sabato 26 luglio 2014

IL SEQUESTRO DELLA SIDERPOTENZA CAMPANELLO D'ALLARME PER LA BASILICATA DEI VELENI



                            
Il presidio ai cancelli della Siderpotenza  


Dopo il sequestro, disposto dalla magistratura, si ritorna a parlare della Siderpotenza, la  storica fabbrica, alla periferia del capoluogo di regione, che già sul finire degli anni Settanta fu al centro delle cronache. Il sequestro è stato determinato dai parametri ambientali superati, ma non c'è l'ombra del disastro, si affretta a precisare il Procuratore Gay. Ormai l'industria siderurgica si trova nel cuore di una zona intensamente abitata, per cui l'effetto dell'inquinamento prodotto dai fumi è inevitabile. 
Intanto 250 dipendenti - tra operai, tecnici e impiegati - sono senza lavoro nella Basilicata dal triste primato della disoccupazione nel Sud e a livello nazionale. 
Presidi e contatti si susseguono in un clima non proprio privo di  preoccupazioni. Cosa accadrà, ci si chiede, per i lavoratori e le loro famiglie. Tutto da vedere, ovvio. E tutto dipenderà da un piano di bonifica e di adeguamento dell'impianto alle moderne disposizioni, in grado di scongiurare danni alla salute e all'ambiente. Obiettivo non facile da raggiungere, meno che mai in tempi brevi.
Il caso della Sider è assolutamente speculare a quello di Taranto (per quanto di ben diverse proporzioni) e si proietta come un'ombra sulla Basilicata dei veleni: Tito, la ex CIP Zoo alla periferia del capoluogo con le sue coperture di amianto, la Val Basento ed i corsi d'acqua, Basento in testa, con spaventosi livelli di inquinamento. Senza considerare il nucleare di Rotondella, che non consente di dormire sonni tranquilli, in ogni caso. E includendo naturalmente la vicenda del termodistruttore Fenice, nell'area di San Nicola di Melfi dove sorge la Fiat. Nella valutazione complessiva va inserita l'estrazione di greggio, un'altra mina vagante nella moderna Basilicata.
A considerare l'enorme fardello di questioni irrisolte, senza distinzione tra Potenza e Matera, sembra che nessuno si sia preoccupato, nell'arco di decenni, di mettere insieme sviluppo e salvaguardia ambientale, salute e lavoro. Obiettivi possibili a patto che non prevalgano superficialità e scarso interesse per questi temi ricorrenti. 
Un'intera classe politica, di governo e di opposizione,  ha serie responsabilità per non aver voluto contemperare le esigenze della produzione e del lavoro con quelle della difesa della salute degli abitanti e del territorio. La Basilicata ha oltretutto una università, dispone di una importante struttura del CNR,  con elevate competenze scientifiche, in grado di pronunciarsi su questioni legate agli equilibri ambientali. Accertamenti e indagini sono in ogni caso di  competenza degli organi istituzionali, ARPAB in prima battuta. Ovvio.
Il sequestro della Siderpotenza riapre dunque un capitolo antico e nuovo, al tempo stesso e pone scottanti interrogativi a regione e governo centrale, chiamati a pronunciarsi oltretutto sulla bonifica dei due siti altamente inquinati, inseriti nella mappa nazionale, appunto Tito e Valle del Basento per i quali sembra che ci sia il rischio di una perdita di finanziamenti, qualora i fondi non fossero utilizzati in un arco di tempo ragionevolmente breve. 
I sigilli alla Siderpotenza sono un campanello d'allarme che segnala il precipitare della situazione nel suo complesso, giunta ormai ben oltre i limiti tollerabili, previsti dalla legge. Ma quanti altri casi di danni rilevanti esistono, provocati dal traffico di rifiuti e dall'inquinamento delle falde acquifere? Quanti disastri ambientali si sono verificati in tante realtà al di fuori di ogni sospetto? Domanda alla quale non si riuscirà mai a dare una risposta convincente. Anche questo un problema da non sottovalutare. Anzi il problema dei problemi.

Nessun commento:

Posta un commento