi. L’ospedale nato dal nulla con l’intento di rappresentare il punto più alto dell’incontro tra fede e scienza, oggi riferimento nella ricerca in campo internazionale con un percorso in grado di tradurre in realtà i propositi di carità cristiana di San Pio.
L’ospedale si realizzò perché il progetto era nella sua mente. Grande e importante come lui che lo aveva previsto, non una piccola cosa. Ma un’idea di proporzioni mondiali per garantire la salute del corpo e il benessere dell’anima. Un ospedale non solo per i potenti, ma soprattutto per i poveri nei quali il Padre ha sempre visto impresso il volto di Gesù.
Asse portante del suo pensiero ispirato alla carità verso il prossimo senza limiti e senza distinzioni di razza, di colore, di ceto sociale. Padre Pio oggi rimane l’uomo e il santo che ha saputo predicare l’unità dei popoli davanti al Creatore. 
       


      

giovedì 20 settembre 2018

IL DIGIUNO DI GIACHETTI



Tutto sommato su questo genere di argomenti non conviene sprecarsi più di tanto, se non fosse patetica e fuori luogo la protesta di Roberto Giachetti il quale digiuna per condannare le cene altrui e per chiedere un congresso del PD subito. Immediatamente. Anzi con estrema urgenza.
Possibile che la politica sia fatta di queste cose? Purtroppo si. 
Non credo che occorra l’intelligenza di uno scienziato per capire che la debacle del PD non dipende dall’assenza di un congresso e non è, meno che mai, questione difficile da analizzare, da mettere a fuoco, da comprendere. 
La sonora sconfitta del 4 marzo dipende dall’avere abdicato (o meglio rinunciato con enorme ipocrisia, per giunta) al  ruolo storico e tradizionale dei grandi movimenti di massa, di cui il Partito democratico dovrebbe rappresentare la sintesi compiuta ed esauriente. Dovrebbe, appunto: condizionale obbligatorio.
Basterebbe considerare un dato, vale a dire l’enorme vittoria del partito di Enrico Berlinguer che il 20 giugno 1976  ottenne ben 12.648.000 voti. Si avete letto bene. Tutto questo perché? Perché quel partito (lo si definisca come si vuole comunista, socialdemocratico o altro ancora) era tra la gente e aveva giorno per giorno l’obiettivo di rappresentare interessi delle classi marginali. Di interpretarli, di fare proprie le motivazioni dei giovani, dei lavoratori delle fabbriche, dei disoccupati. Obiettivo realizzato o mancato? Discorso ben più complesso, questo, che riflette certo le inadeguatezze di una intera classe politica dirigente, non vi è dubbio, nel corso dei decenni successivi a quel risultato elettorale. 
Diversi gli scenari oggi. Diverso il clima. Diversa la politica e la società.
Non rischi di dimagrire più di tanto il Roberto Giachetti perché non serve il suo sacrificio. E’ semplice messinscena e come tale fin troppo inutile.   

  

domenica 9 settembre 2018

TEMPA ROSSA, AVVIO DIFFICILE E COMPLICATO

       

                      

Il centro olio di Tempa Rossa (foto R. De Rosa riproduzione riservata)



Tempa Rossa non può essere un’altra Val d’Agri. 
Massime garanzie chiede la Regione Basilicata alla Total perché sul secondo polo estrattivo lucano, in attesa di entrare in produzione, non pesi l’ombra di possibili danni all’ambiente o alla salute delle popolazioni, da scongiurare a tutti i costi. 
Francesco Pietrantuono, responsabile dell’Ambiente, non ha dubbi. Anzi è determinato ad andare avanti con assoluto rigore in ordine al rispetto delle prescrizioni imposte alla società petrolifera francese. 
“La prima prescrizione - precisa Pietrantuono - è la numero 11, vale a dire il monitoraggio ambientale, il punto zero che consiste in un’analisi scrupolosa delle condizioni dell’area prima della messa in esercizio dell’impianto. 
Questa analisi non deve riguardare soltanto i tre comuni direttamente interessati, Corleto, Guardia e Gorgoglione, ma addirittura i tredici della concessione. I dati finora raccolti sono al vaglio dell’Arpab.
C’è poi il discorso delle “reti”, il complesso sistema di accertamenti sulle acque sotterranee, sull’inquinamento atmosferico, su quello acustico. 
La Total ritiene che siano sufficienti i dati forniti dalle loro fonti. Questi elementi debbono essere validati da Arpab e da Ispra, che sono organi ufficiali e danno le necessarie garanzie.
 C’è da considerare, inoltre, la gestione delle emergenze, contenuta nella prescrizione 14. Il relativo protocollo è stilato dalla Prefettura e contiene precise indicazioni su come gestire una eventuale emergenza nell’intera area. 
Il protocollo non è ancora disponibile. Sicchè la partenza dell’attività estrattiva e l’avvio del Centro olio non sono possibili e mi opporrò a qualunque scelta frettolosa. Occorrono certezze, anzitutto nell’interesse della comunità e nel rispetto nel territorio”.
Che Tempa Rossa rappresenti un problema lo si evince appunto dal braccio di ferro tra la Regione Basilicata e la compagnia francese: nessuna accelerazione dei tempi e delle procedure in assenza del rispetto di tutte le norme riguardanti uno per uno i vari comparti. 
Gli altri due capitoli di rilievo sono infatti i gas acidi, da bruciare in torcia, e le acque “di produzione”  estratte con il petrolio dal sottosuolo e in ogni caso da depurare. Ma non basta. La proposta avanzata da Total consiste in una depurazione e nel successivo scarico di queste acque nel Sauro. Ipotesi rischiosa, sostiene l’assessore all’Ambiente Pietrantuono, poiché il Sauro rientra in uno schema idrico che alimenta Puglia e Calabria. Cosa accadrebbe in caso di guasto o di una improvvisa avaria? Un rischio non da poco. Sicchè Regione e Prefettura di Potenza sono ora impegnate a studiare con la Total una alternativa possibile in grado di dare garanzie reali. Solo dopo Tempa Rossa potrà iniziare a estrarre il petrolio avviando un regolare ciclo di produzione.      




mercoledì 5 settembre 2018

COSA SIGNIFICA COMUNICARE GLI EVENTI


                         





La torre di Matera 2019 - foto R. De Rosa riproduzione  riservata

Il Festival della comunicazione, che si tiene quest’anno a Camogli dal 6 al 9 settembre, è da considerarsi senza dubbio il prodotto più innovativo e sicuramente più utile al grado di partecipazione collettiva ai “fenomeni” del nostro tempo. Dai media agli spettacoli, al teatro, alla pubblicità, all’arte e all’architettura. Si, giacché l’architettura non solo realizza opere di diverso genere (edifici, ambienti di lavoro, luoghi dedicati allo svago, ma anche chiese, bar, supermercati ecc.) ma trasmette il senso del gusto e interpreta il significato di ogni scelta per rendere partecipe il grande pubblico. La gente. 
Il parere dell’architetto per i mobili di casa o per la realizzazione di determinati ambienti domestici contiene in sé la capacità di trasmettere non uno ma vari messaggi, degni del massimo rilievo molto spesso.
La società nella quale viviamo sottolinea purtroppo mnemonicamente, in alcuni casi, il senso di una comunicazione evoluta ma spesso non riesce a cogliere nei dettagli il suo significato. Anzi ostenta conoscenza di tutto questo ma rimane estranea, come se si trattasse di una moda nella quale, senza accorgerci, siamo immersi fino al collo pur non avendo granché di consapevolezza di cosa essa rappresenti e non disponendo dei necessari strumenti.
Il Festival di Camogli è  in ogni caso un fatto culturale senz'altro autorevole e capace di aprire nuovi scenari. Di darci emozioni diverse ben più forti di quelle solite, se vogliamo. 
Portare a Matera un evento del genere, o crearne uno su misura, non sarebbe idea peregrina. Meno che mai inutile e fuori luogo. Tutt’altro.  Comunicare il 2019 è  l’asse portante di un discorso che non appare ancora in tutto il suo peso e nella sua vera portata. C’è da riflettere abbastanza.     

lunedì 3 settembre 2018

L'ACQUA, OBIETTIVO STRATEGICO


                             

Le dighe lucane
        

27 milioni di euro: è l’ammontare del finanziamento erogato dalla Regione Basilicata per la sicurezza, l’aumento della capacità degli invasi lucani e l’ammodernamento della rete idrica. Obiettivo di grande rilievo strategico per il Mezzogiorno.
Lo prevede un accordo di programma che apre le porte alla modernizzazione del sistema idrico, nelle terra delle grandi risorse: acqua e petrolio anzitutto.
Fondamentale, dunque, la scelta di riservare al comparto la nicesesaria attenzione per garantire un salto di qualità nelle politiche del settore.
La diga di Senise e il Pertusillo hanno ormai una “veneranda“ età per cui necessitano di adeguate manutenzioni. 
La Basilicata, regione leader in questo settore, avvia dunque una intensa fase di progettazione di interventi d’ingegneria idraulica  che potranno aprire interessanti prospettive. Tutto ciò rientra nel progetto di salvaguardia delle risorse naturali e dell’ambiente, fa notare l’assessore Francesco Pietrantuono. Negli ultimi anni il Dipartimento ha messo a punto vari progetti che pongono l’acqua al centro di un qualificato interesse. Non ultimo la creazione del Parco naturale regionale del Vulture con i laghi di Monticchio, autentica perla del Sud da valorizzare e rilanciare. 

domenica 2 settembre 2018

LE "TRE GOCCE D'ORO" AL MIELE DELLA SERRA DEL PRETE


                         
                                                       

Linea Verde festeggia le Gocce d'oro


Ha tonalità ambrate, ma diverse tra loro. Evoca il cibo degli dei il miele della Serra del Prete, nel cuore del Parco nazionale del Pollino, e richiama alla mente antiche tradizioni legate a un’agricoltura naturale, senza veleni né pesticidi. Quell’agricoltura di ieri che oggi rivive nel lavoro paziente e ininterrotto di Pietro Civale e della sua famiglia, riconosciuto a livello nazionale dall’Osservatorio del miele a Bologna con le Tre gocce d’oro nel 2016 e nel 2017. Ma anche nei contesti internazionali con una medaglia d’oro e una d’argento, conquistate recentemente.
Qualcosa di più di una semplice risorsa da mettere a frutto. Una ricchezza vera e propria per il Parco che vede nei prodotti della natura la certezza del suo domani: il miele è in fondo il cibo naturale più vero, e al tempo stesso tra i più antichi. Come del resto sono le erbe officinali, oggetto di studi da parte del medico scienziato di Viggianello, il paesino della montagna calabro lucana in cui visse e operò Vincenzo Caporale che fece del piccolo centro uno dei punti focali  dei suoi studi riconosciuti dall’università di Napoli nella lontana stagione in cui ci si rivolgeva alla natura per avere risposte. E lui, il dottor Caporale, le risposte le dette anzitutto ai suoi concittadini, a quanti lo interpellavano per gravi questioni di salute considerate spesso irrisolvibili.
Nei cibi e nelle erbe il Pollino affonda, dunque, le sue radici facendo del miele della Serra del Prete un alimento prelibato che incontra il consenso dei consumatori. Un sostituto prezioso di cibi “moderni”, dicono Pietro e Giuseppina Civale, ottima collaboratrice in questa attività di famiglia ben lontana da conservanti e coloranti, soprattutto dalla chimica dell’industria ormai affermata per necessità nel nostro tempo. Un prodotto dai tanti sapori che s’incrociano e si integrano fino a disegnare un ventaglio di gusti davvero fantastici e spesso imprevedibili. 
Ma c’è anche una vicenda umana, purtroppo molto triste,  legata al miele e all’apicoltura della Serra del Prete. Qualche mese fa la moglie di Pietro, Maria Joao Rodrigues,  è morta in seguito a choc anafilattico provocato  dalla puntura di un’ape. Lei, arrivata in Basilicata dal Portogallo, amava tanto l’attività del marito. Seguiva entusiasta l’azienda. Ne aveva fatto anzi la ragione della sua vita, spezzata proprio dall’attaccamento a quel lavoro che la vedeva in tuti i sensi protagonista di primo piano. 

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