sabato 28 giugno 2014

TENZING NORGAY, LA SFIDA ALL'EVEREST


                          


Ricorre quest'anno il centenario della nascita di un uomo, sconosciuto ai più, ma che per coraggio, passione per la montagna e capacitá di affrontare il pericolo ha dato lustro all'alpinismo di ieri e di oggi. Si tratta del nepalese Tenzing Norgay, lo sherpa che per primo raggiunse la cima dell'Everest con i suoi 8848 metri di altezza. Lo seguì immediatamente il suo compagno di avventura, il neozelandese Edmund Hillary, quella mattina del lontano 29 maggio 1953 quando all'improvviso il cielo del Tetto del mondo si aprì quasi per consentire ai  due di portare  a compimento il loro disegno.
L'evento ebbe un risalto mondiale e tuttora è largamente celebrato sul web con la pubblicazione di una serie di foto e di commenti che fanno rivivere l'importanza di quella data e il suo valore umano, oltre alla sua proiezione nel tempo. 
Una sfida tra l'uomo e la natura. Un impegno indicibile, più grande senz'altro della stessa dimensione dei due scalatori. Proviamo a immaginare gli sforzi sovrumani, gli enormi sacrifici, le notti insonni nelle tende gelide nei vari campi base. Il rumore del vento. Verrà fuori l'immagine di una montagna irriducibile ma pure quella di una forza d'animo senza pari dei due scalatori.
Ecco perchè questo meraviglioso uomo umile nei suoi atteggiamenti,  ripreso nelle foto con il sorriso sulle labbra di chi dialoga con il rischio, merita di essere  celebrato come una figura davvero straordinaria. 
Parlare di Tenzing significa illustrare le doti umane dello scalatore, anzitutto. Prima ancora delle sue capacitá fisiche. Significa cercar di capire dove approda e da dove viene il senso del confronto con la natura che domina gli uomini.
Personaggio di estrema semplicità, educato al culto delle rocce aspre  Norgay è stato al centro di un interesse, non solo scientifico, per lunghi anni. Lo è ancora, a giudicare appunto dalla letteratura che ha accompagnato la conquista della montagna più alta del mondo anche al compimento dei sessant'anni da quella data storica.
Come è stato possibile attaccare una vetta che già allora aveva sepolto tra i suoi strapiombi centinaia di alpinisti, intenzionati a espugnarla? Probabilmente non ci sono risposte.  Ma forse nessuno è mai riuscito ad appropriarsi del significato intrinseco di quell'avventura. A indagarla fino in fondo per capirla. 
Ricordare Tenzing Norgay e tutti i protagonisti di un evento impossibile equivale a cercar di comprendere un pezzo della coscienza di quegli uomini, della loro sensibilità e del loro essere. Ma non è tutto. In quella sfida ci sono ancora tanti misteri da scoprire.

lunedì 23 giugno 2014

POTERI INVISIBILI il nuovo libro di Don Marcello Cozzi



Un altro bel libro, scritto con la passione dell'uomo e la devozione alla legalità del sacerdote.
Il titolo: "Poteri Invisibili". Parole che non hanno bisogno di commento. Don Marcello Cozzi, Vice Presidente nazionale di Libera, in questo lavoro mette in luce soprattutto la rabbia per il dilagare del male in una terra, la Basilicata, che sembrava lontana mille miglia dagli illeciti, dai sotterfugi, dalle tante mafie destinate a perpetuarsi nel tempo. Inevitabilmente.
Ho voluto porre a don Marcello alcune domande. Ecco le sue risposte.

"Poteri invisibili" un titolo che dà alla Basilicata una connotazione ben precisa. Non è l'isola felice che qualcuno voleva far credere.

Ha fatto comodo a tanti immaginare una Basilicata isola felice. A chi ha tramato nell’ombra nella gestione dei propri affari illeciti; alla criminalità che pure ha ucciso e ha sparso sangue; alla criminalità bianca, quella in doppio petto, quella che mentre in pubblico presentava una parvenza di faccia pulita, in privato se la faceva con furfanti, truffatori e talvolta assassini; a chi per anni ha gestito la cosa pubblica come se fosse cosa privata, creando una cultura servilista e clientelare che è la vera mafia della nostra regione. E a tanta gente comune che in tal modo si è sentita deresponsabilizzata e pronta a puntare il dito su altri quando le cose non vanno bene, ciascuno chiuso, cioè, nell’orticello dei propri interessi.

Eppure c'è chi ha sempre scommesso che così non è affatto.

Basta ascoltare le persone, il grido di dolore di tanti che in Basilicata aspettano in silenzio una giustizia che non arriva, nomi e volti sconosciuti ai circuiti mediatici ma molto noti ai percorsi del dolore. Basta ascoltare quanti da anni aspettano il ritorno a casa di un familiare o un amico scomparso nel nulla, o chi ha perso un figlio per droga e si è sentito dire che la droga è semplicemente un flagello sociale, dimenticando che dalle nostri parti c’è stato e c’è chi la porta e con essa si fa i soldi. E basta pensare ai tanti disoccupati, cassintegrati, uomini e donne cacciati dai circuiti lavorativi e costretti ad elemosinare letteralmente un posto di lavoro. Basta pensare a tutto questo per dire che si deve vergognare chi ha sostenuto per anni una presunta felicità di questa terra e magari tacciando per allarmista, denigratore e complotti sta ci si è fatto semplicemente portavoce della disperazione di tanti.

Mi chiedo: se ci sono, come ci sono, poteri invisibili, come mai non si riesce a scardinarli. Domanda ingenua, mica tanto. Poteri invisibili che sono sistema, evidentemente.

L’istinto farebbe rispondere che se sono invisibili è impossibile scardinarli, perché già individuarli è difficile, immaginiamo cosa comporta il tentativo di scardinarli. Si tratta probabilmente di minare alle radici un sistema che è cultura, che è intreccio di relazioni, che non è necessariamente una questione giudiziaria, e che rischia di essere vista e vissuta da tanta gente come un dato scontato. Qualcosa che deve andare così…
Il nemico peggiore non è chi tu individui con chiarezza e senza esitazioni come tuo nemico, ma colui che ti sta accanto, con cui magari prendi il caffè al bar, che ti fa il piacere che tu gli chiedi, che magari ti trova i posto di lavoro e tu lo ringrazi. Uno così, può anche rubare o uccidere, o coprire chi ha ucciso, ma per te resta sempre uno da rispettare perché comunque ti ha concesso quello che tu gli hai chiesto. Ecco, uno così ti ha ucciso dentro perché ti ha privato della libertà e della dignità ma per te non è un “potere” ma un benefattore.

A questo punto che fare?



Ristabiliamo i confini tra favori e diritti, tra la verità dei fatti e le verità artificiali, tra cosa pubblica e cosa privata. Non lasciamo più deleghe in bianco a nessuno; sulle verità e sulla giustizia non si facciano più sconti a nessuno, neanche se si tratta del nostro migliore amico; non barattiamo più la nostra libertà per un piatto di lenticchie, che si chiamino posti di lavoro o royalties. E non scarichiamo più su altri, che sia la politica o la chiesa o le istituzioni, nostre precise responsabilità che vanno dalle logiche del campanile a quelle degli orticelli privati che ha diviso spesso i percorsi della società organizzata. Sono solo piccoli passi ma in un percorso di libertà sono già tanto.

sabato 21 giugno 2014

VIGGIANO, BEN OLTRE LA BASILICATA




La terra del petrolio e delle grandi risorse naturali è sconosciuta ai più. Nel senso che lo stesso Presidente del Consiglio, Renzi, non ne fa menzione nei suoi molteplici interventi. Tantomeno esiste la possibilitá di una sua visita a questo grande serbatoio che dà alla bolletta energetica nazionale un contributo non certo trascurabile.
Ad agitare le acque, in certo senso, è il dibattito sulla rinegoziazione del rapporto con il Governo giacchè di questo e non di altro si tratta.
In tutta la vicenda, in ogni caso, c'è un dato positivo. Viggiano acquista un ruolo di grande rilievo, largamente sottovalutato dalla pubblica opinione e da buona parte della classe politica. Ne è largamente convinto il neo sindaco Amedeo Cicala, giá immerso nelle sue fatiche quotidiane, ma sicuro che la posta in gioco non è semplicemente nè soltanto lucana, né di respiro meridionale, ma nazionale se non internazionale.     
Viggiano, non solo come capitale del petrolio ma come asse portante dello stesso parco, avvierà una fase di verifica delle sue stesse potenzialità per collocarsi in una dimensione adeguata, in modo da avere un peso e un ruolo  ben più vasti in uno scacchiere in cui contano interessi miliardari e proposte di alto profilo tra personaggi che non prendono minimamente in considerazione i problemi della piccola e "miserabile" Basilicata. E non si lasciano suggestionare dal discorso sull'incremento delle royalties che considerano un voler elemosinare cose impossibili con la mentalità di veri e propri straccioni. 
Lo stesso democratico silenzio della ministra Federica Guidi, in occasione della sua visita a Potenza, fa da battipista alle strategie del governo secondo cui occorre fare presto, anzi prestissimo, per ottenere il massimo del vantaggio perforando in lungo e in largo questa regione per estrarre petrolio a più non posso. Strategie sostenute e avallate da un nome altisonante (si fa per dire!) come quello di Prodi e da tanti burocrati pronti a battersi  per conto delle compagnie petrolifere e dei loro interessi da capogiro. Veri emissari e autentici interpreti di esigenze di mercato davanti alle quali popolazioni e territorio non contano nulla.
Alla luce di quanto sta accadendo mi sembra  risibile, e dannoso, ridurre il tutto a una  vicenda  soltanto lucana. Una sorta di Memorandum con qualche centesimo in più per le famiglie e con tanti, tanti vantaggi per i petrolieri e non solo. Tutto questo dando vita a un braccio di ferro con Roma che fiaccherebbe enormemente la Basilicata mettendola alle corde. Ne è consapevole lo stesso presidente Pittella,  avendo lanciato una sfida con il suo progetto  di attuare una vera rivoluzione dei modi e dei metodi con cui impostare il rapporto con gli ambienti romani e con la politica, prima di tutto.
Viggiano ha dunque carte importanti nelle mani da giocare non certo per ottenere qualche minimo vantaggio, ma per collocarsi alla testa di un orientamento economico e sociale davvero a largo raggio. In grado per di più di fare avvertire il suo peso su vasta scala, soprattutto lá dove si è abituati  a considerare ancora oggi la Basilicata ed i suoi abitanti come la traduzione nei fatti  del Cristo si è fermato a Eboli o dei Contadini del Sud. 

lunedì 16 giugno 2014

ADOZIONI A PREZZI INCREDIBILI



Sarà forse ottobre il mese decisivo per l'affidamento di un bimbo ad una famiglia lucana, in attesa da anni di realizzare un vero sogno: avere quel bambino che conoscono da tempo e che vanno di tanto in tanto a visitare all'estero, nella città dove risiede, ospite di un istituto per l'infanzia. Un'odissea senza limiti che non manca ogni volta di riservare delle sorprese, non sempre gradevoli. Ma spesso anzi molto amare. 
Alla base di tutto l'opera di mediatori senza scrupoli che hanno fatto aumentare di volta in volta i costi dell'operazione  creando difficoltá di ogni genere, in maniera davvero spudorata e fuori da ogni logica, approfittando della condizione economica dei due coniugi. 
Gli aspiranti genitori lucani e il bambino promesso diventano  il simbolo ideale, l'icona  possiamo dire, della diciassettesima festa delle famiglie adottive, organizzata dal Centro Volontariato e solidarietà della Parrocchia di Sant'Anna che si è conclusa a Potenza. Un simbolo, purtroppo soltanto un simbolo per giunta mai citato nei vari interventi che si sono susseguiti in occasione della festa annuale.  Eppure si tratta di un caso limite che non può passare inosservato a causa delle mille interferenze di oscuri personaggi che continuano a sfruttare quel desiderio dei due coniugi di essere genitori di un bambino, già abbondantemente in grado di mostrare loro i sentimenti più belli. 
La due giorni del GVS si è occupata  di faccende organizzative e burocratiche, all'interno del settore, sollecitando peraltro la Regione Basilicata a fare una legge apposita sulle adozioni e cercando di porre in relazione il peso che l'organismo ha  con i dati finora emersi in ambito non solo locale. Una sorta di analisi del fenomeno nelle sue linee generali con l'occhio e l'esperienza del Centro.
Sarebbe stato interessante se lo stesso presidente del GVS, il Parroco di Sant'Anna don Franco Corbo, introducendo i lavori  avesse fatto un cenno alla situazione di tanti bimbi senza genitori, trasportati dall'Africa alle coste della Sicilia sulle carrette del mare, e che rappresentano un potenziale bacino di bambini in cerca di una famiglia, per ora soltanto nei loro sogni. 
Le adozioni si caratterizzano oggi come un fenomeno sociale di vasta, vastissima portata sul quale incombono mille problemi per giunta difficilmente controllabili: da quello economico anzitutto. Le adozioni  non sono un lusso e, al tempo stesso, vanno sottratte all'arbitrio di quanti le usano per ragioni esclusive di denaro e di potere. Dietro alle adozioni si nascondono meccanismi perversi, operazioni spesso oscure accettate in molti casi dagli aspiranti genitori come un prezzo da pagare in ogni caso. E per giunta non di rado finanche giustificate. 
Ecco lo sfondo della festa che avrebbe dovuto affrontare nodi essenziali e collocarsi in una posizione tale da contribuire a mettere in luce i mille retroscena legati purtroppo ad un gesto bellissimo, quello di diventare e di sentirsi genitori. 
Archiviata l'edizione 2014, ora si guarda avanti. In che modo? Si bada molto al peso del GVS  e alle "relazioni esterne", quel bagaglio di rapporti che pone la struttura potentina in collegamento con stati e governi di mezzo mondo. Francamente non è poco, si si pensa soprattutto al divario tra la modesta  sede di viale Dante e il volume di contrattazioni (il termine non appaia improprio) per portare in porto tante operazioni a livello di contatti con i paesi esteri.
Un altro interrogativo. Perchè  non trasformare questo apparato così importante, ma in fondo chiuso in sè stesso, da esclusivo punto di riferimento per adottare i bambini in una realtá aperta, magari fonte di lavoro e di coinvolgimento sociale per i giovani giá  impegnati in questo settore. Giovani che danno un apporto significativo ad una attività davvero senza confini della quale forse non riescono a misurare l'effettiva portata.

giovedì 12 giugno 2014

UFFICIALI IN MANETTE


Dunque, la Guardia di Finanza: già soltanto a scrivere queste prime parole vengono i brividi. Possibile, sará vero? Ma no, non voglio crederci, nonostante l'impianto accusatorio sia concertato al millesimo e le accuse a carico degli interessati  risultino tutt'altro che vaghe.
Lascia allibiti tuttavia un particolare. Considerata la complessità degli addebiti mossi, sembra incredibile che alti ufficiali delle fiamme gialle siano stati così ingenui da seguire un percorso totalmente a rischio e in contrasto con la più banale delle leggi. Non solo. Un sentiero che portava diritto nel burrone, senza possibilitá di risalire la china. Eppure di esperienza negli anni, sia il colonnello comandante di Livorno che i suoi colleghi, ne hanno fatta abbondantemente. Esperienza  approfondita in ambito militare: il che comporta la conoscenza piena delle sanzioni collegate anche ad una minima violazione di certe tassative prescrizioni e di obblighi imprescindibili.  
A questo punto mi meraviglio un po' meno, se penso a Mario Zarrillo, ex capo di Stato Maggiore, che avrebbe (condizionale d'obbligo) addirittura usato la banca dati della Guarfi per fini personali. Assolutamente personali.  Certo, ogni accusa va dimostrata, ma anche Zarrillo è stato "collocato" ai domiciliari in attesa di ulteriori riscontri. E non  è poco.  
Appetito di denaro, di affari, di potere? Non una patologia, indubbiamente. Il denaro simile a una benda calata davanti agli occhi, al punto che il piacere di fare shopping senza badare a spese finiva per dare una sorta di libidine, capace di far dimenticare qualunque pericolo di finire in manette. Una droga? Certo, non vi è altra spiegazione.
Mi meraviglia invece un po' di più un altro dettaglio. Tra gli altissimi ufficiali "oggetto di indagini" vi è anche il lucano Vito Bardi. Numero due della Guardia di Finanza. Ma soprattutto originario di Filiano, se non sbaglio. Da quelle parti il senso del dovere e della legalità  hanno caratterizzato a lungo i comportamenti di un intero popolo, umile ma onesto.  Onesto per tradizione. Quasi per fede. Il generale ha interrotto questa tradizione? Tutto può accadere. Non c'è da meravigliarsi questa volta  a ben riflettere. 

lunedì 9 giugno 2014

NELLA SELVA DELLE ADOZIONI


Lo spettacolo è di quelli che non si cancellano nè dalle cronache, nè dal cuore. E nemmeno dagli occhi. 
A Ciampino un aereo militare italiano, proveniente da Kinshasa, ha consegnato nei giorni scorsi i 31 bambini congolesi ai genitori adottivi, dopo una "pausa" di sette lunghi mesi nel Paese africano.
La causa del lungo ritardo, precisano fonti ufficiali governative, va ricercata nelle irregolarità da parte di alcuni Paesi. Spiegazione abbastanza laconica,  che si perde in un fitto mistero, come nel mistero si è persa l'angoscia di una famiglia del potentino che nei mesi scorsi stava vedendo svanire, per una richiesta di oltre 40mila euro, l'adozione di un bimbo in Africa. Altro non è dato sapere.
Ha ragione in ogni caso il presidente del Consiglio, Matteo Renzi. Prudenza  nelle adozioni internazionali. 
Tra l'altro, la soluzione del problema dei 31 bambini cade proprio in concomitanza con la festa della famiglia che quest'anno il Gruppo Volontariato e Solidarietà  della Parrocchia di Sant'Anna a Potenza intende celebrare solennemente. Previsto infatti un convegno sulle adozioni e la scuola, in calendario il 14 giugno alle 16,30 al Park Hotel sulla Basentana,  con la partecipazione di famiglie e di operatori. 
Il programma è già  stabilito nei dettagli da tempo e rappresenta il clou della due giorni potentina.
Il tema della scuola non è al momento in una posizione predominante. Per giunta gli scenari indicati da "Save the Children" in queste settimane suscitano preoccupazione. Il numero dei minori non accompagnati che sbarcano sulle  coste italiane supera quota 3000. Dopo l'accoglienza, riferisce "Save", molti ragazzi e bambini addirittura spariscono. Clamorosa la vicenda dei quattro giovani egiziani rapiti dai loro connazionali, che poco dopo sono stati arrestati dalla polizia. 
Quanti, tra questi ragazzi, sono in cerca di una famiglia che non troveranno mai? Quante attese deluse in fondo all'anima. Quante angosce per chi non ha nessuno accanto a sè? 
C'è da chiedersi se non sia assolutamente il caso di rivolgere il massimo dell'attenzione da parte del gruppo GVS proprio a questo tema. Un argomento che interroga le coscienze e  pone tante domande ad un  mondo non facile, dominato da contrattazioni non sempre alla luce del sole, e da molti misteri.
La sicurezza delle adozioni, la loro complessità in uno scacchiere geografico vastissimo e poi, non ultime, le relazioni con i Paesi esteri dove vanno o non vanno  in porto i vari progetti: ecco la cornice naturale di una vicenda umana dai contorni spesso indecifrabili.  
Oggi la macchina delle adozioni percorre sentieri impervi e per nulla garantiti. Sentieri spesso ignorati da quanti non sono addetti ai lavori e non debbono cercar di capire. Silenzio assoluto in molti casi per quanto riguarda le contrattazioni, affidate spesso a mediatori senza scrupoli o ai cosiddetti esperti che conoscono bene il valore del denaro. Il denaro, appunto. Le adozioni internazionali hanno spesso costi eccessivi che finiscono per pesare sulle famiglie alle quali qualcuno impone per giunta il sorriso a tutti i costi. Incredibile. 
La  due giorni di Potenza non potrà dunque esaurirsi in una festa delle famiglie. In un gioco per bimbi già adottati e per aspiranti genitori. E magari in alcuni contatti informali con esponenti di paesi esteri interessati alle adozioni e invitati a seguire l'iniziativa. 
Il convegno, previsto al Park Hotel,  è chiamato a indicare quali ipotesi appaiono oggi praticabili per dare un minimo di serenità e di sicurezza ad un settore esposto a tutte le bufere. Altrimenti il giorno dopo  si ritornerà ai problemi di sempre, con la magra soddisfazione di essere riusciti a organizzare una festa. Nulla più di una festa.

domenica 8 giugno 2014

BASTA UN CALCIO NEL SEDERE AI CORROTTI?




Ho chiesto ad un noto magistrato di espormi il suo punto di vista in ordine a questo dilagare inarrestabile dei casi di corruzione che in Italia si moltiplicano a vista d'occhio. Come se non bastasse Milano Expo 2015, ci voleva anche Venezia con il Mose e giù di lì una valanga di mazzette e di tangenti, a quanto pare per l'ammontare di un miliardo, che hanno mandato in carcere un intero gruppo di politici,  funzionari, uomini di potere, senza escludere il primo cittadino della splendida Venezia. 
Il Pm non mi ha dato finora alcuna risposta. Conoscendolo bene ritengo che non voglia esprimersi in sedi diverse da quelle delle requisitorie, in cui ogni Pm motiva, dati alla mano, le sue richieste. Oltretutto finirebbe per dire non una ma mille verità su un tema che di volta in volta diventa scottante giacchè mette a rischio le basi stesse di questa società.  Veritá assurde e incredibili. Veritá sconvolgenti. Tenuto conto peraltro che la mia richiesta  era riferita  alla espressione di un giudizio morale, anzitutto, in ordine alla mentalità di chi usa il denaro pubblico come se fosse di sua esclusiva proprietà. Siamo ad una abitudine direi patologica, stando alla valanga di inchieste, da Nord a Sud senza distinzione. 
Da Mario Chiesa ad oggi di tangenti ne sono passate sotto i ponti. Altro che! Il lavoro dell'ottimo Tonino Di Pietro non ha accelerato il ricorso alla illegalità, paradossalmente? Lavorare con mazzette e tangenti implica un rischio. Ecco perchè in fin dei conti "i costi" sono lievitati enormemente.
Immaginare che un'opera gigantesca come il Mose comporti una distribuzione miliardaria di denaro, per mettere a libro paga i vari corrotti e corruttori, non è cosa da nulla soprattutto in una stagione di grande rinnovamento (almeno nelle intenzioni)  non solo della politica, quanto del costume e del malcostume.
Mi chiedo davvero se c'è qualcosa da scrivere di nuovo e di  
diverso su questo mare magnum di corruttela, molto simile alle scene di un film girato su una nave in  cui  penetra da una falla  tanta acqua da mettere a rischio l'incolumità dei passeggeri. Anzi da provocare l'annegamento dei presenti. 
Si tratta  di capire qual è la mentalitá corrente, la logica di chi ricorre abitualmente alla corruzione, di chi la considera davvero parte del sistema e come tale addirittura inevitabile quasi come il sorgere del sole. In Italia siamo a questo. Non vi è dubbio.  Ecco il tema che intendevo sottoporre all'attenzione del Pm. 
Putroppo suscita sentimenti contrastanti e di vario genere il proposito del Presidente del Consiglio, Renzi, di emanare misure straordinarie, di nominare addirittura un magistrato a capo di un pool di esperti, che potesse arginare non solo l'acqua alta nella laguna veneta, quanto l'epidemia di agganci sotto banco, di raccomandazioni super retribuite, di forme imprevedibili del turbine del denaro, legato agli appalti ultra milionari, da parte dei professionisti del malaffare. Una vera scuola di pensiero.
Immagino il senso di impotenza del povero Cantone costretto a toccare con mano l'inefficacia del suo ruolo.  Mentre si discute in ordine agli scenari che si delineano, fiumi di denaro scorrono  sotto il naso del governo e delle varie Authorities ultra competenti in materia...
Credo sia proprio una delusione cocente. E se la corruzione fosse una malattia endemica, come del resto è? E se la proposta di Renzi di prendere a calci nel sedere i corrotti si rivelasse ingenua o, quantomeno, inadeguata? Cosa sarebbe di noi tutti, nessuno escluso? E naturalmente di questo bel Paese?

martedì 3 giugno 2014

POSSIBILE OGGI UNO SVILUPPO VERDE, ALMENO NEI PARCHI?




Il binomio parchi-sviluppo è un dato culturale, oltre che politico, in qualche modo contrapposto alla ferrea legge  rappresentata dalla 394 e da altre norme di salvaguardia integrali. Una legislazione decisamente protezionistica o, per meglio dire,  poco propensa a valutare lo sviluppo come una componente essenziale del progetto di aree protette. In fondo la linea che Giorgio Ruffolo autorevolmente varò sul finire degli anni Ottanta, quando bisognava sottrarre parchi e riserve naturali allo sciagurato disegno dei disboscamenti ad oltranza e delle distruzioni, spesso portati avanti dalla nascente industria. Al Nord come al Sud.
Ottima idea, quella di Federparchi, di promuovere a Milano un dibattito su un argomento di tanto rilievo che necessita tuttavia di proposte di merito e di contenuti. Al dibattito ha partecipato anche il Parco nazionale dell'Appennino lucano Val d'Agri Lagonegrese con il suo presidente Domenico Totaro superando così un vecchio concetto di anacronistico dualismo. 
Il punto cardine rimane tuttavia un interrogativo nient'affatto trascurabile: che fare dei parchi in un momento di crisi e di profonda incertezza economica in cui il governo, e non solo il governo, parlano ovunque di Pil da rafforzare. E mentre settori di un equilibrato ambientalismo affrontano i nodi di una economia verde da rilanciare in modo proficuo e accettabile. 
Per giunta il dibattito di Milano ha sottoposto all'attenzione di una platea qualificata un altro binomio: la green economy in stretta relazione ad una green society. Che possa esistere realisticamente una economia verde è senz'altro possibile. Ma che ci possa essere finalmente una società verde, appare assai poco probabile. Un'idea relegata nel mondo dei sogni.  L'invito a bucare in lungo e in largo questa Basilicata del petrolio la dice davvero lunga. 
Piuttosto la consistenza del dibattito di Milano attribuisce a Federparchi un  importante ruolo di proposta, consistente nella possibilitá di individuare, secondo lo specifico delle diverse realtá,  linee produttive in grado di valorizzare l'ambiente e di creare occasioni di lavoro, secondo una logica di programmazione chiara e inconfutabile. Ma soprattutto praticabile negli ambienti verdi.
E ciò con un preciso riferimento ai vari piani dei parchi, strumenti di gestione fondamentali stando ad una programmazione rigorosa ed efficiente, in certi casi purtroppo ancora da mettere a punto. Se non da inventare. 
Se soltanto proviamo a pensare allo spopolamento che il Pollino fece registrare all'indomani della sua "elevazione" a Parco nazionale storico del Sud si comprende benissimo l'esigenza di aprire le porte a una economia vera nelle località suscettibili di protezione e di rilancio. Si parlò a metá degli anni Novanta di una perdita di popolazione attiva di oltre il quattro per cento nel territorio del massiccio calabro lucano. Spopolamento in certi casi non ancora cessato, nonostante le politiche messe in atto da vari anni. E nonostante il Pollino goda di una fama internazionale di tutto riguardo.