lunedì 26 gennaio 2015

"FESTE LUCANE", LA BASILICATA CHE NON CI SARÀ



Se l'antropologia è il discorso sull'uomo, ciò apre le porte a una miriade di valutazioni che riguardano la sfera del privato ma anche quella del pubblico. 
Legittimo dunque che si parli di tutto. A cominciare dalle feste, le tante feste esistenti in ogni regione italiana, ma non per dar vita a una sorta di ubriacatura generalizzata, una fiera dello svago e del divertimento, quanto in ossequio a una tradizione  che riflette   la cultura per un verso e l'humus della gente soprattutto. Lo spirito di ciascuno  diventa uno spirito collettivo e si traduce in molti casi nell'interpretazione popolare, ma genuina, dei festeggiamenti in onore dei santi. Feste religiose e feste laiche. Perché no. 
Lo spunto per un'analisi del genere lo fornisce il libro di Angelo Lucano Larotonda, antropologo e osservatore raffinato del costume dei lucani. Il popolo destinato a scomparire sotto la scure dei tagli alla spesa perché, grazie alla fondazione Agnelli (la Fiat è ovunque, come si vede...), ci si è accorti che le regioni sono troppe e la scure si deve appunto abbattere inesorabilmente su quelle che hanno minore forza politica per far valere la loro identità. Molto semplice.
Il titolo del libro, guardacaso, riprende con disinvoltura proprio questo tema. "Feste lucane, Genealogia dell'identità." E non è impresa da poco.
Ne ha contate 1308, nientemeno, l'autore del volume. Per fortuna non ha perso il conto. E in queste 1308 feste lucane Larotonda vede chiaramente il senso di un "ritorno" al futuro, se ci sarà beninteso, e anche al passato giacché i vari festeggiamenti incarnano non solo la religiosità popolare quanto la bellezza dello slancio con cui un popolo intero vuol dire ai santi: grazie per quello che fate. 
Questo non è fanatismo. Tutt'altro. Se si pensa che la Stampa di Torino ha dedicato qualche anno fa più di mezza pagina ai festeggiamenti in onore di San Rocco nel Sud della Francia, a metà agosto, ci si rende conto che le feste hanno una forza espressiva molto forte. Forse finora sottovalutata. Se non ignorata. Se non trattata con molta superficialità da alcuni dotti che si ritengono superiori a tutto e a tutti.
Va bene allora che le feste siano oggetto di un grande libro, diverso dal mega biblìon dei greci (un grande libro, un grande guaio), ma un lavoro che si fa strada  e conquista autonomamente uno spazio, non solo nelle librerie, ma nella cultura di ciascuno e nello spirito con cui si guarda alla vita. Nella sensibilità personale che chiede a ogni essere di prendere posizione davanti agli eventi, belli, brutti o gioiosi, non importa.
"Feste lucane" è un libro da leggere con attenzione per capire chi sono davvero i lucani e dove vogliono andare, con o senza le indicazioni di Agnelli. Questi eredi di Orazio letteralmente in ginocchio: che pena. Per fortuna le feste servono a disegnare lo spirito di un popolo, semplice, umile, ma capace di grandi cambiamenti. Da Carlo Levi ad oggi è accaduto di tutto in questa Basilicata che potrebbe avere, ma non ha, un ruolo diverso in un contesto nazionale. Forse soprattutto internazionale, non esagero. La Basilicata delle radiostelle, degli osservatori sparsi qua e lá per scrutare il cielo, proprio come faceva Galileo ma con mezzi ben più modesti. La Basilicata che osserva il mondo. La Basilicata della scienza e della tecnologia. Altro che! 

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