giovedì 13 ottobre 2011

FENICE FINALMENTE SOTTO ACCUSA!

Già ai tempi di Ernesto Navazio sindaco di Melfi, il termodistruttore Fenice rappresentava un problema di proporzioni enormi, con rischi per la salute e per quel minimo di salvaguardia degli equilibri ambientali del sito maggiormente industrializzato della Basilicata. Almeno per dimensioni delle aziende. Già allora, come per altre macroscopiche vicende legate agli inquinamenti dei corsi d'acqua, l'Agenzia per la Protezione dell'ambiente, aveva assunto una posizione talmente blanda da sorprendere addirittura. Da sembrare fuori dal tempo. Cosa strana: l'Arpab pronta a “tranquillizzare” era un dato scontato, almeno per noi giornalisti. Eppure nessuno mai aveva osato mettere sotto inchiesta chicchessia. Come nessuno ha mai osato procedere con la dovuta urgenza per lo scempio della ex Cip Zoo, alla periferia di Potenza, con i tetti dei vecchi capannoni dei maiali che inondano l'atmosfera di scorie di amianto in una zona frequentatissima, ad un passo dalla Sede Rai, per giunta.
In un momento di particolare delicatezza per i temi dell'ambiente in Basilicata, la proposta di formare ed informare scientificamente quanti si occupano di disastri e di attentati alla natura in questa regione piccola ma assi rilevante, sembra l'unica strada per costruire una coscienza “ambientalista” che guardi in faccia alla realtà. Come del resto auspica anche don Marcello Cozzi, responsabile di Libera Basilicata.
Di seguito pubblico un mio articolo apparso sul Quotidiano il 12 ottobre che affronta appunto questi nodi.






BASILICATA LABORATORIO DI AMBIENTE



Mi chiedo: perchè non fare della Basilicata una sorta di palestra o di laboratorio stabile per un grande dibattito sui temi dell'ambiente e, in particolar modo, per consentire a giornalisti e operatori dell'informazione a vari livelli di poter disporre di un aggiornamento costante su problemi di tutto rilievo quali, appunto, quelli della fragilità del territorio, delle frane, ma anche degli inquinamenti e del nucleare, sempre in agguato? Il terremoto che ha investito i vertici di Fenice e quelli dell'Arpab rivela l'esistenza di una questione ambiente in regione, di portata ben più rilevante rispetto alle previsioni. Senza considerare poi le condizioni di estrema fragilità del territorio del Metapontino e le colate di fango che continuano a minacciare territorio e popolazioni della Campania evocando lo spettro di Sarno. E siamo davvero a un tiro di fucile dalla Basilicata.
In questo quadro, la recente iniziativa della Sede Rai di Potenza di non interrompere la serie dei corsi di formazione a livello nazionale iniziati negli anni scorsi e destinati ai giornalisti e a chi opera nel campo dell'ambiente, è una scelta valida ma che rischia tuttavia di rimanere isolata e di rappresentare quell'una tantum per chi si occupa di tematiche del genere. Con la conseguenza di non mettere a disposizione di chi ha a che fare con l'ambiente la necessaria strumentazione ed i metodi di analisi essenziali per comprendere e far comprendere l'entità dei fenomeni.
Per giunta la Basilicata ha i titoli per diventare essa stessa elemento trainante in un discorso sull'ambiente in grado di coinvolgere non solo la Rai ma soprattutto le forze vive, Università e Cnr in testa per mettere a fuoco problemi spesso nient'affatto irrisori. Senza escludere ovviamente l'Ordine dei Giornalisti e la stessa Federazione della Stampa.
Si tratta ora di fornire validi spunti scientifici e ulteriori contributi per dare sistematicità a un discorso cominciato, come ricorda Fausto Taverniti direttore della Sede Rai per la Basilicata, in tempi lontani nientemeno che nel Cadore. Insomma, trovare strategie e modalità per rendere sistematico questo tipo di intervento nel campo dell'ambiente e in quello della formazione, della conoscenza, della valutazione dei fenomeni sarebbe una scelta opportuna sul piano culturale e indubbiamente valida dal punto di vista concreto, se si vuole davvero scendere nei dettagli dei vari problemi, uscendo dal tunnel delle tante teorie, spesso inconcludenti e contrapposte, cui spetta il merito di disorientare finanche gli addetti ai lavori.
Una scuola per giornalisti che affrontano tematiche del genere? Un sistema di relazioni che consenta, non solo all'Università della Basilicata ma anche ad altri atenei con una specifica storia di ricerca alle spalle, di interagire per formare figure professionali all'altezza del compito di informare sullo stato dell'arte e sulle principali situazioni a rischio, che al Sud specialmente non mancano. Potrebbe essere questa l'idea guida per trasformare un corso di formazione, a scadenza annuale, in un meccanismo di ampio respiro con compiti e finalità ben definiti. Sicchè l'impegno dell'Enel, che ha mostrato adeguata sensibilità per raggiungere l'obiettivo indicato dalla Rai, quello del Ministero dell'Ambiente e di altre realtà dentro e fuori dal territorio sarebbe un forte elemento di propulsione per mirare a un traguardo di alto livello. A patto che intorno a un'idea del genere ci sia davvero il massimo della collaborazione tra i vari soggetti che si occupano di giornalisti e informazione, ma anche di diffondere i risultati della ricerca scientifica.
Rocco De Rosa

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