martedì 27 gennaio 2015

SETTANT'ANNI DA AUSCHWITZ



Il giorno della memoria 2015 fa parte ormai  delle celebrazioni che appartengono al passato. Ma il ricordo di tanta brutalità è vivo non solo nei protagonisti. In quelli che si consideravano già anche loro dei martiri, come tanti altri.
C'è chi ritorna, puntualmente ogni 27 gennaio ad Auschwitz, per rivivere il brivido della morte annunciata e la gioia immensa che la vita dá a ciascuno degli uomini. Specialmente a quelli che temevano di averla perduta per sempre davanti ai forni crematori e  alle camere a gas.
Quei protagonisti sono donne e uomini speciali, ai quali va il pensiero riverente dell'umanità che detesta la violenza e mette al bando guerre e sopraffazione. Distruzione e morte.
Auschwitz un nome destinato a vivere non solo nella storia. Ma nell'orrore. Un marchio indelebile che non si cancellerà mai dalle coscienze del nostro tempo e dei tempi futuri.  
È il segno della barbarie del ventesimo secolo, il secolo delle guerre, ma anche il secolo della pietà cristiana per i martiri dei campi di sterminio. Lo ha ricordato  Papa Francesco, con parole toccanti che arrivano al cuore.
Donne, bambini, persone inermi violentate dai boia nazisti: sei milioni di ebrei e tanti zingari, ma tanti. Uomini da spazzare via inesorabilmente perché senza casa, senza lavoro, ma con tanta dignità di persone che hanno sofferto per una vita di stenti. Gente che il nazismo ha condannato a una morte raccapricciante. Una morte impensabile. 
Eppure oggi il nazismo non è stato ancora del tutto cancellato come l'umanità avrebbe voluto. È paragonabile a un virus che assale gli uomini proprio quando ritengono di averlo completamente sconfitto. 

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