martedì 16 aprile 2013

LA BASILICATA NON PUÒ ATTENDERE: INTERVISTA A NINO FALOTICO RICONFERMATO SEGRETARIO DELLA CISL


La Basilicata è senz'altro un caso nazionale: una terra ricca di risorse (primo produttore di greggio in terra ferma in Europa, oltre all'acqua e all'ambiente) ma povera di lavoro e di sviluppo. Una contraddizione che rappresenta più di un rischio.

“È così e rappresenta quello che la Cisl ha sempre definito il grande paradosso lucano. A parziale giustificazione possiamo dire che la classe dirigente lucana si è trovata impreparata a gestire una partita di così vasta portata e con tante implicazioni di natura geo-economiche e geo-politiche. La riduzione nel medio periodo delle scorte petrolifere ha reso la Basilicata un territorio di grande interesse strategico per l'autosufficienza energetica della nazione. Questa impreparazione ha però prodotto un'eccessiva accondiscendenza verso le società petrolifere e una non oculata gestione delle risorse economiche rivenienti dalle estrazioni. Noi chiediamo che su questo punto si cambi registro”.

Il governo locale e la classe dirigente: il sindacato in passato è entrato nel merito di una questione del genere. Assolutamente vitale. Oggi quali sono le possibilità di incidere sul serio per il movimento dei lavoratori. Per determinare delle svolte.

“Con Eni abbiamo fatto dei sostanziali passi in avanti con la firma del cosiddetto contratto di settore, un documento che corregge gli errori del passato e stabilisce una nuova governance della politica energetica regionale. Come organizzazioni sindacali abbiamo rivendicato e ottenuto maggiori ricadute sul territorio in termini di filiera industriale e di occupazione, ma anche di monitoraggio e tutela ambientale. Ora dobbiamo fare un passo avanti con l'estensione di questo modello partecipativo all'investimento Total. C'è giù una bozza di protocollo e un'interlocuzione avanzata con Regione Basilicata e società petrolifera. Dentro questa discussione abbiamo posto il tema della clausola di garanzia occupazionale, vale a dire la richiesta che almeno l'80 per cento dei posti di lavoro creati sia appannaggio dei lucani. Non è una rivendicazione di campanile, né vuole essere una discriminazione nei confronti dei lavoratori che arrivano da fuori regione, ma non è tollerabile che sul nostro territorio restino solo le briciole”.

La recente indagine della Caritas nazionale parla di una Basilicata con un livello dipovertà crescente, superiore alla media del Meridione. Superiore anche ai datiforniti dall'Istat. Una deriva inarrestabile, alla pari dell'esodo e della migrazione dimigliaia di giovani lucani e di famiglie verso il Nord.

“Lo studio della Caritas fa una fotografia molto approfondita del fenomeno, anche sulla base della sua diffusa rete di ascolto sul territorio, capace di cogliere aspetti che le ricerche campionarie dell'Istat non sono in grado di rilevare. La povertà è il riflesso della crisi occupazionale che ha investito la nostra economica dal 2004 ad oggi e che la recessione economica degli ultimi anni ha aggravato in modo drammatico. Si tratta di un fenomeno che ha fatto un vero e proprio salto di qualità e che potremmo definire con uno slogan: vecchie povertà, nuovi poveri. La crisi economica ha allargato pericolosamente il perimetro della povertà. I nuovi poveri sono quelli che non erano mai stati poveri prima; quelli che hanno perso il lavoro e hanno un mutuo sulle spalle da pagare; sono i giovani precari che hanno scelto di emanciparsi dalla famiglia e che oggi vedono punita questa coraggiosa scelta di vita; sono le donne sole con figli; sono gli anziani soli che campano con la pensione minima. La crisi ha aggiornato la mappa della povertà e nuovi soggetti sociali, prima esenti, sono entrati a farne parte. Ecco perché a nostro avviso deve cambiare anche il modo di affrontare e contrastare la povertà, ad esempio introducendo il cosiddetto reddito di inserimento o reinserimento lavorativo. Solo con il lavoro si può garantire la piena emancipazione economica e sociale delle famiglie lucane; e solo con il lavoro si può arrestare la fuga verso il Nord,ma soprattutto all’estero,dei giovani e di coloro che hanno perso il lavoro e si vedono costretti ad emigrare per realizzare i propri progetti di vita. E dato che il lavoro non esiste in natura, ma è un derivato delle attività produttive, la Cisl rivendica politiche fiscali e industriali in grado di rendere appetibile il territorio lucano alla localizzazione di nuovi investimenti produttivi, a partire dalle cosiddette convenienze localizzative che si potrebbero realizzare abbattendo i costi dei servizi legati alle nostre risorse naturali, come acqua, petrolio e gas. Le nostre ricchezze devono diventare un fattore propulsivo della crescita economica e sociale della nostra regione”.

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