domenica 13 gennaio 2019

PITTELLA IN ESILIO COME CAVALCANTI


Ritorno su un argomento già affrontato ma che non passa di attualità: l’enorme disparità di vedute e di pareri tra i vari gradi della magistratura. O, meglio, tra la magistratura lucana e la Cassazione. Quest’ultima, sarà utile ricordarlo, aveva usato argomentazioni durissime nei confronti dell’arresto di Marcello Pittella, ritenendo il provvedimento immotivato e illegittimo per l’assenza di prove schiaccianti a carico del Governatore lucano, ora sospeso dalle sue funzioni. Sicchè non essendo legittimi i domiciliari, appare quanto mai ingiustificato il provvedimento che impone a Pittella di non dimorare a Potenza per evitare che possa reiterare il reato di falso e abuso d’ufficio. Incredibile! La legislatura si è conclusa, le indagini sono state chiuse ma rimane tuttavia in piedi il pesante divieto di accedere a Potenza con tutte le conseguenze che ne derivano. 
Per giunta, gli stessi arresti furono decisi a oltre due anni dall’avvio delle indagini, esattamente quando Marcello Pittella era stato designato dal PD come candidato presidente. Un provvedimento a orologeria? Certo, lasciano allibiti le diverse decisioni dei magistrati lucani e il contrasto stridente con il verdetto della Cassazione. Non solo. Ma c’è da chiedersi a questo punto, come fa il segretario dei radicali di Basilicata, Maurizio Bolognetti, se non si tratti di un vero e proprio esilio per il Governatore, studiato, messo a punto con estrema lucidità e con precisi obiettivi tenuto conto, stando al Procuratore di Matera, che il quadro era noto anzi arcinoto da tempo. Perché dunque il provvedimento è scattato solo il 6 luglio?
Mi sembra giusto paragonare a questo punto Pittella a Guido Cavalcanti che Dante Alighieri, priore a Firenze nel 1300, mandò in esilio in seguito ad alcuni comportamenti del suo maestro relativi alle turbolente vicende tra Guelfi e Ghibellini. Cose d’altri tempi, d’accordo. Ma la sostanza non è diversa.
A questo punto, venendo ai giorni nostri, occorre affrontare ben altro tema, vale a dire il libero arbitrio dei magistrati a fronte di tanti casi che continuano a verificarsi in Italia, a cominciare dalla vicenda della sindaca Raggi ritenuta responsabile di comportamenti considerati un reato dal PM e non certo dal giudice che l’ha assolta perché quanto le veniva addebitato non costituiva reato. Addirittura. 
Contrasti stridenti tra vari punti di vista, finanche tra Tribunali e Cassazione, non certo in ordine a interpretazioni della norma, quanto nel merito delle vicende in esame. Il che lascia allibiti. Per giunta il libero arbitrio dei magistrati non è materia da regolamentare con legge, se non in una dittatura. In un regime. Ma non certo in un sistema democratico. A chi rispondono i magistrati? Altro interrogativo grande quanto un macigno e in realtà senza risposta.

           

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