giovedì 23 maggio 2013

LE NAVI DELLA LEGALITÁ





Fiumi di giovani a Palermo, imbarcati sulle navi, per dare senso alla legalitá, a ventuno anni dalla strage di Capaci che costò la vita a Giovanni Falcone e alla sua scorta.
Ventuno anni, non un giorno, sono trascorsi da quel terribile evento, mentre nuovi arresti sono stati disposti dalla Procura di Caltanissetta in relazione all'attentato. 
Di mafie si continua a parlare, mentre un'opera di totale bonifica appare quanto mai difficile e disperata. Anche Letta riconosce con rammarico che la mafia esiste ed è viva quanto mai. Si sente dire, tra l'altro, che in Italia la 'ndrangheta ha radici ormai consolidate ed è in forte crescita, con diramazioni all'estero: vi aderiscono migliaia di persone, tra giovani, operai, casalinghe e professionisti ai vari livelli. I pentiti, a fronte di questo dato, sono meno di cento e rosultano totalmente isolati, anzitutto dalle loro famiglie. 
L'analisi di un magistrato, esperto di questo settore, a Prima di tutto (la trasmissione di Radio Uno Rai) è praticamente caduta nel nulla. Eppure è raccapricciante sentire dati e cifre, come se si discutesse di posti di lavoro, di economia e di sviluppo. Di cose alla luce del sole che fanno parte del vivere quotidiano.
La parola legalità rischia di diventare il richiamo a un rituale da contrapporre agli scenari di mafia e di malcostume.
 I  giovani sono in prima linea. Ma cosa c'è alle loro spalle, cosa si nasconde dietro le quinte di un potere che non riusciremo mai a conoscere. Ad approfondire. A mettere realmente a fuoco? Qual è la fisionomia di una societá che scopre di avere al suo interno un tessuto occulto di diffusa illegalitá e si limita alle celebrazioni, per avere la coscienza a posto?
Certo, la manifestazione di Palermo riesce ogni anno a riproporre temi scottanti. Fa capire che le mafie non si sconfiggono soltanto con le celebrazioni. Occorre un generale rinnovamento, una rivoluzione dall'interno, un'opera di pulizia non facili da realizzare e da mettere a punto giorno per giorno. Momento per momento. 
Non bastano gli slogan, e forse non basta nemmeno la politica per sbarrare la strada alla illegalità diffusa e strisciante. Di questo bisogna rendersi conto nel Paese delle grandi promesse e dei buoni propositi, che spesso non servono a nulla.

  

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