domenica 30 agosto 2015

BAMBINI ABBANDONATI AL LORO DESTINO



Siamo ormai all'esodo biblico. Migliaia di profughi cercano la strada del domani, quella strada che dovrebbe portarli a conquistare una vita degna di questo nome, superando difficoltá di ogni genere, mentre in paesi come l'Ungheria o l'Inghilterra la chiusura accentua il dramma.
L'emergenza riguarda ora i Balcani anche se l'Italia, e il Mezzogiorno in particolare, continuano a essere una delle frontiere che accolgono un imponente flusso migratorio. 
"Vogliamo vivere" l'appello della famiglia di profughi siriani con tre bambini stremati, che cercano di farsi largo nella barriera di filo spinato eretta a protezione dell'Ungheria.
Una emergenza umanitaria di proporzioni enormi, inimmaginabili fino a ieri, sulla quale aleggia lo spettro della feroce discriminazione dei tempi del nazismo messa in atto per bandire zingari e diversi. Gente con la pelle di altro colore. 
Le lancette della storia sembrano tornare indietro e non di poco, mentre l'Europa si limita a convocare un vertice per il 14 settembre in modo da dare finalmente un minimo di risposte collegiali a questa ondata inarrestabile di migrazioni.
Tra i profughi non si contano i bambini. Spesso bambini soli, non accompagnati che in una delle tante tragedie del mare hanno perduto i genitori. Sono affidati al caso, che spesso è crudele nei loro confronti, giacchè valuta gli aspetti burocratici e politici della loro presenza, senza prendere in considerazione quella umanità di cui nessuno può disfarsi e dalla quale nessuno può sentirsi estraneo.
Ci sono intanto organismi di portata internazionale che farebbero bene a occuparsi di questi bambini soli e affidati all'incertezza di un momento drammatico. Qual è, ad esempio, il ruolo che la potente organizzazione del GVS di Potenza intende svolgere in questo momento? 
Domanda alla quale certo non può sottrarsi l'intero apparato di questo organismo che ha radici internazionali e ha contatti con numerosi paesi africani, in molti casi al centro della emergenza in atto. 
Sarebbe utile che il Presidente del Gruppo Volontariato e solidarietà di Potenza, don Franco Corbo, desse un segnale in un momento così delicato e pieno di interrogativi inquietanti. Il GVS si occupa di adozioni internazionali e dispone perciò di una rete di rapporti che può rivelarsi utile in un fase così delicata e complessa come questa.
Si tratta di svolgere un ruolo nuovo e forse inedito. Ma l'emergenza è talmente vasta da imporre scelte immediate e fuori  da certi canoni tradizionali, altrimenti rischia di diventare totalmente ingovernabile, in uno scenario che si aggrava di giorno in giorno e che promette svolte imprevedibili. 
  

venerdì 28 agosto 2015

LE ANTICHE ORIGINI DEL CAPORALATO



Quanti sono oggi i braccianti ed i lavoratori in nero in  Basilicata, soprattutto là dove l'agricoltura intensiva rende inevitabile il ricorso a mano d'opera capace di dare risposte immediate nelle epoche dei raccolti. Il riferimento è ovviamente al Metapontino, anzitutto.  Difficile dare, almeno per ora, risposte precise al riguardo.
Una nota dei carabinieri del Comando Provinciale di Matera pone in risalto l'opera dei militari dell'Arma per scongiurare il  caporalato, dopo le tragiche notizie dei giorni scorsi. Interessanti i risultati finora raggiunti, nell'arco di alcune settimane, anche se il fenomeno ha dimensioni talmente estese, e radicate nel tessuto sociale produttivo, da apparire difficilmente controllabile, almeno in tempi brevi. Direi anzi che il caporalato appare oggi come un dato di fatto assolutamente irreversibile, nelle realtá delle campagne del Sud  e della Basilicata in primo luogo. 
La storia dei caporali risale agli albori della storia del mondo agricolo: gli anni Settanta rappresentarono poi il culmine, anzi il momento in cui il lavoro nero era non solo accettato e condiviso, quanto ritenuto tacitamente insostituibile. Uno dei capisaldi del mondo rurale, senza esagerazione. E ciò nonostante un lavoro di intelligence che il Nucleo informativo (struttura vitale nell'attività dell'Arma) mise in atto per obblighi d'istituto ma anche per esigenze collegate alle dimensioni del grave problema. Una questione realmente da non ignorare, questo il giudizio di alti ufficiali.
Tra la metá e la fine degli anni Settanta non c'era operaio agricolo che non fosse convinto della "esigenza" di questo tipo di attivitá nelle aree a maggiore capacità produttiva. E che, di conseguenza, non avesse una giustificazione da dare al fenomeno, considerato peraltro che erano quelli i tempi in cui le zone a maggiore vocazione agricola del Sud (Puglia, Calabria e Basilicata prima di tutto) cercavano sbocchi sui mercati italiani ed esteri. 
Il caporalato sembrava insomma nato da esigenze ben precise di reclutamento di manodopera. Ma ciò che preoccupa è il "silenzio assenso" all'epoca da parte di numerose organizzazioni del mondo agricolo che non sollevarono, in maniera forte e  determinata, la questione di una bonifica del mercato del lavoro. 
I caporali peraltro erano persone arcinote a quei tempi. Note e rispettate per giunta. Insomma, come accade per i capibastone, conosciuti e trattati con un certo riguardo. Se non addirittura amati come rivelano i recenti funerali di Casamonica che hanno sollevato in Italia e all'estero un polverone infinito.

mercoledì 26 agosto 2015

IL POLLINO A MILANO, INTERVISTA AL PRESIDENTE PAPPATERRA

                                                     

                  Parco nazionale del Pollino (foto R.De Rosa)

Il Pollino a Expo di Milano. Non certo una semplice passerella. Non solo un momento di pubblicità, ma una occasione importante destinata ad aprire scenari significativi al più grande parco nazionale, a livello europeo.
In occasione del ferragosto il boom delle presenze dimostra che la realtà del massiccio calabro lucano (ormai emblema del Sud) ha una funzione trainante da valorizzare e assecondare. Del resto le potenzialità esistono e la prospettiva del medio lungo periodo appare senz’altro incoraggiante, come conferma in questa intervista il Presidente del Parco, Domenico Pappaterra.
“Milano è l’occasione per proporre la biodiversità e l’offerta natura, non solo per il Pollino, ma per l’intero sistema dei parchi nazionali. Cosa che sta riscuotendo un enorme successo. Abbiamo presentato la nuova guida di Francesco Bevilacqua, pubblicata da Rubbettino e ci apprestiamo a pubblicare una rassegna degli alberi giganteschi e maestosi che sono patrimonio del massiccio calabro lucano, con la certezza di sottoporre un bene di valore inestimabile all’attenzione di un pubblico qualificato che non si limita certamente a osservare soltanto.
Da giugno fino a ottobre il Ministero dell’Ambiente ci chiede di raccontare il territorio, sicchè stiamo presentando a Milano anche una rassegna dei prodotti tipici e delle nostre tradizioni enogastronomiche, degli aspetti sociali. Del valore di certe nostre peculiarità.”
Milano riesce dunque a evidenziare gli aspetti del cibo e della natura. Ma qual è il futuro del Parco nazionale del Pollino?
“Il futuro consiste, a mio giudizio, nel riuscire a far crescere in primo luogo una consapevolezza della presenza di questa grande realtà nel cuore del Sud. Quando sono arrivato c’erano sì dei segnali positivi, ma c’era anche una forte opposizione che non era poi da trascurare. Oggi le cose stanno cambiando e ho motivo di ritenere che possano cambiare ancora di più in un futuro non lontano: il Pollino è al quinto posto in Italia per quanto riguarda un turismo di qualità, non solo a livello nazionale, dopo l’Abruzzo, lo Stelvio, le Dolomiti. Noto con piacere, ad esempio, che i sindaci in molti casi danno il loro pieno consenso alla presenza del parco. A Papasidero, a Buonvicino ad Aieta maturano opinioni positive pienamente giustificate che esprimono la fiducia della gente nella nostra area protetta. Non cito altre realtà come Civita, Mormanno, ecc. oltre alle aree lucane.
A Bruxelles abbiamo ritirato la carta europea del Turismo sostenibile.
Nella prima settimana di settembre il Pollino a Helsinki presenta la sua candidatura a diventare Geoparco. Vale a dire un’area protetta con una rilevante componente scientifica e geologica.  Una commissione ha visitato il Pollino e non mi sembra che il giudizio sia stato negativo. Tutt’altro.  I Geoparchi stanno diventando, peraltro, una sezione dell’Unesco con tutto ciò che un fatto del genere comporta.”

I problemi da risolvere e gli ostacoli da superare tuttavia non mancano.

“Il Pollino è molto posizionato in una dimensione nazionale e internazionale. Siamo dentro alla nuova programmazione europea 2014 – 2020. Occorre impegnarsi al massimo sul terreno di un’agricoltura di qualità: la recente visita dell’Assessore Braia ci conforta e apre nuovi orizzonti. Dobbiamo lavorare molto con le due regioni per superare una visione localistica e creare le premesse per un salto di stile e di qualità notevole.
C’è un lavoro da fare non piccolo, anche in direzione della ricettività che va rilanciata e qualificata al massimo.
Giorni fa abbiamo inaugurato a Campotenese, crocevia del Parco, un centro per il turismo rurale, affidato a un’azienda del settore. In quella occasione ho lanciato un appello perché si realizzi una straordinaria intesa tra pubblico e privato. E’ davvero uno sbocco importante per il futuro del Pollino. E per il domani della sua economia, non dimentichiamolo.”




giovedì 20 agosto 2015

LETTERA APERTA A VITTORIO COGLIATI DEZZA, PRESIDENTE NAZIONALE DI LEGAMBIENTE



Egregio Presidente, anche quest'anno Goletta verde ha fornito ai giornalisti e all'opinione pubblica dati non proprio rassicuranti sullo stato delle acque marine, lungo le coste italiane. Ben pochi lidi, si sostiene nel rapporto, sono pienamente raccomandabili, giacchè i livelli di colibatteri fecali e di  sostanze tossiche non sempre risultano essere  al di sotto della soglia consentita dalle vigenti leggi. Tutt'altro.
C'era da aspettarselo, considerata la situazione di degrado, piuttosto generalizzato, in cui versano localitá marine e zone di montagna piene di rifiuti, soprattutto a causa degli effetti perversi della crisi. Ma non solo. Di una esasperata mentalitá  consumistica, direi, che non si arrende davanti a nulla.
Sappiamo bene tuttavia quali sono le cause a monte e lei certamente ha tanti motivi in più per essere puntualmente informato e in grado di conoscere nel dettaglio lo stato dell'arte. È questo il suo ruolo e dovrebbe essere questo il suo obiettivo primario. 
Sembra tuttavia che sulle cause alla base del fenomeno inquinamenti sia calato da tempo un silenzio a dir poco inspiegabile. Dopo le solite raffiche di dati, in piena estate, sembra non ci sia negli altri undici mesi dell'anno una ricerca delle responsabilità almeno all'origine degli eventi di maggior rilievo, non solo in Italia. Mi spiego: il fenomeno delle acque marine inquinate dipende anzitutto (o in larga misura) dal cattivo,  per non dire pessimo, funzionamento della rete di depuratori che si sottraggono inspiegabilmente a un controllo quotidiano da parte delle autorità locali preposte ai controlli. Vale a dire dei comuni, non certo per scagionare Arpa e regioni, sia chiaro. Ma tutto questo, nel prosieguo dell'anno, non emerge.
Mi consenta una riflessione, gentile Presidente: smettiamola con i riti ferragostani, le indagini che fanno scena e servono soltanto a mettere in risalto un'attività per buona parte purtroppo abbastanza di facciata e povera di contenuti. 
Che Goletta Verde sia una scelta intelligente, non vi è dubbio. Ma a patto che al giro delle coste faccia seguito un'azione intensa e martellante di tutto rilievo, degna peraltro di una organizzazione che non nasce oggi e che ha al suo interno personalità capaci di affrontare nodi importanti con serietá e competenza. Chi le scrive è un simpatizzante di Legambiente, che ha chiesto la tessera al Presidente regionale per la Basilicata, Marco De Biase.
Non ho mai sentito sottolineare, ritornando al tema, le pesanti responsabilità che riguardano l'iniziativa dei comuni, spesso assente sul versante del funzionamento dei depuratori, per bloccare episodi di inquinamento spesso intollerabili. Non le sembra importante questo aspetto?
Mi consenta, infine, di rivolgerle un invito a visitare la Basilicata, non solo per affrontare  con le strutture di Legambiente i problemi sul tappeto, quanto per dire una parola autorevole sul tema del rapporto ambiente - petrolio, anzi parco nazionale-petrolio, visto che questa regione rappresenta il più grande giacimento di greggio in terra ferma, in Europa. E che il petrolio "convive" con il Parco nazionale, tra i più interessanti del Sud.
Magari, se mi permette, sarebbe utile  a fine  visita che lei organizzasse una conferenza stampa su Goletta e non solo.
In attesa di una disposta le invio i migliori saluti. 
Rocco De Rosa

sabato 15 agosto 2015

IL FERRAGOSTO DELLO 0,2



L'alzabandiera all'ambasciata Usa di Cuba rasserena gli animi e dà il senso di un ferragosto diverso all'insegna della distensione internazionale, in un clima che altrove non è certo improntato alla pace. E ciò grazie anche all'azione instancabile di Papa Francesco, al suo stile di vita e alle sue idee. Soprattutto al suo modo di intendere la funzione della Chiesa.
Il mondo sembra avere imboccato il rifiuto delle guerre. Magari! Saremmo tutti più ricchi, più sereni. Più soddisfatti.
Intanto questo 0,2 di crescita del Pil fa parlare di sè, eccome. Economisti e "scienziati" della politica si affannano a sostenere ciascuno la propria tesi: ma lo 0,2 rimane lo 0,2 e non si discute. Così è se vi pare...
Per l'opposizione è una debacle, per la maggioranza un primo risultato positivo. Il tempo dirà come stanno davvero le cose. 
Bisogna intanto ammettere che ci sono nel Sud, nonostante la crisi, aree dotate di grande dinamismo. Proprio in questi giorni la piccola Basilicata fa sentire la sua voce e ricorda all'Italia di essere il primo produttore di greggio in terra ferma in Europa. Per tutta risposta c'è chi pensa alla Basilicata come a qualcosa di simile alla Lucania, ubicata magari in Calabria...non si sa bene. Comunque nel Meridione. 
Bellissimo ferragosto in Puglia, dove le "donne del vino" hanno organizzato una eccezionale manifestazione tra Locorotondo e dintorni per far conoscere questa grande ricchezza ai mercati internazionali e ai vacanzieri in giro per l'Italia. Una iniziativa a tutto campo, come dimostra l'impegno e la presenza di Francesco Lenoci, economista della Cattolica di Milano, l'uomo che ha saputo mettere insieme le produzioni pugliesi ed Expo 2015, considerando l'esposizione internazionale come un veicolo del dinamismo della Puglia. E non solo. Ottima idea. 
Le donne del vino sono instancabili: Marianna Annio, grande produttrice di Gioia del Colle, mi dice che ormai si entra nel vivo di un'attività frenetica.  Altro che riposo.
Il battage pubblicitario di una vasta gamma di prodotti e di attività, con un crescendo del tutto apprezzabile, induce a pensare che sia questa la strada maestra da seguire: non esiste Expo senza il contributo di una periferia intelligente, operosa e dinamica, che da sola costituisce una speranza concreta in un domani diverso. Una periferia capace di farsi valere sul serio. Sia ben chiaro.
In fondo alle notizie dello 0,2 la Puglia risponde indicando non una ma mille possibilità di rivitalizzare l'economia locale, giacchè proprio da questa premessa può derivare la svolta. Una svolta vera fatta di crescita economica e di occupazione stabile e sicura per il futuro. Una crescita non temporanea, nè occasionale in cui la prospettiva di un miglioramento del Pil è affidata anzitutto a una volontá concreta di invertire la rotta. A quanti lavorano e ce la mettono tutta. L'Europa intanto farebbe bene a riflettere.

domenica 9 agosto 2015

10 AGOSTO 1910, UN GIORNO DELLA STORIA

PADRE PIO SACERDOTE, INTERVISTA A STEFANO CAMPANELLA

Il 10 agosto del 1910 è un giorno che dalla coscienza di Padre Pio non è mai svanito. Non è mai stato cancellato. Al contrario, rappresenta l'inizio di un lungo cammino di fede e di giustizia, di mediazione quotidiana tra il Cristo risorto e la societá del nostro tempo. La gente di tutti i continenti e di tutte le latitudini.
La vera "rivoluzione" comincia proprio con questa data, quando l'umile frate di Pietrelcina fu ordinato sacerdote con una solenne cerimonia nel duomo di Benevento in cui fu possibile percepire la straordinarietà dell' evento nel quale si riflette la santitá di Padre Pio, ma non solo. Il suo contatto con la realtá umana e materiale, fisica e spirituale insieme. Il suo humus di sacerdote dell'umanitá che lo ha da sempre accompagnato nel percorso terreno e soprannaturale.
Il mondo che lo ha circondato è il primo e più importante campo di sperimentazione della sua essenza.
Per chi non crede è difficile accettare questa impostazione, ma bisognerà dire subito che i fatti e la storia personale di San Pio parlano da soli. Non hanno bisogno di commenti. 
Il più grande miracolo è anzitutto il contatto diretto con migliaia, milioni di persone di tutto il mondo che hanno fatto della sua esistenza la loro ragion d'essere. Il punto di approdo della loro vita. 
Lettere, biglietti, un'infinitá di messaggi ai quali Padre Pio rispondeva incaricando i suoi più stretti "collaboratori" di dare un segnale per fare intendere che quei messaggi erano stati raccolti dalla sua mente. Tra questi uomini, Giuseppe Gusso, padovano, primo direttore sanitario di Casa Sollievo era la persona di fiducia alla quale l'umile cappuccino aveva affidato il compito di seguire Casa Sollievo della Sofferenza, il grande ospedale nato dal senso di caritá verso il prossimo e di fede in Dio.
Padre Pio autore di migliaia di lettere, di tanti scritti, di riflessioni nate dalla sua santitá e diventate per migliaia di persone una guida spirituale insostituibile. 
Intanto per volere di Papa Francesco i resti mortali del Frate saranno esposti nella basilica di San Pietro in occasione del prossimo Giubileo. Ecco come commenta l'evento il direttore di Tele Radio Padre Pio, Stefano Campanella.
"È una felice coincidenza la diffusione della notizia della traslazione del corpo di san Pio da Pietrelcina a Roma a pochi giorni di distanza dall'anniversario della sua ordinazione sacerdotale. L'obiettivo di Papa Francesco è, infatti, di proporre il Cappuccino stigmatizzato come modello di ministro della misericordia del Signore attraverso il sacramento della Riconciliazione, insieme al suo confratello San Leopoldo Mandic, le cui reliquie saranno traslate nella Basilica di San Pietro nello stesso periodo. Dinanzi a questi due santi il Santo Padre invierà mille sacerdoti di tutto il mondo a dispensare in tutto il mondo l'abbraccio misericordioso del perdono divino."
Avvicinare credenti e non credenti al pensiero di Padre Pio mi sembra un'operazione difficile ma importante. Significa far conoscere in fondo la sua vita. La sua essenza. Il suo essere.
"In effetti circolano ancora, anche in libri scritti da autori titolati ma non sempre scrupolosi e scevri da pregiudizi, molte leggende e false notizie sul conto di Padre Pio. Sono certo che avvicinarsi al "vero" Padre Pio, che emerge dal suo Epistolario e dai testi degli studiosi obiettivi, può aiutare i credenti a riscoprire il percorso spirituale per vivere in profondità un rapporto autentico con Dio e i non credenti a comprendere le radici di un umanesimo che capace di incarnarsi nella concreta fattività, sospinta dalla solidarietà, come testimoniano "Casa Sollievo della Sofferenza e tutte le altre opere sociali volute e fatte realizzare dal santo Cappuccino."



mercoledì 5 agosto 2015

IL RESPIRO DEI PARCHI






                               la foce del Sele (foto R. De Rosa)


Il Sele, il grande fiume del Sud, qui si riversa nel mare Tirreno in un clima quasi surreale. Il mare accoglie milioni di metri cubi di acqua ogni istante.
Fantastico il colpo d’occhio con una spiaggia che non ha limiti e sembra essere davvero infinita.
Questo è il bellissimo litorale di Capaccio, antica terra in provincia di Salerno, poco distante da Paestum con i suoi monumenti che scandiscono il tempo e la storia.
Il Parco nazionale del Cilento vive la sua stagione ricca di emozioni e di spettacoli della natura. Le pinete sul mare attraggono visitatori e turisti, tanti bagnanti che approfittano della quiete di questi luoghi per trascorrervi giornate in perfetto relax, lontano dal caldo asfissiante di città e piccoli centri.
Il Cilento è il parco cerniera tra Appennino e Pollino, con folle di visitatori interessati a conoscere la natura forte e struggente dei suoi luoghi, come le rocce di Morigerati dove il fiume Bussento affiora dal sottosuolo dopo avere attraversato per chilometri le terre del salernitano. Una risorsa straordinaria che i turisti quest’anno sembrano apprezzare forse più che in passato, giacchè il parco appare agli occhi di tutti come un bene duraturo, una risorsa che non viene meno e anzi si rigenera giorno per giorno.
Il Sud dei grandi parchi è dunque un bene da non trascurare. Anzi da conservare con cura e attenzione come una risorsa capace di far vivere gli uomini e le cose. Capace di dar voce al passato e al presente come forse non potrebbe accadere se queste aree protette non ci fossero.
In questi giorni entra nel vivo nell’Appennino lucano la discussione sul Piano del Parco, uno strumento di grande importanza per il governo del territorio e per dare alle popolazioni il senso di un bene che vale di più. Il presidente Totaro e il direttore Fogliano fanno rilevare che l’iter dovrà essere spedito nell’interesse comune, poiché l’Appennino, aggiungo, non può attendere tempi infiniti con discussioni fiume spesso inconcludenti e dannose o, peggio ancora, nel segno della divisione del potere inevitabilmente legato all’esistenza dell’area protetta.
Antonella Logiurato, responsabile dell’Ufficio Parchi nella struttura regionale, sollecita una discussione proficua e mirata al bene comune, alle opportunità di lavoro e ai giovani ai quali l’Appennino ha da sempre promesso un impegno straordinario.
Colgo anche l’accento appassionato, ma non privo di preoccupazioni, da parte di Remo Votta , storico esponente della vicenda Val d’Agri.
Logiurato dice che occorre capire e far capire anzitutto a cosa serve realmente un parco. L’Appennino non è il parco del petrolio, ma un baluardo che spinge l’attenzione sulle grandi risorse esistenti, sulle alte quote di cui per la verità si parla molto poco. Nei complessi interventi della società di Perugia, incaricata di redigere il Piano del parco, e dei consulenti dell’università di Palermo non si colgono accenti tali da lasciare intendere una volontà di dar valore a queste risorse davvero inestimabili.
Certo, il compito dei sindaci non è quello di pretendere fette di potere, ma di sollecitare una vera capacità di valutazione dell’esistente nella prospettiva del medio lungo periodo. Ed è la sostanza dell’intervento di Ugo Salera, presidente della Comunità del Parco, l’organo al quale spetta un ruolo di primo piano, in una situazione non facile da affrontare.
Del resto, nel suo intervento sulla Rivista On line del Parco che sarà in rete tra non molto, Salera espone queste attese e fa pesare il suo ruolo di amministratore incaricato di preoccuparsi dei bisogni della gente, interessata a capire dove va il Parco e quali ricadute positive sono realmente possibili. Cosa ci si può attendere. L’Appennino non è una mera illusione, né un miraggio. Ma una opportunità da mettere a frutto a cominciare da subito, senza ritardi né incertezze.
  
  
 
  
  


sabato 1 agosto 2015

NEL MEZZOGIORNO CHE ARRETRA IL PARADOSSO È LA BASILICATA




Ora anche le mafie stanno emigrando dal Sud, osserva Roberto Saviano. Geniale modo di esprimersi per dire che, andando avanti così, non converrà a  nessuno rimanere nel Mezzogiorno. Nemmeno alla grande delinquenza. 
Sarebbe questo l'unico "vantaggio" legato a una situazione di crisi inarrestabile e di degrado, sotto il profilo economico, sociale, umano. Ma anche politico, se si considera che i dati contenuti nel rapporto Svimez dimostrano in primo luogo l'assenza di un interesse del mondo politico e istituzionale nei confronti di questa parte del Paese dove non tutti hanno un avvenire sicuro, dove pochi hanno la certezza del domani, insomma un minimo di ricchezza per guardare al futuro con serenità evitando di dover considerare sempre possibile l'eventualità di una valigia, anche se non più di cartone, ma sempre il simbolo di chi emigra. 
I dati Svimez lanciano l'allarme Sud, ma forse non dicono fino in fondo che l'eterno problema rimane la Basilicata, una terra con risorse davvero importanti ma costretta a mendicare al ministro Guidi nientemeno che la possibilità di sbloccare fondi per oltre cento milioni di euro derivanti dalle royalties del petrolio. Incredibile. Eppure le royalties non sono soldi dello Stato. Sono denaro  dell'attività estrattiva che dovrebbe compensare il disagio, non solo ambientale, derivante al territorio e alle popolazioni dallo sfruttamento intensivo del sottosuolo. Uno sfruttamento che si vorrebbe spingere ben oltre i 154 mila barili al giorno, trasformando la Basilicata in un serbatoio senza alternative, condannato a rimanere tale per oltre trent'anni.
Su questo c'è stato un vero braccio di ferro nei mesi scorsi tra Governo e Regione. Un braccio di ferro destinato a non far registrare sviluppi, in assenza di una modifica vera dell'apparato normativo. Il che significa cambiare i rapporti tra Stato e regioni: operazione non facile e anzi assai improbabile, alla luce di quanto accade da tempo e della volontà del centro di non mollare di un millimetro. 
Il Mezzogiorno rimane il grande innominato e Roberto Speranza propone un ministero per il Sud. Certo, l'idea non è da bocciare per una ragione. Un ministero per il Sud servirebbe, se non altro, a far parlare di questa parte del Paese reale di cui la moderna cultura politica fa volentieri a meno. Parlare significa porre sul tappeto i problemi, evitare il silenzio. Parlare significa dare voce ai più deboli. Mettere in primo piano argomenti dimenticati.
Con o senza il rapporto Svimez la Basilicata rimane in ogni caso il vero paradosso italiano, un non senso. Rischia di essere oltretutto la terra dei veleni, con due aree industriali inserite, ormai da oltre quindici anni, nella mappa nazionale dei siti da bonificare e non ancora bonificati. E con il peggiore deserto industriale dell'intero meridione a fronte di enormi risorse quali petrolio, acqua, e bellezze naturali non ancora devastate. E con una capitale europea della cultura pronta ad affrontare la sfida del 2019. Ma in quali condizioni, c'è da chiedersi. E con quale entroterra economico è tutto da vedere.
Marcello Pittella corre di tanto in tanto a Roma per ottenere ascolto dal governo Renzi al quale ricorda che non è possibile un Paese diviso in due da condizioni obiettive che condannano la Basilicata a una terribile marginalità. 
Tra l'altro i numeri dicono ben poco rispetto alla situazione disastrosa del giorno per giorno. Vedere persone, fino a ieri con un buon livello di vita, frugare nei cassonetti dell'immondizia è il segnale che vale purtroppo molto di più delle statistiche, Istat o Svimez, non cambia molto.