martedì 9 giugno 2015

IL MONDO DI "OPHELIA" TRA LUCI E OMBRE



Per molti aspetti Ophelia è un nome sconosciuto ai più. Ma non certamente a quanti hanno familiari o amici  nella difficile situazione di dover tentare un recupero dal punto di vista psichico e psichiatrico. 
Ophelia è una struttura, gestita da privati a Potenza d'intesa con il don Uva e l'ospedale San Carlo, che cerca la strada di un reinserimento nella società di quanti vivono situazioni difficili: per intenderci quelle numerose persone che la legge Basaglia volle fuori dai manicomi, decretando la chiusura di queste tragiche realtá e affidando ad altre cure i malati mentali. Operazione a lungo meditata,  per quanto a volte con risultati non corrispondenti alla posta  in gioco.   
Ophelia ha un che di pionieristico, non vi è dubbio. La sperimentazione, condotta nel centro potentino da personale interno alla cooperativa che gestisce l'intero apparato, d'intesa con strutture ospedaliere dell'area psichiatrica del  San Carlo, ha  dato qualche frutto. Il dottor Angelo Laieta, psicologo, ritiene che molta strada ancora si debba percorrere per guadagnare il traguardo di una remissione accettabile delle patologie e di una "inclusione sociale" dei pazienti. Quello della "inclusione" è per molti versi un obiettivo possibile, come sottolinea Ilaria Bavuso,  del settore teatroterapia (terapia mediante la recita) che si dice ottimista in ordine alle possibilità di imprimere una svolta all'attività del centro Ophelia.
Perseguendo l'obiettivo del recupero gli operatori  sono riusciti a mettere in scena uno spettacolo teatrale, il 29 aprile scorso allo Stabile di Potenza, che voleva avere il significato di una concreta attuazione delle linee guida per un reinserimento su basi "scientifiche" dei soggetti interessati da patologie mentali. Lo spettacolo è stato seguito da una folla di familiari e amici dei pazienti,  ma non è questo il punto. Si è percepito l'isolamento in cui Ophelia si trova, la sua distanza da gruppi qualificati che operano in regioni vicine se non al centro nord. Il piccolo è bello, insomma, non paga, anzi fa correre il rischio di una progressiva perdita di quota delle varie attività che potrebbero in un futuro non lontano trasformare la struttura in una sorta di parcheggio per minorati psichici senza esiti di rilievo. Sarebbe un peccato, in ogni caso. Un modo per vanificare gli sforzi finora compiuti. 
Tra l'altro la firma di un protocollo d'intesa con alcune realtá perifiche e, in particolare, con il comune di Sasso in provincia di Potenza apre interessanti prospettive a patto che ci sia la volontá  di dare slancio a questa  scelta. Sasso può essere punto di approdo, se non proprio capofila, in un vasto progetto di recupero e riabilitazione di pazienti con patologie psichiche e non solo. Anziché semplicemente  un ricovero per anziani non più autonomi. Un dato qualificante anche ai fini delle politiche regionali per un decentramento dell'assistenza sul territorio, che non può essere genericamente intesa. 
Una risposta dovrà darla  l'assessore alla Sanitá, la professoressa Flavia Franconi, in termini di apertura di un dialogo anzitutto con il gruppo dirigente di casa Ophelia per stabilire quali sono i margini d'intervento in un settore che prevede, nonostante la crisi, anche l'inserimento lavorativo dei pazienti. 
Una operazione del genere rappresenterebbe, se condotta in porto con  intelligenza e lungimiranza, un modo per superare il divario tra centro e periferia della scienza a danno non solo della Basilicata ma dell' immagine di un Sud che cerca di non essere diverso dal resto del Paese.  

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