sabato 1 dicembre 2018

APPENNINO LUCANO, PERCHE' IL COMMISSARIO?



                             
La sede dell'Ente Parco (foto R. De Rosa - riproduzione riservata)


Di commissario in commissario: prima Domenico Totaro, nella tormentata vigilia del suo stesso insediamento come Presidente. Poi a distanza di anni ora piove un’altra richiesta di commissariamento del Parco nazionale Val d’Agri Lagonegrese, peraltro sostenuta da settori del movimento ambientalista che dovrebbero impegnarsi in un’opera costruttiva per la stabilità dell’Ente, tra i più esposti a mille rischi a causa di una serie di fattori, non esclusa la pressione eccessiva del petrolio (ben sette pozzi in area protetta con la possibilità di un altro a due passi dal parco). E con Terna,  la società di Enel, determinata a far passare un elettrodotto ad altissima tensione proprio sulla testa dell’Abetina di Laurenzana, zona ad assoluta valenza naturalistica all’interno dell’Appennino per le specie floro faunistiche presenti.
A cosa serve la richiesta di commissariamento se non a indebolire l’Ente parco e a metterlo sotto la diretta, e inevitabile influenza, del Commissario, in grado quindi di controllare tutti processi a cominciare dal ruolo del Direttore del parco stesso per giungere ad altre forme di dictat, a questo punto inevitabili?
Qualche considerazione appare tuttavia necessaria, a questo punto. Sia il vice presidente, Vittorio Triunfo, attualmente con funzioni di Presidente, sia il direttore ormai storico, Vincenzo Fogliano, non mi sembra abbiano dimostrato anche una parziale incapacità di svolgere al meglio il loro compito, per quanto in un clima non proprio costruttivo creato dalle varie e incalzanti richieste di dimissioni. 
Non vi è dubbio. L’obiettivo del movimento ambientalista deve essere quello di lavorare per la centralità del Parco, soprattutto là dove permangono e si moltiplicano rigurgiti di accentramento e di distribuzione del potere, in vari modi e con scopi i più disparati. 
L’Appennino è, tra le aree protette a valenza nazionale, quella più delicata e, se vogliamo, la più compromessa soprattutto per la presenza delle trivelle alle quali ora si aggiunge la minaccia dell’elettrodotto. Situazioni destinate a incidere, oltreché  sul parco, sull’offerta natura di una terra dalla inequivocabile vocazione turistica. 
E sempre a proposito del mondo ambientalista, se andiamo indietro negli anni alla vicenda del Ticino, bisognerà rilevare l’impegno a tutto campo di WWF, Legambiente e altro ancora  per costruire una solida barriera in difesa del Parco interregionale indipendentemente dalla guida e dal colore politico dei vertici quando la pioggia di petrolio avvolse Trecate nell’inverno del 1994. Si  riuscì a costruire uno speciale collante con tutte quelle forze interessate sul serio al domani dell’area che l’incidente aveva messo in forse. Anzi sembrava avere definitivamente cancellato. 
Sicchè, se nel caso della Val d’Agri le polemiche prevalgono sull’interesse per il destino della zona e del Parco credo ci si avvii verso un momento assai rischioso che vedrà il movimento ambientalista succube delle multinazionali e del diktat dei petrolieri. Tenere a bada il Direttore, o i vertici dell’Appennino, chiedendo il commissariamento altro non è che una operazione di questo genere, per quanto studiata a tavolino  nelle  stanze dei bottoni e ai livelli più alti. In tal caso a pagare le conseguenze, in termini di assenza di peso decisionale e politico, sarà proprio la Basilicata 2019 con le sue speranza e le sue attese, inevitabilmente tradite.    



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