martedì 9 ottobre 2018

PITTELLA SCRIVE AI LUCANI


                                                                   

Marcello Pittella rompe il silenzio e scrive ai lucani, dopo la bufera di  quel 6 luglio che lo ha visto ai domiciliari fino al 24 settembre scorso.
Una lettera confessione, un faccia a faccia con il suo popolo in modo schietto e libero da condizionamenti. Uno scritto estraneo a ogni volontà di ipotecare il futuro grazie al consenso elettorale. 
Le accuse di falso e abuso d’ufficio stridono, qui più che altrove, con la certezza della sua innocenza e la volontà di aprirsi ai lucani del Presidente Pittella, intenzionato a non apparire come il colonizzatore di una terra dalle mille risorse e dai tanti problemi, molti dei quali ancora da affrontare.
“Ho vissuto una vicenda difficile e sofferta, umanamente provante, istituzionalmente un impedimento grave non solo per me, ma per i lucani, soggetti ad una emergenza che mai avrei voluto né tanto meno immaginato.” 
Ecco uno dei punti salienti della missiva, scritta proprio mentre qualche raggio di luce si fa largo sul finire di un ciclone che ha travolto il Governatore. Ma non certamente lo ha distrutto, immobilizzato, meno che mai politicamente annientato. Tutt’altro. Anzi direi che essa rappresenta una prova di forza e illustra un modo di governare, una strategia istituzionale, il fondamento di un modo di essere della politica al servizio della gente. 
Un manifesto dell’impegno messo a disposizione, politicamente rilevante, lo si condivida o no. Ma la sostanza delle cose non va ignorata. Una iniziativa in grado di  illustrare il cammino compiuto negli ultimi anni e al tempo stesso un monito per la politica chiamata a scegliere, a indicare i percorsi. A fare i conti con la realtà dell’oggi e non solo. A marchiare il futuro. 
“I ritmi forsennati dell’amministrazione - sottolinea Pittella - e il lavoro instancabile mi assorbivano nell’immaginare percorsi per questa regione, idee e obiettivi da raggiungere, con coraggiosa tenacia, passione e realismo.” 
Un dato è certo e inconfutabile. Su Marcello Pittella, ormai da tempo, si è abbattuta una tempesta di fuoco e lapilli che non ha risparmiato neppure le cose migliori messe in cantiere e realizzate. Il suo arresto, giunto dopo due anni di indagini e palesemente teso a sbarrargli il passo dopo la candidatura indicata dal PD, alla guida della Regione, è sintomatico di una lotta politica proiettata verso mete e livelli ben più elevati, a voler usare un eufemismo.  
Se non ci fosse stata questa circostanza, mi chiedo, le conseguenze delle indagini sarebbero state le stesse? Lo stesso capo della Procura materana, che ha disposto i domiciliari, non ha esitato del resto a porre in stretta relazione la candidatura di Pittella alle regionali con la svolta nell'inchiesta.
In passato ben più gravi omissioni sono passate inosservate, ben più gravi silenzi non sono stati “attenzionati” dalla magistratura. E’ accaduto così che il nucleare non abbia ricevuto le necessarie risposte in termini di sicurezza e di ambiente, dopo l’inchiesta di Nicola Pace, e che l’avvio dell’attività estrattiva in Val d’Agri non abbia richiamato l'attenzione vigile dell'autorità giudiziaria. Un governo che blocca le estrazioni di greggio, in seguito alle perdite dei serbatoi, che pone l’ambiente e la salute al primo punto della sua agenda ha un Presidente da mandare ai domiciliari con estrema determinazione. 
La Basilicata, architrave del Mezzogiorno, va governata senza interruzioni, né impedimenti di sorta. La delicatezza del momento rappresenta oltretutto un obbligo ad andare avanti badando al futuro della gente e di migliaia di giovani
interessati a non emigrare. Ma a mettere a disposizione di questa terra il loro talento.

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