venerdì 17 luglio 2015

LUCA BRAIA, SALVARE DAL BARATRO L'AGRICOLTURA

                                 


La parola d'ordine di Luca Braia è: cambiare passo, innovare. Fare dell'agricoltura il settore primario, in ogni senso. Lui ce la mette tutta, e si vede dal quadro che traccia in poco più di un'ora per spiegare il suo progetto. Lo attende un lavoro ciclopico, per giunta con mille difficoltà e tante preoccupazioni: anzitutto quella di dover restituire all'Europa qualcosa come 90 milioni di euro perchè in passato non si è riusciti a utilizzarli per mancanza di iniziative adeguate. Di progetti in vari settori. Cambiare dunque direzione di marcia, sostiene il neo assessore con un dinamismo che non tarda a far colpo su chi ascolta.
Nell'opera di generale cambiamento sono compresi anche i parchi, nazionali e non, ai quali Braia guarda come ad una opportunità di crescita delle aree interne. Ma non solo sbandierando uno slogan, quanto con l'impegno di chi mette mano.
"Le risorse economiche utilizzate finora nelle programmazioni europee che ci hanno preceduto non ci  consentono un'agricoltura minimamente competitiva. Nonostante la spesa ingente, l'agricoltura della Basilicata non mostra il minimo segno di vitalitá. 
Le criticità stanno in una pubblica amministrazione che non riesce a essere efficiente, perché per molto tempo non si è voluto mettere mano a un sistema che dava evidenti segnali di inadeguatezza. È dir poco!"

Assessore Braia, lei prende le redini in mano proprio nel momento in cui la programmazione 2007 - 2013 si conclude.

"Siamo in effetti alla fine del periodo. Il disimpegno che ho ereditato è ingente. Dovremo restituire oltre 90 milioni di euro  perchè non si è fatto nulla in tanti settori,  nel campo della valorizzazione, dello sviluppo rurale. 90 milioni di euro che non saranno resi disponibili in una serie di comparti. Gli agricoltori evidentemente non avranno la possibilità di usare queste risorse. 
Il tema non è quanto non si è speso o si è speso. Ma la qualitá della spesa. Non sono stati fatti investimenti, è mancata una strategia interna. L'agricoltura deve essere settore primario in tutti i sensi perché deve riuscire a coinvolgere una serie di attività. 
Dire agricoltura è dire tutto. Siamo in un laboratorio di produttività che coinvolge ambiti assai vasti. Tutto deve essere ricondotto a questo mondo. Tutte le programmazioni debbono essere coerenti con gli obiettivi che ci si è dati. 
La spesa è stata inefficace. Ora bisogna affrontare un lavoro ciclopico. È il momento di buttarsi anima e corpo nel tentativo di innovare le dinamiche di espansione, avendo ben presente il concetto di una svolta reale assolutamente indispensabile. La centralità dell'agricoltura va riconosciuta e attuata."

A fronte di questo quadro, che non esito a definire allarmante, qual è oggi il destino delle grandi zone, a cominciare dal Metapontino. 

"Le grandi zone, come il metapontino, mettono insieme sviluppo, turismo, mercati. Ortofrutta e vitivinicolo reggono bene sui mercati anche internazionali, nonostante i piccoli numeri. Ci sono organizzazioni che hanno in Basilicata e nel metapontino importanti aggregazioni di offerta, che consentono di intercettare mercati internazionali. Una opportunità da non perdere.

Le aree interne. Cosa accadrá per vaste zone che registrano situazioni di spopolamento e di abbandono, senza molti precedenti.

"Le aree interne scontano anzitutto la relazione petrolio - agricoltura, soprattutto in Val d'Agri. Finalmente abbiamo ottenuto il punto zero, almeno nelle zone di nuova estrazione di petrolio. Penso di avviare uno studio sui suoli interessati alle nuove estrazioni e di dare elementi di chiarezza all'acquirente, ma prima ancora ai produttori. 
Sui suoli che sono interessati alle  nuove coltivazioni petrolifere partirá un'analisi della realtá al momento. Il punto zero, come detto.
Gli studi epidemiologici non hanno mai preso in esame il tema del controllo sull'agricoltura, come elemento trainante. Ma un controllo non occasionale. Evidentemente!"

Riprendiamo il tema dei parchi. Si può premere perchè l'agricoltura nei parchi, e in quello dell'Appennino lucano soprattutto, sia davvero trainante?

"I parchi sono laboratori naturali, un punto qualificato di attenzione. Abbiamo 350 mila ettari di foreste che rappresentano un elemento trainante, a tutti i livelli.
Ho fatto un incontro con tutti parchi perché è in atto una misura che mette a disposizione delle aree protette oltre un milione e mezzo di euro che serviranno per avviare momenti di controllo e di valorizzazione. Insomma una nuova attenzione ai peositti, al biologico. Ma non solo. Modificare certi assetti mi sembra importante per avviare una diversa progettualità.
L'aspetto della produzione è assolutamente centrale."

Lei non parla solo delle cose da fare, ma anche dei metodi di lavoro da introdurre. A cosa si riferisce in particolare?

"Il tema della corresponsabilità è davvero il motore di tutto. Bisogna fare condivisione. Chiamo tutti, compresi i parchi  a seguire questo criterio,  con un rovesciamento delle dinamiche finora adottate, che si sono rivelate inutili e improduttive facendo correre il rischio di una perdita di quota inarrestabile.
Tutto deve avvenire in un quadro di generale partecipazione e di corresponsabilità.
Non posso replicare ciò che  si è fatto in passato. Non posso stare a guardare. È necessario invertire la direzione di marcia. Per ora non vedo resistenze. Il tema della forestazione, ad esempio, è centrale a tutti gli effetti.
40 milioni di euro non sono più gestibili secondo criteri che non hanno prodotto nulla. Per giunta rischiamo di perdere questo denaro, se non si cambia metodo. Se non vengono riconosciuti questi soldi, peraltro per progetti già avviati, c'è da prenderli dal nostro bilancio, con tutto ciò che un fatto del genere comporta. Sicché sono obbligato a cambiare metodo, a gestire una emergenza che fa paura. Bisogna cambiare passo evidentemente e in modo energico. 
Deve essere chiaro anche il ruolo del privato per far vivere il patrimonio esistente e migliorarlo. 
350 mila ettari di foreste non sono pochi, ma richiedono una forte capacità di innovare, di programmare. Di determinare fatti significativi. Da questo dipende la Basilicata che vogliamo costruire per il futuro. Non siamo stati in grado di mettere a frutto per oltre trent'anni un enorme patrimonio di cui disponiamo. Necessariamente bisogna cambiare ora, sin dalle radici, non ci sono alternative possibili, pena un decadimento senza ritorno."

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