sabato 19 settembre 2020

QUALI SFORZI IMPONE LA CRISI DELL' APPENNINO



In molti tentano di riuscire a trovare una spiegazione  plausibile al profondo degrado in cui versa il parco nazionale Appennino lucano Val d’Agri Lagonegrese.  Con lo scopo di dare una risposta ai mille interrogativi ancora irrisolti.

Le ragioni di quella che va definita una vera e propria debacle risiedono nella distanza incolmabile tra gli obiettivi del parco (ammesso che ne abbia) e il modo con cui le popolazioni percepiscono la presenza dell’area protetta nel quotidiano. 

Ragioni da ricercare in anni di politiche non proprio pertinenti, con alla base una corsa sfrenata alle clientele e all’acquisizione di potere fine a sé stesso, il tutto in una situazione di contrasti politici e personali da non sottovalutare affatto con mille contraddizioni sullo sfondo, per giunta. 

Un parco nazionale, della portata dell’Appennino lucano, ha bisogno di ben altro. Non può accontentarsi della rissa e del tutti contro tutti giacché è chiamato a dare risposte a mille problemi, a cominciare dallo sviluppo possibile da costruire d’intesa con le realtà presenti sul territorio fino ai temi della salvaguardia e del rilancio dell’area.  

Andiamo indietro nel tempo. Gli inizi della presidenza Totaro furono contrassegnati da un minaccioso fuoco di fila contro il neo commissario prima e poi del presidente. Una situazione insostenibile che andava risolta con una prova di efficienza e di adeguatezza nel governo dell’area. Occorreva una vasta opera di marketing in campo nazionale, con una progettualità di alto profilo da mettere in rete badando al valore della ricerca archeologica e alla qualità del bene natura, senza escludere le alte quote, nell’ottica di un discorso sul petrolio che impone misure straordinarie per contenere il rischio distruzione delle risorse. 

Tutto questo, e altro ancora, è un fardello che pesa sulle spalle di Giuseppe Priore, uomo legato al Ministro Costa e a tutto il bagaglio di esperienza e attitudine che derivano dalla presenza di Costa nelle file dell’ex (purtroppo) Corpo forestale dello Stato.

Basta un curriculum del genere per dare risposte alla gente, alle popolazioni e a chi deve vedere nel Parco una opportunità reale?

Riuscirà la Comunità, organo di tutto rilievo, a trovare una intesa non solo sulle nomine nel direttivo quanto sulle strategie da porre in essere? Quale sarà la posizione di Priore, del Ministro e della Regione Basilicata? Interrogativi che pesano e attendono risposte adeguate in tempi certi,  giacché il rischio è un degrado senza ritorno spinto sino alle estreme conseguenze.     


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