martedì 19 marzo 2013

LA CRISI DEL CORRIERE, COLPA DELLA BUFERA CHE IMPERVERSA




Due giorni di sciopero dei giornalisti del Corriere della Sera. Una protesta  contro tagli e ridimensionamenti della storica testata decisi dalla proprietá, in un momento delicatissimo in cui il bisogno di informazione è quanto mai alto e l'esigenza di un confronto sulle prospettive che si aprono davanti al Paese diventa inevitabile. 
Il sindacato attribuisce alla Rcs MediaGroup delle scelte quanto meno sbagliate e rischiose, a cominciare dall'acquisto del gruppo spagnolo Recoletos, con centinaia di milioni di debiti. Cosa che, sostengono autorevoli fonti sindacali, ha contribuito a mettere in ginocchio la stabilitá del giornale, arrivando a compromettere seriamente il suo futuro.
Non è la prima volta che, nel bel mezzo di una crisi lacerante, si assiste a operazioni pericolose, peraltro in molti casi con lauti regali a manager e dirigenti che hanno portato a casa riconoscimenti in denaro, stipendi da favola e buonuscite da capogiro.   
Incredibile. La crisi del Corriere è certamente il risultato perverso di una situazione tragica dell'economia del Paese esposta a qualunque sviluppo negativo. E dire che un manipolo di esperti di altissimo livello, a cominciare dal Presidente del Consiglio, si sono presi cura, a loro dire,  non solo di risanare la situazione economica, quanto di introdurre  criteri di gestione  improntati a serietà  e lungimiranza.  Avevano promesso una svolta. La svolta in realtà c'è stata a danno delle famiglie, dei meno abbienti, dei disoccupati, delle migliaia di precari che continuano a vivere periodi difficilissimi della loro vita. Il Paese non riesce a guardare avanti, a pensare al domani di milioni di persone. Altro che la Grecia. 
A questo punto i giochi della politica non hanno alcun significato. Se nel secolo scorso le ideologie avevano governato le scelte dei cittadini, oggi siamo ad una situazione ben diversa e ben più allarmante. Una situazione davanti alla quale la crisi rivela il suo volto peggiore e minaccia di trasformarsi, se già non lo è, in una crisi permanente in cui l'unica moneta possibile e l'unico linguaggio accettabile sono la corsa sfrenata ai profitti e la messa in sicurezza di beni destinati a pochi. Il resto non conta. I miliardi di euro delle banche internazionali stanno lì ben custoditi. È non solo quelli. 
Quale svolta dunque c'è da attendere fintanto che non si manifesta nei fatti una effettiva presa di coscienza da parte delle forze politiche, nel senso di decisioni urgenti e condivise all'altezza della sfida in atto? 
Lo stato di confusione predominante è il peggior segnale che si potesse avvertire. La lotta per le poltrone e il potere è addirittura destabilizzante soprattutto a livello dei cittadini. Che sono e rimangono impotenti difronte a scenari del genere. 
Massimo Cacciari si dichiara scettico rispetto a una  possibile e imminente fine della neonata legislatura. Il motivo? Troppi interessi e troppi appetiti tengono i "rappresentanti del popolo" legati alle rispettive poltrone. Forse non sbaglia. 

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