domenica 28 giugno 2015

L'ALBERO DI SPERANZA



Una babele. Nè più, nè meno. In un clima arroventato in vista sia dell'assemblea di Potenza, sia di quella ben più importante del 5 luglio, all'interno del PD cresce la rivolta degli uni contro gli altri. Non c'è granchè da applaudire.
Speranza si trova a essere incoronato leader della minoranza interna, in un ruolo ufficialmente riconosciuto  da Bersani, ma non solo,  anche da altri personaggi che hanno un peso, personale e politico. Ammesso che il peso politico riesca ad essere qualcosa di autonomo e di indipendente rispetto alla vicenda personale che in molti casi conta eccome, fino al punto da soppiantare in toto gli scenari della politica stessa, propriamente detta. 
Le frasi di Roberto Speranza meritano tuttavia un commento. Una anzitutto: "non dobbiamo 
avere paura della parola sinistra, ne sento parlare spesso male. Ho detto a Renzi che sbaglia se ne parla male perchè sega l'albero su cui è seduto...ecc." 
E poi a proposito dell'Europa: "In Europa chiediamo uno scatto, un cambio vero, a Renzi chiediamo di essere più forte e deciso."
Ma l'affermazione da sottolineare è anche un'altra: "...abbiamo bisogno di far capire all'esterno che il PD non è solo Matteo Renzi. Per farlo superiamo limiti ed errori."
Frasi sulle quali francamente c'è da interrogarsi per coglierne non solo il senso, quanto gli obiettivi ai quali mirano e le finalitá che si prefiggono.
Anzitutto che un uomo della sinistra riformista dica a grandi lettere che non occorre avere paura della sinistra  sembra strano, a dir poco. Ma è anche la logica del rapporto con Renzi a sorprendere. Che Speranza non fosse un renziano doc, lo si intuiva abbastanza e anche chiaramente. E non è affatto una novitá, anzi è la condizione perchè il giovane Roberto potesse avere una esistenza politica e parlamentare, giacchè per lui non c'erano altre alternative.
Indubbiamente dalle dimissioni da capogruppo ad oggi Roberto Speranza ha operato sostanziali correzioni di rotta. Non si sa bene se è il caso di parlare di una sorta di metamorfosi, di una riscossa interiore, di una "rivolta" culturale che sembrano animarlo di volta in volta. 
Certo, il fronte anti Matteo si va consolidando ed è fuori dubbio per l'incalzante decisionismo del Presidente e per la sua stessa mano forte. Ma qui bisogna distinguere tra le vicende individuali dei singoli esponenti politici e il quadro delle questioni a fronte delle quali la politica si colloca e deve collocarsi in maniera netta, inevitabilmente dando risposte non più rinviabili agli elettori ma non solo.
A parte la bagarre all'interno del PD, della quale forse non è nemmeno il caso di discutere in maniera approfondita, c'è da rilevare un dato allarmante reso noto  di pari passo con l'acuirsi della crisi della Grecia. Le banche italiane hanno una esposizione pari a circa sessanta miliardi di euro nei confronti del mondo bancario ellenico, si sente dire in ambienti qualificati. Ammesso che si tratti soltanto di sessanta miliardi e la cifra non sia ben maggiore, come si sospetta.
In ogni caso, nessuno può dormire sonni tranquilli. A maggior ragione la politica deve avere un ruolo, al netto delle battaglie personali che se per un verso promettono di consolidare certe linee d'intervento, sotto altri aspetti finiscono per abbattere alle radici proprio l'albero di cui parla Speranza sul quale sarebbe seduto il Presidente del Consiglio. 
Un momentaccio ad ogni modo, al quale sará difficile porre rimedio specie se si va ad alimentare lo scontro in un clima in cui il ruolo del fabbro sembra essere soltanto quello di battere su un ferro incandescente. Battere, battere all'infinito senza stancarsi. 

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