mercoledì 5 agosto 2015

IL RESPIRO DEI PARCHI






                               la foce del Sele (foto R. De Rosa)


Il Sele, il grande fiume del Sud, qui si riversa nel mare Tirreno in un clima quasi surreale. Il mare accoglie milioni di metri cubi di acqua ogni istante.
Fantastico il colpo d’occhio con una spiaggia che non ha limiti e sembra essere davvero infinita.
Questo è il bellissimo litorale di Capaccio, antica terra in provincia di Salerno, poco distante da Paestum con i suoi monumenti che scandiscono il tempo e la storia.
Il Parco nazionale del Cilento vive la sua stagione ricca di emozioni e di spettacoli della natura. Le pinete sul mare attraggono visitatori e turisti, tanti bagnanti che approfittano della quiete di questi luoghi per trascorrervi giornate in perfetto relax, lontano dal caldo asfissiante di città e piccoli centri.
Il Cilento è il parco cerniera tra Appennino e Pollino, con folle di visitatori interessati a conoscere la natura forte e struggente dei suoi luoghi, come le rocce di Morigerati dove il fiume Bussento affiora dal sottosuolo dopo avere attraversato per chilometri le terre del salernitano. Una risorsa straordinaria che i turisti quest’anno sembrano apprezzare forse più che in passato, giacchè il parco appare agli occhi di tutti come un bene duraturo, una risorsa che non viene meno e anzi si rigenera giorno per giorno.
Il Sud dei grandi parchi è dunque un bene da non trascurare. Anzi da conservare con cura e attenzione come una risorsa capace di far vivere gli uomini e le cose. Capace di dar voce al passato e al presente come forse non potrebbe accadere se queste aree protette non ci fossero.
In questi giorni entra nel vivo nell’Appennino lucano la discussione sul Piano del Parco, uno strumento di grande importanza per il governo del territorio e per dare alle popolazioni il senso di un bene che vale di più. Il presidente Totaro e il direttore Fogliano fanno rilevare che l’iter dovrà essere spedito nell’interesse comune, poiché l’Appennino, aggiungo, non può attendere tempi infiniti con discussioni fiume spesso inconcludenti e dannose o, peggio ancora, nel segno della divisione del potere inevitabilmente legato all’esistenza dell’area protetta.
Antonella Logiurato, responsabile dell’Ufficio Parchi nella struttura regionale, sollecita una discussione proficua e mirata al bene comune, alle opportunità di lavoro e ai giovani ai quali l’Appennino ha da sempre promesso un impegno straordinario.
Colgo anche l’accento appassionato, ma non privo di preoccupazioni, da parte di Remo Votta , storico esponente della vicenda Val d’Agri.
Logiurato dice che occorre capire e far capire anzitutto a cosa serve realmente un parco. L’Appennino non è il parco del petrolio, ma un baluardo che spinge l’attenzione sulle grandi risorse esistenti, sulle alte quote di cui per la verità si parla molto poco. Nei complessi interventi della società di Perugia, incaricata di redigere il Piano del parco, e dei consulenti dell’università di Palermo non si colgono accenti tali da lasciare intendere una volontà di dar valore a queste risorse davvero inestimabili.
Certo, il compito dei sindaci non è quello di pretendere fette di potere, ma di sollecitare una vera capacità di valutazione dell’esistente nella prospettiva del medio lungo periodo. Ed è la sostanza dell’intervento di Ugo Salera, presidente della Comunità del Parco, l’organo al quale spetta un ruolo di primo piano, in una situazione non facile da affrontare.
Del resto, nel suo intervento sulla Rivista On line del Parco che sarà in rete tra non molto, Salera espone queste attese e fa pesare il suo ruolo di amministratore incaricato di preoccuparsi dei bisogni della gente, interessata a capire dove va il Parco e quali ricadute positive sono realmente possibili. Cosa ci si può attendere. L’Appennino non è una mera illusione, né un miraggio. Ma una opportunità da mettere a frutto a cominciare da subito, senza ritardi né incertezze.
  
  
 
  
  


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