lunedì 23 febbraio 2015

PRESA DIRETTA SUL PETROLIO IN BASILICATA E SICILIA: INCALCOLABILI I DANNI DELLE PERFORAZIONI


                                 

               La sorgente La Rossa a Montemurro (Pz)   foto R.De Rosa

Dalla Basilicata alla Sicilia, la lunga strada del petrolio semina paura e morte. 
PRESA DIRETTA, la trasmissione di Rai tre, ha messo a nudo particolari raccapriccianti con una miriade di superficialità, di assenza di controlli, di concessioni richieste a ritmo continuo che stanno trasformando la grande avventura del Sud petrolifero in un attentato alla salute e al territorio.
La Basilicata in apertura dell'inchiesta. Parlano  la professoressa  Albina Colella, il sindaco di Viggiano, Amedeo Cicala, Maurizio Bolognetti, Giambattista Mele medico, e altri ancora per denunciare quel che non si deve dire: la Basilicata sta rapidamente superando la media nazionale delle morti per malattie neoplastiche, cosa che i responsabili del Registro tumori, presso il Crob di Rionero, avevano preannunciato già negli anni scorsi, quando era fin troppo chiaro che questa piccola regione del Sud si stava avvicinando a grandi passi alla media delle patologie registrate in aree ad alta industrializzazione. 
Per completare il quadro un fuori campo dell'ex direttore dell'Arpab, Raffaele Vita: eravamo tutti impreparati. Nessuno era in grado di condurre negli anni scorsi accertamenti idonei a garanzia della salute e del territorio. 
Marcello Pittella, presidente della Regione Basilicata, rassicura: non ci saranno altri pozzi. La Basilicata non sarà il nuovo TeXas. Non sarà la groviera auspicata dalle compagnie petrolifere che incalzano il Governo nell'intento di superare ogni remora e rimuovere tutti i possibili freni per le nuove concessioni, inviate a ritmo incessante al Ministero dello sviluppo economico grazie allo Sblocca Italia, tanto amato e sostenuto da Renzi. Che per la Basilicata significa sblocca trivelle. 
Per il Sud un pezzo di pane vuol dire morti e distruzione. Altro che turismo e bellezze naturali. Il caso della Sicilia induce a riflettere. 
Augusta è una città uccisa dalle industrie petrolifere: in ogni famiglia, denuncia il parroco, ci sono morti per tumori. Lo Stato, aggiunge, è una madre assassina. 
Intanto si continua a indagare sulle sorgenti di Montemurro, in Val d'Agri, dove affiorano insieme all'acqua evidenti tracce di idrocarburi e dove sono nati agnelli e capretti con evidenti malformazioni. A quanto si apprende gli esperti escluderebbero ogni relazione con il pozzo di petrolio  in zona e con le manovre di reiniezione di acqua e idrocarburi. Manovre inevitabili nei processi di estrazione del greggio che immettono nel sottosuolo enormi quantitativi di acqua mista a idrocarburi e altre sostanze chimiche. Quale potrebbero essere, a questo punto, le cause dell'inquinamento considerato che nell'area della Rossa non ci sono opifici, aziende industriali, officine? Interrogativo senza risposta mentre cresce l'allarme degli allevatori. Alcune riunioni sono state convocate anche dal titolare dell'agricoltura, Michele Ottati. 
L'inchiesta è coordinata dal PM Francesco Basentini e si attende che giunga quanto prima a conclusione indicando magari le possibili cause del grave fenomeno che si ripete da anni con effetti disastrosi. Sul posto continuano anche gli accertamenti dei carabinieri del Noe.
La Basilicata non può limitarsi a guardare all'oggi. Deve inevitabilmente spingere lo sguardo anche al domani, quando fra venti, trent'anni le compagnie avranno abbandonato il territorio lucano in cerca di altri suoli e di altre possibilità. La Basilicata sarà frattanto ridotta a una landa desertica, altro che Matera 2019 con il suo patrimonio di ambiente, storia e cultura. Sarà purtroppo tutto da rifare. Ma a quale prezzo? 

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