Un bambino di poco più di tre anni, nel dicembre del 1949, oggi è un uomo in età avanzata ma con un ricordo abbastanza lucido di quella tragica notte del 14 dicembre di settantadue anni fa quando fu ucciso a Montescaglioso il padre, il bracciante Giuseppe Novello, nel corso degli scontri con i carabinieri nell’ambito del movimento per la riforma agraria.
Quel bambino di ieri è Filippo Novello, un uomo capace di mettere al loro posto ciascuno dei tasselli che compongono il puzzle degli anni terribili delle lotte per la terra ai contadini. Da anni ormai in Piemonte, Filippo è un testimone di quell’epoca e del tempo che seguì.
Cosa ricordi di quella notte e del tempo che seguì?
“Ho soltanto il ricordo di un fuggi fuggi generale e di tante urla di disperazione. Era andata via finanche la luce. I carabinieri del battaglione Mobile di Bari erano venuti con l’intento di arrestare i contadini protagonisti delle occupazioni delle terre incolte o mal coltivate, nel latifondo di Montescaglioso. Ero bambino e vidi i miei genitori correre e fuggire in preda al panico. Altro non ricordo.”
Quell’evento, l’uccisione di tuo padre, ha cambiato non solo la tua vita da allora.
“Certamente nei giorni e nei mesi che seguirono ero oggetto di tante attenzioni e di tanta solidarietà da parte di amici e conoscenti. Oltre che di compagni di lavoro dei miei genitori che mi riempivano di affetto e cercavano di sopperire con la loro solidarietà alla perdita di mio padre. Questa solidarietà è rimasta impressa nel mio cuore.
Io riportai una sorta di choc nervoso, ebbi gli effetti di una terribile paura sentendo urlare tutti a casa. Fui colto successivamente da un deperimento organico terribile, sicché il sindaco di Modena, a conoscenza dei fatti di Montescaglioso oggetto di dibattito parlamentare e di una vasta campagna di stampa, chiese a mia madre se volesse affidarmi temporaneamente a persone della sua città per farmi rimettere in sesto. La cosa fu caldeggiata dallo stesso Di Vittorio e da numerosi parlamentari.
Fui ospitato da una famiglia con la quale sono ancora in contatto.
La solidarietà la toccai con mano. Nel corso degli anni andai prendendo coscienza di quanto era accaduto. Feci dei corsi, cominciai a lavorare nel sindacato. Una vita movimentata fin tanto che sono riuscito a entrare nella polizia locale in Piemonte con la qualifica di comandante. Ma non ho mai trascurato nè dimenticato gli insegnamenti e il peso di quella tragica vicenda del 14 dicembre.”
Perché non si è mai celebrato un processo a carico di chi aveva la responsabilità di avere ucciso tuo padre?
“Perchè il Ministro dell’Interno, che all’epoca era Mario Scelba, aveva la facoltà di autorizzare o meno la celebrazione di un procedimento penale a carico di uomini delle forze dell'ordine. E Scelba oppose un secco no ad un eventuale processo. Tutto qui, con la famosa frase: “Non doversi procedere”. Ricordo, perché me lo riferiva mia madre, che l’autorità giudiziaria prevedeva addirittura di mandare mio padre sul banco degli imputati. Cosa che non accadde data la sua morte.”
A tua madre, Vincenza Castria, sarà intitolata anche una piazza a Montescaglioso. Eppure c’è chi sostiene che quelle vicende siano state ampiamente sviscerate e non sia il caso di riprendere l’argomento ancora oggi.
“Mi sembra molto strano. Per giunta in occasione del Settantesimo, due anni fa, nelle scuole di Montescaglioso
i ragazzi fecero delle ricerche per mettere a fuoco appunto il significato di quella dura stagione di lotte contadine e bracciantili.
Visto che della storia dell’antica Roma o della Grecia si è tanto parlato, oggi l’argomento sarebbe chiuso, ma così non è. Davvero sorprendente questa posizione.”
Qual è il significato oggi di quel grande movimento che interessò il Centro Sud d’Italia. Un movimento senza precedenti, nella storia.
“Fino a quando nelle stesse scuole non verranno approfonditi e divulgati adeguatamente questi eventi non si potrà avere un riscontro positivo in termini di conoscenza. E poi senza dubbio va preso in considerazione il ruolo dei social che diffondono ben altri contenuti, accreditando un mondo spesso virtuale o, peggio, inesistente.”
Oggi, a settantadue anni dalle lotte contadine, è legittimo chiedersi chi vinse?
“Io ritengo che quei movimenti hanno contribuito a costruire una coscienza democratica. Anzitutto. La consapevolezza di una presenza sociale molto forte e legittimata dagli obiettivi: in primis la terra ai contadini. Altra cosa è invece l’esito della riforma con mille complicazioni, anche di natura spesso clientelare.”
Infatti non si può dire che la Riforma agraria oggi sia stata pienamente completata anche dal punto di vista dell’assegnazione dei terreni. Gli epicentri e i capisaldi dell’avvenuta riforma oggi sono in una situazione di sfascio totale.
“Certo l’esodo dal Sud, che si è verificato dagli anni Cinquanta affonda le radici anche in questo fenomeno.
Manca tuttavia un’analisi storica compiuta per mettere a fuoco il peso e l’importanza della fuga delle braccia dal Mezzogiorno, per le tante ragioni che l’hanno caratterizzata. Sta di fatto, in ogni caso, che la presa di coscienza di larghe masse ha rappresentato un capitale enorme per la crescita civile e sociale di ampi strati di popolazione e del Paese. E’ un dato incontrovertibile.”
Nessun commento:
Posta un commento