sabato 25 aprile 2015

POTENZA AMMALATA DI DISSESTO


                              
                 Dario De Luca Sindaco di Potenza (foto R.De Rosa)

Al capezzale dell'ammalato, specie se si tratta di un ammalato in condizioni gravi, accorrono in genere i medici migliori.  Questa è prassi ormai consolidata. Medici che traggono dalle loro conoscenze un bagaglio di cultura scientifica e di capacità d'intervento non indifferenti e, in ogni caso, commisurate alla gravità della malattia e alle prospettive per il paziente stesso.
È quanto accade per la situazione di Potenza, una città ormai al collasso, senza un futuro. Meno che mai dotata di un minimo di possibilità di ottenere risposte certe  prima di tutto dalla Regione Basilicata e dal Governo Renzi. Possibilmente senza dar vita a trattative logoranti e ad estenuanti faccia a faccia tra i vari big, costretti spesso a fare i conti con la loro convenienza e la loro popolarità elettorale.
Il consiglio comunale del capoluogo di Regione (la terra di Matera 2019), chiamato a discutere del cosa fare, ha visto appunto accorrere "medici" di tutto prestigio. L'asse portante della politica in Basilicata, ma non solo.
All'assemblea sono intervenuti elementi ai quali è dato di discutere a distanza ravvicinata con il Premier, con il Presidente della Repubblica finanche e con tutti gli apparati dello Stato, se ciò dovesse rendersi necessario o apparire indispensabile.
Due sottosegretari, altri due parlamentari di cui uno in rappresentanza di Forza Italia.  Oltre a Roberto Speranza reduce dalle dimissioni di capogruppo del PD alla Camera. 
Uno dei due sottosegretari, Filippo Bubbico, è  viceministro dell'Interno, il dicastero di riferimento per il Comune oltre, s'intende, all'Economia. E Bubbico sembra essere la persona capace di disegnare un percorso di allungamento del debito, in modo da consentire al Comune capoluogo di aggrapparsi al salvagente, in questi  tempi di sbarchi di naufraghi...
Quali gli scenari, quali le ipotesi? Si vedrà nel giro di alcuni giorni. Ma non è soltanto questo che conta. Anzi, forse la soluzione finanziaria del caso Potenza conta meno rispetto al dato ben più rilevante del ruolo della città espressione di una regione straricca di risorse e incapace di avere un peso commisurato a questo dato, per quanto si riferisce alla  presenza in uno scenario nazionale.
Il dissesto, a ben riflettere, è frutto di anni e anni di una gestione inadeguata. Ma non solo dei conti pubblici. Quanto delle dinamiche di un certo sviluppo, sottoposto non di rado a logiche di potere.
Oltretutto il dissesto non è piovuto dal cielo e non è una sciagura tanto inaspettata quanto grave. Al contrario. È un evento prevedibile, anche se mal calcolato e anzi sottovalutato in tutte le sue conseguenze economiche, politiche, sociali e umane. Perché no. Frutto di una concezione della politica come possesso esclusivo di chi la pratica, al riparo pertanto da qualunque  conseguenza e da ogni obbligo di sana e rigorosa amministrazione della cosa pubblica. Che non è limitata soltanto al bilancio. Appunto.
Elargizione di fondi a piene mani, denaro speso senza il benché minimo rispetto delle effettive necessità, purché ci fosse una motivazione politica. O, meglio, clientelare.
L'incipit del dissesto è riconducibile infatti al terremoto del 1980, il terremoto dell'Irpinia come è stato sempre catalogato in disprezzo del fatto che l'epicentro era anche nelle profondità delle montagne lucane. E non solo campane. Anche questo un segnale sul quale riflettere, giacché alcuni dettagli, per quanto apparentemente irrilevanti, esprimono concetti di maggior rilievo.
Tuttavia, come si apprende dalle cronache politiche più accreditate, la soluzione del caso Potenza dipende da mille variabili, riferite all'evolversi della situazione politica regionale e non solo. Finanche dal destino del Governo Renzi e dalle varie ipotesi di candidature che si affacciano all'orizzonte.
Certo, se la questione fosse affrontata per quello che è e per quello che vale sarebbe ben diverso. Forse il dissesto finirebbe per sottolineare il valore intrinseco di una città da salvare dal fallimento: comunque e in ogni caso. Una città regione (come qualcuno l'ha individuata) pensando ai riflessi possibili e al tornaconto politico derivante da una definizione del genere. Città regione finisce per dare una dimensione politica ben diversa rispetto alla semplice entità amministrativa. È un segnale che qualifica, insomma. E come tale da mettere in tutta evidenza.

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