Un allevamento dove si produce biogas
Se la transumanza rappresenta il percorso di sempre di una zootecnia che risale ai decenni scorsi, se non ai secoli scorsi, il rinnovamento dell’agricoltura oggi in Basilicata ha un nome: biogas. Una vera sfida per gli agricoltori, per gli allevatori in particolare come dimostrano alcune esperienze già in atto. Ma anche per l’Eni, con il cane a sei zampe che in Basilicata è presente da tempo con i numerosi progetti di estrazione di greggio, destinati a moltiplicarsi a quanto si apprende.
Si tratta di produrre biometano dagli scarti delle lavorazioni agricole, ma anche utilizzando i reflui degli allevamenti bovini, precisa nella conferenza stampa di presentazione il responsabile dell’agricoltura, Alessandro Galella.
Un primo bando è stato emanato. Bisognerà capire quale sarà il livello di adesione all’iniziativa.
Ma la questione di fondo riguarda anche e fondamentalmente l’Eni con gli investimenti da fare in un settore in cui è possibile ravvisare un interesse specifico da parte degli agricoltori se esisteranno le condizioni per costruire un futuro in questo comparto.
In termini di modernizzazione delle attività rurali non vi è dubbio che il biogas rappresenta, non da oggi, un punto di svolta. Una prospettiva. Forse anche un traguardo. Ma le condizioni per una svolta occorre crearle tutte non solo da parte del pubblico, quanto con un intervento massiccio e, aggiungo, rassicurante da parte di chi in Basilicata è presente da vari decenni per estrarre petrolio.
Ecco la sfida. L’Eni ha potenti mezzi per investire dei capitali importanti nel settore, quanto per svolgere un’opera capillare di divulgazione degli obiettivi dando corpo a scelte credibili.
D’altro canto le popolazioni lucane, e le stesse istituzioni, hanno il pieno diritto di chiedere al colosso petrolifero un intervento, in questo e in altri campi, non limitato a pochi spiccioli.
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