domenica 28 febbraio 2016

L'UNIVERSO FCA DI MELFI


                              
     La Jeep Renegade prodotta a Melfi (foto Ufficio Stampa FCA Torino) 

Ad un tratto si apre il sipario, costituito da due enormi ante di gomma plastica, ed ecco apparire una Jeep di colore arancio intenso, che gocciola ancora acqua. 
Mi dicono che è quella la prova della tenuta, appunto per verificare se l'auto è  completamente protetta da pioggia, neve, grandine e altri agenti atmosferici.
A vederla con quell'arancio abbagliante della sua carrozzeria la vettura sembra avere un che di umano: l'accolgono con cura all'uscita dal tunnel alcuni addetti che si preoccupano subito di farle proseguire il cammino, prima che venga inserita tra le macchine da spedire alle concessionarie italiane ma, soprattutto, ai punti vendita degli Usa pronti  ad accogliere questo piccolo grande miracolo che ha nome Melfi, terra di Federico II.
La costruzione e l'assemblaggio  della Jeep Renegade avvengono in un perfetto clima di normalitá. Non si sentono i rumori della fabbrica metalmeccanica. Nessun frastuono di ferraglie. Luci adeguate ma  tali da non disturbare il "manovratore" che opera, sottolinea il direttore dello stabilimento, in perfette condizioni in modo da consentirgli di non mettere a dura prova la sua colonna vertebrale e la sua cervicale, in particolar modo.
Questa mirabile visione della Jeep arancio, che fa il suo ingresso sulla scena, mi riporta alla mente il libro di Cersosimo del 1994, Donzelli editore. Il famoso Viaggio a Melfi che descriveva lo stabilimento lucano come un passo avanti ben oltre il fordismo. La fabbrica integrata, sorta lá dove esisteva un'agricoltura intensiva capace di dare redditi modesti e spesso inadeguati, oggi è il fiore all'occhiello di questa Basilicata, ricca di risorse, evoluta come non mai, ma sconosciuta ai più che hanno sentito parlare di Melfi solo dal momento in cui Giovanni Agnelli disse a Emilio Colombo: "ho scelto la Basilicata perchè siete brava gente."
La visita alla Sata non è durata molto, secondo i tempi rigorosamente calcolati in modo da non distrarre il direttore dai suoi compiti e dalle sue responsabilità di una guida corretta del grande stabilimento. 8 mila persone, 1500 macchine al giorno, con l'ottanta per cento delle esportazioni verso gli Usa. Un universo dove tutto risponde a logiche ben precise. Finanche il trenino che trasporta la componentistica ha l'obbligo di avere il lampeggiante verde acceso e dove il sistema di sicurezza fa della FCA un apparato sotto strettissima sorveglianza e ad alto livello tecnologico.
Questa la Basilicata di oggi, che alcuni continuano purtroppo a considerare come la terra eternamente a dorso di mulo e con le donne con gli scialli neri sedute sui gradini di pietra delle case dei paesini, mentre c'è chi ricorda la visita di Zanardelli all'inizio del secolo scorso, in un mare di miseria e di analfabetismo.
Per giunta questa è la Basilicata che si spopola. La terra dove si studiano i terremoti, le frane e le radiostelle finanche, con i potenti mezzi di osservazione ubicati sulla murgia. Questa è la terra del petrolio, dei parchi, di Matera 2019 che Gianni Pittella considera un evento di proporzioni straordinarie, per giunta irripetibile per decenni e decenni. Se non per secoli. Questa è la regione da non far cadere nel nulla.

  

GIANNI PITTELLA: "IL SUD DEVE MUOVERSI"


                             



Da Atene alla Basilicata: Gianni Pittella non rinuncia a introdurre la serata di festa per i due anni di attivitá in Consiglio regionale di Mario Polese. Giovane avvocato e  politico dinamico, con il senso della concretezza e di un rapporto diverso con i cittadini elettori. Con i quali cerca di non rinunciare a un dialogo positivo. Camminare e costruire insieme. 
Una festa con tanti invitati, davvero tanti e che rappresenta un momento di riflessione sui grandi temi della politica e dell'Europa, anzitutto.
"Se la Grecia chiude le frontiere verso la Macedonia e l'Albania, migliaia di disperati non avranno alcuna alternativa." Solidarietá significa accoglienza, rispetto. Umanitá da non trascurare, precisa  Pittella.
Non pochi i riferimenti alla sua attivitá e al Mezzogiorno, come punto di approdo in cui si colloca Matera 2019. "Occasione da non perdere" mette in evidenza, che non si ripresenterá per decenni e forse per generazioni e generazioni.
Proprio da questi temi prende spunto l'intervista al Presidente del gruppo dei socialisti e democratici al Parlamento europeo, a cominciare dalla visita di Juncker in Italia, senza escludere le questioni legate alla ricaduta sugli orizzonti dello sviluppo, della crescita economica e del lavoro. Certo il cielo si è rasserenato e le relazioni con Renzi sono senz'altro migliorate, appunto in occasione della recente visita.

"È chiaro che i rapporti erano dialettici e rimarranno dialettici. È positivo che il presidente Juncker abbia detto e ribadito che l'austeritá cieca e sorda non serve. Noi gli abbiamo dato 191 voti proprio perchè lui sostiene che accanto al rigore serve la crescita e la creazione di posti di lavoro. Questo è stato sancito anche nell'incontro con Renzi, adesso aspettiamo che venga messo in pratica. Anche perchè non si tratta di parole al vento."

Cosa si dovrá fare per consolidare  questa linea?

"Noi intanto aspettiamo che tutte le spese per accogliere i migranti, per le infrastrutture, per la sicurezza e per altro ancora, come il cofinanziamento dei fondi strutturali vengano sottratte al Patto di stabilità. Il che darebbe nuovo ossigeno all'economia. Non si tratta peraltro di una semplice speranza, ma di un dato obiettivo. "

Il Mezzogiorno può sperare che i tempi cambino?

"Il Sud non solo può ma deve sperare e deve muoversi. Certamente il governo Renzi sta facendo una politica espansiva che fa bene al Sud. Ma il Sud deve sapere di poter contare su una condizione di assoluto favore giacchè le regioni meridionali sono tutte governate da uomini e donne del Pd. Il Presidente del Consiglio è del PD con gran parte del Governo. Poi c'è il Masterplan, il Piano per il Sud. Se in questa congiuntura unica e favorevolissima non  riusciamo a programmare insieme almeno una parte  dei fondi  strutturali provenienti  dall'Unione europea, vuol dire che non meritiamo la fiducia dei cittadini."

venerdì 26 febbraio 2016

APPENNINO: IL DIRETTIVO DEL PARCO ALZA LA VOCE CONTRO LE TRIVELLE


                               
       Ricerca di idrocarburi nel bosco di Calvello (foto R. De Rosa)


Il Parco nazionale dell'Appennino lucano si schiera. Un no deciso alle nuove ricerche di petrolio e gas nel perimetro della giovane area protetta è stato espresso dal Consiglio direttivo dell'Ente che ha messo in luce, tra l'altro, le potenzialità dell'area protetta e il ruolo, affidato al Parco, di zona pilota per costruire una vera coscienza in linea con i principi di un turismo sostenibile, della salvaguardia del patrimonio archeologico e culturale e del bene natura, di valore davvero ineguagliabile.
Il Direttivo ha dunque messo un punto fermo nel cammino difficile tendente a consolidare tutte le premesse perchè l'opera di tutela risulti quantomeno efficace, dal punto di vista della valorizzazione della natura e della biodiversità, che ha nell'Appennino caratteristiche non indifferenti. Le alte quote, i crinali delle montagne, il corso di fiumi e torrenti e le sorgenti stesse rappresentano un patrimonio che rischia di essere travolto dalle varie campagne di ricerca ed estrazione del petrolio.
L'invito rivolto alle compagnie, ma soprattutto alle regioni meridionali e al Governo, consiste appunto nella  sottolineatura del pregio ambientale e naturalistico di grandi aree che non possono essere neppure sfiorate dall'idea di estrazioni a catena, per giunta all'interno del Perimetro del Parco nazionale e non distante dai centri abitati, che tuttora hanno a che fare con le perforazioni.
Non si tratta di un ambientalismo ad oltranza e meno che mai di una posizione estrema: ma della riappropriazione di un ruolo fondamentale perchè l'Appennino svolga la sua  funzione a salvaguardia dell'ambiente e della salute.
Il discorso su un turismo possibile passa infatti attraverso queste garanzie, che non sono semplicemente di facciata. Ma non solo il turismo: la tutela dei prodotti tipici, la conquista di nuove posizioni contro la ricerca di idrocarburi aprono la strada a una ulteriore qualificazione del ruolo del Parco, nato - lo ricorderanno in molti - con l'impegno dell'allora commissario Totaro (oggi Presidente) di frenare il dilagare delle trivelle. Scongiurare il rischio, ad esempio, che nel miele della val d'Agri l'universitá della Basilicata continui a rintracciare idrocarburi, non è cosa da nulla.
L'ultimo convegno sulla possibilitá di estendere un'agricoltura pulita nell'Appennino è un segnale importante.  Fagioli, ortofrutta, produzioni di assoluto pregio nazionale sono un traguardo da non dimenticare. Ad una condizione: che a favorire un processo di diffusa tutela dell'esistente siano anzitutto le popolazioni, i giovani, le guide del Parco. L'Appennino è zona di frontiera e come tale va inteso e vissuto. Non è un poltronificio, ma può diventare a sua volta elemento trainante per restituire al territorio una centraltá vera. Che l'area protetta può non solo difendere strenuamente, ma far conoscere, rilanciare. Contribuire a far diventare importante nel dibatiito su questa Basilicata, determinata a non lasciarsi spazzare via. Ma non del tutto in grado di ergere una cortina impenetrabile perchè la sua identitá, e quella di certe zone particolarmente esposte, non sia dimenticata. Ignorata o, peggio, calpestata con grande disinvoltura.



   

martedì 23 febbraio 2016

"NON OMNIS MORIAR": ECO COME ORAZIO?



A conclusione di una intervista radiofonica, in occasione della morte di Umberto Eco, il giornalista chiede all'intervistato, uno degli allievi del professore all'Universitá di Bologna: come gradirebbe essere ricordato? La risposta: assolutamente come un grande.
Il rigore della sua cultura, l'ampiezza degli scenari che vanno dalla filosofia alla narrativa passando per varie discipline e tante interpretazioni, fanno di Eco un grande senza limiti. Non vi è dubbio. Oltretutto un aspirante più che motivato all'assegnazione del Nobel per la letteratura negatogli per ragioni ancora abbastanza oscure.
I punti di partenza e di approdo di uno studioso della lingua italiana, anzitutto, e di un narratore acuto del suo livello sono sostanzialmente due, almeno dal punto di vista ideale: Il Nome della Rosa e il Pendolo di Focault. Il primo ambientato in epoca medievale, di lettura facile e distensiva al punto da avere rappresentato lo spunto per un film, il secondo di diversa natura. Non certo di agevole comprensione per il grande pubblico che tuttavia lo ha acquistato più per il nome del suo autore e forse un po' meno per i contenuti. Probabilmente un romanzo destinato a non essere letto fino all'ultima pagina, almeno da chi non ha uno specifico interesse letterario.
Un crocevia che incrocia altri crocevia in un sussulto continuo di riferimenti, di spunti politici, di finalità culturali non certo avulse dalla vita di ogni giorno. Forse è proprio questo il dato costitutivo e l'asse portante del prestigio di Eco che non a caso si considerava tacitamente un grande, per giunta ineguagliabile. Forse inarrivabile, o invincibile.
Nelle sue "Bustine" c'è tutta la critica ai fatti del giorno, agli eventi destinati a segnare il tempo. Non per un puro riferimento casuale Eco cita Mika Bongiorno, considerandolo un evento sociale, un mediatore tra l'alta politica e i bisogni reali della gente. E non solo un comunicatore, un uomo di Tv che ha conquistato il piccolo schermo e ne ha fatto addirittura una leva potente per una cultura di massa, non insignificante, a partire dalla Milano degli anni Cinquanta. Un modello di vita per intenderci.  
Il grande scrittore porta con sè una sete di grandezza, forse di proporzioni straordinarie. Forse finanche irraggiungibile ma capace di marchiare il suo io. 
Mi chiedo: ci può essere un termine di paragone tra lui ed Orazio, anche per quel  sentirsi addirittura immortale del poeta venosino, insuperabile, grazie appunto ad una  cultura altissima che lo ha reso unico tra i grandi della latinitá?  A pensarci bene si, con le dovute distinzioni, indubbiamente. C'è tuttavia un altro termine di paragone: umiltá e modestia non sono certo reperibili nel cammino terreno dei due. Grandi finchè si vuole ma soggetti alla legge inesorabile del doversi confrontare con tutti gli altri "comuni" mortali.

sabato 13 febbraio 2016

AGRICOLTURA E PETROLIO, INSIEME



680 milioni di euro. Una pioggia di denaro per risollevare le sorti dell'agricoltura  lucana. Luca Braia, assessore al ramo in Basilicata,  sottolinea l'importanza di questi finanziamenti che andranno ad aggiungersi ad altri provvedimenti del Governo, questa volta finalizzati a diffondere lo sviluppo rurale nei parchi, soprattutto quelli nazionali. Ma non solo. 
Lo ha annunciato il sottosegretario alle politiche agricole, Giuseppe Castiglione, fornendo per fortuna delle aree protette una immagine non semplicemente protezionistica: non un recinto con mille vincoli, ma una realtà in movimento che privilegia l'economia possibile, ecocompatibile.
Non per un semplice caso,  il dibattito su questi temi si è svolto nella sede del Parco nazionale dell'Appennino, a Marsiconuovo nella Valle dell'Agri, nel cuore della Basilicata  del petrolio, un banco di prova per stabilire la compatibilità tra agricoltura ed estrazioni di greggio. Un tema che continua a far discutere, sul quale i produttori esprimono giudizi allarmati. "Il petrolio ci ha messo ko, perchè i nostri prodotti non hanno futuro" sostengono in diversi, mentre si leva la voce del Presidente del Parco, Domenico Totaro, pronto a difendere l'equilibrio possibile tra i due mondi, a patto che si controlli e ci siano sufficienti garanzie, continua a dire. Non è uno scherzo, indubbiamente, con le trivelle nel perimetro del Parco nazionale, a Calvello e altrove e con la prospettiva di raggiungere quota 150 mila boe giorno (barili al giorno) per usare il linguaggio dei petrolieri, non appena  funzionerà Tempa Rossa a Corleto Perticara, in provincia di Potenza sempre a due passi dalla val d'Agri, ormai consacrata al greggio, con i milioni di euro delle royalties di cui parla anche il sindaco di Viggiano, Cicala, con lo spirito di chi vive un momento magico senza precedenti per la storia di questo centro, diventato senza volerlo la capitale del petrolio in terra ferma. 
Si tratta di milioni nelle casse dei comuni. Ma non solo di Viggiano evidentemente, senza escludere Marsicovetere, terra di prosciutti. Le cifre sono da capogiro e ci si chiede se non sia il caso di destinare questo denaro per mettere in piedi uno sviluppo possibile, magari compatibile come sostengono gli ambientalisti ad oltranza, quelli che dicono no al petrolio, "senza se e senza ma". NO e basta. 
 Si attende a Marsiconuovo un altro convegno che serva a bilanciare l'equazione agricoltura uguale petrolio, per chiarire magari le prospettive di una ruralitá collegata al greggio. Non è forse un'idea da mettere a frutto? 

giovedì 11 febbraio 2016

BASILICATA - LOMBARDIA, PER CAMBIARE LA VITA



Orazio e Virgilio insieme verso nuovi traguardi. Grande idea quella di realizzare un gemellaggio tra Basilicata e Lombardia, tra Matera e Mantova. La Capitale europea della cultura, in vista del 2019, tende la mano alla consorella, ben più fortunata, del Nord. Due regioni, una sola Italia. 
"Mantua me genuit" (Mantova mi generò) disse Virgilio portandosi con sè l'immagine di una terra divenuta grande nei secoli. E Orazio con il suo "Non omnis moriar" (non del tutto morirò) mise in risalto il valore eterno della cultura.
Sicchè Marcello Pittella ha ragione a considerare il gemellaggio come una fase ricca di proposte, di nuovi indirizzi e di tante speranze da non far cadere nel nulla. Beninteso!
Ma qual è oggi il cammino della Basilicata? Quali le sue aspettative, i suoi orizzonti, a partire da Potenza, la cittá alla quale è stato affidato il compito di cittá regione in una dimensione tutta diversa da quella attuale. Bisogna riconoscerlo. Con una economia fondata su altre premesse, tenuto conto per giunta che questa è la terra dei grandi cambiamenti rispetto  passato: di vecchio, di inutile non c'è davvero nulla. Meno che mai l'immagine di una regione a dorso di mulo, più volte evocata da chi non riesce a guardare in faccia la realtá del nostro tempo, costruita nei decenni con l'impegno delle famiglie, di migliaia di giovani in grado di rinnovare da soli l'esistente, costretti purtroppo ad andar via.
"Oggi bisogna guardare al futuro. E il futuro occorre costruirlo rendendoci conto del progressivo spopolamento di questa terra, di questa regione che vede assottigliarsi sempre più il numero dei suoi abitanti." Lo dice il sindaco di Potenza, Dario De Luca, commentando gli eventi di questi giorni.

Scienza, sviluppo, tecnologia. Progresso reale, non solo immaginario. È possibile un traguardo del genere, per quanto ambizioso, e in quale misura?

"Penso proprio di sì. Potenza è una città ricca di risorse, soprattutto umane. Sono in tanti a credere nel loro lavoro e nella possibilitá di promuovere una crescita vera. Alcuni giorni fa ho seguito l'inaugurazione di una società che con i giovani mira a promuovere delle iniziative evolute. Una strada importante. Anzi assai significativa. 
Questo non significa trascurare l'industrializzazione.
Credo addirittura che anche le estrazioni petrolifere potrebbero rappresentare una occasione non solo per intascare soldi e royalties ma per crescere davvero.
Potenza deve cominciare  a credere in sè stessa, intanto.  Sto cercando di orientare anche la macchina comunale per dare slancio alla città, per mettere in piedi un rapporto più agile e snello con i cittadini. Più proficuo, in definitiva."

Tutto questo implica un progetto politico di grande respiro, non  limitato ai confini della città ma lanciato verso orizzonti ben più vasti, con il coinvolgimento del governo. Anzitutto. E di tanti soggetti. 

"Sono convinto che non si possa pensare a una politica per Potenza su basi prettamente locali, limitate a un ambito ristretto. La Regione deve sforzarsi per dare a Potenza un ruolo di cittá governo di un territorio qual è quello lucano, nel suo insieme. Come è avvenuto e sta avvenendo per Matera, in termini di ampiezza del ruolo, così deve avvenire per Potenza, per quanto su basi diverse. Ovvio. 
Matera è un motore di sviluppo importantissimo. L'altro ingranaggio è Potenza per dare alla Basilicata un nuovo slancio."

È praticabile  un obiettivo del genere? 

"Il vero salto di qualità deve essere una sorta di presa di coscienza comune per ribaltare la crisi attuale, per trasformare certe criticità in risorse vere da mettere a frutto, per cambiare la vita.
Ci possono essere visioni diverse e per questo bisogna riuscire a trovare una sintesi, un obiettivo che deve coinvolgere tutti a partire dai nostri parlamentari che hanno una visione d'insieme all'interno della quale deve inserirsi il progetto Basilicata. 
Il bene comune che è sulla bocca di tutti i parlamentari e di tutte le forze politiche deve aprirsi a comportamenti coerenti: ecco cosa significa fare politica. La politica ha l'obbligo di indicare gli indirizzi impegnando le risorse: sarebbe bello che la politica si desse degli obiettivi e che gli obiettivi fossero quantificabili. Soprattutto verificabili. Per cui l'uomo politico dovrebbe  essere giudicato in base a questo. Prima di tutto." 


giovedì 4 febbraio 2016

IL GIUBILEO DI PADRE PIO



In questo mondo di ladri e di impostori, di personaggi svaniti, di tante donne vendute al migliore offerente, vedere la figura di un sacerdote oggetto dell'unanime devozione e dell'amore sincero da parte di fiumi di persone colpisce, eccome.
La traslazione, per un breve periodo di tempo, dei resti mortali dell'umile figlio di Pietrelcina, da San Giovanni Rotondo a Roma per il Giubileo voluto da Francesco, ha dunque riacceso la fede negli animi, che non é illusione nè mera esibizione. Meno che mai un fatto esteriore. Ma rappresenta un moto dello spirito comune a migliaia e migliaia di fedeli attratti dalla forza di Padre Pio di pregare per l'umanitá travolta dall'odio e insanguinata dalle vendette. Conquistata dal denaro.
La misericordia, la prima e più importante dote che ha sempre contraddistinto il Padre, domina la scena di questo momento della Chiesa, guidata da Papa Bergoglio, uomo di fede e sacerdote di Cristo, in una stagione  tra le più difficili e controverse.
Ritorna prepotentemente in primo piano la spiritualità del Frate delle piaghe, spesso umiliato in vita da quelle stesse persone a lui vicine, dalle quali ha accettato davvero tutto: dalle umiliazioni alle peggiori calunnie, senza mai replicare. Senza nessun gesto di ribellione. Padre Pio espressione del Cristo Risorto. Uomo di fede profonda. Ineguagliabile. 
Migliaia di fedeli sono pronti a riconoscere il grande miracolo di San Pio: la Casa Sollievo della Sofferenza, in cui ciascuno è chiamato a identificarsi per quel gesto di amore verso l'umanitá sofferente. "Se non porti al capezzale dell'ammalato la parola di Dio, a cosa servono le medicine?" 
Ecco dunque da dove nasce quel gesto di riconoscenza che spinge le folle a tributare uno straordinario omaggio al Frate disposto sempre  a sacrificarsi per i peccati dell'umanitá.
Chi è dunque Padre Pio? L'uomo mandato sulla terra per dimostrare a tutti che il sacrificio del Golgota non è stato inutile. Per dimostrare che fede e scienza debbono coincidere. Che la cura dei corpi non si allontana da quella delle anime.
Padre Pio impegnato nella lotta contro satana, pronto a combattere il male. Ben disposto a portare la sua croce per la salvezza di ciascuno.
I suoi scritti e il suo pensiero sono qualcosa di più di una semplice lezione di vita. Sono un esempio, una guida. Una bussola nel cammino burrascoso. Nelle lettere c'è il suo pensiero che diventa azione e non si lascia condizionRe da nulla. 
"0gni cristiano deve essere un secondo Cristo" scrisse in un lettera ai figli spirituali che lo seguivano, fino a sforzarsi di imitarlo nei gesti e nelle azioni quotidiane. Nella sua umiltá che lo portava ad amare i poveri con autentico slancio. 
Padre Pio dunque c'è: la gente lo sente vicino. Lo supplica. Parole toccanti quelle di Fra Francesco Di Leo, che lo ha accompagnato nel tragitto da San Giovanni a Roma, commosso per le mille manifestazioni di affetto tributate al Santo che inducono a  considerare il senso della preghiera e la condizione dell'umanitá in questo terzo millennio.