lunedì 30 marzo 2015

I PARADOSSI DELLA VAL D'AGRI


                                

            Montemurro (Pz)  Pascoli nella zona del petrolio (foto R.De Rosa)

la storia di una cooperativa di produttori di carni, costretti a misurarsi con tante carenze ed enormi assurdità,  mette in evidenza il ruolo trainante dello sviluppo rurale nella valle del petrolio

1966: inizia il lungo percorso di una cooperativa della Val d'Agri, ieri braccio operativo della Centralvalli, emanazione dell'Ente di Riforma agraria, oggi cooperativa "Monticello", una realtà che opera nel campo delle carni con una cinquantina di soci molti dei quali produttori, un fatturato intorno al milione di euro all'anno e cinque punti vendita nella Valle. 
Una cooperativa costretta ad affrontare giorno per giorno incredibili difficoltà ma capace di reggere alle tante traversie e di conquistarsi una nicchia di mercato indispensabile per andare avanti dignitosamente. 
Un esempio di buona gestione, di impegno e competenza, tutti ingredienti per battere la crisi nella Val d'Agri che sembra dominata esclusivamente dal petrolio e dai mille problemi di impatto sull'ambiente legati alla presenza delle trivelle. 
La produzione di carni locali costituisce, oltretutto, un capitolo importante nel quadro della salvaguardia dell'ambiente da minacce di ogni genere, dall'inquinamento delle falde acquifere e da tanti sconvolgimenti sempre in agguato.
La "Monticello" è davvero un caso nel panorama produttivo della Valle. Non solo non dispone di una sede propria, quanto per un semplice incontro con il responsabile dell'Agricoltura della Regione - Michele Ottati - la "Monticello" ha dovuto sborsare il corrispettivo della durata dell'incontro, pari a circa 130 euro. E questo in una regione in cui i convegni e gli incontri si moltiplicano a ritmo frenetico, specie in periodi di elezioni.
"Tutto ciò che riusciamo a realizzare, con sforzi personali e  con enorme fatica, è esclusivamente frutto del nostro lavoro, di quello dei soci, dei dipendenti e spesso delle loro famiglie" commenta  Giuseppe Rosato storico presidente della Monticello e profondo conoscitore dei processi dell'economia della Valle dell'Agri.
Rigorosa la gestione della cooperativa stessa con un capillare controllo della spesa tale da consentire il superamento dei problemi e garantire una efficiente organizzazione della presenza sul mercato.
La "Monticello" avanza, inoltre, proposte precise al Dipartimento Agricoltura della Regione  con una serie di richieste, anzitutto quella di una legge quadro per i vari comparti dello sviluppo rurale, il che consentirebbe di utilizzare al meglio varie forme di finanziamento provenienti da diversi canali, Europa in primo luogo.
Ma c'è poi anche un preciso riferimento all'utilizzo dell'energia, alla modernizzazione della presenza delle aziende nel panorama produttivo delle campagne, finanche all'utilizzo del biogas. Il fotovoltaico sui tetti delle aziende, si fa osservare, rappresenterebbe una svolta significativa e un modo per sancire quell'autonomia di cui tanto si parla.
"Con le  royalties del petrolio - aggiunge Rosato - potremmo senz'altro inserire una marcia in più, quanto alla disponibilità di risorse necessarie per andare avanti dignitosamente. Ma non solo. Soprattutto per essere motore di uno sviluppo programmato e ponderato, lá dove non esiste ancora purtroppo una vera mentalità della cooperazione. Se il mondo cooperativo avanza, risulterà più agevole agli stessi produttori acquisire l'idea che uniti si vince, per giunta in una situazione con tante potenzialità e con risorse derivanti da sforzi individuali, da quella passione per il nostro lavoro che ci induce a sacrificarci ogni giorno. Cosa della quale andiamo orgogliosi, peraltro."

mercoledì 25 marzo 2015

IL GARANTE PER L'INFANZIA NELLA BASILICATA DEL NOSTRO TEMPO

POSITIVO BILANCIO DELL'ATTIVITÀ DEL GARANTE  A SEI MESI DALLA NOMINA DEL PROF. VINCENZO GIULIANO. 
IL POPOLO DEI GIOVANI NON È PIÙ SOLO.


Giovani e ragazzi in questa Basilicata del terzo millennio erano, fino a ieri,  in realtà  abbastanza soli. Finanche emarginati. Ma in ogni caso non adeguatamente protagonisti della società del nostro tempo, avida di successi ma avara di quel coinvolgimento dei più deboli e dei meno rappresentati che potesse segnare davvero una svolta. 
La Basilicata ha deciso così di far vita a quella istituzione che lavora ogni giorno in silenzio e serve soprattutto a fornire  delle certezze a chi non le ha. È stata data attuazione al ruolo del Garante per l'infanzia e l'adolescenza, una figura inedita di operatore sociale, culturale e non solo tutto proiettato ad affrontare i vari nodi legati al mondo dei più giovani e alle loro criticità. 
Sono oltre 110 mila tra bambini, ragazzi, giovani di diversa estrazione i piccoli lucani. Persone che interrogano gli adulti, che chiedono al mondo se e come sarà possibile affrontare il loro domani al tempo della scienza e della tecnologia in cui ci sono uomini che trascorrono  mesi e mesi rinchiusi nella navicella spaziale - la Iss - a tanti chilometri dalla piccola Terra.   
Con un lavoro animato dalla passione e alimentato dall'amore per questo mondo pieno di problemi, il prof. Vincenzo Giuliano ha affrontato dal primo giorno un lavoro diverso ed entusiasmante. Ricco di imprevisti. Alla scoperta di una realtà nascosta e spesso indecifrabile. Ma vera, anzi terribilmente vera in cui le attese si caricano spesso di entusiasmo e finiscono per essere, esse stesse, linfa vitale. 
Da sei mesi ad oggi, quello del Garante è stato un faccia a faccia con i problemi, e non  solo con i destinatari  del suo lavoro: il percorso ha avuto inizio con l'avvio dei contatti con i vari responsabili della vita pubblica, delle istituzioni per conoscere, capire e approfondire. 
Poi si è passati ad acquisire gli strumenti necessari, dando priorità assoluta ai grandi temi: scuola, condizione delle famiglie, oltre alla lotta all'alcool, alla droga. Alla prostituzione minorile e allo sfruttamento del corpo dei più giovani senza escludere quel male nascosto e subdolo, ma sempre in agguato, qual è la pedofilia.
Oggi l'interesse si va spostando verso un asse preferenziale e logicamente importante, vale a dire il  rapporto con le associazioni interessate al mondo dei ragazzi e FELLE case famiglia. 
Scopo di questa scelta è di riuscire a dare una impronta ben precisa al lavoro con le sue varie articolazioni. Un lavoro in cui il ruolo di psicologi, esperti a vari livelli ma anche degli operatori non può prescindere dall'indirizzo fornito dal Garante. E quest'ultimo, a sua volta, non può fare a meno di calibrare le sue scelte secondo un'analisi dei bisogni e un orizzonte in cui si riflettono le varie componenti di una realtà assai variegata. Fino a ieri sconosciute o, nella migliore delle ipotesi, valutate non a sufficienza.
Sicché l'appello alle istituzioni appare oggi  inevitabile proprio nel momento in cui la presenza del Garante mette a nudo questioni vecchie e nuove, obiettivi risolti alcuni in parte, altri molto poco. 
Certo, il ruolo dei media e della comunicazione sembra essere, anzi è, determinante in questo. Quella che molti definiscono la "rivoluzione Giuliano" ha bisogno di essere non solo sostenuta, quanto pubblicizzata. Fatta conoscere ai destinatari e alla pubblica opinione, giacché solo in questo modo si può imprimere un'accelerazione costante a quell'insieme di iniziative e di progetti destinati a incidere sulla realtà dei minori. Di tanti ragazzi, figli del disagio, o di tante famiglie abituate a convivere con problemi di un certo peso e spesso di una gravità non piccola.
In questo ambito il rapporto con il Garante nazionale per l'infanzia e l'adolescenza costituisce la possibilità di un confronto ai massimi livelli, consentendo alle problematiche locali di uscire da un ambito ristretto e di misurarsi con le linee guida adottate in campo nazionale.
Il Garante per l'Infanzia e l'adolescenza, Vincenzo Giuliano,  chiede intanto alla Regione Basilicata una nuova legge sul "sistema socio educativo integrato dei servizi per la prima infanzia" in modo da dare risposte certe a un settore di estrema importanza e di alto profilo sociale.

venerdì 20 marzo 2015

AMBIENTE BASILICATA: A COLLOQUIO CON ALDO BERLINGUER


                                 
                          Aldo Berlinguer (foto R.De Rosa)

LA BASILICATA ALLE PRESE CON VECCHI E NUOVI PROBLEMI. QUESTIONI ANTICHE E TEMI DEL GIORNO PER GIORNO SI SOVRAPPONGONO.


Da Scanzano ad oggi davvero in Basilicata l'ambiente si mostra indisponibile ad attendere. Indisponibile a sopportare massicci attacchi al territorio che si traducono in una linea di tendenza delle malattie neoplastiche sempre più prossima alla media di aree ad elevato tasso di industrializzazione. Lo ha rilevato, già negli anni scorsi, il Crob di Rionero, depositario del registro tumori.
Petrolio, aria, acqua, sorgenti a elevato rischio di inquinamento. Reflui da smaltire nei modi e secondo metodi consentiti dalle disposizioni in vigore. Il quadro non è semplice da affrontare. 
In questa lunga intervista l'Assessore della Basilicata, Aldo Berlinguer, interviene sui principali argomenti.

"Non sarei sicuro che nucleare, petrolio ed acqua  sono le uniche questioni in piedi. Tutt'altro.
In Basilicata ci sono i residui della vecchia industrializzazione che hanno prodotto non poche conseguenze. I due siti di interesse nazionale, Valbasento e Tito,  sono una testimonianza ineludibile. Queste aree sono state qualificate ad elevato tasso di inquinamento e inserite nella mappa nazionale dalla fine degli anni Novanta. Sono trascorsi quasi venti anni e ancora non si è posto mano agli obiettivi prefigurati. Tanto per citare delle cifre, la bonifica dei sue siti dispone oggi di circa 46 milioni di euro poi riprogrammati con un perdita del 15 per cento. 
Abbiamo oggi dieci progetti per intervenire. In molte occasioni si sono registrate questioni legate alle disposizioni dei sindaci, a loro volta pressati dallo stato delle cose. 
La vicenda dei siti inquinati non è stata risolta, dunque. Ci sono paradossi che riguardano anche l'agricoltura, l'uso delle risorse idriche. L'utilizzo delle falde acquifere, soprattutto nella Valle del Basento. Ma non solo, direi.
Da rilevare che alcune bonifiche, è il caso della Materit, sono già partite. Altre a breve. L'arco di tempo va riferito al 2018, anche ai fini dei collaudi.  
Sicchè rispetto alla vicenda petrolio, che oggi è prevalente nell'opinione pubblica, questi elementi hanno un peso per nulla trascurabile."

Parliamo della sfida del nucleare lucano. Sogin, per bocca del generale Carlo Jean, all'epoca patron della società, aveva assicurato il "ripristino" del prato verde. Vale  a dire  la bonifica totale  del sito  destinato al riprocessamento del combustibile nucleare. A che punto siamo? 

"Quanto al nucleare, in particolare all'Itrec di Rotondella, abbiamo riattivato il tavolo della trasparenza, a distanza di circa 4 o 5 anni dall'ultima riunione.
Sogin sta procedendo. Ho chiesto loro di essere più comunicativi, perché la gente possa sapere ed essere informata trattandosi di questioni di tutto rilievo. Sia ISPRA che ARPAB si stanno muovendo nella giusta direzione  perché i problemi siano noti all'opinione pubblica, non solo locale. 
Su questo tema si è innescata, peraltro, l'inquietudine per il sito unico nazionale, dopo le valutazioni che trovo incongrue e inammissibili sulla ipotetica candidatura della Basilicata a deposito nazionale di scorie radioattive. Con il Presidente Pittella ci siamo espressi più volte in maniera netta per contrastare ogni ipotesi del genere. E oggi non mi pare sia nell'intendimento dei ministeri, di Sogin o di altri soggetti di primo piano ritornare sull'argomento. Ci sono varie questioni in piedi. Scelgano altri siti e altre realtà.  Ma non la Basilicata.
Abbiamo riaperto un iter che era fermo, sia chiaro, continuiamo a tenerlo aperto affinché Sogin mantenga i suoi impegni. Il prato verde é ancora di lá da venire, ma si sta lavorando e non è stato certo relegato tra gli obiettivi impossibili."

Valbasento non è solo gli esiti della vecchia industrializzazione quanto lo smaltimento dei reflui del petrolio. Un altro degli argomenti forti, anzi fortissimi nel dibattito in corso e nella realtá quotidiana. 

"Dal primo momento ho prestato massima attenzione ai disagi della comunità locale. Abbiamo chiesto e ottenuto modifiche sostanziose per contenere al massimo le emissioni olfattive. Abbiamo incrementato un controllo della situazione con ARPAB. Abbiamo fatto ricorso a un mezzo mobile che ora stiamo impiegando, il che ci risolve molte cose: anche Tecnoparco si è resa disponibile a intervenire per contenere al massimo il grave fenomeno. 
Intanto il 31 marzo alle 12 in regione ci sarà un tavolo con la partecipazione di numerose entità, a cominciare dai sindaci, dalla provincia di Matera. Ci saranno anche i lavoratori. Un tavolo di concertazione importante. Una occasione per fare  il punto. Non solo, ma per calibrare le iniziative da mettere a sistema con l'occhio rivolto all'esigenza di risultati concreti.
Mi rendo conto che il problema non è risolto ancora. La prossima estate sarà un banco di prova per accertare gli effetti degli interventi e delle strategie messi a punto finora.
Da un lato i temi dell'inquinamento olfattivo. Dall'altro il problema della radioattività che ci ha visti impegnati in prima linea. ISPRA ha fatto prelievi ovunque, all'entrata e all'uscita 
dei mezzi che trasportano i reflui. Stiamo davvero vigilando ininterrottamente."

I reflui ammontano a tonnellate. Quello della reiniezione rappresenta il problema dei problemi perché in fondo rischia di diventare un superinquinamento per nulla controllabile e per giunta destinato a mettere in forse l'integrità del sottosuolo e delle maggiori falde.

"Sullo sfondo c'è la questione della reiniezione, non vi sono dubbi. Stiamo valutando in proposito situazione per situazione, stiamo facendo tutta una serie di approfondimenti. Anche ENI si sta muovendo. Di sicuro ci stiamo lavorando, ci stiamo pensando con molto impegno, senza sottovalutare nulla dei mille problemi sul tappeto.
Va tenuta in giusta considerazione anche l'attività industriale, cosa per la quale i sindacati hanno espresso grande preoccupazione. Ci sono conseguenze occupazionali da non ignorare affatto."

Inquinamenti in agguato e aree ad alto rischio nelle zone di estrazione. Il ruolo del Parco nazionale dell'Appennino lucano oggi qual è. Il Presidente Totaro ne parlò anche nella fase di commissariamento,  ora  superata. Il Parco è  una sentinella, una sorta di guardiano. Lo si può definire in questo modo? 

"Nel parco ci sono dei pozzi, autorizzati prima della legge istitutiva dell'arte protetta di interesse nazionale. Non va dimenticato.  Certo, per noi vigilare è una grossa responsabilità considerato che i pozzi comunque sono attivi e non possono essere abbandonati a se stessi. Abbiamo l'obbligo di seguire tutto, anche i pozzi di esplorazione. Anche quelli non più attivi e produttivi. 
È chiaro che rispetto ai pozzi il parco mira a contenere al massimo l'impatto, con gli strumenti di cui dispone.  Noi l'attenzione la vogliamo rivolgere, sia chiaro, con uguale intensità  a tutto il territorio, non solo a una parte di esso. 
Abbiamo bocciato tra l'altro in questi giorni  l'ultima richiesta di permesso di ricerca di idrocarburi nel mare jonio. Sono cinque e le abbiamo rigettate nel tempo. Abbiamo dato parere negativo, nonostante il mare sia di competenza dello Stato e le regioni hanno l'obbligo di esprimere un parere non vincolante. Tuttavia, trattandosi di pareri dello stesso tono, è chiaro che il Governo capisce di trovarsi di fronte a una barriera molto consistente. Sulla stessa richiesta di autorizzazione si sono peraltro pronunciate negativamente anche altre regioni, oltre alla Basilicata. Lo ha fatto la Puglia, ad esempio. Lo ha fatto la Calabria.
La nostra linea è: nessun pozzo oltre a quelli già autorizzati." 

Il problema è pretendere le garanzie per la salute e il territorio. A chi compete dare queste rassicurazioni? E ancora. È dVvero possibile ottenerle.

"Si è badato poco al come, alle tecnologie impiegate perché le estrazioni abbiano il minore impatto possibile. Si è focalizzata l'attenzione sul quanto. Il come è importantissimo. Ci sono tecnologie sul mercato, più nuove e altre più datate. E ciò proprio ai fini delle garanzie da dare.
Quando si è parlato dell'articolo 38 da impugnare noi abbiamo scelto la via della negoziazione per evitare anzitutto i tempi lunghi della Consulta e fare in modo da giocare la partita. Il tema era andare a battere i pugni sui tavoli romani anziché attendere la Corte che si sarebbe pronunciata non prima di diversi mesi. Se non anni.
Nelle scorse settimane il Ministero dell'economia ha riconosciuto che la nostra interpretazione è quella corretta. Vale a dire fin tanto che il Ministero non elabora il piano delle ricerche petrolifere, noi restiamo sovrani nel campo. Se noi ci fossimo impuntati sull'impugnazione dell'art. 38 avremmo ottenuto risultati senz'altro meno rilevanti, indubbiamente.
Siamo riusciti a pretendere, tra l'altro,  che ci fosse l'adeguamento dell'impianto del centro Olio di Viggiano. Un impianto che trema, che sfiamma ogni settimana, che diffonde allarme tra le popolazioni non può affatto continuare a funzionare in questo modo."

L'altra delle questioni di tutto rilievo è rappresentata dalla vicenda  del termodistruttore Fenice attiguo alla Sata di Melfi. Questione spinosa come lei l'ha più volte definita.

"Certo questione assai spinosa. Anche lì siamo stati molto intransigenti. La regione ha fatto e sta facendo la sua parte. C'è un contenzioso amministrativo, peraltro che si allaccia a una vicenda vecchia di anni. 
Noi puntiamo su una politica di rifiuti zero. Non siamo per l'incenerimento, ma per una impiantistica evoluta e per l'utilizzo dei rifiuti al passo con i tempi, e per la valorizzazione della parte utilizzabile del rifiuto. 
Resta in ogni caso un tema: l'obbligo di Fenice ai fini della bonifica del suolo e del sottosuolo. C'è stato tra l'altro un contenzioso che ha dato ragione a noi. L'attività di bonifica non può attendere. Ora viene riconvocata la conferenza di servizio per un esame ravvicinato della situazione, ferma restando la nostra scelta favorevole non all'incenerimento, ripeto. Bisogna però guardare non solo al futuro, ma anche al passato che ha creato una serie di problemi. Il comune è e deve essere in prima linea."

Assessore Berlinguer, lei è in certa misura ottimista, in relazione al quadro generale? 

"Quando sono arrivato ci siamo trovati in una situazione molto complicata. Da allora abbiamo rimesso in moto la macchina anche badando ai finanziamenti, con riferimento al versante petrolio, alle bonifiche, ai temi più generali a quelli più avvertiti. 
Certo molte criticità si presentano giorno per giorno, ma tante ne abbiamo risolte. Abbiamo badato e ci stiamo preoccupando anche del versante idrogeologico, dei fiumi, delle esondazioni. Della sicurezza del suolo.
Le emergenze sono tantissime, si cerca di non rimanere sommersi. Ma quello che stiamo cercando di fare è anche e soprattutto  progettare il futuro, senza minimizzare i problemi del presente. Non mi sembra  irrilevante. Non è un impegno da nulla."

lunedì 16 marzo 2015

LA COALIZIONE DI LANDINI E L'ANTIDOTO AL PD



Perché la coalizione di Landini promette di diventare una enorme forza propulsiva, un elemento dirompente, un indice di mutamento radicale delle condizioni interne ed esterne alla politica e al sindacato? Fino al punto da preoccupare persino quei settori più vicini, anzi contigui addirittura alla FIOM. È il caso della stessa CGIL, ad esempio, che non appoggia il segretario leader dei metalmeccanici e non solo. La Camusso si mostra addirittura scettica, indifferente, se non estranea alle intuizioni e al progetto che sono alla base della Coalizione sociale con un atteggiamento palesemente irritato.
Cominciamo dal nome. Coalizione sociale, appunto, una definizione che racchiude l'esigenza di superamento di quella contrapposizione tipica delle correnti, dei gruppi, quella frammentazione imposta dall'esigenza di far valere una certa identità politica e di utilizzarla a fini elettorali e di potere.
Inoltre, la creatura di Landini ha in sè non soltanto un marchio di sinistra quanto una valutazione del momento specifico e la conseguente accusa al PD di avere responsabilità precise nell'attacco all'articolo 18 e allo Statuto dei Lavoratori, considerato in Italia patrimonio dell'umanità che lavora e produce.
Del resto la campagna di Renzi ha fatto dell'articolo 18, prima da molti poco conosciuto e forse ignorato, lo spartiacque tra due culture diverse. Ha rimesso lo Statuto in prima linea, esattamente come accadde quando la legge 20 maggio 1970 fu varata dal Parlamento.  
Una politica urlata non paga, ammonisce Roberto Speranza all'indirizzo di Landini. Speranza ha nel suo Dna una tradizione di famiglia che nasce dal riformismo socialista e si alimenta a forme di mediazione abbastanza consolidate. 
Il padre, Michele, é stato uomo di Nenni e di De Martino, educato alla pacatezza dei toni e alla scelta di linee riformiste idonee nel PSI lucano che fu di Elvio Salvatore, di Michele Torrio, di Francesco Bardi e di Enzo D'Andrea. Ma anche di Enrico Manca e di altri riformisti, primo fra tutti Domenico Pittella.
Erano i tempi delle nazionalizzazioni dei colossi dell'energia e delle principali aziende con evidenti riflessi sull'economia del Paese.
Tempi lontani anni luce da quello attuale. Speranza si sforza di mediare tra Renzi e le minoranze del PD, anzitutto la corrente di Bersani, che vanno in questi giorni acquistando nuovo vigore e capacità di far sentire la loro voce al Paese come non accadeva da tempo. Sabato 21 sono in calendario varie assemblee e non è certo casuale.
Ma il punto di forza della Coalizione consiste nell'allarme lanciato dallo stesso Landini "stanno cancellando i diritti e modificando i rapporti di forza". Un allarme che viene captato a sinistra come al centro. Se i diritti scompaiono vuol dire che avanza l'autoritarismo. Lo ha detto Bobo Craxi, non solo Landini.
Di fronte a  uno scenario del genere non c'è Renzi che tenga. Mi sembra fin troppo ovvio.

sabato 14 marzo 2015

BOBO CRAXI: "LA MAGISTRATURA SCIOLSE LA PRIMA REPUBBLICA, SCIOLSE IL PARLAMENTO"



Per quanto lungimirante e attento,  nemmeno lui, Bettino Craxi, avrebbe mai immaginato di poter essere il crocevia o lo spartiacque tra due ere della politica italiana.Tra due modi diversi di intendere non solo la funzione dei partiti quanto il rapporto della gente con il mondo della politica. Non avrebbe mai immaginato uno sconvolgimento radicale, un vero terremoto di inaudita forza iniziato proprio con le sue vicende personali che hanno fatto parlare mezzo mondo e hanno dimostrato cose inimmaginabili.
Delle vicende di Craxi si continua a parlare con il memoriale inedito da Hammamet, il suo rifugio. La terra di un esilio odiato ma pieno di orgoglio. Una sberla per l'intera classe politica di ieri e anche di oggi. Il titolo senz'altro eloquente non ha bisogno di commenti. "Io parlo, e continuerò a parlare."
Il volume, giunto alla quarta edizione, ha messo insieme nella Basilicata del petrolio socialisti di ieri e di oggi: uomini del vecchio e intramontabile PSI di Nenni e De Martino con le nuove avanguardie ribelli alle politiche del segretario regionale, Livio Valvano. Alla presentazione del volume c'erano davvero tutti a cominciare dal socialista storico della Val d'Agri, Gabriele Di Mauro, testimone del forte regionalismo degli anni Ottanta, a Franco Adamo, a Rocco Vita confluiti nella forte pattuglia dei dissidenti. 
A Lucia Serino il compito di tirare le fila del discorso, spesso non facile peraltro da interpretare in maniera univoca.
Protagonista della serata Bobo Craxi, il figlio del socialismo rinnovato, strappato alle brume delle battaglie dure con il vecchio Pci. L'uomo che conta se il pensiero paterno non si arresta e non finisce nel nulla. Cosa peraltro assai improbabile.

Anzitutto una domanda a Bobo. Perché sin dai tempi lontani è sempre esistito un accostamento, una sorta di parallelismo tra Craxi e Berlusconi. Un dato non certo marginale nè politicamente irrilevante.

"All'epoca Berlusconi era un imprenditore mio padre un uomo politico.
Mentre la prima repubblica crollava Berlusconi in questi anni ha colmato questo vuoto. C'è un parallelismo politico che è improprio nel parlare di Craxi-Berlusconi, mi pare ci sia invece un'allusione del rapporto che  è legittima. 
Questo rapporto che si è consolidato negli anni, poi la storia ha preso un corso diverso. Berlusconi è diventato un protagonista della politica dopo essere stato un protagonista dell'imprenditoria italiana per tanti anni. 

Perché ritorna di tanto in tanto il nome di suo padre. Non suona in certi casi come un atto di accusa nei confronti della magistratura e del mondo che non ha accettato la  linea di totale cambiamento dei rapporti politici, di cui Craxi è stato autore e primo attore.

"Ritorna perché quella di Bettino Craxi è una figura politica di indubbia statura che ha segnato una stagione importante. La magistratura con quell'azione giudiziaria sciolse di fatto con forza la prima repubblica, sciolse il parlamento. La prima repubblica ebbe una fine traumatica, per un concorso di cose che determinò la fine di un ciclo politico durato più di quarant'anni.

Il passato ha certo il suo valore. Veniamo intanto all'oggi. 
Lei  come si colloca nel panorama attuale, assai variegato e denso di ostacoli.

"Io  resto un socialista. Politicamente mi colloco all'interno di un perimetro, quello del centro sinistra, in cui però cerco di guardare le cose con senso critico, assolutamente. 
Non credo che la fine del pluralismo politico sia un fatto positivo. Capisco che la crisi del sistema ci ha condotto a questa condizione inedita di un uomo solo che gioca senza avversari, che gioca a  porta vuota. Il degrado è notevole e il degrado nasce da anni di delegittimazione della politica. Ma questo per colpa della politica stessa. I politici hanno certo le loro responsabilità. I
Non è colpa dei cittadini se si sono allontanati dalla politica e dalle istituzioni. 

Proiettando  queste considerazioni nel futuro a quali conclusioni, le i ritiene, si possa arrivare?

"L'Italia è pronta per un torsione autoritaria. Mi pare che questa che Renzi sta dando è certamente una soluzione che io considero negativa e che tuttavia il paese mi pare  determinato ad accettare."

È possibile determinare una inversione di tendenza? 

"Si tratta di correggere la rotta, non occorre una spallata. Si tratta di correggere la rotta in un senso più democratico.  Questo secondo me restituisce alle forze politiche e alla politica un ruolo che non deve essere di mera  interdizione all'azione di governo ma deve essere di pluralismo delle scelte. Invece si é optato per una riduzione degli spazi democratici, per una riduzione o cancellazione di istituzioni democratiche. Ci sono state delle scelte che non fanno bene alla democrazia, a cominciare dall'abolizione delle province. É solo un esempio. La politica sarà destinata a essere a sovranità internazionale sempre più. Questo non è un bene per la politica perché sarà soggetta sul piano interno a vedere  la presenza di un uomo solo destinato a succedersi al comando."




  

mercoledì 11 marzo 2015

"COLUI CHE TUTTO MOVE..."



Un macigno pende sulla testa degli italiani: la certezza del diritto che non c'è. Che non esiste, meglio. 
Giudici di diversi gradi si trovano a leggere in maniera totalmente opposta una vicenda clamorosa che ha tenuto il Paese con il fiato sospeso giacché sotto accusa era il "grande innovatore" della vita italiana, l'industriale milanese  con il fascino di un non politico, interessato a cambiare alle radici le condizioni di vita e il modo ragionare e di intendere la politica di milioni di suoi connazionali. Ecco la sfida di Forza Italia e del suo patron, Silvio Berlusconi. 
Il papà di FI prima sbeffeggiato, messo alla gogna, accusato e finanche ridicolizzato a livello internazionale per un reato che strappa la dignità a qualunque cittadino, con un lungo seguito di personaggi, primo fra tutti il fedelissimo Fede, a loro volta accusati e sbeffeggiati. Poi assolto, il capo. Assolto per giunta da quella che per definizione è  la Suprema Corte, quasi la corte celeste. 
Ritorna alla mente l'incipit del Paradiso di Dante: "La gloria di colui che tutto move per l'universo penetra, e risplende..." E colui che "tutto move" in questo caso è Silvio, ripulito da ogni accusa. Emendato da ogni peccato. Assolto, insomma. Purificato. Un termine che ha il senso della liberazione da una colpa, certo non piccola, ma grave e infamante. Ecco, assolto, in questo caso più che mai, vuol dire liberato. Riconquistato alla dignità, riscattato da tutto e quindi restituito alla sua originaria verginità. Mi riferisco a quella morale, ovviamente. 
Certo, il Paese è quasi stordito difronte a un verdetto del genere ma non perché  Silvio dovesse essere perseguitato e crocifisso. Ma  per l'enorme contraddizione tra i due giudizi. Chi lo ha colpevolizzato e inchiodato a responsabilità pesantissime e chi, invece, lo ha liberato dalle catene di una pesante e ingloriosa ignominia giacché l'accusa di avere abusato di una minorenne gettava fango a tonnellate sul Cavaliere. 
La questione è ben più spinosa e complessa, al netto dell'accertamento delle responsabilità individuali dell'ex premier: i giudici si affanneranno a dimostrare, per un verso, che le accuse erano particolarmente fondate. Ma nessuno, assolutamente nessuno si spingerà tra i magistrati a inficiare l'operato dei colleghi che  hanno assolto Silvio. Nessuno dirà, ad esempio, è una vergogna. Le sentenze non si commentano, si sente dire in giro. E sul versante opposto chi lo ha assolto non esprimerà alcuna critica al l'operato di chi lo aveva accusato. Questo lo stile dei giudici. Ogni giudice è giudice della sua competenza, si legge nei sacri testi del diritto.
Un paese a due velocità. O, meglio, un paese fermo, immobile. Bloccato. Con una opinione pubblica attonita.

sabato 7 marzo 2015

BUON OTTO MARZO ALLE DONNE CON LA "D" MAIUSCOLA



L'otto marzo si festeggiano le donne, per la loro condizione, per il loro attaccamento alla vita. Per il loro voler essere piene di dignità e di amore.
Questa sì diventa una festa all'altezza dello spirito femminile. E allora perché non condividere questa giornata ricordando che donne si nasce? Non si diventa. Intendo dire Donne con la D maiuscola, sia chiaro. 
Ho visto una gentile signora in Tv declamare le sue grandezze e presentare i suoi progetti, appunto in vista dell'otto marzo. Sembrava l'inizio di una campagna elettorale finalizzato a esaltare interessi di bottega, non certo meravigliosi e condivisibili. Una sorta di pubblicità a costo zero che però frutta.
Costei mi ha "sbalordito" per il modo  con cui presentava con enfasi i suoi affari. Si perché di affari si trattava e ho ricordato un episodio: quando questa donna, apparentemente umana e buona, disponibile in tutto e per tutto, mise in ginocchio un'altra donna. La costrinse a subire umiliazioni e a non potersi ribellare. Per giunta una straniera che le chiedeva aiuto e protezione. Ma soprattutto solidarietà che è cosa ben diversa dal potere, qualunque esso sia. Anche se declinato al femminile.
L'arroganza, che le deriva non certo da una personale militanza tra le donne, l'ha resa talmente ingorda da sfigurare la sua stessa fisionomia. Muscoli tirati, lotta contro il tempo e le rughe per dire tutto ed efficacemente a suo modo. Ma soprattutto per farsi credere e vendere bene quel progetto costruito giorno dopo giorno con una capacità di puntare al risultato. Perché quello le interessa. 
Mi son detto: povera donna, com'è finita male. La smania di potere ha divorato la sua stessa femminilità, l'ha ridotta a essere un burattino, piccolo, stupido e inconsistente. Si, inutile come la sua sfrenata volontà di apparire a tutti i costi qualcuno, anche se non meglio definito. 
Brutta idea per un otto marzo sentito da tante donne in modo sincero e senza ipocrisie.
Auguri alle donne con la D maiuscola.

mercoledì 4 marzo 2015

AURELIO PACE: LE GRANDI SFIDE PER LA BASILICATA SONO MATERA E IL PETROLIO. COME VINCERLE?



Tra Matera 2019 e il petrolio esiste un nesso. Due facce di una sola medaglia? Certamente, ma non solo. Due facce di una stessa medaglia o di una situazione particolarmente complessa e difficile da inquadrare. Ma che va tuttavia inserita in un contesto di analisi riguardanti la particolarità di una terra ricca di risorse. Il patrimonio culturale, il passato di Matera e la vicenda delle estrazioni petrolifere sono  elementi non antitetici ma riconducibili a una sola matrice: le caratteristiche di un territorio unico e irripetibile qual è appunto quello della Basilicata. 
Governare al meglio questa realtà nel cuore del Sud, implica tuttavia una grande capacità di riuscire a coniugare fattori diversi e apparentemente antitetici con l'obiettivo di fare i conti con l'esistente e trarre se possibile un vantaggio reale. Per il territorio e le popolazioni.
Il paesaggio e la natura sono a portata di mano di tutti. Ma le compagnie petrolifere, e il complicato sistema di relazioni  che costituisce l'intelaiatura di un meccanismo non facile da dominare, assolutamente no.
Del resto è proprio questo il compito della politica. Anzi la vera sfida. Qual è, ci si chiede ad esempio, l'interesse delle forze politiche a livello nazionale per il caso Basilicata.
Non è facile rispondere. Ecco perché giro la domanda ad Aurelio Pace, coordinatore nazionale dei popolari, oltre  ad essere uomo delle istituzioni.
"La Basilicata è un sistema complesso. La Basilicata vive di uno sviluppo che le è capitato, che non ha scelto. 
La vera sfida è quella di mettere insieme sfruttamento delle risorse e ambiente con alla base scelte consapevoli e giuste, facendo coesistere il tutto secondo sistemi e tecnologie avanzati per evitare che, nel caso del petrolio, questa sfida diventi insopportabile per il territorio e le popolazioni. Tutto  si deve fare a tutela dei cittadini. Non vi sono dubbi. Altrimenti saremmo ad un punto morto, con le conseguenze non difficili da immaginare."

Quale dimensione nazionale si riesce a dare a queste tematiche. Insomma è possibile trasformare le istanze della Basilicata in un problema che riguarda da vicino l'Italia? 

"Matera 2019 è già di per sè un tema di levatura internazionale. Cerchiamo di capire come stiamo utilizzando questa importante occasione. Ecco il punto. Abbiamo vinto una grande battaglia, stiamo andando verso certi obiettivi, ma anche con grandi zavorre. La mancanza di infrastrutture è si un problema ma un problema risolvibile. Poi c'è ne sono altri.
I danni all'ambiente non sono risolvibili. Occorre capire  fra l'altro quale sarà la ricaduta sul territorio e la salute di una intensa attività estrattiva. E se tutto questo avrà il peso di un boomerang sulla regione e sui suoi abitanti, fino ad avere riflessi su tutto, intendo dire."
 E dal punto di vista gel lavoro?

"L'estrazione di greggio non creerà mai lavoro minimamente sufficiente per combattere la piaga della disoccupazione che affligge i nostri giovani soprattutto. Anche perché nel momento attuale non c'è una coesione politica in Basilicata che consenta di affrontare tante sfide in maniera definitiva. Non c'è una coesione significa che non ci sono certi fondamentali presupposti politici. 
Questa regione ha un approccio debole sia a livello locale che nazionale, ecco uno dei dati a maggiore valenza negativa."   

Sembra comunque inevitabile che la politica affronti, insieme alle istituzioni, nodi del genere. 

"I cittadini debbono essere motivati ad avere fiducia nelle istituzioni: ecco la questione di fondo. Il tema vero dell'utilizzo delle risorse implica un coinvolgimento diretto, una partecipazione, un impegno a seguire da vicino le questioni del petrolio e dell'ambiente."

E quindi la politica ha responsabilità ben precise , soprattutto sul piano delle istanze da far valere, a livello generale e non solo sul piano locale.

"Pochi sanno quel che la Basilicata mette a disposizione del Paese. A livello nazionale questo è il quadro che finisce per sopprimere ogni valore, ogni contributo da parte di questa terra a risolvere problemi di portata assai rilevante: uno dei banchi di prova è dato proprio dal fabbisogno energetico. Non è irrilevante ad esempio pensare che le pressioni sulla Basilicata da parte delle compagnie petrolifere sono giustificate dal fatto che l'Italia mira a consolidare la sua autonomia da altri paesi, Russia in primo luogo.  
Noi siamo consapevoli che il tema dell'energia e del petrolio non deve vedere esclusa la popolazione lucana dalle scelte e dal quadro complessivo dello sviluppo. 
Sicurezza, qualità della vita, ecc. noi siamo fuori, paradossalmente, da un quadro di programmazione che veda la regione elemento attivo e dinamico. Protagonista di quel che accade. 
La Fiat decide di sviluppare l'occupazione e diciamo che è un nostro grande risultato. Le compagnie scelgono di aumentare le estrazioni di greggio. La Puglia non salda il debito, per ben settanta milioni di euro. Tutto questo mi dá l'impressione di un fatto estemporaneo. E la Basilicata dov'è?"

Cosa accadrà nel breve-medio periodo, dal Suo punto di vista?

"Dovrà cambiare anche il modo di partecipare del popolo lucano alle scelte in campo nazionale. Bene fanno i cittadini a pretendere di non rimanere ai margini di un discorso assai ampio e complesso. Bene fanno le istituzioni a rappresentare un popolo che ha da fare non una ma tante richieste. E che vuole essere protagonista per quanto attiene a certe materie. 
Abbiamo un'idea di sviluppo? Abbiamo programmato certe scelte e certe azioni fondamentali? Non credo. Questa la mia idea che mi lascia molto perplesso rispetto a quel che sta accadendo."