mercoledì 18 maggio 2016

COLLAZZO, IL GIUDICE CHE RIFIUTA GLI INVITI DELLA POLITICA




Un magistrato che non accetta un incarico, per giunta di prestigio e ben retribuito, fa notizia indubbiamente. 
Se questo magistrato è poi un lucano doc come Dino Collazzo con il suo bagaglio di esperienza, di vita politica e con la sua cultura la notizia diventa ancor più interessante e assolutamente da commentare in un momento in cui, peraltro, dei magistrati e della magistratura si parla più spesso del solito. 
Un giudice che non è disponibile a  uscire dalla magistratura, anche se temporaneamente, per occupare un ruolo di tutto rilievo qual è appunto l'incarico offertogli dal Presidente Pittella di assessore alle infrastrutture, all'ambiente e ai trasporti, per poi rientrarvi eventualmente, merita di essere pubblicamente apprezzato. Non solo. Ma fornisce lo spunto per capire le ragioni della scelta che vanno ricercate in quella equidistanza dal potere e in una forma di rispetto per il ruolo di chi per mestiere è chiamato a giudicare uomini e fatti.
Certo, Collazzo è ben consapevole della delicatezza del momento dominato da una inchiesta della magistratura sulle vicende del petrolio, una inchiesta senza molti precedenti e in ogni caso dai risvolti imprevedibili, allo stato delle cose. Ma è anche vero che, nel caso in cui avesse accettato, avrebbe potuto assumersi la responsabilitá di "governare" il petrolio dalla sua postazione di via Verrastro ben sapendo che altri sono i personaggi direttamente o indirettamente coinvolti nella vicenda con i vari gradi di responsabilitá. Non parlo soltanto delle persone inquisite o di chi è agli arresti. Ma di tutto lo scenario.
L'estraneità al potere del giudice Collazzo lo ripaga in questo caso in mille modi della mancata accettezione dell'incarico e, probabilmente, fa bene anche alla politica in sede locale e nazionale evitando quel miscuglio di competenze che non piace a gran parte della opinione pubblica. 
Il tema del ruolo dei magistrati in una stagione della politica così delicata e complessa è stato al centro della trasmissione di Radio Uno Rai, "Bianco e Nero" di oggi mercoledì 18 maggio, abilmente condotta da Giancarlo Loquenzi, per affrontare quello che è diventato uno dei nodi principali della vita del Paese: il diritto dei magistrati di esprimere liberamente la loro opinione, anche su argomenti della politica. Ma non solo. In definitiva la questione del momento riguarda piuttosto l'indipendenza del potere giudiziario e il suo peso specifico nella societá di oggi. La credibilità dei giudici, in definitiva. Nodo centrale, questo! 
Francamente Palamara e Ayala, intervistati da Loquenzi, hanno fornito una immagine correntizia, in cui funzioni e posti di comando appaiono in larga misura proporzionali all'influenza delle varie componenti o, per dir meglio, delle varie correnti. Il dialogo molto animato tra i due non è arrivato comunque a definire quello steccato proprio della piena autonomia del settore. Una specie di battibecco prima molto cortese, poi un tantino più ruvido che non ha modificato, ritengo, l'idea del giudice nell'immaginario collettivo e nella percezione della gente.
Per questo bene ha fatto Dino Collazzo a dimostrare il suo attaccamento al lavoro e allo specifico che gli è proprio. La sua decisione, in un frangente come quello attuale, diventa di respiro nazionale, superando in assoluto i limiti del localismo. 
Se un gesto del genere fosse stato fatto altrove, certo la grande stampa, dal Corriere in poi, ne avrebbe parlato. Purtroppo siamo in Basilicata! 

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