venerdì 27 febbraio 2015

SE IL FOGLIO SAPESSE QUEL CHE NON SA



Far seguito, con articoli e puntualizzazioni, alle sciocchezze apparse sul Foglio a proposito della trasmissione Presa diretta e della Basilicata, terra di pastori e di pecoroni irriconoscenti, è un errore macroscopico.
Certo, in ogni caso si continua a scrivere sull'argomento ( a cominciare da chi scrive questa nota) perché l'articolo del Foglio ha fatto davvero il giro del mondo. Con tutta  la sua carica di assurdità ed inesattezze al punto da avere finanche sollecitato una precisazione dell'Eni che formalmente si dissocia da quell'articolo. Per fortuna.
C'è tuttavia un argomento cardine che sfugge all'articolista del Foglio e condiziona negativamente  una operazione del genere,  orientata in un senso ben preciso.  Con precisi interessi, sia chiaro.
La Basilicata induce a fare i conti con le più ampie modificazioni intervenute negli ultimi decenni nel tessuto sociale, nella cultura e nella storia del suo popolo. Modificazioni che collocano il suo territorio ed i lucani anzitutto in una posizione di primissimo ordine in un ambito non solo locale, ma nazionale e internazionale. 
Il passaggio da una vecchia e superata cultura contadina o silvopastorale, propria di regioni non solo del Mezzogiorno, a scenari ben diversi è un dato di fatto. Cosa rappresenta, ad esempio, il Centro di Geodesia spaziale di Matera se non l'attestazione di un livello di conoscenza e di scienza presente in questo territorio? Cosa significano il bagaglio di cultura scientifica del CNR di Tito, L'Osservatorio di Castelgrande, le mille attività sul piano commerciale e tecnologico ascrivibili a lucani operosi e intelligenti. Colti e capaci di seguire gli sviluppi del mercato in vari ambiti? 
Senza considerare poi il capitolo dell'università, un autentico laboratorio di ricerca, tecnologia e scienze naturali destinato ad avere un peso sul territorio e le sue caratteristiche. Ma anche sugli aspetti legati al tema della sismicità e del degrado ambientale. 
Altro che pecorai e straccioni che debbono un grazie alle compagnie petrolifere per avere sfruttato questo serbatoio di idrocarburi con milioni di euro di incassi. 
Certo, la Basilicata è una terra sfruttata, non da oggi, sarà bene sottolinearlo. Ma questo è ben altro capitolo.
Sull'argomento sono già intervenuto a proposito della presenza del centro della Trisaia di Rotondella che, a parte gli orientamenti attuali dell'Enea, contiene oggi al suo interno un cimitero di materiale radioattivo proveniente dagli USA. Si tratta delle 64 barre di combustibile nucleare della centrale di Elk River nello stato del Minnesota, con tutta la loro storia alle spalle, giacché quel materiale è frutto di una intesa o, meglio, di una generosa offerta al governo degli States di inviare le navi a prendere le barre esauste per poi riprocessarle nel centro Jonico. Non è poco, giacché quel materiale implica straordinarie misure di sicurezza e un livello di smaltimento non facile da garantire al territorio e non solo a Rotondella. Oltre a mille retroscena.
C'è da fare poi un'altra considerazione. Se la Basilicata oggi è sbeffeggiata da chi assurge al ruolo di arbitro o di giudice, di non so che, tutto questo dipende anche da precise scelte politiche del passato.  Se questa terra avesse avuto notevoli capacità produttive, elevato livello di competitività, adeguato peso politico in uno scacchiere non solo locale è evidente che non avrebbe svolto il ruolo di Cenerentola. E non si sarebbe prestata ad essere presa in giro, degradata, squalificata da banali  giudizi.
Questo non per fare facile dietrologia. Certo, ogni valutazione, ogni atteggiamento, ogni presa di posizione nascono da motivi ben precisi. Anche l'ignoranza nasce da ragioni specifiche che hanno ostacolato la conoscenza della verità. 
Oltretutto, se la Basilicata si identifica oggi in Matera 2019, vuol significare che quel popolo di pastori ha davvero cervello da vendere. Rifletta l'ottimo Federico Pirro. Fará una buona azione. 

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