giovedì 16 ottobre 2014

SUD E PARCHI: CHE FARE?

Intervista all'on. Ermete Realacci, presidente della Commissione ambiente, territorio e lavori pubblici della Camera

                              
                                                           
                                                 On. Ermete Realacci
                          
La fragilità dell'ambiente s'impone oggi come il problema dei problemi. Più di un'emergenza a causa delle tante disattenzioni, dei ritardi inammissibili e di una burocrazia lenta e inefficiente che in Italia continua a creare danni incalcolabili. Intervenire sul territorio, a fin di bene,  comporta lungaggini inaudite e rispetto di tempi tecnici ben oltre i limiti di qualunque ragionevolezza. Se non l'impossibilità, a volte, di porre mano a progetti di risanamento ambientale di ampio espiro.
Sicchè i parchi e le aree protette, alla luce di quanto sta accadendo a Genova ma non solo, rappresentano un elemento di difesa e di rilancio di zone ben custodite, con prerogative conservate bene e con la capacità di offrire un patrimonio di inestimabile valore al turista o anche alle famiglie interessate a vivere momenti diversi dal caos del traffico e dai rumori delle città. 
I parchi sono dunque il fiore all'occhiello di una cultura ambientalista non certamente superflua e meno che mai figlia di un fanatismo inspiegabile e dannoso. Rappresentano piuttosto il frutto di una sensibilità strappata al nostro tempo dalla corsa ai consumi e dal petrolio, una ricchezza sotto il profilo economico ma un danno enorme sotto altri aspetti. 
Per giunta in Italia il più giovane dei parchi nazionali, l'Appennino lucano Val d'Agri lagonegrese, in Basilicata, si trova a fare i conti con il giacimento di petrolio  più grande in Europa, tra quelli in terra ferma. Milioni di barili di greggio finora estratti dal sottosuolo lucano, con miliardi di profitti per le compagnie,  e migliaia di tonnellate di reflui, prodotti dalle estrazioni, che non si sa come e dove collocare. Un problema enorme di cui purtroppo non si discute nemmeno.
L'on. Ermete Realacci, oggi presidente della Commissione ambiente, territorio e lavori pubblici della Camera, è figura storica nel campo ambientalista. Ha accettato di rispondere ad alcune mie domande sul tema "Sud e Parchi, che fare?" L'intervista che segue è un utile contributo al dibattito in corso e per questo sinceramente lo ringrazio.

"A guardare bene i dati del recente rapporto ‘L’Economia reale dei Parchi’ elaborato da Unioncamere per il ministero dell’Ambiente, i parchi meridionali oltre ad essere i più giovani dal puto di vista della popolazione residente, sono anche quelli che vantano la maggiore incidenza di imprese giovanili. Basti vedere i casi dei parchi dell’Aspromonte, della Sila e del Vesuvio. E sempre al sud i Parchi hanno anche una buona presenza di imprese femminili. Anche dal punto di vista delle notti trascorse nei Parchi nazionali le nostre aree protette del meridione non hanno nulla da invidiare alle aree protette del nord, i primi due parchi in questa classifica sono infatti il Gargano e il Cilento. Se si va poi a vedere i dati dell’economia reale, le variazioni più positive tra 2011 e 2013 le hanno avute il Parco Nazionale d’Abruzzo Lazio e Molise, il Parco dell’Aspromonte e  quello del Pollino. E nel settore delle Aree Marine Protette quelle con maggiore incidenza nell’economia del mare sono le Tremiti, le Pelagie e le Egadi. Tutte al sud insomma. Dove i parchi del meridione sembrano essere più deboli è nell’offerta di un sistema di servizi, un’offerta di territorio più organizzata, articola ed evoluta, capace di intercettare la disponibilità all’acquisto di beni e servizi di qualità da parte dei visitatori. Organizzare un sistema di servizi di questa natura non significa forzare il turismo e aumentarne l’impatto ambientale, ma farlo meglio e con maggiore attenzione alla qualità e alla conservazione del patrimonio di biodiversità, paesaggio e cultura  del territorio. Anche per i parchi si ripropone la scommessa che in generale riguarda lo straordinario patrimonio storico, archeologico e culturale del Paese. Ossia individuare nuove forme e nuovi modi di educazione e intrattenimento capaci di raggiungere un pubblico il più ampio possibile, aprendosi di più al rapporto con le industrie creative e alle opportunità offerte dalle nuove tecnologie, dalla realtà virtuale e aumentata."

D - Si continua a parlare di una possibile revisione, di un adeguamento della legge quadro, la 394. Qual è il Suo punto di vista?

Innanzitutto va detto che la 394 è stata una buona legge. La prova è nei fatti: in poco di vent’anni siamo diventati il primo paese in Europa per numero ed estensione dei Parchi e forme di tutela della biodiversità, tanto che il nostro sistema delle aree naturali protette, nonostante i suoi punti di fragilità, è apprezzato a livello internazionale. Prova ne sia anche il fatto che diversi comuni nelle varie realtà del Paese chiedono di entrare nei Parchi, che anche dove l’effetto di ‘traino’ del parco sul resto dell’economia è stato minore ha rappresentato comunque un vantaggio per il territorio. Per questo penso che il tagliando che si vuole fare alla legge 394 debba rafforzare lo spirito originario e l’impianto complessivo della legge, mantenendo i due assi fondamentali: l’autonomia degli Ente Parco e il sistema nazionale delle Aree protette.

D - Nel parco dell'Appennino c'è il problema del petrolio, che non è certo poca cosa.  


"Il petrolio è oggi un problema di controlli da un lato e di utilizzo intelligente delle royalties dall’altro. La cosa importante è che si attivi al più presto un sistema di controllo e monitoraggio ambientale che verifichi le attività di ricerca ed estrazione petrolifera, nell’interesse delle istituzioni e delle comunità locali, ma anche nell’interesse delle stesse compagnie petrolifere. Non solo per garantire la tutela della salute e dell’ambiente, ma anche per dimostrare che la Val d’Agri è un territorio di straordinarie ricchezze naturali e culturali. È  proprio grazie alla presenza del Parco che in Val d’Agri sono state sventate azzardate ipotesi di distretti della plastica che avrebbero snaturato la Valle."


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