mercoledì 20 marzo 2013

RESTIVO ALLA SBARRA A SALERNO. MA CHI LO HA AIUTATO?





Esattamente come l'omelia, pronunciata in occasione dei funerali di Elisa Claps quel 2 luglio 2011, così la lettera che don Marcello Cozzi ha inviato a Danilo Restivo, in questi giorni del processo di Salerno,  incarna la ribellione della coscienza umana verso un delitto così barbaro.  Verso una condotta fatta di silenzi e di losche coperture. 
Come quel 2  luglio, davanti a una folla commossa, anche oggi con lo stesso fervore e la stessa tensione morale, il vice presidente di Libera chiede a gran voce a Restivo di fare i nomi di quanti lo hanno coperto e protetto in questi anni.  
Una richiesta che non sarebbe soltanto utile all'esito del dibattimento, ma servirebbe piuttosto a strappare la maschera a quanti hanno  dato man forte all'assassino della ragazza potentina. Cosa sconvolgente. Un vero terremoto per una città di provincia e per il suo perbenismo fin troppo ostentato?   Probabilmente si. 
Il tono usato da don Marcello serve a stanare i colpevoli, a mettere ciascuno davanti alle proprie responsabilitá: anche quelli che sono contrari da sempre a che si faccia piena luce su uno degli episodi più atroci verificatisi in Basilicata, a Potenza, dal dopoguerra ad oggi. Insomma una violenta scossa di terremoto in seguito  alla quale nulla rimane come prima. 
"Nessuno  finora ci ha detto chi ti ha aiutato quel giorno, chi ha occultato la povera Elisa, e chi poi negli anni successivi non ha fatto nulla per arrestare la tua corsa. Durante il  processo di sicuro ti difenderai, e forse dirai ancora, per l'ennesima volta, una delle tue tante verità. È un tuo diritto."
Don Marcello attende  una risposta. Una risposta che la magistratura italiana (e non quella inglese) deve assolutamente dare. Una risposta che non può non arrivare, pena il crollo di quelle certezze dalle quali dipende la fiducia dei cittadini in una giustizia vera e non solo a metá. Una giustizia capace di fare il suo corso. 
"Ho passato anni, non ti nascondo, a chiedermi se ci fosse dentro di te un confine tra la follia e la normalità, e a capire dove collocarlo, per cercare – per quanto possibile – di avere un appiglio che mi permettesse, di certo, non a giustificare ma almeno a comprendere." 

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