domenica 24 luglio 2016

QUELLE BRACCINE LIVIDE


                          


Un'alba di morte e di disperazione, quella del 26 luglio del 1986, esattamente trent'anni fa. Una enorme voragine inghiottì case e strade della collina Timponi, a Senise in Basilicata, la collina della morte, con un pesante bilancio di vite umane: otto morti, tra i quali i tre fratellini che furono uccisi nel sonno nella loro casa sulla collina. La mamma era andata a lavorare nei campi prestissimo e aveva lasciato come sempre i tre figlioletti ancora a letto. Tra le vittime anche Francesca,  di appena un mese.
Ricordo le braccia livide dei bambini che furono estratti dalle macerie dai Vigili del fuoco, soltanto verso la mezzanotte di quel 26 luglio dopo ore e ore di lavoro, in uno scenario indescrivibile illuminato dalla luce delle fotoelettriche che fornirono un quadro ancor più agghiacciante della sciagura. I loro corpi erano come adagiati su un letto morbido di terriccio e sembravano cercare le braccia della madre per salvarsi da quell'inferno di macerie che li aveva soffocati, proprio mentre sognavano il loro domani e si sentivano giá protagonisti di un mondo che non li ha voluti. 
Arrivammo sul posto della frana con i colleghi della troupe Rai mentre si cercava di trarre in salvo qualcuno degli abitanti delle case costruite là dove la frana sconsigliava da tempo qualunque intervento edilizio: in quella zona della collina Timponi non sarebbe stato possibile costruire neppure una baracca, a causa delle precarie condizioni del territorio, noto per un costante scivolamento a valle provocato da un vasto smottamento del terreno. Una delle frane più imponenti nell'intero Mezzogiorno, non solo in Basilicata. Eppure le abitazioni erano state realizzate proprio lì e la gente viveva convinta di essere al sicuro. 
Un grande trambusto segnò quelle ore e quei giorni, sotto l'incalzare delle polemiche che riguardavano appunto il piano regolatore della zona e la mancanza di un intervento per la messa in sicurezza dell'area. A Senise arrivarono geologi, ingegneri, docenti universitari, il fior fiore della scienza geologica  per affrontare il nodo della frana.
Tra i tecnici in prima linea  l'ingegnere Domenico Totaro, oggi Presidente del Parco dell'Appennino, che illustrò ai giornalisti la storia di quella collina, diventata la collina della morte e le ragioni alla base della frana. 
Quel tragico evento è oggi al centro di dibattiti e di commenti in questi giorni, in coincidenza con i trenta anni dalla frana.
La collina Timponi è diventata nel corso del tempo un evento mediatico e non solo una questione legata alle caratteristiche del suolo. Ormai da anni non se ne parla più, se non in occasione dei vari anniversari del 26 luglio che ripropongono in realtá il tema sempre attuale della sicurezza degli abitati e del consolidamento del suolo: e dire che proprio questo obiettivo era stato al centro di studi e ricerche, dal CNR anzitutto, all'indomani del disastroso terremoto del 23 novembre del 1980, quando il Governo si impegnò a garantire solidità e sicurezza ai centri abitati di quella Basilicata definita da Giustino Fortunato la terra dello sfasciume idrogeologico.

  

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