giovedì 28 maggio 2015

LA VISITA LAMPO DI RENZI ALLA FIAT



Era inevitabile che la visita lampo di Renzi alla Fiat di Melfi dovesse suscitare commenti in ordine ad un tema ben preciso: il peso che la Basilicata ha sull'agenda del Governo. E sulla considerazione che il Presidente del Consiglio ha di questa terra del Sud, indipendentemente dalla presenza in territorio lucano dello stabilimento di San Nicola di Melfi e dalle sue produzioni d'avanguardia.
Il punto è proprio questo. La visita di Renzi è una visita alla Basilicata, per dar credito al ruolo di questa regione in uno scacchiere non solo meridionale. Non credo. O è una visita di cortesia a chi ha avuto la genialitá di scegliere Melfi per la nuova e moderna fabbrica di automobili?  A ciò che il sistema Fiat rappresenta, in una dinamica internazionale. Cosa dalla quale la Basilicata non trae un vantaggio decisivo per il suo destino, non solo occupazionale.
Ecco la questione, certamente politica. D'altro canto un riscontro importante a tutto questo viene dal lavoro di Marcello Pittella che ha tentato in tutti i modi di convincere il capo del Governo a dare ai lucani la sensazione che la sua presenza a Melfi potesse avere il carattere di una sottolineatura del peso specifico della Basilicata. Del ruolo importante di questa terra non solo in campo energetico, ma anche per il significato della sua storia. Del suo presente. Delle risorse di cui dispone. Dei cervelli che ha. Pittella non è riuscito nell'impresa. Speriamo che le cose vadano meglio una prossima volta.
Tra i primi commenti alla visita quello di Piero Lacorazza, presidente del Consiglio regionale lucano,  su Facebook. Un commento che condivido solo in parte. 
Per quel che la visita di Renzi sta a indicare, non si tratta del superamento di antichi preconcetti sicchè Cristo sarebbe andato ben oltre Eboli. Non è andato e non andrá fintanto che non esisterá nel Paese una valutazione obiettiva di cosa potrá significare per i lucani essere in una dimensione autenticamente nazionale.
Del resto, tra la visita di Zanardelli e quella di Renzi il divario non può essere legato soltanto alla cancellazione di quella marginalitá tipica degli inizi del Novecento. Il dato fortemente negativo per la Basilicata appare accentuato oggi dal fatto che tra le aree del Sud questa regione continua ad avere una serie di primati negativi tali da pesare assolutamente sul suo ruolo. Sul suo sviluppo. Sulle proiezioni dell'economia in un futuro non lontano.
La terra dei "comitatini" contro le trivelle, degli ex pastori che non si rassegnano alle modificazioni del petrolio mette in evidenza un dato, tutto politico: la Basilicata è un non senso in Italia, almeno nel giudizio di Palazzo Chigi. Se recupera qualche punto a suo favore lo deve soltanto al peso economico e alla presenza della Fiat a Melfi. Se non ci fosse la Sata sotto l'egida di Marchionne, ma che ragione avrebbe avuto un presidente del Consiglio dei Ministri a far visita ai lucani? Certo, bisogna chiedersi di chi è la responsabilità se tutto ciò purtroppo accade, con o senza Matera 2019. 

martedì 26 maggio 2015

COMUNICARE IL PARCO, EVITARE RISCHI PER L'AMBIENTE



L'inquietante vicenda di Cercemaggiore 
lancia un'ombra sulla Basilicata




Piena di voci e di colori la giornata potentina del Parco nazionale dell'Appennino lucano Val d'Agri Lagonegrese. Far conoscere la giovane area protetta alla cittá capoluogo della Basilicata: ecco l'obiettivo nell'ambito di Expo 2015. 
In realtá si è trattato di una sorta di esposizione dei prodotti tipici, in una cornice insolita qual è appunto il centro storico di Potenza. Per giunta il Parco è davvero a due passi dalla cittá, come a portata di mano sono alcune peculiarità, a cominciare dai fagioli e dal formaggio, senza escludere le prelibatezze offerte da Michele Tropiano che ha presentato quanto di meglio il Kiris di Viggiano è in grado di offrire agli ospiti e ai turisti, in genere. Ottima scelta, questa.
La giornata ha inoltre illustrato con dibattiti e tavole rotonde le finalitá dell'area protetta in tema di salvaguardia della natura e di rilancio di quel patrimonio di storia, archeologia e arte di cui il Parco è ricco. Un lavoro supportato da due societá: la ELDAIFP, con Rosa Solimeno organizzatrice e manager dell'azienda, l'altra CK Associati rappresentata da Maria Teresa Merlino, esperta in parchi e comunicazione. Un binomio di tutto rilievo.
Ma il tema di fondo inevitabilmente è stato un altro. Alla vigilia della manifestazione di Potenza il TG2 ha mandato in onda una inchiesta di Donato Placido sulla forte radioattivitá di un pozzo di petrolio dismesso, a Cercemaggiore nel Molise. Per giunta dalle dichiarazioni dell'ex sindaco della cittadina  è emerso che i reflui sarebbero giunti dalla Basilicata e quindi probabilmente reiniettati nel pozzo. Sottolineo probabilmente. Particolare inquietante, se accertato, senza dubbio. 
Radioattivitá di cui non ci si rende conto giacchè nè l'Arpa Molise (l'agenzia per la protezione dell'ambiente) nè le Asl, nè altri organismi, locali o nazionali, sono stati finora in grado di risalire alle cause e di fornire una spiegazione valida della presenza di raggi gamma in una zona delimitata e recintata. Il fenomeno non è in ogni caso da sottovalutare, come non va sottovalutato il ruolo della Basilicata in una ipotetica operazione di conferimento di reflui radioattivi nel vicino Molise. 
A questo punto compete alla magistratura fare piena luce su una vicenda come quella di Cercemaggiore, diventata pericolosa e importante perchè oggetto di una inchiesta del Tg2. Altrimenti sarebbe stata ritenuta cosa di ordinaria amministrazione, da non considerare nemmeno, probabilmente... Siamo a questo nel Bel Paese. 

lunedì 25 maggio 2015

CERCEMAGGIORE, FORTE RADIOATTIVITÁ VICINO AD UN POZZO DI PETROLIO DISMESSO




A Cercemaggiore, in Molise, cresce enormemente la radioattivita in una zona dove  fino a qualche tempo addietro esisteva un pozzo per l'estrazione del petrolio. La zona è stata delimitata e recintata, anche se solo con nastro bianco e rosso.  Sicchè in teoria animali e persone possono tranquillamente entrare con evidenti rischi di contaminazione.
L'argomento é stato oggetto di una inchiesta del Tg2 realizzata dal collega Donato Placido, trasmessa nella edizione delle 20,30.
Inchiesta che mette in risalto particolari decisamente allarmanti e pone una serie di interrogativi, ancora senza risposta. Come e perché questa radioattività con raggi gamma? Non solo. Nel corso dell'inchiesta, in cui si fa esplicito riferimento alla reiniezione di acque provenienti dai pozzi di petrolio, l'ex sindaco di Cercemaggiore parla di Melfi lasciando intendere che delle acque radioattive sarebbero arrivate appunto dalla Basilicata. Ma questo passaggio non è affatto chiaro.
Certo, la situazione di Cercemaggiore è  inquietante anche perchè non si manifesta alcun impegno a risolvere rapidamente l'enigma della radioattivitá, da parte di Arpa Molise nè delle autoritá sanitarie. 
Ho informato della cosa la professoressa Albina Colella, dell'Universitá della Basilicata, che si sta giá muovendo con lo scopo di fare piena luce sulla vicenda, per ora molto misteriosa e complicata. Ma anche inquietante, a dir poco.  

sabato 23 maggio 2015

IL RICORDO DI CAPACI

Un siciliano come Mattarella

A risentire il discorso del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nell'aula bunker di Palermo si ha la sensazione netta che qualcosa stia davvero cambiando. Che il cammino verso la distruzione del cancro denominato mafia sia giunto a una svolta. Ma non solo dal punto di vista dei discorsi, inevitabilmente contro gli autori della strage di Capaci, quanto per ciò che riguarda la sostanza delle cose, vale a dire l'impegno della politica e delle istituzioni a isolare quel fenomeno antico che si è andato consolidando in molti casi proprio mentre erano in atto tentativi di sconfiggerlo definitivamente. E non è poco dopo anni di sospetti di collusioni, di quasi certezze, di dubbi atroci giustificati dal rischio di un possibile, tacito accordo tra pezzi dello Stato e organizzazioni mafiose.
Mattarella ha rivolto ai giovani un appello all'impegno per voltare definitivamente pagina. Per far marciare sulle gambe di tutti, non solo dei ragazzi, la coscienza della legalitá dopo troppi silenzi, dopo incredibili atteggiamenti di facciata e pericolose ipocrisie politiche che hanno intralciato il cammino verso una democrazia vera. Non solo apparente.
Il Presidente della Repubblica parla da siciliano, fratello di una vittima di Cosa nostra. Non è poco. E non è poco che proprio lui assicuri la lotta alle tante mafie, tutte vere, reali, in carne e ossa. Non solo immaginarie come qualcuno crede di poter dire. 
Mafie che in molte realtà albergano nei luoghi più impensati, avvalendosi di uomini spesso al di sopra di qualunque sospetto. Gente per bene, amici degli amici. Soprattutto lá dove non c'è bisogno di sparare. Anzi lá dove il risultato migliore lo si ottiene silurando le persone scomode, mettendole ai margini, evitando di attribuire loro incarichi di prestigio o responsabilità di un certo livello. E privilegiando spesso i corrotti.
Ecco, dunque, la novità delle celebrazioni a ventitrè anni dalla strage di Capaci. 
L'Italia non ha mai avuto, come capo di Stato, il familiare di una vittima illustre. Un uomo colpito negli affetti più cari. Una personalità  che ha versato le sue lacrime per l'uccisione nientemeno che di un fratello. Che conosce lo strazio di un dramma del genere. Una figura che reca impressi sul volto i segni di un lutto indimenticabile. Un lutto per sempre. 
Per questo Mattarella è un garante. Un guardiano. Una sentinella della legalitá.

giovedì 21 maggio 2015

"EXPO" TACCONE


                               

TACCONE - La chiesa del borgo e altri edifici in totale abbandono
(foto R.De Rosa)

Nessuno penserebbe di portare a Milano questa che è davvero l'immagine più logora e degradata dell'agricoltura nelle terre del Sud. L'immagine che rivela disinteresse, abbandono, incuria e un pessimo concetto dell'uso del denaro pubblico. Tutte queste doti negative messe insieme.
Michele Ottati, ormai ex responsabile dell'Agricoltura in Basilicata, non ha mai saputo dell'esistenza di borgo Taccone, il fiore all'occhiello della Riforma agraria nel materano. Lo ha ammesso lui stesso a grandi lettere. Eppure Taccone di Irsina, in provincia di Matera,  nel 1976 richiamò la stampa nazionale in Basilicata, con un convegno di ampio respiro organizzato in quelle terre per sottolineare il valore del borgo che negli anni Cinquanta rappresentò uno dei punti di forza nel superamento del latifondo, verso una riforma che avrebbe dovuto essere l'evento politico, economico e sociale di maggior rilievo nel Paese. Una sorta di rivoluzione positiva. La costruzione di un domani diverso che, purtroppo, nel Sud non è mai arrivato.
Quel che è peggio non è solo la mancanza di conoscenza da parte di Ottati, quanto lo stato di assoluto degrado in cui versa Taccone oggi. Un deserto: strutture abbandonate, fatiscenti, spelonche immonde abitate da topi e altri animali randagi. Uno squallore addirittura raccapricciante, se solo si pensa che lì la Basilicata ha speso fior di milioni di vecchie lire. Denaro pubblico, soldi dei cittadini versati allo Stato con le tasse. Investimenti buttati al vento, nella piena irresponsabilità di chi ha governato questa terra del Sud, ignorata, calpestata e sbeffeggiata finanche. C'era bisogno di una festa nazionale in pompa magna per poi buttare alle ortiche questa realtà? Tra passato e presente purtroppo non ci sono sostanziali differenze. 
Ottati ritiene di avere introdotto grandi novità nel mondo rurale solo perchè usava chiedere agli operatori agricoli quante lingue sapessero: lui poliglotta e uomo di cultura... 
Taccone é certamente un pessimo esempio di come si possa gestire e amministrare il denaro di tutti con quella spregiudicatezza tipica di una politica arrogante e distruttrice di un patrimonio destinato al fallimento.
Anni fa una famiglia di Taccone mi chiese di prendere contatti con Gabriele Di Mauro, verso la metá degli anni Ottanta Assessore all'Agricoltura della Basilicata, per sapere quali procedure e quali canali si dovessero seguire per potere acquistare alcuni immobili del borgo, in cui peraltro svolgevano da anni la loro attività. Interpellai Di Mauro e la risposta  fu la seguente: stiamo lavorando, stiamo vedendo come ottimizzare le possibilitá di acquisto degli immobili da parte degli assegnatari della Riforma. Sarebbe, aggiunse, un'ottima soluzione. 
Purtroppo da quell'epoca  soluzioni non ce ne sono state, tranne quella di far marcire un bellissimo borgo rurale e ridurlo in uno stato di vergognoso abbandono. 
Le organizzazioni agricole oggi si dicono interessate a occuparsi del nodo Taccone. Un nodo diventato una questione non più risolvibile. Una mina vagante. Un bubbone. Un cancro. 
Non immagino cosa possa eventualmente pensare la Corte dei Conti a proposito di uno spreco del genere, odioso e nauseabondo. Per non dire indecente. 
Tra l'altro Donato Distefano, direttore della Cia Basilicata, dice  che di Taccone si è parlato nel 2010 in occasione di un convegno a Matera, sapendo bene che il semplice parlare corrisponde  soltanto a una mera esigenza di copione e nient'altro. Cosa della quale francamente l'agricoltura non ha bisogno. Nè in Basilicata, né altrove.

sabato 16 maggio 2015

LA PUGLIA A EXPO, UN MESSAGGIO ALL'UMANITÁ





                                     La Puglia a Palazzo Marino per Expo 2015

Francesco Lenoci, professore di economia in Cattolica a Milano, "trasferisce" la  Puglia a Expo 2015. Grande trovata, non certo meramente pubblicitaria, ma ricca di contenuti al punto da apparire una  strategia vincente per aprire a questa terra del Sud orizzonti forse insperati. E non solo alla Puglia quanto all'intero Mezzogiorno, Basilicata compresa, vero polmone verde. Serbatoio di risorse  grandiose. Terra con una storia non certamente marginale. Da Orazio alla Magna Grecia gli scenari si arricchiscono di mille opportunitá.
Lenoci chiarisce il significato stesso di Expo con la  presentazione di una gamma di prodotti tipici al pubblico della rassegna internazionale, in cui sono comprese tutte le straordinarie capacitá della grande Puglia: dal pane, ai dolci, ad altri cibi. Figura in effetti  tutta la cultura di una terra  lambita dal mare con il Salento delle musiche e il barese dei piatti di sempre. Del cibo antico e genuino: una tradizione nella tradizione. Anzi mille tradizioni a confronto nel grande contenitore internazionale.
Mi ha colpito vedere Palazzo Marino, sede del Comune di Milano, stracolmo di pugliesi, tutti pronti a testimoniare i mille significati di una esposizione che parla al mondo intero. Non ad un lembo del pianeta. 
Dalla Puglia parte un messaggio. Secoli di tradizioni, di agricoltura, di esperienza e di ospitalità fanno di questa parte del Sud un gioiello capace di invitare tutti a misurarsi con i problemi dell'oggi e del domani. 
La grande passerella di Expo 2015 si apre, dunque, al mondo con le sue realtá migliori. E la Puglia, con la forza del suo carattere, appare sin da ora destinata a imporsi e ad avere successo, fino ad apparire in tutta la sua essenza. Fino a svelare quell'intreccio di storia e cultura, di passato e presente che fa di  questa terra un forte elemento di richiamo. 
In primo piano Lenoci colloca la figura dell'umile vescovo, amico dei poveri, dei giovani e dei diseredati. Don Tonino Bello.  Amico fraterno di quanti  vivono nell'incertezza dell'oggi e del domani, perseguitati dalle malattie, dalle carestie. Dalla fame e dai traumi che hanno sfigurato l'uomo. Expo è, oltretutto, una porta aperta per la sopravvivenza dell'umanità sul pianeta che rischia di non riuscire a garantire, in un futuro non lontano, acqua e cibo ai suoi abitanti. 
Don Tonino Bello è una rivelazione del nostro tempo. Parla  a milioni di uomini e di donne che guardano smarriti certi scenari di distruzione dai quali cercano di fuggire affrontando l'incognita del futuro.
Accanto alla grande figura di don Tonino, la Puglia di Expo deve ospitare un altro capolavoro del nostro tempo: Padre Pio da Pietrelcina. Un santo dei nostri giorni, un mediatore tra il Risorto e l'umanitá lacerata dalle guerre e percorsa dal male: un messaggio forte  non solo a Milano, ma al nostro tempo.

martedì 12 maggio 2015

EMERGENZA PROFUGHI, NON BASTA DISTRUGGERE I BARCONI

Occorrono misure da parte dell'Europa

Inutile alimentare facili illusioni: l'Europa non ha interesse a intervenire, in modo risolutivo e commisurato alla gravitá della crisi, nella delicata questione degli sbarchi di profughi in Sicilia. 
Capi di Stato e di governo di vari paesi europei continuano a  non manifestare una volontá forte e decisa per contribuire a risolvere  con l'Italia il nodo terribile degli sbarchi: la vera emergenza del terzo millennio. Quella emergenza epocale che dimostra il livello di sgretolamento del continente nero, il degrado civile di intere regioni dell'Africa, la fuga di milioni di persone  dalle guerre, dalla miseria e dalla fame. Al punto che Federica Mogherini si vede costretta a chiedere un intervento armato per distruggere i barconi che dovranno trasferire migliaia di disperati dalla Libia, e non solo, in Italia. 
Soluzione estrema con il rischio che tutto sia inutile. Non è possibile chiedere nè all'aviazione nè ad altri di distruggere giorno per giorno i mezzi con i quali gli scafisti trasporteranno la gente in fuga. È un errore di valutazione, con il rischio di aprire la strada a una lotta senza fine contro dei mulini a vento. 
Ci sono oltretutto migliaia di bambini, arrivati nel Mezzogiorno, ai quali oggi si tenta di dare una identitá. Bambini senza genitori, privi di qualunque documento, impossibilitati a essere identificati se non con i mezzi della scienza medica che consente di risalire ad una data approssimativa della loro nascita. 
Per giunta non una sola parola dalle organizzazioni che si occupano, a livello internazionale, delle adozioni. Silenzio assoluto, ad esempio, da parte del GVS, il gruppo internazionale presente a Potenza nella chiesa di Sant'Anna, capace di muoversi su vasta scala per affrontare il nodo adozioni dialogando con le autoritá dei paesi africani. Con capi di stato e di governo. Quindi ai massimi livelli. E non è poco. 
Vedremo quale sará la presa di posizione del GVS di Potenza in occasione della ormai imminente giornata  delle famiglie, che si celebra ogni anno a metá giugno. C'è da sperare in una energica presa di posizione per quanto si riferisce al problema dei minori. Ma non solo. Anche per la vicenda del ruolo dell'Europa nell'attuale fase. Un'Europa assente o, meglio, inesistente soprattutto sotto il profilo delle politiche dei singoli Stati membri.
Scuotere i vari paesi del vecchio continente perchè possano assumere un ruolo attivo e dinamico nell'attuale questione  non è operazione facile. Le energie dell'Italia non sono contenute e racchiuse semplicemente tra le mura di Palazzo Chigi o del Quirinale. Ma risiedono anche altrove. E in un momento di estrema gravitá, come quello che stiamo affrontando, vanno messe in campo, tutte nessuna esclusa, se si vuol puntare a invertire la rotta degli sbarchi ormai senza fine che rappresentano davvero un evento epocale, una svolta terribilmente negativa, destinata a pesare sull'Italia, purtroppo soltanto sul nostro Paese. 
Il problema di fondo riguarda, nella prospettiva del medio lungo periodo, la possibilitá di sfamare milioni di persone, di garantire un futuro a tanti bambini, di sapere che una integrazione vera di questi profughi nella nostra società appare oggi difficile, per non dire impossibile soprattutto poi nell'arco di diversi decenni quando il fenomeno avrá assunto  proporzioni tali da rivelarsi per quello che realmente è. E non solo per quello che appare oggi, alla luce dei singoli sbarchi ai quali si cerca di attribuire un peso molto relativo e certamente inferiore alla reale portata di un evento di assoluta gravitá. Forse il più allarmante nella storia del Bel Paese. 

sabato 9 maggio 2015

IL DRAMMA DI FABIO, UN GIOVANE COME TANTI



“Mi chiamo Fabio, ho 21 anni. Voglio raccontare la mia “esperienza” negativa che ho avuto con la Giustizia; voglio raccontarla perchè non mi sembra così tanto giusta, anche se c'è da dire prima di tutto che io ho commesso dei reati dei quali è giusto che io paghi e sconti una pena.”
Si apre con queste parole la lettera di un giovane che si rivolge al Garante per l'infanzia e l'adolescenza, il prof. Giuliano, con lo scopo di far conoscere la sua esperienza, dura e difficile. Un marchio indelebile in grado di condizionare la sua vita di giovane e il suo futuro di uomo.
Fabio ammette di avere sbagliato da ragazzo: “Tutto ha inizio a 14 anni, quando vengo denunciato a piede libero, dopo aver confessato di avere commesso dei reati.”
Dopo la denuncia i carabinieri lo arrestano: cinque lunghi mesi trascorsi nel carcere minorile di Bari, dove tra l'altro – precisa Fabio – gli viene approvato un progetto di messa alla prova. Attività che dovrebbe consentire una sorta di verifica, una prova appunto per accertare il suo grado di “ritorno alla normalità”. Attività che Fabio svolge successivamente nella sua abitazione per la durata di oltre un anno. Intanto commette un altro reato e il Tribunale Ordinario lo condanna a due anni e quattro mesi con la sospensione condizionale della pena e la sospensione del progetto di messa alla prova. Il sogno s'infrange; prima amara delusione.
Al di là di tutto Fabio è finalmente libero. Progetta il suo futuro, il suo domani, con un lavoro. Una vita normale come quella di tante altre persone. Ma la realtà è diversa. I procedimenti penali a suo carico, per i reati commessi da minorenne, vanno avanti e sfociano in una condanna a quattro anni e sette mesi di reclusione, dopo quattro anni di libertà assoluta. In questo arco di tempo, tuttavia, il giovane precisa di non avere commesso alcun reato. E di essersi impegnato anche nel lavoro: un contratto da pizzaiolo che gli consente di sentirsi come gli altri e di lasciarsi alle spalle esperienze negative, frutto di superficialità, di leggerezza, di mancanza di una guida forte e responsabile. “Ho anche una relazione sentimentale molto importante che spero di non distruggere...” precisa con comprensibile soddisfazione.
Per i reati commessi da ragazzo, Fabio è stato rinchiuso nel carcere minorile di Potenza. Lui maggiorenne ormai, in attesa di poter chiedere, grazie alla sua buona condotta, “un affidamento in prova per continuare a lavorare ma soprattutto per non perdere tutto quello che ho costruito in questi anni.”


mercoledì 6 maggio 2015

IL PARCO DELL'APPENNINO A EXPO 2015


                                
           Parco Appennino lucano - La sede (veduta aerea) Foto R. De Rosa

   In vista della sua presenza a Expo di Milano il Parco nazionale dell'Appennino lucano Val d'Agri Lagonegrese si veste di un abito dai mille colori. Nel senso che si attrezza a predisporre davvero una vasta gamma di iniziative, di scelte, di progetti pur di avere un peso nella esposizione internazionale finalizzata al tema del cibo e della vita sul pianeta. Certo, il contenitore è di tutto rilievo e per giunta tale da dare risalto solo a eventi di grande portata, destinati a non soccombere nella Milano dell'esposizione. 
   Prodotti tipici, salumi, olio, vino, acqua, fagioli ecc. inseriti tutti in una miriade di promozioni studiate per richiamare sul parco della Val d'Agri l'attenzione di un pubblico qualificato e        di operatori turistici di livello non solo italiano. Con un calendario di tutto rispetto, articolato anche sul territorio  con la partecipazione di strutture e di soggetti specializzati nel campo della comunicazione. E ciò allo scopo di rendere il messaggio efficace e incisivo al massimo. La cordata dei comunicatori è capeggiata non a caso da CK Associati. 
   La questione di fondo è e rimane tuttavia una sola: come comunicare al mondo la Val d'Agri, la valle verde che agli occhi di Expo, dice il Presidente Totaro, non deve apparire soltanto come la valle del petrolio. Anzi, bisogna trovare a tutti i costi un lancio, uno spot che metta in  second'ordine il petrolio e faccia valere l'immagine della Valle, quella della biodiversitá e del Parco. Esorcizzando le negativitá e ponendo in prima fila i dati positivi, in effetti. L'immagine di sempre. La valle verde come era e si presentava quando le trivelle non esistevano e il territorio non brillava di notte di quelle luci, belle a vedersi, ma che stanno a indicare scenari ben diversi dalla semplice immagine delle torri sparse qua e lá, anche in pieno Parco. Perforazioni, si sostiene, autorizzate prima che venisse indicato il perimetro dell'area protetta.
   In ogni caso, il gran fervore per i preparativi in vista di Expo sta a indicare uno sforzo enorme, da parte della equipe dell'Appennino lucano,  ma che probabilmente non riuscirá a porre in evidenza il lavoro di questi anni in difesa del territorio, a garanzia delle popolazioni, nell'unico interesse di  vaste aree dove ci sono ancora agricoltura biologica, coltivazioni di pregio, attività rurali da non sottovalutare affatto. Anzi da far vivere nonostante il petrolio ed i pozzi di reiniezione. Nonostante i rischi di inquinamento che non ci si può nascondere.
   La vera sfida dovrà consistere, dunque, nel mostrare un parco sentinella, all'altezza della posta in gioco. Un parco capace di affrontare a testa alta questo difficile banco di prova in cui dovranno sintetizzarsi volontá politiche e progetti di alto livello. Insomma, un parco che produce non solo turismo di qualitá ma beni di consumo e lavoro. Un parco che ha al suo interno un Osservatorio dell'ambiente dal quale ci si aspettano indicazioni e suggerimenti utili per preservare questa fascia di territorio da una serie di danni che potrebbero rivelarsi assai pericolosi, una volta cessata l'attivitá estrattiva. 
   Badare al futuro mi sembra una delle strategie vincenti per un Parco nazionale capace di guardare al domani. E non solo ai temi dell'oggi, dominati dalla vetrina di Expo 2015.

domenica 3 maggio 2015

BASILICATA PROGETTO PAESE



 Cosa impedisce alla Basilicata di diventare anch'essa un progetto Paese?  Certo, un progetto di dimensioni diverse rispetto a quello che Milano di Expo 2015 ha collocato in una vetrina mondiale, mettendo sotto gli occhi di tutti i temi del cibo, dell'acqua, dell'energia.
Questa piccola ma non insignificante regione del Mezzogiorno, che molti confondono con la Lucania antica e moderna, ha risorse da vendere e le vende tuttora a una comunità nazionale spesso incapace di rendersene conto. Ha il primo giacimento di petrolio in terra ferma in Europa. Ha acqua e risorse naturali da fare invidia a territori ben più conosciuti e apprezzati in campo nazionale. E ben piu ricchi. Ha dei parchi nazionali e regionali che non sono semplicemente un banco di offerta natura dove poter vendere e acquistare risorse, beni immateriali. E' la terra di Matera 2019, un sfida che il Sud lancia al sistema Paese quando sottolinea certe qualità e certi requisiti davvero irripetibili.
Sta per vedere la luce in queste settimane un numero monografico della Rivista On line Appennino lucano, dell'omonimo Parco nazionale, in cui c'è un concentrato di ambiente, cultura delle aree protette, strategie di sviluppo eco compatibile, senza escludere la grande sfida di Expo alla quale la Basilicata prende parte con dignitá e vera cognizione di causa.
Fare di questa Rivista il volano per la circolazione di messaggi e di idee, ma anche di progetti di rilievo, mi sembra cosa da non sottovalutare e credo che lo staff dirigente ( Fogliano - Totaro e lo stesso direttivo) riconoscano l'efficacia di una scelta del genere. 
La circolazione di idee e di messaggi, tipica di questo strumento, apre le porte a una diversa capacitá di far valere non solo le risorse a disposizione, quanto l'attitudine a renderle propositive con un strategia di medio lungo periodo davvero efficace.
Il patto con i colossi del petrolio (si è detto  a Muro lucano) non può vedere la Basilicata soccombere. La battaglia che questa terra porta avanti consiste in un momento di grande tensione sociale anche per il riconoscimento di studi  sul rapporto ambiente salute, un bagaglio con con cui ci si propone nei confronti del Paese come un punto di riferimento per le patologie ambientali. Non è poca cosa. Se esiste, beninteso, la volontá politica. 
I temi dunque sono tanti. Il petrolio in prima battuta rappresenta la questione numero uno, il vero banco di prova  per una gestione all'altezza delle sfide in atto. Il Parco dell'Appennino è una risorsa da non far cadere nella routine burocratica, o in un modo di considerare le cose appiattito su metodi di gestione che finirebbero per svuotare di contenuti il lavoro portato avanti per anni, sin dall'inizio di questa grande avventura. Cosa della quale va dato atto a chi ha creduto nell'ambiente come risorsa strategica. Come potenziale motore di uno sviluppo duraturo.
L'Appennino è una miniera di scelte da compiere di alto profilo, le uniche che possono rappresentare davvero un sistema economico solido  e un insieme di strategie vincenti. La linea di fondo del Parco è stata sempre questa: far valere scelte precise nei confronti delle stesse compagnie e del mondo dei petrolieri. Con la piena consapevolezza che le sfide sono tante e incalzanti. Il petrolio per la Basilicata non può diventare l'inizio di una perdita di quota irreversibile, una sorta di resa senza condizioni. Una debacle senza ritorno. 

venerdì 1 maggio 2015

IL MONDO DI OPHELANDIA, UN MIX DI MEDICINA E DI SPETTACOLO



                           
                I pazienti - attori del mondo di Ophelandia (foto da Internet)

Che il teatro riesca a portare la vita reale sul palcoscenico è un dato abbastanza evidente. Il teatro in certi casi va addirittura in soccorso di  emarginati, di portatori di malattie mentali, di disturbi psichici. E ciò  davvero rappresenta una conquista straordinaria, e forse inaspattata fino a qualche tempo fa, di quel delicato settore della medicina cui compete di studiare a fondo la mente umana con tutti i suoi risvolti. Con tutte le proiezioni sulla vita di ciascuno dei pazienti e sul comportamento individuale.
Questo l'obiettivo del centro socio educativo Ophelia, una struttura complessa che opera a Potenza  in stretto collegamento con la Asp. Difatti, "Il magico mondo di Ophelandia" è lo spettacolo teatrale che ha consentito di mettere in scena anni di sperimentazione, per il recupero di un buon numero di persone affette da patologie psichiatriche. Persone non solo da guarire, da recuperare in maniera esauriente, ma da inserire a pieno titolo nella vita normale. Nel mondo della famiglia e del lavoro e in quella societá dalla quale i pazienti si sentivano magari esclusi, allontanati. Messi ai margini. Il manicomio per queste persone era un mostro, per fortuna annientato con la legge 180.
"Ecco perchè il magico mondo di Ophelandia è quasi un miracolo" commenta soddisfatto il dottor Angelo Laieta, dirigente responsabile del centro di Igiene mentale, che ha condotto la sperimentazione per mesi interi accanto a Ilaria Bavuso e all'equipe medica con un impegno quotidiano. 
Ottimo risultato. Il lavoro per allestire lo spettacolo ha creato nei pazienti un'attesa pari  a un evento straordinario che li avrebbe coinvolti. Come li ha coinvolti, dimostrando in molti casi la loro piena capacità. 
La fiaba messa in scena, l'eterna favola di Biancaneve, equivale a uno spaccato della vita: semplice e banale da un lato. Ma per altro verso ricco di problemi, di sollecitazioni. Finanche di promesse. 
Biancaneve rispecchia, in fondo, la Basilicata dei boschi e del petrolio, la terra in cui tanti hanno vissuto e realizzato  le loro attese. Anche i sogni, molti dei quali sono però svaniti perché questa terra è stata sottratta ai suoi abitanti e regalata alle trivelle che rappresentano un mondo gigantesco, con guadagni da capogiro per chi lo gestisce. E non certo per le popolazioni.
Questo mix di ambiente e petrolio, sul palcoscenico di Ophelandia,  in fondo richiama le coscienze alla vigilanza, e gli attori stessi ne sono consapevoli. Sullo sfondo l'impegno di Legambiente a dare alla rappresentazione un carattere di realtà allo specchio.
"I pazienti hanno bisogno di essere accolti, stimati, amati da parte della societá che deve consentire loro il pieno recupero. Una prima tappa è stata raggiunta. Un primo tassello è stato fissato. Ora si guarda avanti - prosegue Laieta - con altre iniziative e altri momenti per inquadrare chi ha bisogno in una dinamica di scelte che dalla medicina si spingono fin sulle soglie del quotidiano. Anzi operano concretamente nel quotidiano. Uno spazio in cui c'è posto davvero per tutti."