lunedì 11 novembre 2019

IL CENTRO TROPOSCATTER NEI DECENNI DEL RISCHIO BELLICO


                               

La zona militare di Monte Vulture (foto R. De Rosa - riproduzione riservata)


A trent’anni dalla caduta del muro di Berlino e  in seguito alla fine delle ostilità (almeno in teoria) legate ai blocchi contrapposti, cosa rimane oggi della guerra fredda, di quel lungo periodo in cui il mondo è stato con il fiato sospeso sull’orlo del baratro? Tanto, davvero tanto contrariamente a quanto si possa immaginare. A quanto possa ritenere l’opinione pubblica tradizionalmente disinteressata al tema del rapporto tra Stati e superpotenze. 
Ancora oggi rimane in piedi, anche se non del tutto funzionante, la rete Troposcatter, definita così in gergo militare, che consentiva comunicazioni via radio tra i Paesi ubicati lungo la direttrice che dal Nord Europa raggiunge la Turchia passando per l’Italia.  Paesi sotto l’egida della NATO e pertanto interessati ad un rigido controllo di qualunque possibile iniziativa tale da poter mettere in forse la sicurezza nazionale.
Monte Vulture, oggi area di particolare interesse naturalistico all’interno del Parco regionale da poco istituito, è stato un importante anello della catena Troposcatter con sistemi di avvistamento e soprattutto dei percorsi sotterranei destinati al personale in servizio, in caso di attacco aereo. Oggi in cima alla montagna esiste ancora un centro radio interforze che, secondo fonti militari, assicura i collegamenti radio tra le diverse forze armate presenti non solo in territorio regionale.
C’è di più. Nel perimetro,  si trova una imponente croce su basamento in pietra che risale ai primi del Novecento, ubicata proprio a poca distanza da un bunker antiaereo. Il segno della pace e della solidarietà tra i popoli contrasta con il simbolo della guerra e della distruzione. Ma non è detto che non possa esserci tra i due momenti una correlazione, giacché la base militare può rappresentare un utile anello di contatto nei confronti di quella che viene definita la società civile. Avviare un dialogo in tal senso, con il diretto coinvolgimento della Difesa, potrebbe essere uno degli obiettivi del Consiglio regionale della Basilicata, insediatosi recentemente.
L’area rimane interdetta all’accesso del pubblico: aperta poche volte per visite di qualche ora, oggi è off limits anche per chi ha soltanto interessi di natura culturale. Se fosse accessibile, nel rispetto delle necessarie norme di sicurezza, sarebbe un elemento di forte richiamo e di assoluto interesse turistico nella località dominata dai laghi di Monticchio e dalle splendide foreste che ricoprono le dorsali della montagna, antico vulcano attivo ottocentomila anni fa, a sentire i geologi. Un dato che mette insieme il valore paesaggistico con la scienza.        

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