martedì 6 settembre 2011

ALLE ORIGINI DELLA CRISI

Per la prima volta nella storia, in questi giorni, si è sentito parlare di un possibile commissariamento dei Paesi che non riescono a mettersi in linea con le misure di contenimento del debito pubblico. E la voce di Trichet si è unita a quella di Draghi mentre il tonfo di lunedì 5 settembre di Piazza Affari, e delle altre borse, scandisce una per una tutte le difficoltà del momento con riflessi psicologici, sociali, e non solo, sul destino delle varie economie.
Ma qual è il vero volto della crisi e quali sono le sue origini? Il danno maggiore continua ad avvertirlo il Mezzogiorno dimenticato e abbandonato, se non da tutta la compagine governativa ma certamente dai grandi protagonisti della politica e dell'economia a livello italiano e internazionale.
Il Sud è finito nel cestino. E nel burrone sono finite, nel silenzio generale, intere aree come la Basilicata colpite da un fortissimo spopolamento, alla base di una serie di guai irreparabili. Fuggono i giovani per l'assenza di un'adeguata istruzione universitaria in loco e di una formazione capace di aprire le porte del lavoro. Fuggono gli adulti, nella piena consapevolezza della impossibilità oggettiva di trovare spazi adeguati in un meccanismo produttivo inesistente o talmente fragile e precario da non assicurare nulla a chi rifiuti per principio una precarietà strutturale e permanente.
Una crisi che ha certo radici antiche e non risale agli ultimi mesi o a qualche anno. Un esempio. La Basilicata si trova a gestire il nucleare della Trisaia poichè sul finire degli anni Cinquanta qualcuno offrì agli Stati Uniti la possibilità di andare a raccogliere il combustibile nucleare della centrale di Elk River nel Minnessota e di portarlo a Rotondella per il riprocessamento. Lo hanno scritto fonti dell'Enea. Il gioco durò poco e gli States ringraziarono di cuore i lucani per un servizio rivelatosi inutile. Intanto le barre di Elk River sono rimaste a Rotondella e gli Stati Uniti continuano a fare orecchie da mercante. La Trisaia è lì e francamente non ha più il fascino delle cose misteriose e belle. Tuttaltro.
Poco distante dal monumento al recente passato e alle scelte inutili e rischiose, c'è un altro monumento che in questo giorni fa sentire tutto il suo peso con la crisi drammatica e lacerante di Metapontum Agrobios.  Si tratta di un monumento allo sfascio, vale a dire la Val Basento. Una fascia di territorio dominata dai colossi della chimica e da quelli del petrolio, in ginocchio dagli anni Settanta, con una reindustrializzazione sancita dai protocolli e mai attuata. E con fiumi di denaro spesi per rimediare a veri e propri disastri sociali dalle proporzioni indescrivibili. Al punto che oggi l'INPS  non è assolutamente in grado di quantificare l'ammontare della cassa integrazione, finora erogata  per rimediare alle mille situazioni di instabilità senza sbocchi.
Un quadro sintetico di una crisi antica che oggi assume un volto ancor più minaccioso nonostante i milioni di barili di greggio che fanno della Basilicata il maggior produttore di petrolio in terra ferma, in Europa.    
E a questo proposito un altolà alle compagnie viene da un membro del Consiglio regionale  che chiede a gran voce di bloccare il moltiplicarsi delle trivelle in Val d'Agri. Si tratta di Enrico Mazzeo, oncologo ospedaliero e rappresentante dell'Italia dei Valori nell'Assemblea.
Un grido d'allarme che mette insieme crisi e degrado, povertà e mancanza assoluta di prospettive, e addebita buona parte della difficile situazione in atto a uno sfruttamento irrazionale delle risorse disponibili, che non apre prospettive e assicura soltanto marginalità con danni alla salute ormai acclarati e non più soltanto ipotetici.
                                                                                                 Rocco De Rosa

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