domenica 28 agosto 2011

Bernalda impazzisce per il matrimonio di Sofia



E' davvero sorprendente pensare come il matrimonio di Sofia Coppola abbia rappresentato per Bernalda non solo un evento (cosa del tutto comprensibile), quanto l'occasione per sperare nel futuro, compromesso dalla crisi e logorato da una serie di fattori ai quali sara' difficile dare una risposta, anche in tempi medio lunghi. Agricoltura in ginocchio, turismo che da sempre non decolla, incapacità del territorio di guardare a uno sviluppo all'altezza della posta in gioco. Problema serio, serissimo quello dei giovani senza lavoro e molto altro ancora. 

Tuttavia Bernalda per settimane intere e per mesi non ha fatto altro che guardare con volto sorridente e spensierato al matrimonio del secolo, come amano definirlo alcuni. Giardini e aiuole rifatti con la massima cura. Operai appesi ai muri per cancellare questa o quella bruttura causata dal tempo e dall'incuria. Estrema attenzione dedicata ai minimi dettagli che potessero compromettere in qualche modo la perfetta riuscita della cerimonia con la cittadinanza mobilitata a rendere il migliore ossequio alla famiglia delle famiglie, quella dei Coppola, con i ragazzini pronti a chiedere uno “scippo” (non a scippare!) al divo di turno o alla stella del cinema. Pochi purtroppo, come del resto prevedevano in diversi. Uno scarabocchio su un foglietto di carta ha finito per rappresentare una speranza appagata. Una soddisfazione non da poco. Incredibile! 
Una cosa e' certa. Protagonista numero uno non tanto papa' Coppola, quanto il sindaco Leonardo Chiruzzi. Aspetto tipico delle circostanze irripetibili, fascia tricolore indossata con orgoglio, impeccabile abito da cerimonia scelto con cura ben maggiore rispetto a quello degli stessi sposi. Per il sindaco si trattava di essere davvero all'altezza della situazione in quello scenario in cui Chiruzzi (non diciamolo a nessuno, mi raccomando) e' davvero di casa, nonostante abbia detto e ripetuto che lui i Coppola non li frequenta e non li conosce, se non per il disbrigo degli affari burocratici. Anche questo fa parte della scena del film... Lui che dà del tu al regista e chiama Sofia la figlia. Lui che si sofferma a bere amichevolmente un caffe' a palazzo Margherita, sentendosi a giusta ragione un divo del grande schermo alla pari dei suoi illustri concittadini, ha giurato per giorni e giorni che non poteva azzardarsi a chiedere nulla ai Coppola: nè la possibilità per i giornalisti di scattare una foto, meno che mai una intervista, rimandando tutto ai manager del "gruppo". Padroni assoluti dell'evento! 
E proprio mentre leggo sui giornali la cronaca di una giornata irripetibile, il Gr1 manda in onda un bellissimo servizio di Carlotta Tedeschi sul film di Pasolini l' Accattone di cui ricorre in questi giorni l'anniversario. Storie vere di miseria e di periferia, da un lato. Dall'altro la bella fiaba di Sofia che Bernalda ha seguito con straordinario entusiasmo. Facendo propri addirittura quel successo e quella celebrità con i quali i Coppola hanno costruito il loro futuro. Dimenticando purtoppo che i Coppola non sono Bernalda!
                                                                                                              

                                                                                      Rocco De Rosa

mercoledì 24 agosto 2011

La Basilicata ferma a Eboli

Il dibattito che in questi giorni trova spazio sulle colonne del Quotidiano della Basilicata, sollecita qualche riflessione. E forse qualcosa di più di una semplice riflessione.
I lucani s'indignano per la crisi in atto, e per quella di sempre; chiedono scelte coraggiose, c'è chi parla di una rivoluzione necessaria. Insomma, dilaga il malcontento con l'unico risultato di suscitare un clamore purtroppo simile a una tempesta in un bicchier d'acqua che non immagino quali svolte possa determinare e quali risultati concreti possa sortire, a cominciare dall'immediato ma soprattutto nel medio lungo periodo.
Non è giusto indignarsi? Non è giusto far sentire la propria voce? Non è giusto adirarsi contro i rappresentanti del popolo, eletti democraticamente e incaricati di fare gli interessi (quelli veri!) della gente? Certamente è giusto e legittimo. Non vi è dubbio. Ma se occorre badare al risultato bisognerà riconoscere che il clamore o, meglio, il gran parlare non paga. Occorrono ben altri metodi e ben altre strategie.
Di clamori la storia della Basilicata è stracolma. La rabbia per gli errori e le scelte ingiuste della ricostruzione del dopo terremoto del 1980 arrivò alle stelle. La protesta di Scanzano fece parlare mezza Italia. L'allarme lanciato da Giustino Fortunato per lo sfasciume idrogeologico continua a essere di drammatica attualità. Il petrolio, a sua volta, fa registrare un chiacchiericcio di tono minore, ma tuttavia esprime qualche disappunto per le conseguenze di una esasperata attività estrattiva con l'unico risultato di qualche aggiustamento in corso d'opera e senza grandi decisioni positive. Almeno per la gente della Val d'Agri e il popolo lucano che chiedono legittimamente più tutela della salute e un maggiore controllo sull'ambiente. Un controllo vero, non solo sulla carta, beninteso! Come del resto continua a rivendicare il Commissario del Parco Nazionale dell'Appennino, Domenico Totaro, rischiando di diventare la classica vox clamans in deserto. Eppure Totaro ce la sta mettendo tutta.
Possibile, allora, che non debba accadere mai nulla in questa terra antica e struggente, se non il matrimonio della figlia di Coppola, in una Bernalda vestita a festa, o qualche sagra organizzata in nome dell'unità d'Italia?
Qualcosa di vero e importante può accadere se ci si mette in mente che la svolta non dipende da tizio o caio che ne parla in pompa magna, costruendo una platea più o meno popolata da un uditorio intelligente. Se , prendendo spunto dal lavoro delle formiche, i lucani si mettessero all'opera per orientare il cammino dello sviluppo e riscattare tutte le potenzialità , dico tutte, di una terra ricca e invidiabile forse i risultati non tarderebbero ad arrivare. In che modo? La politica non può e non deve essere lasciata sola. Sicchè se ognuno si rivolgesse ai propri interlocutori, di questo o quel colore non conta, rivendicando impegno e determinazione, buona fede e capacità di affrontare i nodi della vita quotidiana, forse qualcosa accadrebbe sul serio.
Allora, perchè non ci si mette all'opera? A Ferragosto, un dirigente dell'Eni che ho incontrato si meravigliava a titolo personale e riservato del perchè delle royalties così basse, mentre altrove (in Nigeria e in altre zone del mondo) il risarcimento per l'estrazione del petrolio sfiora il 50 per cento. A questo dirigente rispondo a mia volta con una domanda: perchè la Basilicata continua a essere irrimediabilmente la terra del Cristo si è fermato a Eboli? E' forse una eterna maledizione? Non credo proprio. 
                                                                                               Rocco De Rosa

sabato 20 agosto 2011

CALA IL SIPARIO SULLA SAGRA DEL FAGIOLO DI SARCONI. QUALE IL FUTURO DELL' AREA ?

Se fossi un giovane disoccupato di Sarconi, il paese della Val d'Agri dove si e' appena svolta la trentesima edizione della sagra del fagiolo, mi metterei in giro per i ristoratori di Milano, della Brianza o di altre località del Nord facoltoso e opulento per collocare il prestigioso cibo. Diventerei insomma una sorta di agente incaricato di divulgare il prodotto stipulando contratti e mettendo in piedi una vera e propria attività di rappresentanza. Cosa che dovrebbero fare, ma non fanno, le amministrazioni locali, nemmeno in tempi di crisi lacerante, come quella attuale.
All’incirca cinquecento ettari coltivati nell'area, più di cinquantamila quintali di fagioli nei 12 comuni interessati che sulle tavole importanti dei principali ristoratori del centro nord (ma anche nelle case degli intenditori del Sud e delle famiglie) diventano un bene prezioso. Insomma, una ricchezza da mettere a frutto, stando anche ai risultati di una indagine del Dipartimento Tecnico Economico dell'Università della Basilicata che considera il fagiolo di Sarconi un'autentica risorsa per lo sviluppo ed un elemento di salvaguardia per l'ambiente sul quale incombe il rischio di una contaminazione senza limiti, dovuta alle emissioni del centro olio di Viggiano e alla presenza delle trivelle del petrolio sempre più numerose anche nelle località a totale protezione. Senza escludere il Parco dell'Appennino lucano, impegnato in una difficile opera di protezione ambientale, intrapresa da tempo e condotta con lungimiranza e grande impegno.
Il boom di presenze di visitatori a quella che viene definita la Sagra del fagiolo di Sarconi edizione 2011, non può rimanere un fatto limitato soltanto alla due giorni (dedicata a formidabili “assaggi” ed a pantagrueliche abbuffate di piatti e pietanze varie) ma deve diventare motore di uno sviluppo possibile. Concreto. Uno stimolo a ritornare all'agricoltura come dimostrano pochi ma significativi casi di operatori del settore che, di loro iniziativa, cercano i mercati e instaurano rapporti commerciali in Italia degni delle migliori aziende moderne.
E' questo il dinamismo dell'economia al quale fa riferimento il prof. Francesco Lenoci, docente alla Cattolica di Milano, che ribadisce il ruolo della piccola e media impresa, a cominciare dall'agricoltura, nel Sud colpito dalla crisi e dall'attacco delle multinazionali del petrolio che non conoscono frontiere né limiti da rispettare nella corsa allo sfruttamento del sottosuolo, prima che sia troppo tardi. Del resto la sagra del fagiolo pone una serie di interrogativi: prima di tutto qual è l'interesse del Dipartimento Agricoltura della Regione per un prodotto del genere, che ha ben ragione di alimentare speranze e attese. Secondo. Quali sono realisticamente gli obiettivi legati alle politiche degli enti locali, se si vuol parlare davvero di lavoro e sviluppo senza fare facile demagogia.
Mi chiedo a questo punto. Se i prodotti del parco nazionale dell'Adamello Brenta vanno a Uno Mattina non capisco perché anche quelli della Val d'Agri non debbano rappresentare una interessante vetrina nazionale nelle sedi e nei luoghi dove il mercato fa davvero “miracoli”, è il caso di dirlo. Certo, anche questa rimane una scelta politica.


Testo e foto di Rocco De Rosa

venerdì 5 agosto 2011

Costa jonica: Nova Siri innalza la bandiera della ripresa

La costa jonica, da Metaponto alla Calabria, tenta una rivincita in extremis. Dopo l'alluvione di marzo, la debacle della sua agricoltura, la crisi assurda e inimmaginabile dell'Agrobios, le notizie di Goletta verde sull'inquinamento costiero, finalmente a risollevare la testa e' Nova Siri, cittadina di antiche tradizioni che intende costruire il suo domani non certo affidandosi a slogan pubblicitari, quanto a una inversione di tendenza vera e propria. Peraltro non si puo' distruggere la fama di mare pulito con il risultato di un prelievo occasionale che dimostrerebbe la presenza di inquinanti, peraltro subito smentita dall'Arpab, l'agenzia per la protezione dell'ambiente.
Nova Siri punta a costruire il futuro con intelligenza e capacita' di realizzare un programma di iniziative, di vasto respiro, lanciando precisi messaggi a tour operator e professionisti delle vacanze in modo da consolidare importanti posizioni strategiche.
Di cosa si tratta? Il comune di Nova Siri, d'intesa con le Acli, e' impegnato nel varo di un progetto per dare stabilita' e certezze al territorio, dal punto di vista della crescita turistica e della conoscenza di questa località costiera presso un pubblico non solo italiano. Ma prevalentemente europeo e di altri paesi. Si comincia a fine settembre con le giornate della cultura, della identita' e del gusto per poi proseguire con altre iniziative da mettere in cantiere di volta in volta.
Importante non perdere di vista l'obiettivo che rimane quello di realizzare una vera e propria cordata intorno alle potenzialita' dell'area determinata a non accettare un ruolo secondario, come sostiene il sindaco di Nova Siri, Giuseppe Santarcangelo, impegnato con la sua squadra nel tentativo di mettere a frutto le esperienze del passato e il bagaglio archeologico della localita' ionica. Ma il punto di forza di questa sfida rimane il mare, per un verso, e sotto altri aspetti la posizione del paesino, come appollaiato suLla collina di fronte all'azzurro jonio che parla del passato, delle antiche glorie, ma anche di tempi piu' recenti quando la vacanza era un miraggio e il mare una vera conquista riservata a famiglie facoltose e a ragazzi fortunati. Oggi si volta pagina, afferma l'avvocato Mitidieri, assessore alla cultura che crede in questa realta' e non smette di amarla fino in fondo. Proprio come accadeva a tanti innamorati nelle notti di agosto dei meravigliosi anni Sessanta (ma non solo) quando il mare e la spiaggia diventavano complici di tante avventure d'estate.



Testo e foto di Rocco De Rosa