domenica 2 febbraio 2014

MA CHI CI RAPPRESENTA?



Non solo la crisi mette in ginocchio l'economia, ma determina effetti irragionevoli, assurdi, finanche indicibili. Genera fame di potere, alimenta inspiegabili appetiti e comportamenti del tutto irrazionali dei quali, fino a qualche anno addietro, ci saremmo tutti vergognati. Tutti, senza distinzione alcuna.
Non ci sono altre spiegazioni per una lettura realista della vergogna messa in scena alla Camera dei Deputati, qualche giorno fa, e che continua ad avere in televisione e sui media giustamente un seguito.
La pagina orribile di vita parlamentare che nessuno, sfido chiunque, avrebbe immaginato si è risolta in una schifosa bagarre, ed ha fatto leva su bassezze di ogni genere, verbali e gestuali, alle quali si tenta di dare finanche una spiegazione. 
C'è stato chi è arrivato al punto da chiedere cosa sarebbe stato possibile fare, per un maschietto, qualora questi si fosse trovato da solo in macchina con la Presidente Boldrini. Domanda geniale!
Purtroppo il problema non sono soltanto i comportamenti indegni di chi dovrebbe rappresentare il Paese, quanto piuttosto l'assenza in questi comportamenti di qualunque parvenza del senso della politica, giacchè politica ha un significato ben preciso: vuol dire governare la polis, la città. Indicare uno sbocco ai problemi della gente. Mettere a punto scelte e meccanismi in grado di fornire risposte precise in una realtà che definire in crisi è ben poco. Una realtà lacerata da mille eventi in cui la legalità ed il concetto di Stato appaiono assolutamente sbiaditi, se non del tutto cancellati. Terribilmente assenti.
Il problema che ora si pone è ben altro. Come proseguire in un clima del genere, che ha inevitabilmente scavato un solco profondo tra la correttezza e il legittimo dissenso. Tra legalità e libero arbitrio. La presidenza e gli organi costituzionali, dai quali dipende l'attività parlamentare, dispongono dei mezzi per operare una sorta di rieducazione, di ritorno alla piena normalità, di ripristino delle regole?
Ecco il quesito che si pone ragionevolmente. Un calendario dell'attività parlamentare, ad un anno ormai dalle elezioni politiche, è davvero al riparo da estremismi esasperati e quali garanzie esistono all'indomani dei gravi tumulti?
In quelle ore e in quei momenti la sensazione di essere a Kiev e non Italia era chiara e netta. Come netta era e rimane l'assenza di qualunque principio di democrazia, in quegli ambienti e non solo. Drammatica considerazione, dettata purtroppo dalla realtà delle cose.

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