giovedì 31 marzo 2016

L'INCHIESTA SUL PETROLIO IN VAL D'AGRI METTE IN FORSE LA STABILITÀ DEL GOVERNO


                               
              Alberi senza vita intorno al centro olio di Viggiano (PZ) 


Scricchiola il Governo in seguito alle indagini per la gestione dei rifiuti del centro olio di Viggiano, il punto di raccolta di migliaia di barili di greggio al giorno destinati alla raffineria di Taranto.
Dopo le dimissioni della ministra Guidi, ora si aprono foschi scenari  giacchè nelle intercettazioni figura anche il nome della solita Maria Elena Boschi che, a dire della sua collega, era d'accordo a dare una sterzata alla legge di stabilitá per favorire Gianluca Gemelli, compagno della Guidi e imprenditore.
La vicenda del petrolio in Basilicata diventa così un caso politico nazionale e pone in discussione vecchi e nuovi assetti di potere, direttamente collegati alle estrazioni di petrolio e di gas dal sottosuolo lucano, e ciò proprio alla vigilia di un referendum che ha creato opposte fazioni e punti di vista totalmente divergenti spingendo finanche a "istigare" all'astensionismo proprio una parte dei protagonisti delle istituzioni.
Uno scenario da brivido in cui si mischiano gravissimi problemi per l'ambiente e per gli abitanti, con i fiumi di denaro che continuano a scorrere mentre la Basilicata detiene il primato negativo della disoccupazione soprattutto giovanile. Una terra destinata a essere tagliata fuori da tutto, nonostante Matera 2019.
L'inchiesta della DDA affronta nodi di tutto rilievo, come ha sottolineato il procuratore nazionale antimafia, Roberti, nella conferenza stampa a Potenza. Anzitutto il tema del danno all'ambiente e alla salute con gli sconvolgimenti di una terra, la Basilicata,  fino a ieri isola  felice in un panorama di cittá e paesi sconvolti da inquinamenti e speculazioni edilizie.  Una regione  oggi irrimediabilmente compromessa? Non è da escludere con danni al sottosuolo, ma anche alle sorgenti, ai fiumi, ai laghi e all'atmosfera, autentiche riserve di beni di valore incommensurabile sotto tutti i punti di vista.
Cosa sará di questa parte del Sud non appena il petrolio sará finito e le nuove generazioni non avranno altra via di scampo se non quella di abbandonare in fretta il territorio, ostile e maledetto, di una terra avara di lavoro e di sviluppo possibile. Se non compatibile.
"La Basilicata si avvicina a grandi passi alla media delle malattie tumorali, tipica delle zone ad alta presenza industriale". Affermazione non certo gratuita di esperti e studiosi dell'incidenza delle patologie neoplastiche nelle zone ad intensa estrazione petrolifera. Parole che richiedono quantomeno approfondimenti e commenti. Insomma non basta sottolineare l'entitá del fenomeno, assistere inermi allo scempio, lasciar correre in cambio di quel po' di royalties che rendono paesi come Viggiano più moderni ed eleganti, con il collegamento gratuito a internet per le strade e finanche nelle localitá di campagna.
Qual è a questo punto il ruolo dell'Universitá,  non solo dell'ateneo lucano, in uno scenario imprevedibile, aggravato dalla mancanza di riferimenti iniziali certi e di punti di partenza (i punti zero, come vengono definiti), cosa attribuibile non certo a disattenzione quanto a una precisa volontà di nascondere e occultare per non informare adeguatamente la pubblica opinione. Domanda alla quale l'Universitá è chiamata a dare risposte precise e non più rinviabili, tenuto conto peraltro che in Basilicata lo scopo della istituzione dell'ateneo era quello di fornire un valido supporto scientifico alla crescita del territorio.
Cosimo Damiano Fonseca, primo Rettore dell'Unibas, lo ha sottolineato più volte. Poi di questo obiettivo si è persa ogni traccia.
Il lavoro della professoressa Albina Colella, di grande pregio scientifico, è stato più volte paragonato a una sorta di delirio tale da far pronunciare alla stessa affermazioni infondate costate alla Colella anche una denuncia da parte dell'Eni e una serie di richiami. Ora i fatti le danno ragione.
Gli scenari  inevitabilmente si complicano. Cresce il disorientamento, mentre per fortuna il lavoro della magistratura (la Direzione Distrettuale Antimafia) va avanti e sembra tutto concentrato sulla questione dei rifiuti che rappresentano il problema numero uno, il peggiore elemento di allarme in una situazione destinata a rimanere nel tempo ancora assai poco chiara e definita. Tonnellate di reflui sono il prodotto della estrazione di greggio. Dove vengono smaltite, considerato che Tecnoparco a Pisticci ( uno dei punti cardine dell'inchiesta) non ha capacitá infinita? Quindi vengono trasferiti altrove con possibile contaminazione dell'ambiente e delle falde acquifere. Problema gravissimo sul quale c'è riserbo assoluto, com'era prevedibile del resto. Il caso della sorgente "la Rossa" di Montemurro, nel parco nazionale dell'Appennino lucano, palesemente inquinata è un dato di fatto ineludibile.
Comunque vadano le cose, l'inchiesta rappresenta qualcosa di più di una semplice azione giudiziaria. Costituisce anzi un momento di svolta in cui la comunitá nazionale acquista consapevolezza dei gravi problemi con i quali è costretta a misurarsi una parte del Paese, non certo insignificante.

Nessun commento:

Posta un commento