martedì 8 settembre 2020

TURISTI DI SATRIANO, PORTATORI DI NUOVE IDEE



                           

                            

              Gabriel Zuchtriegel Direttore area archeologica di Paestum e Velia


La recente visita a Paestum di un gruppo di Satriano di Lucania (la cittadina del Melandro)  ha aperto un varco nella questione di un rapporto proficuo tra due realtà molto vicine, non solo dal punto di vista geografico, vale a dire il Cilento e la Basilicata occidentale, terra dell’antica Lucania. 

Interessanti le ricadute, evidentemente, sul piano turistico, paesaggistico, là dove ambiente, natura e archeologia rappresentano un’unica, formidabile offerta.

L’iniziativa del gruppo di visitatori è un richiamo ai sindaci della zona e alle due regioni a rendere praticabile la possibilità di una concreta integrazione. Lavoro e sviluppo si costruiscono così, del resto, soprattutto in tempi difficili come l’attuale, dominato dal disastro del Covid. 

Su questo tema convergono autorevoli voci del mondo delle istituzioni e della cultura, a cominciare dalla Consigliera regionale della Campania, Maria Ricchiuti, al prof. Ettore Bove dell’Università della Basilicata, senza escludere un nome di spicco del mondo dell’archeologia, il prof. Gabriel Zuchtriegel, direttore dell’area archeologica di Paestum e di Velia. 

Prof. Zuchtriegel è il caso di ritenere che l’area archeologica di Paestum rappresenti un elemento cerniera tra la Campania e la Basilicata di oggi. Oltretutto i Lucani ebbero nell’antichità un ruolo non marginale, in veste di conquistatori. Cosa emerge a questo proposito, a livello di scavi, di ricerche e di studi?


“Emerge una situazione molto complessa, come spesso è il caso nell'archeologia. Vediamo a Paestum, da un lato, i Lucani come conquistatori che a partire dalla seconda metà del V sec. a.C. si stabiliscono nell'antica colonia greca, prima forse in veste di mercenari chiamati dagli stessi Greci di Paestum, poi come ceto dominante. Dall'altro lato vediamo come i Lucani di Paestum subiscono un processo di ibridazione  culturale, che li porta a vivere in una realtà che non è né greca né lucana nel senso stretto della parola. Emblematico per questo processo sono le tombe dipinte di Paestum: l'iconografia e l'ideologia alla base delle immagini sono tipicamente italiche, con l'esaltazione della figura del guerriero con il cosiddetto cinturone sannitico. D'altronde, la usanza di dipingere le tombe e lo stile delle pitture sono un patrimonio greco che è radicato a Paestum e che non trova riscontro nella Lucania interna.”



L’archeologia con i suoi reperti,  e gli scenari che delineano, è  motore di crescita dell’economia. Paestum, ma non solo, oggi può essere tutto questo, per giunta all’interno del Parco nazionale del Cilento ? 


“Abbiamo visto una crescita continua negli ultimi decenni del turismo culturale. Luoghi come Paestum e Velia giocando un ruolo importante per il territorio e per lo sviluppo turistico. Ma credo che possiamo fare ancore di più, anche al di là del rilancio al quale cerchiamo di contribuire in questo momento di pandemia. Il patrimonio archeologico dell'antica Lucania, che arrivava fino al fiume Sele a Nord di Paestum, è estremamente ricco e diffuso. Penso a siti come Roccagloriosa, Torre di Satriano, Tricarico, Pisticci, Timmari, Montescaglioso, Monte Coppolo nel Comune di Valsinni e tanti altri. Un insieme di storia e paesaggio che possono diventare meta di un turismo lento, sostenibile e portare sviluppo ai territori di una regione unica nel Mediterraneo. 

Nella stessa ottica collaboriamo con il Parco Nazionale del Cilento. L'obiettivo è di creare maggiori sinergie tra paesaggio e archeologia, natura e cultura. In più, abbiamo il Mare, la costa tirrenica e quella ionica. Ci sono dunque le condizioni per sviluppare maggiormente il settore turistico, e ciò sarebbe anche importante per dare delle opportunità ai giovani che hanno bisogno di un lavoro e di una prospettiva per poter restare nella loro terra.” 




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