martedì 22 gennaio 2013

DOPO IL CONVEGNO DI VIGGIANO INTERVISTA AD ALBINA COLELLA




  Il convegno di Viggiano ha messo a fuoco l'altra faccia della medaglia: l'impatto del petrolio con l'ambiente e la salute dei cittadini. Un argomento sul quale non ci sono finora certezze "ufficiali" per così dire. Possibile?

Sì, è possibile, perché in passato sono stati fatti degli errori che oggi la corretta valutazione dell’impatto ambientale del petrolio in Val d’Agri mette in evidenza. Si tratta:
1) del mancato campionamento del cosiddetto “bianco”, una procedura finalizzata alla descrizione dello stato delle diverse matrici ambientali (aria, suolo, acque superficiali e sotterranee, rumore e campi elettromagnetici) nella fase antecedente l’inizio dell’attività petrolifera. La mancanza di tale “bianco” impedisce il confronto dello stato di salute del territorio prima e dopo l’avvento dell’attività petrolifera e impedisce di valutare il possibile aggravamento delle condizioni ambientali a seguito dell’inizio delle perforazioni petrolifere;
2) di un monitoraggio ambientale dell’area molto tardivo e insufficiente, che a distanza di 15 anni non è ancora completamente realizzato, con la mancanza ad oggi della necessaria serie di dati continui, integrati, certificabili ed omogenei. Le misure attuate fino ad oggi rappresentano spesso solo delle verifiche temporanee, prive di quel requisito di organicità fondamentale per un monitoraggio integrato ed esauriente. E questo è tanto più grave in quanto la Val d’Agri rappresenta un’area molto vulnerabile, sia per le sue importanti risorse da salvaguardare (acqua, uomo, agricoltura, beni culturali e naturali come il Parco), sia per il rischio sismico.

 Una serie di dati sono emersi dal convegno. Metalli pesanti di vario genere e idrocarburi nei torrenti e nella diga del Pertusillo. In che modo è possibile avere un quadro di riferimento certo, su basi scientifiche? Insomma un monitoraggio di aria, acqua, suolo ma su basi stabili. A chi compete? Domanda ovviamente superflua...

Il gruppo di esperti che hanno relazionato nel convegno è stato unanime nel proporre, vista la specificità e vulnerabilità dell’area, la creazione di un Centro di Studio ad hoc della Val d’Agri, che rappresenti una struttura di ricerca unica, che assommi i compiti di studio e controllo dello stato dell’ambiente, evitando la frammentazione fra diversi enti, con particolare riferimento alle risorse idriche strategiche di importanza nazionale e alle caratteristiche sismiche del territorio.
Con moderne tecniche di modellazione degli acquiferi occorre  giungere ad una valutazione specifica della vulnerabilità degli acquiferi e del loro rischio specifico di inquinamento in relazione alle attivita’ petrolifere finora eseguite. Con un sistema unico di monitoraggio delle acque superficiali e sotterranee è necessario poi arrivare ad un nuovo “punto di bianco” relativo, da cui partire per valutare gli effetti di eventuali aumenti di produzione.

 Mettiamoci dalla parte degli abitanti: cosa debbono fare per avere un minimo (si fa per dire) di sicurezza, al di lá di ogni allarmismo?

A mio parere la soluzione è che i cittadini si affidino a strutture di sicura indipendenza scientifica e politica. In tal senso il Centro di Studio che noi proponiamo dovrebbe essere gestito con il coinvolgimento del territorio ed in particolare dei sindaci dell’Alta Val d’Agri.

 Il ruolo delle istituzioni. Si avverte una certa insufficienza, una sorta di inadeguatezza, non dissipata dai vari pronunciamenti del governo locale. Eppure Arpab e altre realtà proclamano la loro efficienza.

Ritengo che l’efficienza di una struttura al servizio dei cittadini non si possa basare su un’autocertificazione, ma sul giudizio che gli utenti del servizio, ovvero i cittadini, danno di quella struttura. Personalmente credo che la Basilicata non fosse preparata ad affrontare un problema così complesso come il controllo ambientale di un territorio interessato da attività petrolifere e da tante altre attività industriali, e per questo motivo si sono accumulati gravi ritardi.

In questo panorama il Parco nazionale dell'Appennino lucano val d'Agri lagonegrese ha scelto di svolgere dal primo momento un ruolo di vigilanza e di controllo. Obiettivo non sempre facile da raggiungere.

 I Presidenti dei Parchi dovrebbero avere autonomia in merito alla vigilanza e al controllo del territorio. Mi auguro di vedere presto azioni determinanti in ordine alla tutela del territorio, alla luce delle criticità emerse e anche in relazione alla proposta dei relatori del convegno di Viggiano di realizzare un Centro di Studio ad hoc e indipendente in Val d’Agri, che veda anche il coinvolgimento dei sindaci.

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